Sono trascorsi quasi tre anni dalla notte del 6 aprile eppure, sotto molti punti di vista, poco o nulla sembra essere cambiato per una città ed un territorio feriti a morte da un evento che nella storia recente europea non ha precedenti di riferimento; il tempo delle lacrime è finito ed i ricordi sono utili solo se atti a programmare e realizzare un futuro migliore, favorendo l’emersione di un tessuto sociale che, fatto tesoro della più tragica delle esperienze, sia in grado di assemblare efficienza e credibilità tali da offrire alle persone nuovi stimoli e prospettive di crescita più che plausibili. Consapevoli che una tragedia del genere impone di ripartire praticamente da zero e se è vero che in simili situazioni ci si aggrappa quasi istintivamente alla speranza, appare evidente come quest’ultima, per essere coltivata a dovere, abbia unbisogno estremo di punti di riferimento, dunque di un impianto condiviso di idee e fatti da utilizzare nel corso degli anni a venire come parametro e mezzo di ricostruzione. I fatti, soprattutto, e quando si guarda a questi ultimi il quadro d’insieme è sconfortante, posto che per una larga fetta del territorio il tempo sembra essersi fermato a quella maledetta notte di tre anni fa, data feticcio da cui appare per più versi impossibile distaccarsi; il centro storico del capoluogo su tutti è simbolo e testimone attonito di un evento con cui nessuno allo stato attuale sembra avere voglia e consapevolezza di confrontarsi, e se una parte esigua della cittadinanza è tuttora attiva nel rilanciare idee ed iniziative i più sembrano essersi rassegnati ad una esistenza piatta, vissuta nel surreale intreccio di quartieri sorti a tempo di record nelle zone periferiche e che con pari velocità hannofatto piazza pulita di coscienze e sentimenti. In questo scenario, indubbiamente metafisico ed in cui il passare dei giorni rende sempre più arduo dare un senso alla propria esistenza, se vi è una certezza questa tutto sommato è rappresentata proprio dalla assenza di certezze, quindi di regole, lacuna imperdonabile da attribuire in toto alle istituzioni (non solo locali) che in questi tre anni hanno brillato per incompetenza ed inaffidabilità, fornendo con i propri demeriti un valido contributo nell’affossare una situazione già in partenza disastrosa. Il tale che prometteva crociere per i terremotati e si esibiva in toccanti passeggiate si è dissolto, il suo compare (insignito in alcuni comuni di svariate cittadinanze onorarie) si è rivelato uno squallido plurindigato, c’è chi ha riso della nostra tragedia e chi ha creato fondazioni ad hoc per fare man bassa di denaro pubblico salvo addossare ad altri responsabilità di vergognosa evidenza, ma la serie non finisce qui e molti altri sono pronti ad aggiungersi alla lista o a reinserirsi in essa, costruendo le loro fortune sulle macerie e nellasostanziale indifferenza di migliaia di persone, tormentate da un presente tremendo e con un futuro tutto da inventare.
Giuseppe Di Braccio
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