Alta tensione fra Italia ed India, con la Farnesina che domenica ha ribadito con chiarezza che il caso deve essere trasferito alla magistratura italiana, perché è avvenuto in acque internazionali, su una nave battente bandiera italiana e che i due militari, membri del battaglione San Marco della Marina, godono dell’immunità.
Intanto, Massimiliano La Torre e Salvatore Girone, i due marò della petroliera italiana Enrica Lexie accusati dell’omicidio di due pescatori indiani al largo delle coste del Kerala, sono stati trasferiti dal circolo ufficiali della Polizia centrale (Cisf) del Kerala nell’isola di Wellington, vicino Kochi, dove sono stati interrogati dal capo della polizia.
Ai due marò è stato notificato un provvedimento di fermo giudiziario necessario, assicurano fonti che seguono sul posto la vicenda, per continuare le procedure che termineranno con la presentazione ad un giudice di Kollam.
L’incidente, avvenuto mercoledì scorso a 30 miglia dalla costa indiana e dai contorni ancora poco chiari, ha riguardato l’uccisione, da parte dei marò italiani, di due membri di un peschereccio indiano di 11 persone o, impegnato nella pesca di tonni.
Si è anche appreso che il governo di Kerala ha deciso di indennizzare i familiari dei due pescatori con 300mila rupie (poco più di 4.600 euro).
“Allo stato delle cose ci sono delle considerevoli divergenze di carattere giuridico” con l’India, ha dichiarato, per ora, il nostro ministro degli Esteri, Giulio Terzi.
Ben più grave la tragedia occorsa a tre nostri militari in Afganistan , morti nel ribaltamento del loro “Lince”, mentre tentavano di recuperare un altro mezzo, bloccato “dalle condizioni meteo particolarmente avverse”.
Dal Quirinale è immediatamente giunto il cordoglio del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha espresso “i suoi sentimenti di solidale partecipazione al dolore dei famigliari dei caduti, rendendosi interprete del profondo cordoglio del Paese”.
Le tre vittime sono le prime del 2012 in Afghanistan. L’anno scorso, invece, ne erano morti 10, mentre dall’inizio delle operazioni nel Paese l’esercito ha perso complessivamente 48 uomini.
Il 12 Novembre 2011, è entrato in circolazione il francobollo (dada 0,75 euro, che raffigura, in primo piano a sinistra, un militare italiano e, sullo sfondo, un particolare del globo terrestre e il reticolo di puntamento di un cannocchiale telescopico) voluto dallo Stato per esaltare le attività delle nostre Forze Armate in favore della pace nei luoghi “caldi” del mondo.
Una tradizione che per l’Italia parte da lontano: la prima missione risale al 1900-1901 con il Corpo di spedizione in Cina, quando si decise di inviare un contingente militare insieme ad altre sette grandi potenze per la salvaguardia dei cittadini stranieri minacciati dalla Rivolta dei Boxer.
Per arrivare all’odierna missione in Afghanistan. Come ha di recente sottolineato Gianandrea Gaini, che ha seguito tutte le missioni italiane degli ultimi 20 anni. Dirige Analisi Difesa, collabora con i quotidiani Il Sole 24 Ore, Il Foglio e Libero ed è opinionista del Giornale Radio RAI e Radio Capital. Ed ha scritto “Iraq Afghanistan: guerre di pace italiane”; i tagli al bilancio della Difesa non hanno impedito al governo di rinnovare per tutto il 2012 le missioni militari all’estero, considerate un simbolo della credibilità internazionale del nostro Paese.
Rispetto al 2011 si registrano poche modifiche e qualche risparmio. Terminata la guerra in Libia che ci costò ufficialmente 202 milioni di euro l’Italia sta inviando a Tripoli una missione di addestramento dal costo limitato a 10 milioni. Nel complesso verranno spesi 1,4 miliardi di euro, fondi stanziati come sempre al di fuori del bilancio della Difesa che quest’anno registra il suo record negativo con appena 13,6 miliardi assegnati alle forze armate contro i14,3 dell’anno scorso e i 15,8 del 2008.
Rispetto al 2011 vengono risparmiati sulle 20 missioni all’estero 240 milioni ma si tratta di economie ottenute grazie alla fine della guerra libica e con riduzioni dei contingenti oltremare già definiti dal governo Berlusconi. Va inoltre ricordato che, la missione di Libia è costata ai contribuenti più di 700 milioni di euro, con un impiego di mezzi secondo solo alla Francia.
Ma poi, la nostra politica, non è riuscita affatto a capitalizzare questa spesa o lo ha fatto in forma assai modesta. Anche in Afghanistan, dove la missione continua ed aumentano i morti, l’Italia svolge un ruolo militare e soprattutto politico di secondo piano.
Solo in Iraq, con un ingente costo economico e soprattutto umano, si è riusciti a raggiungere un qualche obiettivo: qualche importante contratto petrolifero. missioni proseguono in Bosnia, in Cossovo e in Libano (oltre ad altre partecipazioni poco più che simboliche).
L’area balcanica è ancora instabile, soprattutto quella cossovara. Per questo ritirarsi o ridurre la nostra presenza da questo scenario potrebbe compromettere la pace nell’area e di conseguenza riattivare un “fermento” bellico vicino ai nostri confini. In Libano, invece, dove la presenza dei nostri militari è piuttosto massiccia (circa 1.500 effettivi), la politica non è riuscita a capitalizzare il risultato diplomatico più importante ottenuto dal nostro Paese.
Nonostante l’Italia abbia giocato un ruolo da protagonista, non è riuscita a sfruttare la propria posizione per intervenire politicamente in Medio Oriente nella crisi siriana e nelle trattative con l’Iran, lasciando campo aperto all’iper-attivo primo ministro turco Erdogan.
Carlo Di Stanislao
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