La nave da crociera “Costa Concordia” è piegata in avanti, a pochi metri dalle coste del Giglio, circondata da un brulichio di squadre di intervento, sia di superficie, che subacquee.
I morti accertati, sin’ora, sono tre e mancano ancora 17 persone all’appello.
Poche ore fa sono stati tratti in salvo due coniugi coreani che erano in viaggio di nozze, rimasti nella loro cabina per 36, interminabili ore.
Con loro è stato tratto in salvo il capo commissario di bordo Marrico Giampetroni, ferito ad una gamba e trasportato in elicottero all’ospedale di Grosseto.
Quanto a Francesco Schettino, comandante della nave, naufragata a soli 150 metri dalla riva, attualmente è in stato di fermo per pericolo di fuga e possibile inquinamento delle prove e su di lui gravano le accuse di omicidio colposo plurimo, disastro e abbandono di nave.
Secondo il suo legale la manovra effettuata è stata di “straordinaria perizia nautica e ha consentito di salvare tante vite umane”, ma ci si interroga, in queste ore, sulla ipotesi che egli abbia temerariamente e maldestramente voluto seguire la prassi marinara dell’”inchino”, che consiste nel far passare una nave vicino ad un porto e salutare con la sirena le persone a terra, causando così un disastro.
Emergono in successione sempre nuovi particolari e, soprattutto, si sa che i sommozzatori hanno recuperato la “scatola nera”, da cui sarà possibile estrarre indizi essenziali.
“Il comandante della nave non poteva avvicinarsi così tanto all’isola… si è avvicinato così tanto che era inevitabile che questo scoglio se lo trovasse sotto la nave” ha detto il procuratore Verusio, che ha aggiunto: “Questo scoglio ha tranciato la parte laterale della nave, che si è inclinata su un lato”, ribadendo poi , che “Schettino ha tenuto una rotta diversa da quella solita ed abituale, accostandosi in modo troppo audace e pericoloso alla costa”.
Quello della nave da crociera davanti al Giglio non è l’unico drammatico affondamento italiano di queste ore, dal momento che, a 24 ore da quello francese (con perdita della tripla A), è arrivato a “ciel sereno”, il declassamento per il Nostro Paese, che le A le perde tutte e per Standard & Poor, si colloca su una Tripla B+, appena sopra alla doppia B del Portogallo, i cui titoli sono già definiti spazzatura.
L’Italia sconta l’alto debito e il basso potenziale di crescita ed anche se l’agenzia statunitense salva l’azione dei primi mesi del governo Monti, a cui riconosce il coraggio delle riforme, concludendo però che mancano solidità e certezza per il futuro.
Monti, nonostante il sostegno (a lui e alla Spagna) della Merkel, nonostante l’intervento pubblico di Prodi che dice che non ci si deve preoccupare perché le agenzie di rating di politica non sanno nulla, incontra il Papa, pranza a Palazzo Chigi con Bersani e Casini e si prepara ad un lunedì nero, con la possibilità che i mercati reagiscano in modo scomposto, favorendo l’inabissamento della già “inclinata” nave – Italia.
Il premier sa bene che ora, con la nave drammaticamente inclinata e gli italiani già “sacrificati”, deve aspettarsi l’intervento dell’unica istituzione che può fermare il naufragio: la Banca Centrale Europea.
Ma non si ha notizia, per ora, di contatti diretti, come è naturale, in ossequio all’indipendenza dell’Istituto diretto da Mario Draghi.
Quel che trapela è che l’Eurotower è pronta ad intervenire nel mercato secondario a sostegno dei Btp, con acquisti più importanti del solito, ma non troppo massicci anche per non dare eccessiva importanza al declassamento.
Scrive Giovanni Tagliapietra su On-line News, che a palazzo Chigi non sembrano, però, molto ottimisti ed è per questo, pur nell’assoluto rispetto dell’indipendenza dell’Istituto, che, in privato , il premier insiste sulla necessità di una svolta nell’Ue , che consenta alla Bce di essere quella banca “forte” necessaria per superare la crisi.
E anche in fretta, visto che la Grecia è sull’orlo del precipizio, la Spagna, l’Austria, l’Ungheria e l’Italia sono in crisi e la Francia comincia ad annaspare.
Si scrive anche, da più parti, che il tentativo di Monti sarà tanto più efficace quanto più numerosi saranno i suoi alleati e, in questo senso, il declassamento degli altri partner (Parigi e Vienna in testa) potrebbe facilitargli il compito, rendendo più malleabile una Germania che fa ancora opposizione e resistenza.
