Tempus fugit. Le stagioni passano e il tempo cambia. Martedì 20 marzo 2012 è iniziata la Primavera nell’emisfero boreale della Terra. Il Sole ha attraversato l’equatore celeste, determinando nell’altra metà del mondo l’ingresso dell’Autunno. Ciò significa che il giorno e la notte avrebbero dovuto avere la stessa durata (equinox). L’equinozio di Primavera è anche la quarta festa dell’antica tradizione europea, un tempo celebrata come la Festa di Ostera, o Ostara, ovvero la Festa “fissa” della giovinezza, legata all’entrata del Sole nella costellazione dell’Ariete ed alla Luna. Era usanza, in questi giorni, offrire a Ostera, la dea Madre, un cesto di rametti, su cui spuntavano già le prime gemme, pieno di uova colorate di rosso, per simboleggiare il Sole primaverile, e una lepre come simbolo del Plenilunio di Primavera. Dopo aver assistito in cielo all’incontro nella costellazione dell’Ariete dei due pianeti più luminosi, Giove e Venere, in occasione della congiunzione più spettacolare dell’anno (la distanza angolare è diminuita sempre di più fino alla sera del 15 marzo, raggiungendo i 3° e 16’: d’ora in poi Venere sarà ancora più alto sull’orizzonte rispetto a Giove), la Natura si risveglia in tutto il suo splendore. Anche astronomico e climatico (ma il Global Warming, il disgelo delle calotte polari e i consumi energetici planetari incombono con tutti i loro effetti!) visto che la Primavera 2012 è la più “anticipata” degli ultimi decenni. In particolare dall’Anno Domini 1896. In questo primo giorno di Primavera, precisamente alle ore 6:14 italiane, ci siamo lasciati alle spalle l’Inverno con tutte le sue tragedie e vicissitudini: lo storico portale della Chiesa di San Domenico, in Corso Porta Romana a Teramo (Quartiere Santo Spirito), è stato imbrattato alcune ore fa da alcuni vandali ubriachi di mosto selvatico! La scritta indecente si commenta da sola. Se a ciò aggiungiamo il black-out nella piazzetta antistante, il cocktail è servito. Le imminenti festività pasquali invocano i necessari urgenti interventi sia per restituire il decoro alla chiesa (ripristinando l’illuminazione del faro e del lampione, con relative pulizie visto l’immondo stato!) ed alla città di Teramo sia per completare una volta per tutte la messa in sicurezza dell’intera struttura monumentale danneggiata dal terremoto del 6 aprile 2009 sia per garantire il necessario ordine pubblico serale, in primis nei week-end, con l’installazione nella piazzetta di una webcam “istituzionale” che, nel rispetto della privacy, garantisca a tutti la sicurezza e l’ordine pubblico. I luoghi di culto vanno rispettati e non violati. La nostra civiltà poggia sui valori e sulle regole che rispecchiano quelle del Cielo. Gli astronomi definiscono matematicamente e fisicamente l’equinozio come il preciso istante in cui il Sole raggiunge uno dei due punti d’intersezione dell’eclittica (il percorso del Sole nel cielo) con l’equatore celeste (equatore della Terra proiettato nel cielo). Un punto d’intersezione è localizzato nella regione occidentale della costellazione della Vergine: il Sole l’attraversa tra il 22 e il 23 settembre di ogni anno, determinando nell’altro emisfero l’inizio della Primavera australe. L’altro punto di intersezione è localizzato nella regione orientale della costellazione dei Pesci, precisamente la zona che il Sole ha appena attraversato, superando finalmente l’equatore, conquistando nella sua “risalita” l’emisfero boreale per dare inizio ad un nuovo ciclo di rinascita, appunto primaverile. Tutto questo grazie all’iniziativa congiunta della Terra e della Luna! Un sistema davvero speciale, creato da Dio, per funzionare perfettamente. Ciò significa che il Sole splende raggiante sull’equatore terrestre illuminandolo direttamente per 12 lunghe ore. Ma il tempo civile è relativo, ragion per cui le ore universali 5:14 dell’atto di nascita della Primavera AD 2012, vengono vissute in tempi diversi dagli abitanti della Terra. Per molti la Primavera è cominciata il giorno prima, cioè il 19 marzo, mentre per tutti gli altri nel pomeriggio già inoltrato del 20 marzo. Se a questo aggiungiamo la confusione sui fusi