La via Decollati è una piccola strada, a pochi passi dalla stazione centrale di Palermo, tra il corso dei Mille e la strada commerciale della via Oreto. Questa non è la Palermo delle vetrine luccicanti delle note griffe di via Libertà ma una seconda Palermo: quella più povera e sporca, abitata soltanto da chi stenta ogni giorno, tra piccoli lavori saltuari, di racimolare qualcosa da portare alla famiglia. Sono 25 le famiglie che vivono in piccolissime casupole di fortuna: ruderi rimessi a nuovo alla meno peggio che consentono almeno di avere un tetto sotto la testa e un letto dove dormire. Si tratta di un gruppo di case basse, nascoste sotto la ferrovia e adiacenti a quello che un tempo era il fiume Oreto della città e che, adesso, è solo una striscia di acqua maleodorante e piena di rifiuti. Per arrivare alle casupole si deve superare un vecchio tunnel dove sopra passa il treno diretto alla stazione centrale. A piedi si rischia di essere investiti.
“Benvenuti nell’altra Palermo – dice un uomo del posto -. Qui manca tutto. Siamo nella città dimenticata dai servizi essenziali e abitata solo oltre che dai rifiuti e dai topi da chi ha tanti problemi”. Le donne, alcune molto giovani, sono tutte in casa con i loro bambini ma in poche hanno voglia di parlare perché pensano che non serva a niente e poi hanno la paura che qualcuno possa togliergli quel poco che possiedono.
Il fiume Oreto, dove si trovano le case, bonificato molto raramente, è costeggiato da rifiuti di ogni tipo. Qualcuno per fare pulizia tenta ogni tanto di bruciarli. La gente riferisce che la notte alcune persone arrivano con la macchina per buttare nel fiume e nelle zone vicine tutto quello di cui si vogliono sbarazzare: materassi, televisori, legname, elettrodomestici, resti di mobili, cataste di cassette di frutta e verdura vuote pronte ad essere riutilizzate. I rifiuti portano i topi che ci sono notte e giorno con il rischio di entrare nelle piccole abitazioni. Nella zona si vive soprattutto di lavori ambulanti: raccolta di ferro, raccolta di carta, vendita di frutta e verdura. Ci sono alcune officine di raccolta e smistamento di rottami di auto e ferro dove nessuno può entrare se non gli addetti ai lavori. Se si osservano in lontananza gli alti palazzi blu della via Oreto, è ancora più evidente il contrasto tra chi sta peggio e chi sta meglio in città.
“Siamo dimenticati da tutti – dice un operaio di una fabbrica -. Qualche tempo fa il comune aveva iniziato a bonificare il fiume abbattendo alcune catapecchie ma poi tutto come sempre si è fermato”. “Qui viviamo da sempre in mezzo ai topi e alle zanzare. Sono qui da 43 anni – dice la signora Margherita – sono vedova da 12 anni e non ho più il sussidio del comune da 5 anni. Mi aiutano solo i miei figli e la chiesa vicina”. “In questa strada la pulizia la facciamo solo noi e non chi è pagato per farlo – aggiunge la signora Maddalena”. Si avvicina pure un signore in ciabatte con una vecchia bicicletta. “Vivo in uno spazio molto piccolo, sono malato e ogni giorno raccolgo quello che posso rivendere: sono stanco e non ce la faccio più – racconta mentre mostra la foto di suo figlio di 16 anni -. Da quando è morta mia moglie mi hanno tolto pure il figlio. Vorrei che i giudici mi permettessero di riuscire almeno ad incontrarlo”.
Tra i punti di riferimento delle famiglie ci sono i volontari della Caritas della chiesa Maria santissima del Carmelo ai Decollati dove da qualche mese opera don Giacomo Ribaudo. Un centinaio sono le persone che vengono ogni settimana a ritirare viveri e vestiario. Sulla strada c’è anche la “Cittadella del povero” realizzata dal missionario laico Biagio Conte: 600 le persone ospitate e assistite ogni giorno che vengono da varie punti della città, in prevalenza migranti.
Foto: Serena Termini
[nggallery id=83]
Lascia un commento