Nuoto, Disabilita’: Kevin Casali, ‘miglioramenti grandiosi e inimmaginabili’

“Mai avrei immaginato di arrivare con lui fino a questo punto, e la cosa più bella è che non c’è una ricetta vera e propria: in tutti questi anni ci abbiamo solo provato e tuttora semplicemente proviamo”. Ci provano, Emanuele Marinelli e Kevin Casali, a volare fino in Inghilterra per i Giochi paralimpici 2012 di […]

“Mai avrei immaginato di arrivare con lui fino a questo punto, e la cosa più bella è che non c’è una ricetta vera e propria: in tutti questi anni ci abbiamo solo provato e tuttora semplicemente proviamo”. Ci provano, Emanuele Marinelli e Kevin Casali, a volare fino in Inghilterra per i Giochi paralimpici 2012 di Londra: un traguardo importante, prestigioso, inimmaginabile anche solo qualche tempo fa. Nelle parole di Marinelli, giovane allenatore abituato ad avere a che fare, in piscina, con ragazzi con disabilità intellettive e relazionali, emerge tutto lo stupore personale vissuto nel rapporto con Casali, il diciannovenne ragazzo autistico arrivato ad appena un secondo dal tempo necessario per poter partecipare alle gare di nuoto delle prossime Paralimpiadi.

“Quattro anni fa, quando l’ho conosciuto – racconta Marinelli – lui era uno dei tanti ragazzi con disabilità intellettivo relazionale che vengono in piscina per fare un po’ di nuoto e vivere un’esperienza fuori di casa: sono ragazzi che mi prendono la vita, per me stare con loro più che un lavoro è una passione”. Sono ragazzi con autismo, con ritardo mentale, con varie disabilità relazionali: “Ognuno – spiega – ha le proprie esigenze e i propri sogni, e il nuoto li aiuta ad essere più indipendenti e a stare in mezzo alla gente in modo più tranquillo, senza quelle reazioni che agli occhi di molti appaiono come pericolose ma che sono semplicemente reazioni di paura”. Perché, al di là del benessere fisico, nuotare è una via di integrazione: “Il superamento della paura dei rumori o delle luci, la frequentazione di nuovi posti, lo stare insieme in corsia, addirittura il toccarsi, l’avere un contatto fisico, che è un vero “tabù” per un autistico, costituiscono miglioramenti che in molti casi sembravano inpossibili”. Il tutto, ovviamente, all’interno di un “lavoro di équipe” con la famiglia, la scuola, gli amici, le associazioni, che mira “non a chiuderli in casa per proteggerli, ma a far loro vivere una vita simile a quella dei loro coetanei, con il cinema, lo sport, il gioco, lo svago”.

Quando l’ho conosciuto – continua il giovane allenatore – “Kevin nuotava una volta a settimana: usavo con lui la didattica che comunemente si adopera con bambini di sei o sette anni. Ho presto notato però che ripetendo innumerevoli volte alcune azioni riuscivamo ad ottenere un movimento globale e perciò una nuotata”. La frenesia è una delle caratteristiche dell’autismo e – spiega Marinelli – “se si ha la possibilità di capire come far confluire questa frenesia nella nuotata, il risultato è un aumento della frequenza e dunque della velocità: così da un semplice ambientamento in acqua siamo passati prima ad una ricerca di tecnica e poi ad un allenamento vero e proprio”. “Non sapevo di avere un atleta – riflette – e lui all’epoca non lo era: abbiamo provato e col tempo, con tanti e tanti tentativi, tanti errori e qualche successo, siamo arrivati alla meta”. I risultati straordinari Casali non li ottiene solo in piscina, ma anche fuori da essa. “Una delle cose più grandiose – confida Marinelli – è averlo visto in grado di vivere al meglio esperienze anche lunghe come un campionato mondiale, dove c’è confusione, orari ferrei da rispettare, una dieta da mantenere, un regolamento da non infliggere, e il rischio di imprevisti sempre dietro l’angolo. Ad esempio, sia agli europei che ai mondiali degli scorsi anni – specifica l’allenatore – ha tollerato il cambiamento improvviso degli orari di riscaldamento, senza alcuna delle reazioni, anche violente, che aveva in passato. Questo è uno dei vantaggi più grandi che Kevin ha avuto dal percorso che abbiamo fatto insieme”.

Dalla piccola piscina di zona alla piscina olimpica della città, dalle gare locali a quelle regionali e poi nazionali, per non parlare del grande salto nelle competizioni continentali e mondiali, le esperienze in acqua per Kevin Casali sono cambiate molto, con ovvie ripercussioni anche in termini di pressione emotiva e di carico di responsabilità. L’obiettivo qualificazione a Londra 2012 comporta, in questo senso, un rischio anche per gli atleti che non vivono una disabilità intellettiva e relazionale; figuriamoci quanto ciò può apparire delicato in un ragazzo con autismo. L’allenatore di Kevin, naturalmente, se ne mostra consapevole: “Si, parliamo di Londra ma preferisco non illudere mai nessuno: io faccio il mio lavoro, so quale è il mio e il suo obiettivo ma soprattutto so quale è il suo bene. Il suo bene oggi è quello di non essere stressato più di quello che dovrebbe essere. Londra c’è, rimane un nostro obiettivo ma non può e non deve diventare un’ossessione. Ne parliamo soprattutto quando ha bisogno di sentirsi caricato, ma non esagero mai. Non voglio creare né aspettative eccessive né tanto meno delle frustrazioni”. Per rosicchiare quel secondo che manca, gli allenamenti vanno ora avanti in due direzioni: “Da un lato abbiamo incrementato a livello di volume e di intensità di lavoro, il che significa che Kevin nuota tanto e sulla lunga distanza; dall’altro lavoriamo su fattori specifici come la virata o il tuffo, che Kevin ha in modo precario e che non sono proficue dal punto di vista cronometrico. Ci occupiamo di finezze, insomma, e con un po’ di fortuna e metodo speriamo di arrivare a questo “due e dieci”. Con la certezza che, al di là del cronometro e della speranza Londra, i risultati straordinari sono già arrivati.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *