Usa, la costruzione di un mondo migliore

La costruzione di un mondo migliore è il tema fondamentale, il filo che lega tutto il Discorso sullo Stato dell’Unione, pronunciato dal Presidente Barack Obama il 24 gennaio 2012, otto pagine scritte fitte fitte, la trascrizione messa in circolazione dalla Casa Bianca, insieme a materiali integrativi, quali il video del presidente e quello dello staff […]

La costruzione di un mondo migliore è il tema fondamentale, il filo che lega tutto il Discorso sullo Stato dell’Unione, pronunciato dal Presidente Barack Obama il 24 gennaio 2012, otto pagine scritte fitte fitte, la trascrizione messa in circolazione dalla Casa Bianca, insieme a materiali integrativi, quali il video del presidente e quello dello staff presidenziale al lavoro da un mese per la preparazione del discorso, coordinato da David Plouff, parecchi visi giovani, di donne ed uomini.
Leggendo il discorso di B. Obama sullo stato dell’unione trovo una frase che mi pare possa guidare la lettura del discorso: “Abbassare la temperatura di questa città” (Washington), con riferimento alla necessità di farla finita con l’idea che i due partiti principali debbano essere chiusi in una perpetua campagna di reciproca distruzione, che la politica consista nel chiudersi in rigide ideologie invece che nella costruzione di consenso su idee largamente condivise per fare progressi reali, se proprio non si possono superare le differenze di fondo. Per questo il Presidente Obama cita, lui democratico, un’idea fondamentale di Abramo Lincoln, repubblicano: “Il governo dovrebbe fare per la gente quello che la gente non può fare meglio da sola, e niente più”. “Penso all’America possibile: un’America guida del mondo nell’educare il suo popolo, un America che attragga un nuova generazione di industrie high-tech, un futuro in cui possiamo controllare le fonti di energia, in sicurezza e prosperità. Un’economia costruita per durare, dove il lavoro sia ricompensato, e la responsabilità premiata.”
Mi fermo su un punto del discorso particolarmente delicato, molto sentito in Italia , quello della redistribuzione del carico fiscale. Il Presidente osserva che ora, a causa di trappole nel codice fiscale, molti milionari pagano in tasse meno di milioni di famiglie della classe media. Warren Buffet paga meno della sua segretaria. La soluzione proposta è semplice, se si guadagna più di 1 milione l’anno, non si dovrebbe pagare meno del 30% in tasse, ed inoltre, come sostiene il repubblicano Tom Coburn, Washington dovrebbe smettere di sostenere i milionari…D’altra parte, se si guadagna meno di 250.000 dollari l’anno, come il 98% delle famiglie americane, le tasse non dovrebbero aumentare.
Nel frattempo i Repubblicani combattono per la scelta dello sfidante del Presidente nel prossimo novembre: per ora le dispute sono centrate su rivalità interne fra sfidanti, emergono milioni di dollari nelle banche delle isole Caimane, evasioni fiscali, storielle più meno amene e quant’altro può riuscire a far emergere un uomo fra un gruppetto di quattro o cinque che lentamente si restringe.
Dal nostro punto di vista, un pensiero grato va al Presidente Obama, da ora in poi sarà più difficile liquidare con la parola spauracchio comunista quelli che lamentano le crescenti e dannose differenze economiche fra ricchi e poveri e la iniquità dell’eccessivo carico fiscale sulle classi medie, brillerà la rozza e volgare ignoranza di chi fa gesti di disprezzo per l’avversario. Seguitando a sperare che anche in Italia emerga un vero talento politico capace di abbassare la temperatura della contesa fra poli opposti, e di diffondere modi più civili nella comunicazione politica a tutti i livelli.

Emanuela Medoro

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