Dopo una partenza prudente ed onorevole, ora Bossi torna sulla litania, quanto mai poco convinta e convincete, della trappola ai suoi danni ordita dalla solita “Roma ladrona”, proprio mente sta per convertirsi in decreto legge la normativa per Roma Capitale, una atto intelligente e dovuto, a cui la Lega, ottusamente, si è sempre opposta.
E dopo le dichiarazioni di Maroni, che ha detto di potersi candidare per il posto vacante di segretario, Bossi frena come frena Zaia, facendo intravedere il clima di sospetti e veleni in un partito che ormai potrà anche sopravvivere, come accaduto al PCI dopo la caudata del muro, ma ha esaurito certamente la sua parabola politica. E nel modo peggiore.
Sembrano essere state le donne, oltre che i figli, il guaio di Bossi che si è andato a fidare, consapevole o meno, di un ex autista e cuoco di gustose focacce come Francesco Belsito per l’incarico più delicato in un partito: il tesoriere. “L’unico ad avere potere di firma per le spese e i conti era Belsito” dice Nadia Dagrada a verbale davanti ai pm Woodcock e Filippini e al colonnello Sergio Di Caprio, l’ex capitano Ultimo ora numero uno del N.O.E. dei carabinieri.
Quindi sono state le donne, anche se in modo diverso dall’altro amico e avversario B, che hanno influenza il leader della’orgoglio lombardo, indebolito dopo l’ictus e portato verso scelte dissennate.
Rosy Mauro e la moglie del leader in testa, per favorire amici (come per “Rosy la nera” il sua body gard, fatto assumere a Palazzo Madama) o i figli per l’altra, con rinoplastica ad uno e laurea comperata a Londra per l’altro, entrato il politica per la porta principale: stipendio da 12.000 Euro al mese come consigliere regionale, Suv ed altre auto di lusso.
E tutti a dire che il gran capo non sapeva nulla e che la colpa è del “Cerchio Magico”, mentre la Cantamessa, sua segretaria personale, svela ai giudici che i vertici del partito erano a conoscenza delle irregolarità commesse da Francesco Belsito e si dichiara “amareggiata e delusa” ed aggiunge “per questo avevo redatto delle note critiche che volevo dare a Castelli affinché svolgesse un accurato controllo”.
Anche sulle presunte irregolarità dell’ex tesoriere nella gestione dei fondi leghisti in Liguria – di cui Belsito è stato amministratore – la segretaria aveva un piccolo dossier. “Le notizie che mi erano state date telefonicamente da uno che si era qualificato come militante della Lega Nord ligure”, ha affermato durante l’interrogatorio .
Una brutta, bruttissima storia che, dopo i molti scandali recenti (il più eclatante e “caldo”, quello di Lusi), che chiama a gran voce una revisione drastica sul finanziamento pubblico dei partiti, con Napolitano che, tre giorni fa, ha richiamato tutte le forze politiche a far qualcosa di concreto in tale direzione. La storia è molto lunga e la riassume bene su Spazio di Magazine, Silvano Filippini, che ricorda come nel 1974 si era proposto il finanziamento pubblico ai partiti a seguito della scoperta delle prime “mazzette” che taglieggiavano l’economia italiana.
Il finanziamento avrebbe dovuto assicurare la sopravvivenza delle associazioni politiche senza ricorrere al malaffare. Invece non fu così perché nel 1992 la “prima repubblica” crollò proprio a causa del vergognoso scandalo di tangentopoli, in cui i componenti dei partiti “rubavano” per consentire maggiori risorse economiche ai vari gruppi parlamentari. Già appariva evidente che le ideologie generatrici dei partiti erano ormai state sostituite da un’unica ideologia, ben più volgare, cioè accumulare denaro per aumentare il potere dei partiti attraverso un “familismo” amorale.
Con l’attuale crollo della “seconda repubblica”, che ha evidenziato l’incapacità (o la poca volontà) dei partiti di controllare l’operato dei propri componenti, appare ancora più evidente la “sepoltura definitiva” degli ideali che avevano dato vita ai partiti nel ’48.
Tanto più che questi sono considerati dalla costituzione soltanto come gruppi di cittadini riuniti in un’associazione del tutto privata, pur se svolge funzioni dello Stato. Anzi, nel tempo, la sovrapposizione delle due funzioni è divenuta tale per cui risulta del tutto impossibile discernerle e, oltretutto, i partiti, essendo privati, non devono rispondere delle loro azioni.
