“È assoluta necessità concentrare il controllo preventivo e consuntivo in un magistrato inamovibile”(Cavour, 1852). Se nel Belpaese la corruzione è patologica, endemica, capillare, territoriale, feudale e fatalmente letale per il normale libero sviluppo economico, sociale e culturale dei cittadini, come evidenziato dalla Corte dei conti nell’inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2012, allora bisogna studiare meglio le storiche carenze e lacune che da 150 anni (ed ancora oggi, a venti anni da Tangentopoli) alimentano, evidentemente non solo nel Belpaese, questi gravissimi problemi strutturali senza soluzione di continuità. Perché non sono stati ancora elaborati e risolti, ma solo ereditati e trasmessi da una classe politica e dirigente di incompetenti. Oggi è quanto mai urgente farlo speditamente prima che sia troppo tardi per la tenuta delle Istituzioni democratiche italiane ed europee che potrebbero altrimenti fallire, oserei dire, con o senza l’approvazione dei mercati, il cui comportamento a volte è più irrazionale di quanto si creda! “L’illegalità, la corruzione e il malaffare – ha dichiarato il dott. Luigi Giampaolino, Presidente della Corte dei conti, in occasione della inaugurazione dell’Anno Giudiziario (Roma, 16 febbraio 2012) – sono fenomeni ancora notevolmente presenti nel Paese e le cui dimensioni, presumibilmente, sono di gran lunga superiori a quelle che vengono, spesso faticosamente alla luce”. Amara considerazione che invita tutti a una sana e saggia riflessione. La corruzione e il malaffare, tuttavia, non sono l’unico dramma del Belpaese. La legalità fiscale dei cittadini è diminuita durante la crisi economica in tutta Europa. Dal 2009 ha registrato un lieve recupero, meno significativo in Italia. In Europa e nel Belpaese si registra “una caduta di compliance” ma in Italia l’evasione Iva è tra le più alte nel Vecchio Continente. La Corte dei conti rivela che “analisi accurate condotte per la sola imposta sul valore aggiunto evidenziano per l’Italia un tax gap superiore al 36%, che risulta di gran lunga il più elevato tra i grandi Paesi europei, con l’eccezione della Spagna, per la quale lo stesso rapporto supera il 39%”. Il 2011 sarà ricordato nella storia della finanza pubblica italiana “per la severità della situazione economica e per l’affanno con il quale i governi hanno rincorso i rimedi necessari a fronteggiarla e ad arginare gli effetti più devastanti” – spiega il Presidente Giampaolino. “È sempre più necessaria la cultura della legalità, che va costruita e diffusa. Deve essere approvata e incoraggiata la tendenza, già avviata, di valorizzare il ruolo di primaria importanza dell’istituzione di controllo e di tutela della finanza pubblica” – sottolinea la dott.ssa Maria Teresa Arganelli. L’attività giurisdizionale, esercitata dalla Corte insieme a quella di controllo anche nelle Corti pre-unitarie (nel 2012 si celebrano i 150 anni della istituzione della Corte dei conti, quale prima magistratura unitaria del nascente Regno d’Italia) si è nel tempo sempre più affermata ed estesa. Come evidenzia l’esame dell’attività svolta nel corso del 2011, di cui vi è ampio ed articolato resoconto nella relazione scritta dal Presidente Giampaolino, emerge anche il dato positivo sul tasso di smaltimento nel 2011 del contenzioso pendente, in particolare per quanto attiene al settore pensionistico. “Circostanza questa che costituisce motivo di soddisfazione per la Corte, per le evidenti ricadute in termini di effettività della tutela dei diritti fondamentali delle fasce più deboli della popolazione”. L’elencazione delle fattispecie oggetto delle sentenze emesse dai giudici contabili nel corso del 2011 “conferma la tendenza, nata sulla scorta delle pronunzie della Cassazione, ad allargare l’ambito cognitivo del giudice contabile a tutte le ipotesi in cui vengano in rilievo risorse pubbliche, comunque utilizzate per soddisfare interessi generali della collettività, ed offre una panoramica esaustiva dei “comportamenti idonei ad arrecare un danno alle finanze pubbliche: dalla corruzione ai comportamenti dannosi posti in essere nell’esercizio dell’attività sanitaria; dall’errata gestione del servizio di smaltimento dei rifiuti all’illecita percezione di contributi pubblici o comunitari; dal gravemente colposo utilizzo di strumenti derivati o simili prodotti finanziari ai danni connessi alla costituzione