orari e sulla data esatta dello scoccare della Primavera, allora sembrerà inaudita la sola affermazione statistica sull’originalità del fenomeno astronomico in sé per l’anno in corso. Nulla a che fare con la fine del mondo e della civiltà. Anche se ragioni di forte preoccupazione sussistono. Il fatto è che l’Europa non è più al centro dell’universo mondo culturale, politico e finanziario! E il 21 marzo è più l’eccezione che la regola per l’ingresso della Primavera: in cento anni la nuova stagione vi è scoccata appena 36 volte. All’inizio ed alla metà del XX Secolo. Dal 1981 al 2102 gli Americani, ad esempio, hanno celebrato e celebreranno la loro Primavera non più tardi del 20 marzo. Perché allora la data del 21 marzo è così radicata nella nostra cultura come il primo giorno di Primavera, sebbene siano passati più di trenta anni dall’ultima volta? Le ragioni sono principalmente tre. Un anno non ha lo stesso numero di giorni nelle sue quattro stagioni. La lunghezza dell’anno non è sempre la stessa. Il nostro Calendario Gregoriano (cristiano) è di per sé un’approssimazione civile del reale tempo astronomico. È stato costruito per correggere gli errori del Calendario Giuliano e per cercare di avvicinarsi alla “verità” dell’anno del tropico, ossia del tempo esatto necessario alla Terra per compiere una rivoluzione attorno al Sole. Elimina i giorni bisestili negli anni del secolo non divisibili per 400 (come 1700, 1800 e 2100) e negli anni del millennio che sono divisibili per 4000 (come 8000 e 12000). C’è un bellissimo libro del compianto professore Piero Tempesti, “Il Calendario e l’Orologio”(Gremese Editore 2006, pp. 192) che illustra in gran dettaglio i segreti del Tempo. L’altra ragione è che l’orbita ellittica della Terra cambia il suo orientamento rispetto al Sole, cioè si inclina. Il fenomeno, noto come Precessione, porta l’asse della Terra a puntare continuamente in una direzione differente dello spazio. Dal momento che le stagioni sono definite a partire da intervalli rigidi di 90 gradi, questi cambiamenti di posizione influenzano il tempo ogni volta che la Terra nella sua orbita attorno al Sole occupa uno dei quattro quarti della sua ellittica. La forza di gravità degli altri pianeti influenza anche la posizione della Terra nella sua orbita. Ragion per cui gli scienziati calcolano l’esatta durata in giorni, ore, minuti e secondi delle quattro stagioni dell’anno bisestile 2012 nei due emisferi: l’Inverno con i suoi 88,994 giorni; la Primavera con i suoi 92,758 giorni; l’Estate con i suoi 93,651 giorni; l’Autunno con i suoi 89,842 giorni. Le stagioni più calde del 2012 come la Primavera e l’Estate, sono 7,573 giorni più lunghe delle stagioni più fredde come l’Autunno e l’Inverno. Buone notizie per l’industria italiana del turismo. Tuttavia i calcoli mostrano come la Primavera si sia approssimativamente ridotta di un minuto ogni anno e l’Inverno di circa mezzo minuto ogni anno. L’Estate sta guadagnando il minuto perso dalla Primavera e l’Autunno il mezzo minuto perso dall’Inverno. Considerato che la stagione invernale, la più corta in termini astronomici, sta progressivamente diminuendo la sua durata, si calcola che raggiungerà il suo valore minimo di 88,71 giorni attorno all’Anno Domini 3500. Le implicazioni non finiscono qui. Perché un’altra complicazione riguarda l’esatta durata del giorno e della notte equinoziali. Davvero è sempre la stessa ovunque sulla Terra? Sfatiamo l’ennesimo luogo commune. Si è sempre impropriamente insegnato che nel primo giorno di Primavera e d’Autunno la durata del giorno e della notte è eguale di esattamente 12 ore in tutto il mondo. Eppure, grazie all’iPad ed ai computer Mac della Apple, possiamo verificare la sostanziale infondatezza di un tale assunto. L’almanacco virtuale non sbaglia e i grafici tridimensionali non mentono. Occhio, dunque, alle tabelle dell’alba e del tramonto equinoziali in tutto il mondo! In questi due giorni dell’anno la durata della luce diurna normalmente è superiore alla notte di diversi minuti. Gli istanti dell’alba e del tramonto del Sole, tuttavia, non sono ovunque gli stessi. Un fattore determinante è il