“La città invisibile”, lungometraggio di Giuseppe Tandoi, sta per incontrare il grande pubblico grazie alla distribuzione nelle edicole e librerie di tutta Italia con una primaria Casa editrice che ha creduto d’investire sull’opera prima d’un giovane pugliese di talento formatosi all’Aquila, all’Accademia dell’Immagine. Il film, girato nell’autunno 2009 (settembre e ottobre) ma concepito qualche settimana dopo il tragico terremoto che il 6 aprile ha sconvolto il capoluogo abruzzese, ha già ricevuto molti apprezzamenti di pubblico e di critica, come al Festival del Cinema Europeo di Lecce, e premiato nel 2011 quale Migliore Opera Prima al “Mirabile Dictu” International Catholic Film Festival, sotto l’alto patronato del Pontificio Consiglio della Cultura. Con la direzione artistica di Liana Marabini, la cerimonia di premiazione si è svolta nel maggio dello scorso anno presso l’Auditorium della Conciliazione a Roma, con il verdetto della giuria presieduta da Andrea Piersanti e composta da Carlo Degli Esposti, Gianni Quaranta, mons. Franco Perazzolo, Maria Pia Ruspoli e Michèle Navadic, che ha tributato il riconoscimento ex aequo a “La città invisibile” di Giuseppe Tandoi (2010), storia d’amore ambientata a L’Aquila post terremoto, e a “L’uomo del grano “ di Giancarlo Baudena (2009), biografia di Nazareno Strampelli (1866-1942), genetista marchigiano che riuscì ad aumentare enormemente la capacità produttiva dei terreni coltivati a grano, infliggendo così un duro colpo alla fame nel mondo. Il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del comitato d’onore del Festival, nella lettera di saluto ha annotato: “Lo scopo di questo Festival del cinema, al quale il Pontificio Consiglio della Cultura ha voluto accordare il suo patrocinio, è la promozione dei valori morali universali e di modelli costruttivi di comportamento. In molti Paesi è stato il cinema, assieme alla televisione, il principale prototipo di un’evoluzione culturale la cui importanza possiamo appena intuire. È’ proprio questa capacità della settima arte che la rende uno strumento efficace al servizio della diffusione del Vero, del Buono e del Bello”.
Ma non credo al promettente regista mancheranno altri riconoscimenti per questo film denso di emozioni, nel quale Tandoi s’avvale della collaborazione di alcuni valenti giovani usciti dall’Accademia dell’Immagine e dalla Scuola Nazionale di Cinema insieme ad affermati professionisti, come pure d’un cast di tutto rispetto. Giuseppe Tandoi è un giovane dalle straordinarie sensibilità, un “mite” destinato evangelicamente a “ereditare la terra”, dotato di tanta delicata gentilezza del tratto quanto d’altrettanta eccezionale determinazione, coraggioso e tenace, se è riuscito con le sole sue forze a realizzare un’opera non semplice per le condizioni del contesto – L’Aquila devastata dal sisma – conquistando intorno all’impresa il sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, che ne ha riconosciuto l’interesse culturale nazionale, e il patrocinio del Ministero della Gioventù, del Dipartimento della Protezione Civile, di Apulia Film Commission e di AGPC (Associazione Giovani Produttori Cinematografici), come pure di istituzioni abruzzesi e pugliesi, quali Regione Abruzzo, Comune e Provincia dell’Aquila, Comune di Corato e Provincia di Bari.