e gestione di società a partecipazione pubblica; dalla responsabilità per danni connessi alla stipula di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ai pregiudizi erariali conseguenti ad errori nella gestione del servizio di riscossione dei tributi”. La Corte segnala una lunga e ben triste teoria di casi e vicende, “solo in parte e per categorie generali”, che serve non tanto per tracciare una mappatura dell’illegalità, della corruzione o del malaffare (“fenomeni ancora notevolmente presenti nel Paese e le cui dimensioni, presumibilmente, sono di gran lunga superiori a quelle che vengono, spesso faticosamente, alla luce”) ma ad effettuare una ricognizione degli episodi più ricorrenti di “gestione delle risorse pubbliche inadeguata, perché inefficace, inefficiente, diseconomica”. È questo l’aspetto sul quale sempre più si accentra l’attenzione delle sezioni giurisdizionali della Corte, poiché scopo della loro azione “è non solo quello di reintegrare il patrimonio leso o sanzionare il responsabile del danno, ma, prim’ancora, quello di guidare per il futuro l’operato del pubblico dipendente, o, comunque, del soggetto incaricato dell’attuazione dell’attività amministrativa, indirizzandolo al corretto perseguimento di quegli interessi pubblici stabiliti dalle leggi e rispetto ai quali vi è stata la funzionalizzazione di pubbliche risorse”. Intesa in tal modo, l’attività giurisdizionale “viene ad assumere quel valore di momento di chiusura del sistema dei controlli la cui attivazione, per quanto eventuale, assume valenza di necessarietà ed indispensabilità dal punto di vista logico se non, addirittura, ontologico”. A monte di essa si situa l’ampia gamma di attività di controllo che la Corte svolge quotidianamente, “permeando della sua funzione ogni fase significativa dell’attività amministrativa che va sino agli accertamenti della sussistenza delle condizioni del grave dissesto finanziario degli Enti locali e delle Regioni, con le conseguenze previste nel decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, sui meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, provincie e comuni; meccanismi che danno luogo a gravi forme di responsabilità” che sono oggetto di ponderata riflessione da parte della Corte dei conti”. Per quanto concerne la funzione di controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo e delle amministrazioni dello Stato, la Corte rileva “la necessità, ancor più che per la funzione giurisdizionale – per la quale, in un’opera di codificazione, impellente ora appare, soprattutto, la necessità di una disciplina della fase dell’archiviazione – di una regolamentazione procedimentale. Difatti, è necessario che lo svolgimento della funzione di controllo, da adempiere nel più breve lasso di tempo possibile, avvenga secondo rinnovati moduli procedimentali, rivestendo di formali garanzie di trasparenza ed obiettività i rapporti tra la Corte e l’amministrazione controllata, così da favorire la completezza e la rapidità dell’attività e, al contempo, scongiurare qualsiasi pericolo di non completa emersione di tutte le attività espletate nei rapporti con le amministrazioni controllate”. In tale direzione “si è già operato, prevedendo la limitazione della permanenza del magistrato nello stesso ufficio per un numero elevato di anni e favorendo l’adozione, da parte di ciascuna sezione di controllo, di Linee guida per l’esercizio delle loro funzioni che, raccolte contestualmente, formano già un punto di partenza per una auspicabile disciplina dei procedimenti innanzi alla Corte dei conti, di cui si avverte, per le esigenze appena esposte, l’improcrastinabilità”. Ciò anche nell’interesse delle stesse pubbliche amministrazioni, “la cui sfera di azione, nell’attuazione dell’interesse pubblico, che è ad esse riservata, deve essere rispettata, se legittima, da ogni magistrato, ordinario, amministrativo e contabile, senza impingere, com’è noto, nel suo merito”. Per l’attività di controllo successivo sulla gestione delle amministrazioni statali, il Presidente della Corte dei conti richiama il monitoraggio sugli esiti dell’attività di controllo eseguita nel 2011 ed osserva “come l’attività di controllo successivo della Corte abbia determinato nelle amministrazioni, con modalità e misure diverse, l’avvio di meccanismi auto‐correttivi delle irregolarità e delle inefficienze rilevate, contribuendo così ad indirizzare il miglioramento della gestione. Per l’attività di controllo svolta sugli enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, che tanta valenza assume in relazione alla sua incidenza sull’economia reale, in quanto rivolta a soggetti gestori di ingenti risorse pubbliche”, la Corte segnala “la necessità che le diverse forme organizzative che tali entità, sostanzialmente pubbliche, possono assumere, non devono mai appannare e, soprattutto, mai vanificare l’esigenza del controllo della Corte, anche se questo dev’essere configurato secondo più peculiari ed adeguate modalità. Ciò è tanto più vero allorché vi è il ricorso al modulo societario: questo, infatti, si riduce, talvolta, a vuota forma o ad artificioso guscio quando le sue regole, flessibili per consentire una gestione efficiente dell’impresa, vengono, non di rado, strumentalizzate ad un’amministrazione non orientata all’economicità e, di fatto, esonerata da responsabilità”. In un tale quadro, la giurisdizione contabile “deve necessariamente supplire, in presenza di impiego e gestione di pubbliche risorse, alla mancata adozione dei rimedi societari da parte del socio se non, frequentemente, all’inadeguatezza dei medesimi”. Ma, nello scenario degli organi e delle funzioni della Corte, un posto a sé ed un ruolo di rilievo assumono le Sezioni regionali di controllo. “La rete costituita dalle Sezioni regionali svolge, invero, un ruolo di assoluto rilievo nell’identificazione e nell’approfondimento di problematiche relative a una realtà istituzionale sempre più determinante nella gestione della spesa pubblica e che sta assumendo, con il federalismo fiscale, ulteriori compiti sul fronte delle entrate”. L’attuazione degli interventi per il coordinamento della finanza pubblica, “hanno finito, altresì, per alimentare – con un incremento (pari al 18,74%) rispetto al precedente anno – l’attività consultiva delle sezioni regionali di controllo in tema di contabilità pubblica, la cui ottima prova – sia consentito sottolinearlo – ne consiglia l’estensione anche a supporto dell’azione delle amministrazioni statali nonché di ogni altro ente pubblico”. La Corte rileva che “di pari rilevanza, in quanto proiettata verso le future evoluzioni dell’ordinamento, appare la funzione di controllo esercitata in ambito comunitario: “si pensi all’attività di controllo svolta dalla Corte dei conti in via coordinata con la Corte dei conti europea, in materia di “Fondi strutturali FESR (Fondo europeo di sviluppo regionale)”; nonché in ambito internazionale, con il concorso dell’attività di controllo su organismi internazionali e con la fattiva partecipazione della Corte dei conti italiana all’INTOSAI, organizzazione delle Istituzioni internazionali di controllo presso l’ONU”. La Corte sottolinea come il 2011 “sarà ricordato, nella storia della finanza pubblica italiana, per la severità della situazione economica e per l’affanno col quale i governi hanno rincorso i rimedi necessari a fronteggiarla e ad arginarne gli effetti più devastanti”. Tuttavia il 2011 ha visto avanzare il disegno di attuazione del federalismo fiscale, “con il suo carico di accresciuta accountability delle regioni e degli enti locali e con l’affermazione di un nuovo regime di rapporti fra Stato centrale e sistema delle autonomie”. La Corte ha cercato di offrire il suo contributo di analisi e di valutazione indipendente, sia sul piano giuridico‐istituzionale, sia a livello di ricostruzioni e proiezioni economico‐finanziarie, “nello sforzo di fornire al Parlamento – ma anche al Governo e all’opinione pubblica – un quadro di riferimento obiettivo e realistico degli effetti derivanti dalle scelte compiute e dalla loro combinazione con i fattori esogeni dell’equilibrio e della stabilità”. In questa direzione, “la Corte ha corrisposto – con documenti e osservazioni presentate in numerose audizioni parlamentari – alle ripetute richieste delle Camere di esprimere il proprio avviso sui documenti di bilancio (dal Documento di economia e finanza al disegno di legge di stabilità) e sulle manovre correttive adottate in corso d’anno, come anche sugli schemi dei decreti legislativi in materia di federalismo fiscale”. Ne è emerso, ad avviso di alcuni osservatori, “un profilo in parte inedito della Corte, sempre più impegnata nella ricognizione e nello studio degli esiti che sono destinati a produrre i maggiori eventi di carattere istituzionale ed economico‐finanziario, mettendo a disposizione del Parlamento – come pure dell’Amministrazione e della cultura giuridico-economica – gli approfondimenti e le riflessioni da essa maturate”. Ma la Corte è in grado di fornire queste sue valutazioni in via preliminare e preventiva rispetto all’avvio delle attività amministrative ed esecutive che daranno corpo alle scelte del decisore politico. “Il che la caratterizza come organo non solo di controllo sui risultati delle pubbliche gestioni, ma anche di avviso e segnalazione di probabili o possibili disfunzioni o anomalie del sistema amministrativo e finanziario: consigliere e monitore, dunque, del Parlamento e del Governo nella ricerca dei percorsi e delle misure più congruenti alla realizzazione degli obiettivi generali di equilibrio e solidità delle finanze pubbliche”. La crisi economica internazionale, la ricerca di strumenti tecnicamente efficaci per combatterne i riflessi sull’economia eurocomunitaria e le vicende che hanno accompagnato l’assunzione a livello nazionale di misure straordinarie per il risanamento della finanza pubblica “hanno accresciuto, anche per questa via, l’interesse e l’attenzione della politica e della cultura per il ruolo dei controlli amministrativi”. Questi sono ormai intesi, a tutti i livelli della normazione comunitaria, “come fattore di garanzia circa la serietà e la coerenza degli svolgimenti che i governi nazionali debbono dare alle decisioni comuni di drastica ristrutturazione delle finanze nazionali”. I controlli nazionali poggiano sempre più su di una base comunitaria, “e tanto ciò è vero che le regole della nuova governance economica europea hanno instaurato uno stretto collegamento fra i controlli delle autorità eurocomunitarie e i controlli delle autorità nazionali; in sostanza, i primi debbono potersi esercitare sul presupposto della piena affidabilità dei secondi, pena il venir meno dell’intero impianto di sorveglianza e correzione degli andamenti macroeconomici e finanziari”. La conseguenza è che “all’interno degli Stati deve farsi luogo a controlli esaurienti ed efficienti circa la rispondenza dei documenti e dei comportamenti finanziari alle regole e agli obiettivi di bilancio che i governi nazionali si sono impegnati a rispettare; controlli che, per essere ritenuti soddisfacenti dall’Unione, non possono che essere terzi e indipendenti da ciascun governo, poiché, in caso contrario, verrebbe meno ogni loro attendibilità”. Da qui, in Italia, l’importanza del ruolo che la Corte è in grado di svolgere nell’interesse comunitario alla sana gestione della finanza nazionale, “quale mallevadore presso gli organismi comunitari ed internazionali del rispetto nazionale delle regole di sana gestione finanziaria, non foss’altro perché l’ordinamento non conosce, oltre alla Corte dei conti, autorità di controllo ad autonomia costituzionalmente garantita (art. 100, 3° comma, Cost.)”. È per questo che la Corte ha affrontato, in un recente parere reso dalle Sezioni Riunite sul disegno di legge costituzionale finalizzato all’introduzione nella Suprema Carta del principio di pareggio di bilancio, “il tema del ruolo che essa ritiene responsabilmente di dover assumere nell’attuale congiuntura della finanza pubblica e in relazione alle nuove regole della governance europea”. In tale sede, si è evidenziata la conformità dell’assetto della Corte alle regole comunitarie “che intestano il compito di verificare il rispetto di tale principio ad un organismo affidabile, indipendente e dotato di autonomia funzionale rispetto all’autorità di bilancio dello Stato membro”. Nella medesima sede, si è sottolineato come “l’introduzione di tale principio all’interno della Costituzione richieda la previsione di un sistema efficiente di verifica e controllo che potrebbe realizzarsi attraverso l’ampliamento delle attuale facoltà di accesso della Corte dei conti al giudice costituzionale”. Quindi non va sottovalutato il collegamento che è destinato ad instaurarsi fra la Corte dei conti dell’Unione e le Corti dei conti nazionali, “avendo la prima già da tempo manifestato l’intenzione di verificare la buona gestione delle finanze nazionali, considerate come parte integrante del complessivo assetto economico‐finanziario che l’Unione, in cooperazione con gli Stati membri (art. 317 Tfue, già art. 274 Tce), ha l’obbligo di mantenere in condizioni di equilibrio e di