cosiddetto “raggio verde”, il primo e l’ultimo spicchio della sfera solare, preso in considerazione per i nostri calcoli quando sfiora il nostro orizzonte. E non la regione equatoriale solare. Un elemento di non poco conto che da solo è in grado di spiegare molte cose e di differenziare l’ora precisa dell’alba e del tramonto equinoziali del Sole. Il diametro apparente del nostro luminare è all’incirca uguale al mezzo grado. Come la Luna: altra straordinaria coincidenza. Ma la ragione determinante della “mancata” equivalenza tra giorno e notte equinoziali, va ricercata nella natura della nostra atmosfera terrestre, un sottile strato di gas in grado, come una lente, di rifrangere (curvare) la luce del Sole sul nostro orizzonte. Ne sanno qualcosa gli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale nei loro calcoli sulle albe e i tramonti quotidiani in orbita. Sulla Terra l’angolo di rifrazione è noto: equivale a 34 minuti d’arco. Poi ci sono i 16 minuti d’arco per il semidiametro del disco solare. Il centro geometrico del Sole è normalmente 0,83 gradi sotto l’orizzonte piatto e senza ostacoli al momento del sorgere della nostra stella. Quando si guarda il Sole salire sopra l’orizzonte all’alba o scendere sotto l’orizzonte al tramonto, dobbiamo essere consapevoli dell’illusione alla quale stiamo assistendo normalmente. Il Sole non è davvero lì dove appare essere. Ma realmente è sotto il nostro orizzonte! L’implicazione è notevole per i luoghi comuni equinoziali. Osserviamo la nascita e la morte del Sole quando naturalmente ciò non accade, ma un attimo prima e dopo. Se si finisce per vedere il Sole qualche minuto prima che il suo disco sorga in realtà e qualche minuto dopo che sia già tramontato, allora capiamo bene il gioco della rifrazione atmosferica e di tante altre umane illusioni. Ragion per cui la durata della luce diurna in un determinato giorno aumenta di circa sei o sette minuti. In Europa la Primavera 2007 iniziò il 21 marzo. Per l’ultima volta. Dovremo attendere l’Anno Domini 2102. Un fatto è certo. Il 21 marzo segna l’apertura ufficiale della stagione più dolce dell’anno, l’antica “Porta del Ciclo”. Non è una festa celtica vera e propria. Non ci sono tracce scritte o evidenze sul fatto che i Celti la festeggiassero, e nessun nome legato a questa festa si ritrova propriamente nella tradizione celtica antica. Molti caratteri simbolici associati al concetto di Primavera gravitano sia su Imbolc (1° febbraio), data dell’inizio interiore della stagione che si risveglia nel mondo sotterraneo della Terra Madre, sia su Beltane (1° maggio), suo culmine e passaggio verso la grande luce dell’Estate. Equinozi e solstizi erano visti come eventi di transizione. Equinozio deriva dal latino “equum nocti”. Questo raro bilanciamento dei giorni solstiziali era considerato dai popoli antichi un momento potente per i riti sacri. Sebbene le Quattro Feste del Fuoco celtiche – le Porte del Ciclo della Terra – fossero le occasioni rituali preminenti dell’anno celtico, le feste solari nel periodo più antico avevano acquisito qualche significato anche nella tradizione celtica. I due solstizi (d’Estate e d’Inverno) erano le sole celebrazioni commemorate quasi ovunque. Alcune tracce mostrano che una data vicino all’equinozio era festeggiata in alcune comunità. La festa dell’Annunciazione della Vergine (25 marzo) da parte dell’Arcangelo Gabriele, è indicativa. Diodoro Siculo allude all’evento commemorato in questo giorno quando, parlando di un tempio circolare ornato di offerte votive in un’isola degli iperborei, racconta che “ogni diciannove anni il dio appariva danzando nel cielo il giorno dell’equinozio di primavera”. La solarità del numero 19 riemerge in Irlanda, nel monastero di Kildare fondato da Santa Brigit, dove diciannove vergini avevano il compito di vegliare la sacra fiamma che rappresentava la Madre. Il dio solare maschile nelle tradizioni più antiche le è compagno ma non prevale e il suo “apparire” radioso è collegato ai riti di fertilità. In marzo ci sono tre celebrazioni dedicate ad alcuni fra i più importanti santi celtici e diventate feste nazionali. Le feste dei Santi