Giuseppe Tandoi è nato nel 1982 a Corato, in provincia di Bari, ma ormai è aquilano d’adozione. Diplomato all’Istituto d’Arte della sua città, sceglie L’Aquila come città universitaria e dal 2001 al 2007 studia e si diploma all’Accademia dell’Immagine, centro d’eccellenza per la formazione di professionisti della settima arte. Nel 2008 frequenta un master a Roma in Gestione d’Impresa Cinematografica ed Audiovisiva. Dal 2001 fino ad oggi si è occupato della regia di numerosi video per concerti e spettacoli dal vivo, oltre alla realizzazione di spot, cortometraggi e documentari. Tra i suoi lavori più importanti i video per lo spettacolo “La viltà del rifiuto, il coraggio della scelta” in collaborazione con il Conservatorio “Alfredo Casella” dell’Aquila; i video per “Caldo Desio” spettacolo teatrale con il violista Christophe Desjardins e con la voce recitante di Federico Sanguineti; “La maledizione dell’agave”, cortometraggio prodotto dall’Accademia dell’Immagine dell’Aquila con la supervisione di Riccardo Milani; “I custodi – L’Inganno”, cortometraggio autoprodotto, vincitore di tre premi a livello nazionale (Arnaldincorto, 2006 Brescia, Video Festival Città di Imperia 2007 e la candidatura al David di Donatello 2007); “Punto di Vista 99”, concerto scenico realizzato dal Concentus Serafino Aquilano. La scelta dell’Aquila, città che l’ha profondamente intrigato, si conferma anche dopo il terremoto. Dopo il 6 aprile 2009, infatti, Tandoi presta il suo contributo volontario per la ricostruzione della città organizzando Laboratori di cortometraggio per i ragazzi delle tendopoli, in collaborazione con l’Associazione Progetto Arcobaleno, e scegliendo infine L’Aquila come sede d’una Società di produzione cinematografica. Nasce così, nel luglio 2009, la sua Esprit Film per continuare la salda relazione con la città tragicamente colpita dal terremoto. E’ una scelta, quella di Giuseppe Tandoi, davvero di grande amore per L’Aquila, per il suo ingente patrimonio d’architetture e d’arte, per la singolarità della sua storia, per la spiritualità che la connota nelle testimonianze sedimentate nei secoli dai Santi che vi hanno vissuto, infine per la sua gente. La sua opera prima, dunque, non poteva che riflettere questo intenso suo legame con la città capoluogo d’Abruzzo.
Ed è “La città invisibile” la cifra del suo amore per L’Aquila, il suo primo film. Una storia d’amore, appunto. La terra trema … e il mondo non è più lo stesso. Tutto cambia. Cambiano i paesaggi, cambiano le persone, cambia la vita. Spesso i cambiamenti sono solo l’inizio d’una nuova vita. Una vita che può sorgere dalle ceneri d’una città devastata dalla violenza della natura, dalle rovine d’una città come L’Aquila. Questo è ciò che accade a Luca (Alan Cappelli Goetz) e Lucilla (Barbare Ronchi). Entrambi vittime, come i loro familiari e amici, d’una tragedia forse annunciata ma nel contempo diventata inevitabile. Tutto sembra essersi interrotto in quella fatidica notte del 6 aprile 2009, eppure la vita deve continuare. Luca e Lucilla studiano medicina all’Università dell’Aquila, il primo in realtà solo come copertura, perché desideroso invece di sfondare con la sua rock band, lei con la passione di aiutare il prossimo. Entrambi scelgono di non abbandonare la loro città, continuando a vivere all’interno di un’emergenza post-terremoto nella quale si sentono d’essere parte attiva. Ansie e paure, certo, ma i loro sogni e desideri non sono crollati sotto i colpi del sisma, anzi si sono rafforzati. E arriva presto il momento d’affrontarli senza più artifici. Luca e Lucilla sono due ragazzi apparentemente distanti, lontani, eppure il crollo della città, delle case, delle pareti, ha aperto nei loro cuori la possibilità d’incontrarsi e stare vicini per percorrere insieme la via che porta alla loro “città invisibile”.