efficienza, secondo le regole della nuova governance economica”. In Italia grande attenzione è riservata alle proiezioni e alla stima degli effetti attesi dai principali provvedimenti. La Corte rileva, però, che “sono, invece, carenti le misurazioni e le valutazioni ex post circa l’impatto che le politiche pubbliche esercitano sulla dinamica delle entrate e delle spese; cosicché v’è una quasi totale mancanza di documenti e di studi dedicati a verificare a posteriori se, quanto e come abbiano in realtà funzionato gli strumenti impiegati per migliorare il coordinamento della finanza pubblica e la qualità della spesa”. Per riempire questo vuoto, la Corte dei conti elabora da qualche anno – “utilizzando una previsione normativa che le attribuisce il compito di riferire al Parlamento sul coordinamento del sistema di finanza pubblica (art. 3, 65° comma, l. n. 244/2007, legge finanziaria 2008)” – un documento annuale, il Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica, che “analizza le caratteristiche e l’efficacia delle misure di razionalizzazione e contenimento della spesa e il governo delle entrate, sotto il profilo della congruenza fra gli obiettivi di politica economica e i risultati della gestione di bilancio a tutti i livelli di governo”. Come evidenzia il Presidente “è questo un compito al quale può adempiere solo un organo a struttura reticolare – come la Corte dei conti – potendo verificare concordanze e discordanze fra gli obiettivi di politica economica e i risultati delle gestioni finanziarie nazionali e decentrate, analizzare le cause degli scostamenti riscontrati ed indicare i possibili rimedi”. In questo contesto, grande rilevanza assume la giurisprudenza della Corte costituzionale che già prima della riforma del 2001 (sentenza n. 29/1995), aveva evidenziato il ruolo complessivo della Corte dei conti quale “garante imparziale dell’equilibrio economico‐finanziario del settore pubblico e, in particolare, della corretta gestione delle risorse collettive sotto il profilo dell’efficacia, dell’efficienza e della economicità”. Tale ruolo si è poi ulteriormente consolidato nell’ordinamento costituzionale, alla luce della riforma del Titolo V, Parte II, della Costituzione, come riconosciuto dalla stessa Corte costituzionale nella sentenza n. 179 del 2007, laddove si afferma che la Corte dei conti è chiamata a svolgere un controllo esterno ed imparziale riferito all’intera finanza pubblica, e dunque non solo in relazione alla gestione “del bilancio dello Stato, ma anche a quello di tutti gli altri enti pubblici che costituiscono, nel loro insieme, il bilancio della finanza pubblica allargata”, “in veste di organo terzo (sentenza n. 64 del 2005) a servizio della Repubblica (sentenze n. 29 del 1995 e n. 470 del 1997), che garantisca il rispetto dell’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva”. La Corte dei conti è ispirata da un atteggiamento etico, ancor prima che professionale, di rendere un servizio istituzionale, un servizio, cioè, finalizzato a garantire terzietà, imparzialità ed equilibrio, che si concretizza in un’opera di collaborazione con le altre Istituzioni. “Un servizio che i magistrati di questa Corte ed i suoi funzionari – i funzionari, la cui posizione amministrativa è necessario adeguare al delineato assetto dell’Istituto – si impegnano a proseguire, in quest’ anno appena iniziato, con lo stesso spirito e le stesse convinzioni”. In ogni ordinamento democratico è previsto che un organo di rilievo costituzionale, posto in posizione di autonomia ed indipendenza rispetto al Governo e al Parlamento, vigili sulla corretta gestione delle risorse pubbliche, sul rispetto degli equilibri finanziari complessivi, sulla regolarità, efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa. La Corte dei conti è un organo di rilievo costituzionale, autonomo ed indipendente da altri poteri dello Stato cui la Costituzione affida importanti funzioni di controllo (art.100 Costituzione) e giurisdizionali (art.103 Costituzione). La Corte dei conti è definita dalla Costituzione “organo ausiliario” nel senso che coadiuva gli organi titolari di funzioni legislative, di controllo ed indirizzo politico, esecutive e di amministrazione attiva. Il fatto che le funzioni svolte dalla Corte dei conti siano in qualche modo “a servizio” di altre funzioni, non incide su natura e prerogative della Corte che è considerata come