Precari, sempre più vecchi, e sempre più bloccati all’interno di un sistema senza uscita. In Italia l’età dei lavoratori con contratti atipici tende ad aumentare, perché il passaggio a un contratto standard è tutt’altro che immediato e perché chi perde un posto tipico nella maggior parte dei casi riesce a reimpiegarsi solo con contratti atipici. Lo sostiene la ricerca “Le tante facce del lavoro” curata dall’Associazione 20 maggio – Flessibilità Sicura e dal Partito Democratico. Secondo i dati presentati, il 47,9% dei lavoratori atipici ha fra i 30 e i 49 anni, e rientra in questa classe di età il 67,7% dei lavoratori a tempo parziale. Nel 2008 coloro che rimanevano intrappolati in un lavoro precario erano il 54,6% ma fra il primo semestre 2009 e il primo semestre 2010 la percentuale è cresciuta di quasi cinque punti, toccando il 59%. D’altro canto, tra il 2007 e il 2010 la percentuale dei soggetti che riescono ad uscire dalla “trappola della precarietà” è diminuita dell’8,4%.
Un quadro difficile che diventa ancor più negativo se si considerano gli “scoraggiati”, cioè quei soggetti che per età e condizione dovrebbero appartenere alla popolazione attiva ma non ne fanno parte, ritenendo eccessivamente difficile e costoso ricollocarsi nel mercato del lavoro. Nel terzo trimestre del 2011, in Italia, se ne contano 1 milione 574 mila, un record storico: nel 2004 erano un milione (+57% in sette anni). Un alto numero di scoraggiati tende a far sottostimare il tasso di disoccupazione, che è il dato più diffuso, a livello mediatico e politico, per raccontare l’andamento del mercato del lavoro: insomma, le cose vanno peggio di quanto quel dato non descriva, anche perché agli scoraggiati si aggiungono i Neet (Not in education, employment or training), ovvero dei giovani (in genere si considera la fascia d’età che va dai 15 ai 29 anni) che non sono impegnati in attività di formazione (istruzione o formazione professionale) e, al tempo stesso non hanno un lavoro. I Neet hanno superato i due milioni di unità (2.110.000), risultando in aumento da almeno quattro anni, portando i Neet sopra il 22%.
La realtà del precariato è molto varia: sono stati censiti ben 46 diverse tipologie contrattuali, ciascuna delle quali nasconde trappole ed elementi poco chiari. Si pensi ai 310.820 stage e tirocini attivati nel 2010, di cui 89.800 nell’industria e 221.020 nei servizi. Circa il 50% dei tirocini è stato realizzato in micro imprese al di sotto dei 10 dipendenti. “Purtroppo – spiega Di Nicola – spesso questi lavoratori non sono utilizzati correttamente dalle imprese, che sfruttano tali forme lavorative per avere mano d’opera a basso costo. Inoltre, gli stagisti sono talvolta assegnati a mansioni di basso livello, a cui non viene associato alcun concreto percorso formativo”. Anche le possibilità di assunzione per gli stagisti variano in maniera considerevole rispetto alla dimensione dell’impresa: mentre nelle imprese fino ai 10 dipendenti la quota di stagisti assunti si arresta al 12.8% del totale, tale percentuale raggiunge il 15.1% nelle imprese tra 50 e 250 dipendenti e il 24.2% nelle grandi imprese al di sopra dei 500 dipendenti. (ska)
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