Immigrazione: ‘Benvenuti in Italia’, il docu-film che racconta il Belpaese

L’Italia vista con gli occhi di chi nella penisola ci è arrivato per fuggire da una guerra, per inseguire un sogno o semplicemente poter tornare a lavorare. Si chiama “Benvenuti in Italia” il film-documentario in cinque episodi girato a dieci mani e prodotto dall’Archivio delle Memorie Migranti con il sostegno dell’Open Society Foundations e della […]

L’Italia vista con gli occhi di chi nella penisola ci è arrivato per fuggire da una guerra, per inseguire un sogno o semplicemente poter tornare a lavorare. Si chiama “Benvenuti in Italia” il film-documentario in cinque episodi girato a dieci mani e prodotto dall’Archivio delle Memorie Migranti con il sostegno dell’Open Society Foundations e della Fondazione lettera 27. Cinque cortometraggi scritti, girati e diretti da ragazze e ragazzi immigrati in Italia e montati da Aline Hervé e Lizi Gelber. Un mosaico di piccole storie accomunate dalla ricerca di uno sguardo interno sulla condizione migrante e, insieme, un ritratto composito dell’Italia e del suo sistema di accoglienza riflesso negli occhi di chi arriva.

Gli autori del film provengono infatti da mondi e percorsi molto lontani tra loro e sono stati selezionati indipendentemente dalla loro esperienza nel campo degli audiovisivi. Molti di loro non avevano mai preso una telecamera in mano. Dopo un percorso di formazione, hanno scelto di ambientare le storie nei diversi contesti del loro arrivo. E così Aluk Amiri, rifugiato afghano giunto in Italia all’età di quindici anni, racconta il giorno del diciottesimo compleanno del suo alter-ego Nasir in una casa famiglia di Venezia. Zakaria Mohamed Ali, costretto a lasciare Mogadiscio dopo l’omicidio del suo maestro di giornalismo, dà voce invece ai sogni di gloria di Dadir, campione di calcio affermato nel suo paese e oggi costretto a viaggiare senza biglietto da Milano alla capitale per giocare con la ‘nazionale somala di Roma’. Mentre Hevi Dilara, rifugiata curda, fornisce il ritratto di una giovane coppia di rifugiati che vivono da un mese con la loro neonata in un centro di prima accoglienza di Portici. Il burkinabé Mahamady Dera riprende l’attività e gli ospiti della pensione “chez Margherita”, punto di riferimento della comunità burkinabé a Napoli, prima della sua imminente chiusura. Infine il film-maker etiope Dagmawi Yimer, sbarcato a Lampedusa cinque anni fa, segue il mediatore culturale e attore senagalese Mohamed Ba mentre rievoca il giorno in cui qualcuno decise di accoltellarlo davanti alla fermata dell’autobus.

Il film documentario verrà presentato in anteprima martedì 24 gennaio alla Casa del Cinema di Roma. A partire dal 27 gennaio, in occasione del Giorno della Memoria, verrà proiettato in 5 città italiane. “I recenti scoppi di violenza razzista in Italia non sono gesti isolati ma segni precisi di una cultura dell’odio e della discriminazione razziale che resta annidata nella società italiana nel suo complesso e, se non controllata, rischia di individuare nuovi bersagli e causare altre vittime. Negli ultimi venti anni in Italia – dall’arrivo della nave Vlora a Bari l’8 agosto del 1991 con 20.000 albanesi in fuga dalla fame e dalla guerra – si è incoraggiata la costruzione di un io nazionale e spesso locale che continua a vedere lo straniero come appartenente a un’umanità distinta, tanto più se di colore o cultura differente, e a una condizione per sua natura minore anche là dove questa è minacciata dall’assenza di standard minimi di vivibilità e democrazia nel paese di origine”, sottolineano in un comunicato congiunto Moni Ovadia, Alessandro Portelli e Alessandro Triulzi, tra i promotori principali dell’iniziativa.“Riteniamo che occorra oggi una riflessione seria e meditata sulla condizione migrante in Italia, capace di fare i conti fino in fondo con la memoria della discriminazione e del dispregio razziale e culturale che ha accompagnato le politiche migratorie del Governo italiano nell’ultimo ventennio – continua la nota -. Riaprire la questione migrante richiede una capacità di ascolto delle voci, delle parole e delle testimonianze delle persone migranti e una volontà di condivisione di una comune memoria migratoria che è parte integrante della esperienza stessa della comunità nazionale”.

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