Organo neutrale, indipendente ed autonomo rispetto al Parlamento ed al Governo, e che svolge le proprie funzioni non solo nell’interesse degli organi “ausiliati” e della pubblica amministrazione, ma anche dello Stato collettività. La Corte dei conti è del tutto indipendente sia nei confronti del Governo che del Parlamento. Il rapporto con il Governo si manifesta, principalmente, nell’ambito delle funzioni di controllo sugli atti (controllo di legittimità) cosa che, però, non comporta alcuna interferenza fra i reciproci ambiti dei due organi, ciascuno indipendente e sovrano nella rispettiva sfera di attribuzione. Quanto al rapporto con il Parlamento, esso si è progressivamente consolidato rendendo, al fine dell’esercizio delle funzioni legislative e di indirizzo e controllo politico sull’esecutivo, le camere elettive le principali e naturali destinatarie dei risultati dei controlli della Corte dei conti. La progressiva espansione delle funzioni di controllo a scopo di referto agli organi elettivi, svolte dalla Corte dei conti (controllo economico finanziario e controllo sulla gestione), ha maggiormente accentuato la cosiddetta funzione “ausiliaria” dell’Istituto nei confronti di Camera e Senato. Il personale della Corte dei conti è costituito da magistrati e da impiegati amministrativi. I magistrati, distinguibili unicamente per le funzioni, sono: il Presidente, il Presidente aggiunto, il Procuratore Generale, il Procuratore Generale aggiunto, i Presidenti di Sezione, i Consiglieri, i primi Referendari ed i Referendari. Il personale amministrativo è composto da personale dirigente e da personale non dirigente. Per garantire l’autonomia ed indipendenza dell’Istituto, la legge 21 luglio 2000 n. 202 prevede che il Presidente della Corte dei conti sia nominato tra i magistrati della stessa Corte che abbiano effettivamente esercitato, per almeno tre anni, funzioni di Presidente di sezione ovvero funzioni equivalenti presso organi costituzionali nazionali o istituzioni dell’Unione europea. La procedura di nomina prevede l’emanazione di un decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il parere del Consiglio di Presidenza. Con Decreto legge 24 dicembre 2003 n. 354, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2004 n. 45, è stato istituito il posto di Presidente aggiunto. L’autonomia e l’indipendenza della Corte dei conti viene garantita sia attraverso la procedura di nomina dei vertici istituzionali, sia attraverso particolari procedure di selezione per concorso pubblico e nomina dei magistrati contabili. Mezzi dell’indipendenza dell’Istituto e dei suoi componenti sono, tra gli altri, l’inamovibilità dei magistrati, la previsione del Consiglio di Presidenza, l’autonomia finanziaria ed organizzativa della Corte dei conti. La Corte dei conti svolge funzioni di controllo (art. 100 Costituzione) e funzioni giurisdizionali nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge (art. 103 Costituzione). Accanto a queste, svolge anche funzioni amministrative (provvedimenti concernenti lo status economico e giuridico dei propri dipendenti) e consultive (pareri al Governo ed ai Ministri in ordine ad atti normativi e provvedimenti; pareri in materia di contabilità pubblica a richiesta di Regioni, Comuni, Province e Città metropolitane). Nelle relazioni tra enti ed organi amministrativi può essere necessario un riesame di un singolo atto amministrativo o dell’attività amministrativa nel suo complesso da parte di un altro organo. Il controllo di legittimità serve ad assicurare che un atto o un’attività siano conformi alla legge. Il controllo sulla gestione serve invece a verificare l’efficacia, l’efficienza e l’economicità dell’azione amministrativa rispetto agli obiettivi posti dalla legge. La Corte dei conti in base alla Costituzione (art. 100) svolge: un controllo preventivo di legittimità sugli atti del governo; un controllo successivo sulla gestione del bilancio dello Stato; un controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria. Si tratta di un controllo esterno e neutrale svolto in posizione di assoluta imparzialità rispetto agli interessi di volta in volta perseguiti dal governo o dall’amministrazione. Accanto a dette funzioni, individuate in modo diretto dall’art. 100 della Costituzione, ve ne sono altre, introdotte da leggi ordinarie, che trovano il loro fondamento costituzionale nell’art. 97 della