Accanto a loro ci sono Valeria (Roberta Scardola), un’aquilana un po’ snob, e Sorin (Leon Cino), il rumeno che l’ha salvata quella fatale notte del 6 aprile. Non si sarebbero mai incontrati, se non fosse stato per il terremoto e per la vita in tendopoli che costringe tutti ad una forzata convivenza. I due s’innamorano, prima però di scoprire d’essere “diversi”, sia per nazionalità e cultura che per differente estrazione sociale. Un muro di razzismo e d’intolleranza s’innalza fra loro, mettendo a rischio i sentimenti. Vicino ai quattro ragazzi ruota la figura di Don Juan (Gabriele Cirilli), un simpatico prete impegnato a risolvere i dissapori creati dalla vita in tendopoli, mentre Remo (Nicola Nocella), lo scalmanato batterista del gruppo rock di Luca, non fa altro che alimentarli. Nonno Carmine (Riccardo Garrone), invece, ha deciso di vivere su un albero, al margine della tendopoli, e guai a chi cerca di riportarlo con i piedi per terra! Dalla sua casetta sull’albero riesce ad abbracciare con lo sguardo l’intera città e, da lì, con l’assennata sua follia, guida i ragazzi ad abbattere i muri interiori che impediscono loro di crescere e di scoprire la vera città invisibile, quella pura e ancora intatta che vive su un altro piano, impercettibile, e attende solo d’essere manifestata nella realtà. Attorno ai protagonisti della storia, la comunità delle tendopoli, i sopravvissuti, i clown e tutti coloro che infine s’uniscono nel Corteo della Perdonanza, il grande Giubileo aquilano, e attraversano la Porta Santa della Basilica di Collemaggio, per risvegliare in sé quella forza nata dal perdono, necessaria per rinascere e ricominciare.
“Il giovane regista pugliese, ma aquilano ormai di adozione – ha scritto Pino Montinaro a margine del Festival del Cinema Europeo di Lecce – attraverso una commedia leggera incentrata sulle storie di quattro ragazzi, ha saputo raccontare in modo magistrale il dramma della sua gente. Sullo scenario di una tendopoli, le vite dei cittadini dell’Aquila, sopravvissuti al terribile terremoto, s’intrecciano, si dividono, si fortificano per ripartire insieme attraverso nuovi percorsi, nuovi sorrisi e amori. Un film che è un atto d’amore verso una città che di fatto non c’è più, a cui ha contribuito a rendere viva la memoria mostrandone le sue ferite, i suoi terribili silenzi e le speranze di rinascita, un cast di giovani e bravi attori. Ragazzi ai quali si va ad aggiungere il sopraffino Gabriele Cirilli nei panni d’un simpatico prete. Tutti sapientemente guidati da un grande Riccardo Garrone, nelle vesti di un nonno ribelle e saggio che dalla vetta del suo albero abbraccia idealmente la città invisibile. Con questo lungometraggio, questa edizione del Festival 2010 rende omaggio alla città dell’Aquila, per non dimenticare i tragici fatti. Una testimonianza che ha preso il via con il documentario “Sangue e cemento” del Gruppo Zero, per poi proseguire con “From Zero – Abruzzo, storie dalle tendopoli”, del regista salentino Davide Barletti ed infine con l’evento speciale, il lungometraggio “La città invisibile” di Giuseppe Tandoi”. Si diceva dei professionisti che Giuseppe Tandoi ha coinvolto nel suo film, alcuni di essi usciti da due prestigiose scuole d’alta formazione cinematografica, l’Accademia dell’Immagine dell’Aquila e la Scuola Nazionale di Cinema di Roma. Senza distinzioni, si citano Emanuele Nespeca e Mario Rellini (Sceneggiatura), Stefano Fonzi (Musiche), Gianluca Ceresoli (Fotografia), Mauro Vanzati (Scenografia), Dejana Sremcevic (Costumi), Matteo Di Simone (Montaggio), mentre Giuseppe Tandoi, oltre al soggetto e alla regia, ha cofirmato anche la sceneggiatura e la produzione, quest’ultima insieme ad Emanuele Nespeca. Ricca la fioritura d’istituzioni culturali abruzzesi che hanno collaborato alla realizzazione del film, come l’Accademia dell’Immagine, l’Orchestra Sinfonica Abruzzese, il Coro del Teatro Marrucino, il Gruppo rock “dLine”, e le associazioni Concentus Serafino Aquilano, Brucaliffo, “On the Road” e Artisti Aquilani.
