Finora le autorità indiane li avevano ospitati, pur se segregati, in “guest house” e residenze militari , ma il tribunale di Kollam, davanti al quale i marò in arresto sono comparsi alle 11 di questa mattina (ora italiana), ha deciso di trasferirli in carcere.
Il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola ha chiamato al telefono i due marò italiani, rassicurandoli sul massimo impegno da parte delle istituzioni, ma, da stamani, come dicevamo i due militari del battaglione S. Marco sono in prigione in India e lì rimarranno, in custodia preventiva, per tre mesi nel carcere di Trivandrum, in attesa in che si faccia luce sulla vicenda che li ha visti coinvolti e si accertino le reali responsabilità nell’uccisione dei due pescatori indiani, per la quale sono accusati, mentre erano a bordo della Enrica Lexie.
Per domani si attendono i risultati della perizia balistica a cui hanno presenziato anche due tecnici italiani, mentre dal sottosegretario agli Esteri Staffan De Muistura, si apprende che i due, Latorre e Girone, si trovano comunque in una struttura separata del loro carcere, che ne “preserva la dignità”.
Secondo il sottosegretario sarebbero tre i punti da tenere in considerazione riguardo alla vicenda che coinvolge i due militari. In primis che “in nessun Paese al mondo, in nessun caso dei militari in servizio vengono giudicati nel Paese non di origine”. Poi un problema di giurisdizione: la Enrica Lexie si trovava in acque internazionali, non indiane. Infine la prova balistica,”fondamentale” per stabilire la verità dei fatti.
La famiglia di uno dei pescatori morti ha fatto sapere di non essere interessata a incontrare De Mistura, da oltre due settimane in India per seguire da vicino la vicenda. Lo stesso esponente del governo ha spiegato che ha rinunciato alla visita a causa del clima ostile dopo le manifestazione anti-italiane della popolazione.
Nei confronti dei due italiani non verrà mostrata alcuna indulgenza, aveva fatto sapere il Chief Minister del Kerala, Oommen Chandy, sostenendo che nei loro confronti ci sono “prove incontrovertibili”.
Il tribunale di Kollam ha inoltre accolto la richiesta dei procuratori di avvalersi di esperti del dipartimento della Marina mercantile per ispezionare la scatola nera della Enrica Lexie, si legge sul sito del ‘Times of India’; lo stesso quotidiano che sabato scorso aveva scritto che nella scatola nera della nave italiana non sarebbero presenti dati preziosi per comprendere quanto accaduto quel maledetto 15 febbraio.
Sempre poche ore fa, la portavoce dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune europea, Catherine Ashton, ribadendo che il caso è di “competenza delle autorità italiane, che non hanno finora richiesto la nostra assistenza”, ha dichiarato che la Ue esprime “rammarico per la morte dei due pescatori indiani ed aggiunto, “siamo in stretto con le autorità italiane, ma la responsabilità è la loro, perché le questioni consolari sono di competenza dei singoli Paesi”. “La partovoce ha anche detto, che l’ufficio dell’Alto rappresentante “sta seguendo da vicino il caso” e nei giorni scorsi “il nostro capo delegazione in India ha incontrato il sottosegretario agli Esteri italiano Staffan De Mistura”.
Secondo Augusto Sinagra, ordinario di diritto delle Comunità europee alla facoltà di Scienze Politiche della “Sapienza” di Roma, si tratta tecnicamente di un vero e proprio “sequestro di persona”, perché “il fatto si è verificato in acque internazionali, dove si applica la legge della bandiera”.
Si tratta, comunque, di una vicenda molto complessa (oltre che tragica), che ha visto anche un grande dispiegamento da parte della diplomazia italiana, che ha cercato di intervenire a favore dei nostri due connazionali, ma per ora senza esito alcuno.
Nel gergo della marina militare, dal 1952, per marò si intende, marinaio e i due marò arrestati fanno parte di uno dei tre battaglioni in cui è suddiviso il San Marco, quello dei fucilieri, (gli altri sono di assalto e accompagnamento navale), gruppo sottoposto ad un addestramento molto particolare, in modo da risultare prontamente operativi e flessibili.
Questi uomini, soprattutto addestrati per svolgere compiti di sicurezza in mare, quando avvistano un’imbarcazione sospetta, ne attirano l’attenzione, in modo da indurla a cambiare rotta.
Se questo non succede, si sparano dei colpi in aria e poi in acqua, a distanza di sicurezza.
Gli spari diretti sull’imbarcazione vengono effettuati soltanto in occasioni eccezionali.
Come scrive Galeandro Gaiani su Panorama on-line, comunque in questa intricata storia, all’atteggiamento arbitrario degli indiani, l?italia ha risposto in modo inadeguato e troppo morbido, quasi remissivo, con un governo che continua a dare l’impressione (anche agli indiani) di non voler mettere a rischio i rapporti diplomatici e i floridi affari bilaterali per due poveri marò.
Sicché molto preoccupati sono i famigliari dei due marinai, con Christian D’Addario, nipote di Massimiliano Latorre, che ha detto: “Le nostre istituzioni sono meno brave di un Paese sottosviluppato” ed aggiunto: “In questi giorni siamo stati a guardare, ma ora ci muoveremo anche noi. Abbiamo nominato un legale e probabilmente andremo in India per vedere cosa si può fare”.
Intanto, scrivono molti commentatori, nonostante le discrepanze tra la posizione della petroliera italiana e il luogo dove i pescatori hanno dichiarato di essere stati colpiti e le dichiarazioni contraddittorie dei membri dell’equipaggio del peschereccio Saint Antony, dove si trovavano i due indiani uccisi, gli italiani sembrano ormai rassegnati al fatto che i due militari vengano processati per omicidio da un tribunale civile di un Paese che applica la pena di morte, prevista in India per questo reato.
Scarso ottimismo anche per la decisione che il tribunale del Kerala prenderà domani in merito alla contesta giurisdizione indiana per un fatto avvenuto in acque internazionali. Il diritto internazionale garantisce che gli italiani non possano essere giudicati dall’India, ma le leggi di Nuova Delhi prevedono invece di perseguire anche fuori dalle acque territoriali reati contro cittadini e proprietà indiani.
Una cosa ci rassicura, almeno in parte. Sempre oggi, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, in un breve incontro con i giornalisti italiani, tra cui l’ANSA, nel carcere di Trivandrum, hanno detto di stare bene e di essere trattati bene. L’incontro, ottenuto senza difficoltà, è avvenuto nella stanza del ‘jalor’, il responsabile delle guardie carcerarie. I due marò, arrivati dopo pochi minuti, non hanno nascosto la loro sorpresa nel vedere un gruppo di giornalisti italiani, ipotesi che sicuramente non avevano previsto. Data la delicatezza della situazione, la breve conversazione ha toccato il loro stato d’animo, le condizioni di detenzione, e la eco che il loro caso sta avendo in Italia.
Dopo un paio di minuti il clima, all’inizio un pò teso, si è disteso e il colloquio si è concluso con grandi strette di mano e auguri di rapido fine della vicenda.
Pensando a questa storia, mi è venuto in mente, come una folgorazione, “Leoni per agnelli”, il film di e con Robert Redford sui soldati allo sbaraglio ed i governi a trattare, con interessi complessi e non sempre chiari. Ed ho pensato anche a Macchiavelli che, sosteneva, sempre, la ragion di stato che non corrisponde quasi mai a quella di chi viene più esposto o mandato sulla linea del fronte.
Cattivi pensieri, certo, che spero, nei fatti, di fugare al più presto.
Carlo Di Stanislao
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