normalmente coincidono con la data della loro nascita in Cielo. Il 1° marzo si celebra il St. David’s Day dedicato a San Dewi (David), patrono del Galles, del quale si hanno scarse notizie da antichi manoscritti: sua madre si chiamava Non e suo padre Sant era figlio di Ceredig, Re di Ceredigion. Dopo essere stato educato nel Cardiganshire, Dewi andò in pellegrinaggio in Galles e nell’ovest dell’Inghilterra dove secondo la tradizione fondò importanti centri religiosi come Glastonbury e Croyland. Morì nel 589 d.C.. Il 5 marzo si celebra il St. Piran’s Day dedicato al Santo Piran, patrono della Cornovaglia e dei minatori che scavano lo stagno. Secondo la leggenda, dall’Irlanda Piran navigò su una pietra da macina e poi scoprì come fondere lo stagno quando accese il fuoco su alcune pietre che contenevano il minerale. La celebrazione più importante si svolge a Perranporth e richiama migliaia di persone da tutta la Cornovaglia. Il 17 marzo c’è il celeberrimo St. Patrick’s Day dedicato a San Padráigh (Patrizio), il patrono dell’Eire che cristianizzò gli irlandesi. Il suo apostolato sull’isola durò trent’anni. Padráigh spiegò alla gente il concetto mistico della Trinità paragonandola al trifoglio, tre entità distinte, le foglioline, riunite in un’unica piñata. Ed ecco spiegata la ragione per cui il trifoglio è assurto a simbolo dell’Isola Verde (la triplicità divina era una caratteristica della divinità celtica e di altre deità pagane). Il St. Patrick’s Day viene celebrato in tutto il mondo dalle comunità irlandesi. L’evento maggiore si svolge a Dublino e New York, calamitando milioni di persone. Negli Stati Uniti si svolgono mega-celebrazioni profondamente intessute di Heritage (eredità) e “orgoglio irlandese”. La festa ha fatto ormai il giro del mondo e anche i non-irlandesi omaggiano il St. Patrick’s Day con numerose rassegne musicali e fiumi di birra. L’importanza della ricorrenza equinoziale non è solo una convenzione astronomica legata al risveglio della Natura. Proprio il retaggio pagano ha continuato a lasciare impronte molto marcate attraverso i secoli, segnali che ritroviamo in tradizioni folcloriche e religiose giunte fino ai giorni nostri. Se i pagani festeggiano Alban Eiler, che significa “Luce della Terra” oppure Ostara (da Öistre, antica dea nordica dell’alba, della Primavera e dell’amore, equivalente alla dea scandinava Freya), i cristiano-cattolici e gli ebrei celebrano la loro Pasqua. In entrambe le festività sacre il tema centrale è il passaggio dalla morte alla vita, ossia la rigenerazione; il passaggio dal mondo sotterraneo (Inverno, sonno della coscienza collegato al letargo animale e delle piante) al vero risveglio, della natura e della spiritualità. Il famoso Uovo di Pasqua al cioccolato ha antenati nei villaggi precristiani dell’Europa. L’uovo, che ha importanza in molte culture di tutto il mondo, è uno dei simboli più antichi e potenti della vita che ritorna dopo un periodo di occultamento nell’oscurità. Nella sua versione commerciale dentro c’è, infatti, la sorpresa. Nei Paesi celtici del nord Europa tanti anni fa si usava far rotolare le uova dalla cima di una collina per la festa di Beltane, a imitazione del movimento del Sole nel cielo. In molte tradizioni contadine, dalla Scozia all’Italia, per Pasqua i bambini usavano fare la questua delle uova, i soldi raccolti venivano dati in parrocchia o per opere benefiche (in Friuli e nei piccoli paesini delle nostre regioni la tradizione continua). Accenni ed allusioni degli scrittori classici e dell’iconografia celtica suggeriscono che i druidi potrebbero aver avuto una tradizione collegata all’Uovo Cosmico, forse assimilata dai loro contatti con l’orfismo del mondo mediterraneo: i Misteri Orfici presero origine dal mito di Orfeo, poeta e sublime bardo della Tracia. Il coniglietto pasquale, molto diffuso nei Paesi anglo-americani, rimanda alla mitologia germanica. È la “Österhase” o “lepre pasquale”, l’animale della fertilità che accompagna le divinità della Primavera e dell’amore, ed Eostre (l’antico nome inglese di questa divinità, una variante di Öistre) è rimasto come nome della festa anche nella sua