L’ampio coinvolgimento del mondo culturale aquilano, nella sua prima impresa creativa e produttiva, segnala già il forte radicamento di Giuseppe Tandoi nella città dove ha scelto di vivere ed operare. E’ un rapporto che trova alimento in valori profondi, talvolta latenti e non del tutto espressi eppure così solidamente radicati, anche quando con il giovane regista parlo, cercando di scoprirne le motivazioni. Sicuramente presente, nel colloquio che ho con lui, è la prelazione culturale, avendo egli trovato all’Aquila quell’humus ricettivo per la creatività, quel naturale ambiente incline alle arti che gli ha fatto scoprire la città come luogo d’elezione. Dove, peraltro, egli ha intessuto una ricca messe di amicizie vere, che spesso sconfinano in vere e proprie complicità culturali, in relazioni di spiccata affettività, in contaminazioni artistiche e sinestesie com’è il caso del solido rapporto, quasi una simbiosi, che Tandoi ha stabilito con il Concentus Serafino Aquilano, gruppo corale e musicale aquilano, diretto da Manlio Fabrizi, di riconosciuto prestigio nazionale. Tanti i progetti sui quali il regista profonde il suo generoso impegno. Come quello di sostenere, con i proventi di varie iniziative, unitamente agli artisti del Concentus, il restauro della bella chiesetta di Santa Maria degli Angeli, appena fuori Porta Napoli, che custodisce tra l’altro un prezioso affresco del Quattrocento di Francesco da Montereale, un’edicola votiva appena fuori le mura che fu ricompresa all’interno del tempio quando nel 1935 venne costruito, utilizzando la facciata tardo-romanica con bel rosone della demolita chiesa di Santa Maria del Guasto.
Ma anche molti i suoi progetti in campo cinematografico, sempre così intimamente ancorati alla storia dei luoghi, spesso neanche tanto nota ai più ma che egli, con il desiderio di conoscenza che lo anima ricerca nelle antiche radici storiche ed antropologiche, resuscita da luoghi e documenti, da retaggi e tradizioni secolari. E’ il caso della sua prossima, imminente fatica: la narrazione della vita di Santa Giusta, anzi d’una famiglia di Santi partita nel terzo Secolo da Siponto, nei pressi dell’attuale Manfredonia, per venire ad evangelizzare le genti vestine della Conca aquilana. Una storia, dunque, che nei primi anni del Cristianesimo congiunge la sua Puglia con l’Abruzzo e con L’Aquila ante litteram, attraverso alcuni dei suoi Castelli che mille anni dopo l’avrebbero fondata: Bazzano, l’antica Offidium, e la terra di Paganica, dove la famiglia sipontina s’insediò nel 281 d.C. per la sua predicazione con Giusta, Felice, Fiorenzo, Umbrasia e Giustino. Ad eccezione di San Giustino, tutti martirizzati cinque anni dopo il loro arrivo. Santa Giusta conobbe la palma del martirio a Bazzano, dove ora è venerata Protettrice, nel sito sul quale fu edificata la stupenda chiesa tra le più preziose testimonianze dell’arte romanica in Abruzzo, mentre San Giustino visse fino a morte naturale predicando nel luogo dove tra l’VIII e il XII secolo venne costruita la sua bella Basilica romanica, a Paganica, dove è venerato come Patrono. Questo ed altri sono i progetti di grande rilievo, nel campo cinematografico, fortemente evocativi della grande storia aquilana. Ora è presto per parlarne, anche se con la mente Giuseppe Tandoi già li alimenta e li vive nell’intimità, prima di poter dar corpo alla sua fervida creatività.
Goffedro Palmerini
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