Farmaci salvavita a scuola: ‘Serve una mobilitazione di massa’

Il piccolo Marco lo scorso anno non ha potuto frequentare la scuola dell’infanzia municipale, a Roma. E’ stato costretto a restare a casa perché la direzione scolastica non ha dato il benestare per la somministrazione di un farmaco salvavita che il bambino deve assumere in orario di scuola. Marco è soggetto a crisi convulsive causate […]

Il piccolo Marco lo scorso anno non ha potuto frequentare la scuola dell’infanzia municipale, a Roma. E’ stato costretto a restare a casa perché la direzione scolastica non ha dato il benestare per la somministrazione di un farmaco salvavita che il bambino deve assumere in orario di scuola. Marco è soggetto a crisi convulsive causate da una forma di epilessia e può frequentare la scuola solo se gli viene somministrato il salvavita. Il farmaco, derivato da una molecola del Valium, tiene a bada le crisi ma porta con sé il rischio di effetti collaterali a carico dell’apparato respiratorio, e questo rischio il personale scolastico non vuole accollarselo. L’esperienza del piccolo Marco non è un caso isolato, accomuna famiglie con bambini e ragazzi che frequentano la scuola di ogni ordine e grado. Le realtà regionali sono molto diverse: si va dall’Emilia-Romagna, che ha adottato proprie linee guida per il trattamento dell’epilessia, alla Sicilia, dove non si riesce nemmeno a assistere bambini diabetici.

Un protocollo d’intervento esiste: un provvedimento del 2005 stilato dai ministeri dell’Istruzione, dell’università e della ricerca e della Salute riporta le “raccomandazioni” con le “le linee guida” per l’assistenza di studenti che necessitano di particolari farmaci, con l’obiettivo di tutelare il diritto alla salute e quello allo studio. Il testo contempla anche l’eventualità che il dirigente scolastico stipuli convenzioni con assessorati alla Salute e servizi sociali e/o associazioni di volontariato per trovare fuori dalla scuola personale disponibile. Ma la realtà è molto diversa.

Nel caso di Marco sono state battute tutte le strade, comprese le convenzioni con associazioni, ma, per mancanza di volontari, anche queste soluzioni sono venute meno. “Ho fatto tutto il percorso burocratico, ma alla fine il segnale di risposta è stato un muro di gomma”, spiega Sonia, a mamma di Marco. Anzi, dalla direzione scolastica del municipio romano è arrivato questo suggerimento: “Perché non pensa di cambiare scuola, e di rivolgersi a un istituto dove il personale già pratica la somministrazione di farmaci salvavita e la pratica è già collaudata?”. “Di fronte a queste parole sono rabbrividita. – commenta Sonia, che è anche membro della Consulta per l’handicap nel proprio municipio – Stiamo parlando di scuola pubblica e di una questione che riguarda il diritto alla salute e il diritto allo studio. Il cuore delle questione è che “le raccomandazioni ministeriali delegano alla buona volontà dei singoli, invece serve preparazione e un reale impegno legale del dirigente scolastico che attualmente non c’è”. C’è invece “un vuoto di legislazione”, denuncia la mamma di Marco. E in un nulla di fatto si sono tradotte anche le corrispondenze con il ministero delle Pari opportunità, allora presieduto da Mara Carfagna.

Una via legislativa percorribile, ipotizza la mamma di Marco, potrebbe essere la modifica del testo unico 81 del 2008 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro: “La legge prevede il corso base per la sicurezza, ci chiediamo se sia possibile implementarlo con la ‘formazione in situazione’ specifica: si tratterebbe, per le figure addette alle sicurezza, di fare un corso in più”. Ma ancor prima è necessaria una “mobilitazione di massa”. “Dobbiamo chiedere alla politica, dobbiamo unirci nella richiesta di far inserire nell’agenda politica un provvedimento che preveda l’obbligo di somministrare farmaci salvavita. – sottolinea la mamma di Marco – Crediamo che bisogna rendere il più possibile ampia la conoscenza di queste situazioni. La società con i bambini normodotati non ne è a conoscenza, invece la gente deve sapere”. (ep)

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