25enne condannato, disse “sporco negro”

Dovra’ passare 20 giorni chiuso in casa e risarcire con 5.000 euro (per danno morale) il giovane eritreo che due anni fa apostrofo’ chiamandolo “sporco negro”. E’ la sentenza decisa oggi dal Tribunale collegiale di Bologna per un bosniaco di 25 anni, D.D., condannato per il reato di ingiuria aggravata da intenti di odio razziale. […]

Dovra’ passare 20 giorni chiuso in casa e risarcire con 5.000 euro (per danno morale) il giovane eritreo che due anni fa apostrofo’ chiamandolo “sporco negro”. E’ la sentenza decisa oggi dal Tribunale collegiale di Bologna per un bosniaco di 25 anni, D.D., condannato per il reato di ingiuria aggravata da intenti di odio razziale. L’episodio risale al marzo del 2009 e accadde in via Fioravanti alle 4 di notte. Il cittadino eritreo, oggi 26enne, regolare e residente a Bologna, stava camminando insieme alla moglie quando venne avvicinato da due giovani, un italiano e uno bosniaco, che gli chiesero una sigaretta. Lui rispose che non fumava e i due, inizialmente allontanatisi, tornarono poi indietro e lo aggredirono. Venne anche rapinato del cellulare e colpito da un calcio al basso ventre, tanto che piu’ tardi al Pronto soccorso gli diedero una prognosi di sette giorni. Sul posto intervenne la Polizia che arresto’ i due aggressori con le accuse di rapina, lesioni e ingiurie aggravate da motivazioni razziste. Per il giovane italiano, la vicenda giudiziaria si chiuse tempo fa con il rito abbreviato, per il bosniaco invece il processo ordinario e’ arrivato a termine questa mattina.
Per il collegio dei giudici (presidente Leonardo Grassi), le parole di quella notte avevano “una finalita’ di odio razziale” e il bosniaco, prima di oggi incensurato, va condannato: con 20 giorni di permanenza in casa e un risarcimento di 5.000 euro per danno morale. Anche il gesto di strappare il telefono di mano (che aveva fruttato al bosniaco l’accusa di rapina), per i giudici fu “violenza connotata da semplici intenti provocatori e di spregio razziale”, si legge nella sentenza. Anzi, proprio per questo motivo il bosniaco e’ stato assolto dal reato di rapina “perche’ il fatto non sussiste”.
Per i giudici, che pure riconoscono che il cellulare fini’ in mano al bosniaco, si trattava di una provocazione razziale, e non sottendeva un reale intento di rubargli il telefono. E’ invece da chiarire il motivo per cui il bosniaco sia stato assolto anche dall’accusa di lesioni. Nelle motivazioni della sentenza, i giudici la spiegano con la non procedibilita’ del reato in assenza di querela (si tratta di un reato per cui si puo’ procedere solo sulla base della querela). Il fatto e’ che il giovane eritreo, assistito dall’avvocato Andrea Ronchi, la querela l’aveva fatta eccome. Tanto che l’altro iniziale imputato, l’italiano, in abbreviato venne condannato anche per lesioni. Una delle possibili spiegazioni e’ che l’atto della querela sia andato perso o non sia entrato nel fascicolo del procedimento. Ipotesi plausibile dal momento che durante il processo si era gia’ verificata uno strano inconveniente. Il poliziotto che quella sera intervenne in via Fioravanti, infatti, oggi e’ stato chiamato a testimoniare in aula una seconda volta, dopo quella dell’udienza scorsa. la precedente trascrizione, infatti, non si trovava.
Perche’ nei confronti del bosniaco arrivi anche la condanna per il reato di lesioni, l’unica speranza e’ che la Procura decida di impugnare la sentenza. La parte civile, spiega Ronchi, non puo’ farlo. Oltre al danno morale di 5.000 euro, i giudici hanno condannato il bosniaco a pagare 2.000 euro di spese legali.

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