L’ingegnere Franco Lamolinara e il suo collega britannico Chris McManus, rapito lo scorso maggio in Nigeria, sono stati uccisi ieri dai loro rapitori, durante un blitz delle forze nigeriane, a cui hanno partecipato le teste di cuoio britanniche.
Lo ha detto ieri sera il primo ministro David Cameron, il quale ha autorizzato l’operazione poiché – ha precisato – gli ostaggi erano “in imminente pericolo di vita”.
Il presidente nigeriano Goodluck Jonathan ha detto che i killer dei due ostaggi, appartenenti al gruppo fondamentalista islamico di Boko Haram, sono stati arrestati.
La cosa che rende ancora più grave la vicenda è che l’incursione è stata autorizzata autonomamente dalle autorità nigeriane con il sostegno britannico, informandone le autorità italiane solo a operazione avviata.
Ancora un duro colpo per il peso che l’Italia ha sul piano internazionale, con Mario Monti che apprende della operazione solo dopo la morte del nostro connazionale e che chiede al presidente nigeriano, in una conversazione telefonica, nella serata, di “avere al più presto una ricostruzione dettagliata delle circostanze che hanno portato all’uccisione degli ostaggi”.
Come scrive Lucia Annunziata su La Stampa, ora appare evidente, dopo l’enfasi di un mese fa, durante il viaggio in America, che il premier Monti (e noi italiani con lui) deve preoccuparsi di un imprevisto pericolo: il rischio che una delegittimazione della sua leadership arrivi proprio da quei leader, quegli ambienti, quell’Europa che finora lo hanno lodato, sostenuto, celebrato.
L’Italia che sta faticosamente risalendo il pozzo della mancanza di credibilità in materie economiche, viene lasciata amaramente sola, proprio dall’Europa, in due gravissime crisi internazionali in cui si ritrovata intrappolata.
Il primo è quello dei marò indiani, il secondo il blitz che ha portato alla uccisione di Franco Lamolinara.
Palazzo Chigi non ha nascosto di essere stato aggirato e nel comunicato ufficiale scrive che l’operazione per liberare i prigionieri “è stata avviata autonomamente dalle autorità nigeriane con il sostegno britannico, informandone le autorità italiane solo ad operazione avviata”.
Ed anche volendo archiviare questo tragico fatto come una mancanza di rispetto da parte delle autorità inglesi, non si può ignorare, invece, il grande affronto, stavolta europeo, della mancanza di solidarietà sul caso dei due marò detenuti in India, caso spinoso in cui l’Italia si dibatte dal 16 febbraio, con a Catherine Ashton, commissario Ue per gli Affari esteri, che, a nome di tutto il Continente, risponde: “ “il problema è di competenza esclusivamente italiano”, mentre sa bene che in gioco, nell’Oceano indiano, c’è molto di più dell’interesse di una sola Nazione.
Il controllo della sicurezza dell’Oceano Indiano, infatti, è il “great game” dei nostri tempi, in cui le rotte commerciali che vanno verso l’Estremo Oriente sono la nuova “Via della Seta” e, in questo senso, l’intervento sulla pirateria in quel mare è una guerra indiretta fra Usa, Cina (e noi europei fra gli altri) per assicurarsi il controllo dell’espansione dell’Estremo Oriente.
n questo quadro è evidente che i nostri marò sulle navi non sono esattamente lì solo per una difesa delle navi. Sono parte di una iniziativa internazionale e internazionalmente dovremmo essere sostenuti.
A questo punto e con l’amarezza di un blitz non concordato, scattato unilateralmente e senza neanche sentirci, che è costato la vita ad un Italia che era all’estero per lavoro e non solo a favore della sua Nazione, viene in mente che si spendono parecchi soldi, ma soprattutto si sacrificano le vite di giovani e valenti soldati professionisti, per sostenere gli interessi americani, prima in Iraq ed ora in Afghanistan e si fa la voce grossa sia con l’Iran, che tra l’altro era per noi un importante partner commerciale, sia con la Siria, sempre per compiacere i “soliti” altrui interessi, ma nessuno si sente poi tutelare i nostri di interessi.
Non si può, ancora, non considerare il caso del Brasile, che si è permesso tranquillamente di concedere asilo politico a Battisti, condannato all’ergastolo da un Tribunale della Repubblica Italiana per ben quattro omicidi, il quale tra l’altro si permette di parlare anche a ruota libera e se ne va tranquillamente a ballare al carnevale di Rio (mi sarebbe proprio piaciuto vedere cosa sarebbe successo, se al posto dell’Italia ci fossero stati ad esempio gli Usa, Israele o la Russia).
Ed anche qui, al di la tante dichiarazioni di rito, non è successo praticamente nulla, in termini di ritorsioni che sarebbero più che legittime.
C’è anche la questione della Libia, dove di fatto la Francia ha patrocinato il rovesciamento del regime di Gheddafi, trascinando tutta la Nato nell’impresa, mentre l’Italia, i cui interessi non solo erano e sono quelli più in gioco, ma anche aveva sottoscritto un trattato di amicizia che, per quanto discutibile, conteneva precise disposizioni in merito, come si è mossa? Si è semplicemente adeguata al fatto compiuto.
Insomma, nonostante le bandierine sventolate al’insegna di Monti sia a Washington che a New York, viene in mente che noi, per tutti, siamo rimasti il Paese del Cermis, dove un aereo dei marines in volo di addestramento, per arrogante e criminale leggerezza, può tranciare i cavi della funivia, causando la morte di venti poveri innocenti e non essere neanche processato.
Tutto questo superala ed affossa la gioia per lo spread sotto quota 300 ed aumenta l’amereza per una politica che torna a farsi litigiosa senza rendersi conto che ben altra è la via da percorrere per ridare al Paese la considerazione e il prestigio che merita.
Le Borse hanno preso il volo, chiudendo con rialzi compresi tra l’1,62% di Milano e il 2,54% di Parigi. L’onda lunga dell’entusiasmo è arrivata fin oltre l’Oceano Atlantico, facendo salire Wall Street dello 0,98% nonostante i pessimi dati americani sui sussidi alla disoccupazione. I titoli di Stato dei Paesi periferici sono stati comprati, da quelli spagnoli a quelli del Belgio. Ma gli acquisti hanno interessato soprattutto quelli italiani: i BTp decennali hanno infatti ridotto i rendimenti di 0,15 punti percentuali, chiudendo con un tasso del 4,81% (minimo da giugno).
Ma pensando al’uccisione di un nostro connazionale, su cui altri hanno deliberato, tutto questo, davvero, non conta.
Lamolinara era un tecnico di Gattinara (Vercelli) di 47 anni e viveva in Nigeria da circa dieci anni, dove lavorava per la società di costruzioni ‘Stabilini Visinoni Limited’.
Cameron ha espresso a Monti profondo cordoglio per la vittima italiana “rammaricandosi del drammatico esito dell’iniziativa militare decisa dalle autorità nigeriane e britanniche nella convinzione che questa fosse l’ultima finestra di opportunità per salvare la vita degli ostaggi”.
Tutto questo non basta ed occorrono ben altre scuse per una Nazione in cui si inseguono, e giustamente, rabbia e dolore. Il dolore della moglie e dei figli e quello di una intera Nazione, sempre chiamata in prima linea quando si tratta di rischiare, ma mai sentita nelle concertazioni, neanche quando sono i suoi figli ad essere esposti.
Carlo Di Stanislao
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