Sembra ieri, eppure già tre anni sono trascorsi. Ma la mente talvolta rifiuta di aprire la memoria di quella tragedia vissuta, quasi per un inconsapevole processo di rimozione. Almeno per le immagini drammatiche di quella notte del 6 aprile 2009, livida e caliginosa, e di quell’alba straniante, con i volti della sofferenza e del dolore. In quella strana sospensione del tempo, dopo la terribile violenza della terra che aveva squassato e devastato le meraviglie architettoniche dell’Aquila e l’anima dei suoi abitanti, mentre quel serpe del terremoto continuava ad agitarsi, il sole s’alzava ancora, a illuminare le ferite materiali e morali degli aquilani.
Si contavano i primi morti, si soccorrevano i feriti, si cercavano i dispersi, tra il sibilo delle ambulanze e l’urlo delle sirene arrivavano ferali notizie dai quartieri e dai borghi massacrati: all’Aquila, da Via XX Settembre, Via Campo di Fossa, Via Cola dell’Amatrice, Via Gabriele d’Annunzio, Via Fortebraccio, Via Luigi Sturzo, e dalle altre stazioni della via crucis nella città capoluogo e poi da Onna, Paganica, Tempera, San Gregorio, Villa Sant’Angelo, Bazzano, Fossa, Roio, Lucoli, Preturo, San Demetrio, Tornimparte, Sant’Angelo di Bagno, Poggio Picenze, Civita di Bagno, Castelnuovo, un rosario di stimmate e di vittime, 309, nella più dolorosa Settimana di Passione che la città ricordi dalla sua fondazione.
Eppure, nel morso cruento del dolore che lacerava l’anima, tanta dignitosa compostezza e tante prove di generoso altruismo verso chi aveva più bisogno. Alle immagini della tragedia che le tv man mano andavano trasmettendo, tutto il mondo si commosse, si stupì del coraggio e della dignità degli aquilani, sbigottì alla scoperta delle bellezze dilaniate d’una città straordinaria per meraviglie d’arte, d’architettura e di storia, il cui patrimonio stava diventando universale. E l’Italia rivelò il suo volto più bello, quello della fratellanza, dell’amicizia, della solidarietà.
Ecco, queste sono le immagini che invece mi tornano alla mente, con grata naturalezza: i volti dei Vigili del Fuoco, dei soccorritori, dei volontari della Protezione Civile, degli alpini, degli operatori delle forze dell’ordine, della Croce Rossa, delle Misericordie, dell’Esercito, arrivati man mano, dalle prime ore, a scavare tra le macerie, a montar tende, a rinfrancare gli sfollati, a dare una mano e un sorriso agli aquilani. Tante persone belle, generose, ricche di sensibilità e di attenzioni. Una gara di solidarietà nell’emergenza che mostrava un’Italia straordinaria, ricca di condivisione, di amicizia e di premure verso chi si è brutalmente trovato a vivere un dramma enorme. Un’Italia che vorremmo così unita e solidale per sempre.
E poi l’altra Italia, quella fuori i confini. Sebbene fisicamente lontana là in ogni angolo del pianeta, è stata qui con noi presente sempre, moralmente vicina, premurosa, condividendo minuto per minuto la nostra passione, nei giorni e nei mesi dell’emergenza. E poi le nostre comunità abruzzesi nel mondo, tutte ci hanno fatto sentire il loro calore, l’affetto e il sostegno morale. Appena il tempo d’organizzarsi e subito ad avviare una grande, generosa e commovente prova di amorevole sostegno, in soccorso alle prime necessità delle popolazioni colpite dal sisma.
Non potremo mai dimenticare tutti gli italiani, dentro e fuori i confini, che hanno dato una lezione di fratellanza e di unità nazionale a chi nel Paese predica insulse divisioni. Serberemo sempre nel cuore l’affetto, la vicinanza e l’aiuto portati da migliaia e migliaia di volontari d’ogni regione d’Italia. Con la loro opera di assistenza hanno dato al mondo un esempio di efficienza e qualità, elevando la nostra rete di protezione civile al massimo livello di considerazione di fronte alla comunità internazionale, persino relegando in secondo piano qualche macchia di miseria morale nella tragedia e lo squallore di talune esibizioni del potere.
Non ci siamo sentiti mai soli. E non ci sentiremo soli di fronte all’immane opera di ricostruzione che attende la Città capoluogo d’Abruzzo e i numerosi borghi devastati dal terremoto del 6 aprile 2009. La prova ci impegnerà per molti anni, nel restauro delle preziose architetture del centro storico dell’Aquila, città d’arte tra le più belle d’Italia, e dei Castelli che la coronano, i quali, sette secoli e mezzo fa, concorsero alla sua singolare fondazione. Tanti i problemi in questi tre anni, tante le cose che non sono andate per il verso giusto. Eppure ce la faremo, ancora una volta. Lo dobbiamo verso chi non c’è più e verso le generazioni che verranno. Ce la faremo anche grazie all’amore che ci è stato dimostrato. Nel profondo dell’anima lo avvertiamo, questo forte sentimento d’affetto, dall’Italia e dal mondo. Per sempre ci accompagnerà. Anche da questo terremoto, come dai tanti che nei secoli della sua storia si sono succeduti, L’Aquila saprà risorgere. Più bella di prima!
Goffredo Palmerini
Consiglio Regionale Abruzzesi nel Mondo, già vice Sindaco dell’Aquila
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