Si tratta di una contraddizione resa ancor più esasperata dalla “legge porcellum” (definita dal suo stesso autore “porcata”, parola ben più esplicita di porcellum) che, di fatto, ha tolto ogni scelta agli elettori. Infatti, grazie all’attuale legge elettorale, sono i segretari dei partiti che nominano i componenti delle due camere, lasciando ai cittadini solo la possibilità di votare il partito o la coalizione. Se a ciò si aggiunge il disprezzo per ciò che i cittadini hanno decretato con il referendum del 1993 (90% di si), cioè l’abolizione del finanziamento dei partiti, appare del tutto evidente che ci hanno preso per i fondelli attraverso il ridicolo escamotage di trasformare il finanziamento in “rimborso elettorale”. Inoltre, dal 1998 (anno in cui venivano rimborsate 800 lire per ogni elettore) si è arrivati ad un euro con un aumento superiore al 100%. Ma non è finita perché si sono inventati altri trucchi sul tipo di finanziarsi ben due volte, conteggiando separatamente gli elettori della Camera (50 milioni) e quelli del Senato (44 milioni che però vengono calcolati come se fossero 50 milioni) come se non fossero le stesse persone.
E in più dietro hanno allargato la soglia elettorale fregandosene altamente dello sbarramento al 4%. Infatti anche i partiti estromessi dal parlamento ricevono il finanziamento, purché superino l’1% di voti. Alla fine ogni cittadino deve sborsare quattro euro così suddivisi: 1 per il Parlamento, 1 per il Senato, 1 per le elezioni europee e per quelle regionali. Ed anche per partiti, come quello di Rutelli, ormai chiuso da anni.
E sebbene domini ora fra le discussioni pubbliche e private il problema della Lega, ciò che dovrebbe preoccuparci è l’andamento della Borsa, la crescente disoccupazione, lo spread che rialza la testa e le tasche degli italiani sempre più vuote. Wall Street Journal oggi critica Monti e dice che, alla fine, ha ceduto ai sindacati e reso meno valida ed incisiva la riforma sul lavoro, mentre Emma Marcegaglia è infuriata e asserisce che, ora, tocca al Parlamento cambiarla.
In una intervistata al Corriere della Sera, il leader di Viale dell’Astronomia, torna a sostenere che il testo della riforma del mercato del lavoro “e’ sbagliato”. Un giudizio, comunque, che non va confuso con quello sul governo. “Siamo stati tra coloro che più hanno sostenuto la necessità che nascesse il Governo Monti. Ribadisco che il premier ha tirato fuori l’Italia dal baratro. I primi passi sono andati nella direzione giusta e continuo a pensare che il governo debba andare avanti”, premette, per poi aggiungere: “proprio per questo, sento di dire che questa riforma e’ negativa per il Paese”.
E arriva, in mezzo a tutto questo, il monito del poeta e filosofo Guido Ceronetti, quello de “La pazienza dell’arrostito”, che, scosso dai suicidi per ‘motivi economici’ che invadono le cronache, ha sottolineato come non si debba fermarsi all’astrazione di una “misura giusta, legittima”, senza guardare da vicino, “nell’esistere quotidiano” alla sofferenza degli italiani e delle loro famiglie che affrontano la crisi e concluso: “invito Monti e il suo governo a stare in mezzo alla gente. Bisogna prestare orecchio a questo lamento che sale”.
Per Ceronetti “l’Italia non è un Paese da epidemie di suicidi, non è né Vienna né la Svezia né l’Ungheria. L’Italia è un Paese dove il suicidio facile non esiste, e invece adesso sono stati diversi negli ultimi due mesi. Ed è proprio questa vita concreta quella a cui posso pensare, che mi ha provocato un risveglio, non ai temi, ma all’alitare umano di questa sofferenza per questi motivi, che poi si intrecciano”. Nel suo appello Ceronetti dice: a Monti e al suo Governo “di non essere distaccato dalle cose reali, è un brutto mestiere governare. Non ci vuole ottimismo. Se c’era un errore grave di incomprensione dell’esistere era l’ottimismo berlusconiano, quello ti faceva uscire dai gangheri letteralmente”. “Invece – prosegue – ci vuole quel tanto di goccia di amaro, però naturalmente tu metti la goccia di amaro e calano disastrosamente le borse e senti che c’è un soffio di perdizione in tutto questo. E allora bisogna stare vicino alla gente”. “Il guaio è che Monti è stato un cambio di vertice e sta facendo dei disastri. Posso solo dire attenzione perché la pelle ferita fa male, sale un lamento e un disagio che non è spontaneo – e ha concluso – ci vuole una capacità di guardare le cose più da vicino”.
L’impressione diffusa è che l’azione principale del governo sia quella di tamponare le falle e di farlo con pressioni che gravano soprattutto sul ceto medio.
E questo crea una percezione buona, forse negli investitori stranieri, ma sempre più cupa nella popolazione.
