Molti sono gli indicatori che ci dicono che le cose in Italia non si stanno raddrizzando. In primo luogo lo spread sempre sopra 500 punti, poi il fatto che il Tesoro giunge a vendere solo 7 degli 8,5 miliardi di titoli e, ancora, la notizia che sono fuggiti all’estero altri ingenti capitali (Repubblica parla di 11 miliardi), in aggiunta il prezzo della benzina che continua a salire (oggi è giunto a 1722 euro a litro), infine la necessità avvertita da Monti di rassicurare la Nazione sulla non necessità di altre manovre, che muove più di un sospetto. In due ore e mezza, il presidente archivia l’ultimo confronto con la stampa del 2011 e coglie l’occasione anche per precisare qualche tassello. A cominciare dall’andamento dello spread che tiene banco nei titoli di giornali e tv. “L’andamento – dice – non va demonizzato né divinizzato. Gli acquisti della Bce sono quasi cessati e ora dato è in equilibrio, ma non ci sono fondamentali dell’economia che giustifichino valori così alti”: Ma insomma qualche dubbio resta per chi pensava che il problema oscillazioni fosse tutto sulle spalle del governo Berlusconi. Guarda al futuro Monti e dice che questo, in termini di crescita, è già avviato e se ne vedranno gli effetti già dalle prossime settimane. Sulla riforma del mercato del lavoro promette “il confronto con le parti sociali ma tutto dovrà essere condotto con una certa rapidità” ed aggiunge, per maggior chiarezza di non sapere se ci saranno tensioni sociali, ma che lui ed i suoi faranno “di tutto per evitarle”, sottolineando, comunque, che il suo dovere e quello del governo attuale “è produrre il cambiamento nella tutela transitoria di chi può soffrire il cambiamento”. Nel suo intervento chiama l’insieme dei provvedimenti che il governo si appresta a varare pacchetto “cresci-Italia” e precisa che “l’Europa ci attende con ulteriori provvedimenti per l’Eurogruppo del 23 gennaio e per il Consiglio del 30 gennaio”. Le cose da sollecitare sono, secondo lui e secondo tutti, crescita e sviluppo e, per farlo, il governo non ha che un mese di tempo. Illustrando poi la filosofia generale del pacchetto, il premier ha sottolineato che “non esiste consolidamento sostenibile dei conti pubblici se il Pil non cresce adeguatamente. La politica di crescita che proporremo al paese nelle prossime settimane non fa molto uso di denaro pubblico perché ce n’è poco ma fa molto uso equità come leva”. “Nessuno pensi né che occorra un’altra manovra nel senso classico della costrizione, né, che siccome è stata fatta una manovra pesante e robusta, ora significhi larghezza finanziaria. La fase della crescita è in sintonia con consolidamento dei conti pubblici, non vuol dire quindi larghezza finanziaria”. Frase sibillina ed avara di concrete direttive, come avara di illuminazioni sul futuro è stata l’intera conferenza stampa, in buona parte dedicata a una rivendicazione dell’azione passata. “Dire che la manovra possa avere effetti recessivi, come osservano alcuni economisti, è sensato – ha ammesso Monti – Ma non si tiene conto del momento storico. L’alternativa a una manovra recessiva non è una manovra espansiva, che sarebbe stato irrealistico. L’alternativa era semplicemente non farla. Con effetti esplosivi per il sistema Italia”. Un pericolo che secondo il premier gli italiani hanno colto fino in fondo. “Mi sorprende – ha aggiunto – la popolarità del governo, ma i cittadini capiscono che i sacrifici sono per la dignità dell’Italia”. Ma mentre poco chiaro è stato sul nostro futuro e sulle scelte che sappiamo essere cruciali e alle porte, Monti ha mandato poco ‘cifrati’ ed anzi molto chiari alla Germania: “non basta solo la politica di bilancio”, essa va integrata con la crescita. E poi ha toccato altri temi (per far vedere che lui non si occupa solo di economia), esprimendo “forte preoccupazione che l’avanzamento del programma nucleare iraniano stia per raggiungere un punto di non ritorno” ed aggiungendo che “e’ allo studio un piano anti-evasione con la Svizzera, annunciando, infine, una visita il 21 gennaio a Tripoli per “riattivare il trattato di amicizia” con la Libia. “Saremo soddisfatti dell’Italia, che in futuro sarà più solida e rispettata”, spera ottimisticamente Monti, ma è certo che le sue parole ci lasciano ancora nell’angoscia del presente e senza precise direttive per il futuro. E cresce sia nel Pd che nel Pdl l’area che guarda a Monti con forte disagio e crescente disappunto. Una prima, diffusa area del malessere, scrise Europa, è quella che s’ispira, per così dire, al