Costituzione (principio del buon andamento degli uffici pubblici), nell’art.81 (rispetto degli equilibri di bilancio) e nell’art. 119 (coordinamento della finanza pubblica). In particolare, la legge 14 gennaio 1994 n. 20 ha attuato una riforma completa delle funzioni di controllo della Corte dei conti, riducendo il numero degli atti sottoposti al controllo preventivo di legittimità ed introducendo una nuova forma di controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche, nonché sulle gestioni fuori bilancio e sui fondi di provenienza comunitaria, improntata ai parametri di economicità ed efficacia che debbono sempre ispirare l’azione amministrativa (legge 7 agosto 1990 n. 241). Altre leggi sono intervenute attribuendo alla Corte dei conti importanti funzioni di controllo/referto quali: il controllo sulla copertura finanziaria delle leggi di spesa (art. 17 della legge 31 dicembre 2009 n. 196); referti speciali (esempio referto sul costo del lavoro pubblico ed altri referti speciali); certificazione dell’attendibilità dei costi quantificati e la loro compatibilità con gli strumenti di programmazione e bilancio finanziario dei contratti collettivi nazionali di lavoro (art. 47 del decreto legislativo 31 marzo 2001 n. 165 e successive modificazioni); referti sulla finanza regionale e locale. Fra i controlli svolti dalla Corte dei conti possono distinguersi tre principali tipologie: il controllo preventivo di legittimità su atti; il controllo successivo sulla gestione delle amministrazioni pubbliche; il controllo economico/finanziario con funzione referente. “La Corte dei conti, nella ampia gamma di funzioni affidatele – rivela il Presidente Giampaolino – attende sempre ad un’unica missione, quella cioè di garanzia dell’attività della Pubblica amministrazione, con riguardo, in particolare, a quella degli amministratori; a quella della spendita del pubblico denaro; a quella della gestione dei beni patrimoniali e ai comportamenti patrimonialmente rilevanti. La Corte ha ben presente che la funzione di supremo controllore, imparziale e terzo, dell’attività pubblica e dell’uso delle relative risorse, costituisce un elemento coessenziale della democraticità dell’ordinamento”. Si tratta di una funzione di garanzia per l’intero ordinamento “rappresentando la Corte un organo che, da un lato, pone la sua funzione al servizio di altri organi e poteri dello Stato, ma, dall’altro lato, svolge questa funzione per diretta investitura costituzionale, al fine di assicurare o di agevolare il più corretto ed efficiente svolgimento delle funzioni di altri organi”. Questa funzione è assicurata, ad ogni livello di Governo, “dalla sua conformazione, essendo la Corte caratterizzata da un disegno unitario che collega le Sezioni centrali con le Sezioni regionali dislocate in tutte le Regioni e Province autonome; unica tra le magistrature italiane, è stabilmente collegata con le Istituzioni comunitarie e, in particolare, con la consorella Corte dei conti europea: una rete unica di uffici e competenze che copre l’intero territorio nazionale, collegando le istanze regionali e locali con quelle centrali, e si ancora, altresì, saldamente al centro delle istituzioni comunitarie”. La Corte assolve quotidianamente questi compiti con spirito di servizio, “consapevole dell’importanza e della delicatezza dei poteri e delle funzioni ad essa affidati, ai fini della salvaguardia degli interessi primari della collettività. Ai suoi magistrati e funzionari è di sprone una convinzione intima, una fede laica, che proviene dagli esempi di quanti li hanno preceduti, dal retaggio di valori dei quali l’Istituto è depositario: l’onestà degli intenti e dei comportamenti, l’etica del servizio, il corretto agire delle pubbliche amministrazioni, il perseguimento del bene dell’uomo e della collettività”. Insomma, l’irrazionalità politica, economica, sociale e culturale può essere “governata” elevando all’ennesima potenza le prospettive di giustizia, di libertà, di pace e di sviluppo di un Popolo unito, coeso e solidale come quello europeo. Per fondare gli Stati Uniti d’Europa, insieme alla Grecia, occorre passare dall’aria fritta alle iniziative concrete con una sana, capillare e gradevole inculturazione della legalità in tutti i cittadini italiani ed europei, grazie anche alle moderne tecnologie digitali.
© Nicola Facciolini
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