Se si da’ la percezione di controllo, di capacità esecutiva il paese credibile al’estero, ma intanto la bancarotta ed il crollo riguarda un numero sempre crescente di cittadini e piccoli imprenditori.
Non meno dolorosa la cronaca dal Mondo, con l’eccidio dei civili che continua in Siria ed il Mali ormai sull’orlo del disastro umanitario.
Ieri, il Segretario Generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha condannato gli attacchi delle ultime ore sferrati dal regime siriano contro le città ribelli nonostante la promessa di Damasco di porre fine alle operazioni militari entro il 10 aprile, affermando che “violano” la posizione del Consiglio di sicurezza. E sostenuto, attraverso il suo portavoce Martin Nesirky, che la promessa del presidente Bashar al Assad di cessare le operazioni militari al più tardi il 10 aprile “non può servire come pretesto per continuare a uccidere”. “Tali azioni violano la posizione del Consiglio di sicurezza”, ha aggiunto Nerirky, mentre tutte le agenzie baddevano la notizia che almeno 29 persone sono state uccise nel solo giorno di venerdì santo dall’esercito del presidente Assad, prevalentemente nelle città di Homs e Aleppo.
Sempre ieri, varie associazioni dell’aria mediorientale e mediterranea, si sono unite alle altre organizzazioni che partecipano alla preannunciata campagna di sensibilizzazione internazionale sulla lotta del popolo siriano contro il regime di Damasco.
E’ quanto emerge da una dichiarazione diffusa a margine della conferenza stampa di presentazione svoltasi ieri ad Istanbul.
Oltre alla Federazione delle organizzazioni islamiche in Europa (Fioe) e ad associazioni in Belgio, Olanda, Austria e Germania, il testo cita l’Assemblea palestinese a sostegno della rivoluzione siriana a Gaza, il Movimento islamico in Palestina, l’Associazione gli studenti islamici in Libano, l’Associazione per la riforma sociale kuwaitiana, la Coalizione marocchina per il sostegno alla rivoluzione siriana. Nella dichiarazione, letta ieri dal coordinatore generale della ”Campagna internazionale di sostegno al popolo siriano”, Bassam Abdullah Dwaihi, viene sottolineato che l’elenco non e’ completo.
L’iniziativa chiede, secondo Ansamed, anche di ”armare” l’Esercito siriano libero (Es o Fsa) ”prevenendo lo scoppio di una guerra civile”, di permettere l’ingresso in Siria di aiuti umanitari e media e di raccogliere donazioni per il popolo siriano. La ”piattaforma principale” della campagna e’ composta dall’ ”International Union for Muslim Scholars”, dal Consiglio nazionale siriano (Cns), dall’universita’ Al-Azhar del Cairo e dall’Ihh, assieme ”ad altre personalita’ politiche e dei media’.
Difficile anche la situazione in Mali, con Omar Hamahael, capo militare del gruppo islamista maliense Ansar Dine, che controlla la città di Timbuctu, nel nord del Mali, che ha affermato di battersi per l’instaurazione della ‘sharia’ e ‘contro le indipendenze’, in quella che considera una “guerra santa” ed i tuareg del Movimento nazionale per la liberazione del Mali (MNLA), che hanno dichiarato l’indipendenza della regione settentrionale del paese, che hanno chiamato Azawad, rifiutata come illegittima e priva di fondamento da USA, Francia ed Inghilterra, oltre che dalla Unione Africana. La dichiarazione di indipendenza è stata fatta subito dopo l’appello rivolto ai tuareg e ai gruppi islamici con cui Amnesty International ha denunciato le razzie in edifici pubblici e privati, incluso gli ospedali, e vari abusi dei diritti umani da parte dei gruppi che si sono impossessati delle città di Kidal, Gao e Timbuktu (http://www.amnesty.org/en/news/mali-urgent-action-needed-protect-civilians-2012-04-02).
Il Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad è uno dei due gruppi che hanno preso il controllo del territorio dopo il colpo di stato che ha rovesciato il governo. Il gruppo tuareg di opposizione armata alla fine del gennaio 2012 ha lanciato una rivolta militare nel Mali settentrionale.
Nel frattempo l’Ansar Dine, gruppo islamico che vuole implementare nel paese la Sharia, la legge religiosa, ha cominciato a combattere contro l’esercito nazionale. I due gruppi il 21 marzo 2012 hanno rovesciato il regime del presidente ed ex generale Amadou Toumani Touré attaccando diverse località della capitale Bamako, tra cui il palazzo presidenziale, la televisione di stato e la caserma militare, e hanno preso il controllo delle città di Kidal, Gao e Timbuktu.
Carlo Di Stanislao
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