L’idea di coinvolgere gli elefanti e i mammiferi marini non piace a tutti. Gli animalisti, Lega antivivisezione (Lav) in testa, non vedono di buon occhio l’utilizzo di animali esotici o selvatici. “Non siamo pregiudizialmente contrari alla pet therapy, che anzi può ribadire l’importanza del rapporto con gli altri animali, soprattutto cani e gatti”, afferma Ilaria Marucelli della Lav. “Ma è necessario che ogni percorso terapeutico avvenga nel rispetto delle esigenze degli animali, dei loro diritti e interessi. Il rapporto uomo-animale – continua – deve essere comunque limitato a quelle specie di animali che ne possono trarre beneficio”. Il principio di fondo, insomma, è quello di uno “scambio di emozioni” che, come ogni scambio, preveda un “reciproco vantaggio” tra umani e animali. “La prima cosa è la relazione”, chiarisce l’attivista della Lav. “L ’animale non è né un medicinale né un ricostituente, ma un soggetto relazionale vero e proprio. Per questo – insiste – i progetti che coinvolgono gli animali esotici non ricevono la nostra approvazione. I selvatici sono talmente lontani dall’essere umano da non prestarsi ad alcun approccio terapeutico. L’unico approccio possibile è quello ludico, come avviene in alcuni ospedali in cui gli animali vengono usati per dare sollievo ai bambini malati. Ma non ci sono dubbi: mille volte meglio i clown in corsia”. In Italia manca ancora una normativa in materia, anche se dal 2003 un decreto vincola lo Stato e le Regioni a promuovere iniziative di pet therapy. Nel 2002 oltre venti diverse realtà tra associazioni, istituzioni e centri di ricerca hanno sottoscritto la Carta di Modena: un articolato in diciassette punti che dedica grande attenzione alla tutela degli animali. Attualmente è in discussione in Parlamento una proposta di legge, appoggiata anche dalla Lav; si tratta di un testo unico che regolamenta l’intera materia, ponendo un’enfasi particolare sulla tutela degli animali coinvolti.
“Il meccanismo ludico gestito da personale specializzato diventa terapeutico e la gioia si trasforma in una porta formidabile per rompere l’isolamento”, ribatte a distanza il professor Moscato. “D’altra parte – assicura – noi osserviamo il più totale rispetto degli animali coinvolti. I leoni marini di Zoomarine sono ormai alla quarta generazione e nel mondo indiano gli elefanti vengono considerati animali domestici da cinquemila anni. Inoltre, agiamo sempre sotto la supervisione di un veterinario e di operatori specializzati”. E dal punto di vista della relazione replica: “Insegniamo ai bambini a stabilire un rapporto con gli animali. Che, da parte loro, vivono spontaneamente il contatto con i ragazzi. I leoni marini comprendono di avere a che fare con bambini disabili, e sono felice di essere accarezzati. C’è un percorso di conoscenza reciproca in cui il bimbo conosce le abitudini dell’animale e l’animale conosce il bimbo. Insomma, c’è una ricerca spontanea di quella comunicazione che, in fin dei conti, è il gioco di questo pianeta”.
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