Il giorno dopo il declassamento di 9 Paesi europei da parte dell’agenzia di rating Standard & Poor’s, la Merkel mostra una invariata saldezza di nervi, affermando, con teutonica determinazione, che il patto fiscale concordato a dicembre va approvato entro fine gennaio, mantenendo intatto il rigore originale e il meccanismo salva-Stati permanente, l’Esm, che sostituirà l’Efsf e che questo , va attivato “il più presto possibile”.
E pur schierandosi a fianco e della posizione espressa dalla Banca centrale europea nel negoziato, in corso a Bruxelles, sul fiscal compact, come riferito dal Sole-24 Ore, contro ogni possibile annacquamento delle regole per la disciplina di bilancio, afferma secca che è impensabile chiamare la Germania a fare di più in termini di garanzie all’Efsf o contributi all’Esm.
Inoltre, alcune proposte di modifica della bozza originale che si sta discutendo a Bruxelles avrebbero l’effetto di ridurre il rigore iniziale, secondo una lettera ai negoziatori europei del nuovo consigliere della Bce (ed ex sottosegretario alle Finanze tedesco), Joerg Asmussen, che rappresenta l’istituto di Francoforte nella trattativa in corso a Bruxelles, mentre occorre, secondo lui, rimanere fermi sulle regole fissate e che il vertice europeo di fine gennaio deve approvare, senza cedimenti.
Ieri, a Torino, al circolo della Stampa, alla presentazione del nuovo libro della Bonino, la ministra Fornero era visibilmente inquieta.
Ha detto che certamente non ci servirà una nuova manovra, ma serviranno riforme, che comunque ora sono più difficili per l’assalto congiunto all’intera Europa, Spagna, Francia e Italia in testa.
Ed ha insistito, con il piglio che la contraddistingue, che le riforme più urgenti sono le liberalizzazioni ed il lavoro, settore “troppo segmentato” e a cui servono “poche regole per farlo funzionare”.
Ma tutto diviene più difficile ora, persistendo i igori e le non aperture da parte della Merkel e di Mario Draghi, che non ha caso ha nominato Asmussen ai apporti internazionali, incarico in precedenza ricoperto da Lorenzo Bini Smaghi, lasciando immaginare una rotta di germanizzazione progressiva che, per L’Italia, non è davvero quella migliore da percorrere, fra gli alti scogli di una mancanza di denaro da investire in riforme.
Come scrive Federico Rampini sul suo Blog di Repubblica, il segno delle politiche economiche è tutto orientato verso il rigore tedesco; col risultato che la recessione già colpisce duramente l’Europa franco-mediterranea, ma lambisce perfino il “centro di comando” germanico.
Il massimo esperto di storia delle crisi monetarie, l’americano Barry Eichengreen, non ha dubbi che ci troviamo davanti al bivio tra uno shock “medio-grande” come quello degli anni Settanta, e una deflagrazione dell’eurozona simile al disastro valutario degli anni Trenta.
Non ha dubbi neppure su quel che va fatto: “Ristrutturare i debiti pubblici dei paesi dell’Europa meridionale, ricapitalizzare le loro banche, è indispensabile e sarà costosissimo. L’onere dovrà essere sopportato in maniera sproporzionata dalla Germania, perché è l’unica ad averne i mezzi”.
E perché, aggiungiamo noi, è quella che dall’Euro, in tanti anni, è stata la più avvantaggiata.
Siamo infatti convinti che, a questo punto, con la nave già mezzo inclinata, in un mare continentale in tempesta, l’austerity applicata a Roma e Parigi, Madrid e Atene, va controbilanciata con robuste manovre di spesa in Germania e con un via libera deciso alla Bce, per svolgere, senza ambiguità o incertezze, lo stesso ruolo strategico che ha la Federal Reserve americana ha, a sostegno della crescita.
Tornando al disastro della nave davanti al Giglio, mentre infuriano le polemiche sulla scarsezza delle dotazioni di sicurezza, per l’imperizia del suo personale, persino incapace di comunicare con passeggeri e fra di loro per la babele di lingue, per storie e racconti che parlano di molti membri dell’equipaggio saliti sulle prime scialuppe (e non sulle ultime), per un Capitano che non si avvede degli scogli, dicendo che le carte non li segnalavano (cosa praticamente impossibile) e che ha abbandonato la nave a evacuazione ancora in corso; vi sono anche decine di testimonianze di atti di eroismo di molti passeggeri che si sono buttati in mare per salvarne altri, della efficacissima macchina dei soccorsi e della generosità della popolazione del Giglio, che ha accolto in casa e rifocillato 4.200 persone.
E’ sempre così nei disastri e noi reduci dal terremoto del 2009, lo sappiamo bene.
In situazione emergenziali viene fuori il meglio ed il peggio di ognuno.
Ed allora non ci resta che sperare che, in questa crisi globale che rischia di non avere mai fine, sia il meglio di chi ci governa che abbia, infine, a prevalere.
Carlo Di Stanislao
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