forma cristiana. In inglese Pasqua si scrive “Easter”. Nel 1951 fu stampato in Italia un francobollo da 10 Lire dedicato alla Festa degli Alberi, istituzionalizzata di recente ma già conosciuta e diffusa da decenni soprattutto nelle scolaresche. Negli anni Sessanta a scuola assegnavano un tema e bisognava fare anche un disegno ispirato alla Festa degli Alberi. Arrivato il gran giorno, la festa era veramente assicurata per grandi e piccini: per un giorno si stava all’aperto in campagna a “ravanare” nella terra respirando aria sana. Con Decreto Ministeriale del 4 agosto 2000 il Ministero delle Politiche agricole e Forestali, di concerto con il Ministero della Pubblica Istruzione, ha istituito la celebrazione della “Festa degli Alberi”, che si festeggia il 21 marzo. La festa coinvolge sempre e soprattutto i bambini delle scuole elementari insieme a maestre e maestri. Il culmine della giornata è la cerimonia della piantagione di nuovi alberi, con la collaborazione del Corpo Forestale dello Stato. Ogni bimbo è incoraggiato ad avere cura del “suo” albero per il resto della vita, per poi trasmettere il compito ai suoi figli e discendenti. Avere cura di un albero per generazioni, è una prova d’amore per il mondo della Natura, significativa e profonda, intimamente legata alla cultura celtica. Tornando al Calendario del prof. Tempesti, giova ricordare che in quest’ultima fatica incisiva e stimolante di uno dei più grandi maestri dell’Astronomia italiana, sono molte le cose che letteralmente e felicemente raggiungono il cuore e l’anima, intrise di memoria e storia. Le pagine dedicate alla “Storia del calendario” (capitolo 2) sono una vasta rassegna che parte dagli antichissimi calendari medio-orientali per giungere fino alla riforma gregoriana. Nel capitolo 3, “Le ore e l’orologio attraverso i secoli” affrontano quell’autentica babele costituita dalla misura del tempo in Europa prima della rivoluzione francese. Un modo particolare di dividere le ore del giorno è, infatti, direttamente tracciato sulla meridiana cassiniana ed è indicato con i termini “ore italiche”, il cui utilizzo non è di immediata comprensione. La documentazione moderna esistente sull’argomento delle ore uguali e di quelle temporarie, è piuttosto abborracciata e qualitativamente insoddisfacente. Nel libro di Tempesti se ne trova una spiegazione approfondita veramente esauriente. Nel capitolo 4, “Il problema della Pasqua”, il tema centrale è quello di determinare la data della Pasqua, quella cioè della principale solennità cristiana e cattolica. Il problema della data della Pasqua ha rappresentato, per oltre un millennio, una formidabile sfida astronomica. Tempesti racconta dettagliatamente come si è giunti a calcolarla con precisione, a partire dal Concilio di Nicea del 325, durante il quale fu stabilito che essa si sarebbe dovuta celebrare la prima domenica che segue il primo plenilunio dopo l’equinozio di Primavera. Detto così può sembrare un problema già risolto in partenza ma, come ben sanno i Lettori, nei calcoli entrano in ballo alcune grandezze astronomiche, splendidamente spiegate nel libro, che li complicano più di quanto si pensi. Il capitolo merita una lettura attenta perché solo così si possono apprezzare e comprendere i “segreti” celesti che furono risolti dagli astronomi per determinare, senza errori, la data di questa fondamentale festa cristiana. L’Appendice A tratta del tempo siderale e universale, una concisa argomentazione di eccezionale utilità per gli astronomi amatori che spesso si trovano a trafficare con il tempo delle stele e tempo medio, senza avere ben chiaro a cosa servano e come si calcolano. Il lavoro di Tempesti non è solamente un’opera di divulgazione ma anche un ottimo testo didattico che racchiude un’insieme straordinario di conoscenze con un’alta valenza didattica. “La lettura è consigliata a tutti coloro che coltivano interessi culturali profondi, non solo a livello astronomico, ma anche storico, filosofico e religioso” – scrive Rodolfo Calanca su Coelum. Allora, per San Benedetto la rondine sotto al tetto?
© Nicola Facciolini
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