beau geste delle mutande di Monica Castro, consigliera del Pdl del comune di Calenzano, alle porte di Firenze, che ieri si è spogliata in aula restando per l’appunto in slip e reggiseno, gridando: “Ce l’ho con questo governo e questa manovra perché porterà l’Italia in recessione. Doveva essere fatto altro. Monti non è meglio di Berlusconi, questa manovra sarebbe riuscita a tutti”. Per non parlare poi, di quegli esponenti del Pdl, da Crosetto a Osvaldo Napoli, che non perdono giorno per svillaneggiare Monti e i professori accusandoli di tassare troppo, di somministrare “dosi di antibiotici che rischiano di uccidere l’Italia” e di non agire sulla crescita. E mentre tra le truppe di Scajola e Pisanu, in fase di rapido riavvicinamento, c è maturata la convinzione riassunta nello slogan “Il governo Monti non soltanto non cade, ma non deve cadere”, lanciato dall’house organ scajoliano Caravella, che teorizza convergenze con Fini e Casini, la più parte degli osservatori sostiene che Passera e Riccardi sono punte di diamante del Terzo Polo, il quale, per loro tramite, si porterà dietro una buona fetta dell’elettorato del Pdl, alle prossime elezioni, date per scontate per la primavera prossima. E siccome il Pd, al solito, tace nell’imbarazzo, a dispetto di Libero e del Giornale, mentre guadagna progressivamente consensi nell’opinione di centrodestra (Il Tempo) ed è assai apprezzata da Avvenire l’idea di avvicinare il Terzo Polo al Pdl per sostenere Monti, sono in molti a non vederci affatto chiaro, dietro manovre che sono ancor più complicate di quello del passato e deprecato governo. Oggi, in una lettera al direttore della rivista Reset , Giancarlo Bosetti, che lo aveva sollecitato – in una conversazione avvenuta in settembre – a una riflessione sulla politica italiana a 50 anni dalla morte di Luigi Einaudi, Giorgio Napolitano afferma che bisogna “Conciliare competizione e giustizia sociale”. Beh, occorrerà che lo ricordi anche a Monti e al Governo. Fedrico Orlando, in una risposta ad una letrice su Europa, ricorda che oggi che anche il berlusconismo sta finendo, prima che a sanzionarlo siano gli elettori, la vera questione di fondo è che la Chiesa già prepara per la quarta volta il suo partito, senza neanche il paravento laico di Sturzo e De Gasperi e lo ha cominciato a fare appunto a Todi, con le parole del cardinale Bagnasco, che hanno mandato in bestia i Cicchitto e i Gasparri, che si sono visti fare il funerale prima ancora che per loro suoasse la campana. E questa campana la teme molto anche Monti. Tornando alla bella pdellina Monica Castro, mercoledì si è presentata con un lungo piumino fino alle ginocchia e quando ha preso la parola ha choccato tutti, togliendosi il soprabito e rimanendo in mutande e reggiseno. Un gesto che ha spinto i consiglieri di opposizione ad uscire dall’aula e che, secondo alcuni malevoli, voleva essere un omaggio ed una sponsorizzazione di se stessa al’indirizzo di Berlusconi. Noi siamo invece convinti della buona fede della consigliera, ma riteniamo che non sia cosi che si possa biasimare un governo. Anche perché essendo a forte infiltrazione cattolica, non ama davvero certe esibizioni e preferisce le mutande metaforiche da far indossare a molti italiani, con abnegazione cristiana rassegnazione, in attesa di tempi e paradisi futuri e migliori. Ma, forse, sono stato troppo duro con Monti che, ripensandoci bene, mi fa venire in mente il protagonista del romanzo più famoso di Ottiero Ottieri: “Donnarumma all’assalto, reportage in anticipo sui tempi, che è un tentativo di capire la realtà senza stravolgerla nella nebbia della fantasticheria estetica, ma anche senza cedere all’illusione di poterla descrivere “com’è”. In quel romanzo, dicevo, il protagonista deve selezionare il personale adatto in una industria del Sud e nel suo diario, registra l’esito del suo lavoro che si fa via via più coinvolto e commosso, fino a trasformarsi in una vera e propria partecipazione al dramma dei disperati che si aggrappano al miraggio del posto di lavoro per liberare se stessi e le loro famiglie dalla miseria. Forse tutto questo, con un po’ di tempo, capiterà anche a Monti e a chi lo sostiene. I temi affrontati da Ottieri sono quanto mai attuali se pensiamo a fenomeni quali la delocalizzazione delle attività produttive, la disoccupazione, il precariato, gli aspetti etici dei processi di selezione del personale e, soprattutto, alla necessità di creare nuove possibilità per assumerlo, quel personale.
Carlo Di Stanislao
Lascia un commento