In Europa sono circa 94 milioni le persone che svolgono attività di volontariato secondo un recente studio della Commissione europea, il 22 per cento ha più di 15 anni e il loro valore corrisponde al 3 per cento del Pil nei paesi avanzati, lo 0,7 per cento nei paesi in via di sviluppo. Sono queste alcune delle “stime indicative” riportate dal primo Rapporto sullo stato del volontariato nel mondo (Rsvm) lanciato lo scorso dicembre dai Volontari delle Nazioni unite (Unv) e presentato oggi a Roma in collaborazione con il Centro di documentazione sul volontariato e il terzo settore, l’Istituto Luigi Sturzo e il Laboratorio per la sussidiarietà (Labsus).
Difficile fare stime precise, spiega il rapporto. I dati riportati, infatti, riguardano unicamente “i volontari nelle organizzazioni della società civile e non include il volontariato informale, sia pur diffuso in tutto il mondo”. Complesso anche comparare dati e statistiche, così come non sempre sono compatibili i metodi di misurazione, le definizioni, i questionari utilizzati e i gruppi presi a riferimento. Per tale ragione, il rapporto indica come uno degli elementi necessari al volontariato, visto il rilevante peso, l’elaborazione di statistiche attendibili. “È essenziale mettere a disposizione dei governi dati attendibili – ha affermato Flavia Pansieri, coordinatrice del programma Unv -, in modo che essi possano essere utilizzati nelle strategie di sviluppo per sfruttare appieno questa risorsa preziosa per il benessere di ogni paese”. Diversi e numerosi gli ambiti di intervento in tutto il mondo. Si va dall’inclusione e la coesione sociale alla riduzione dei rischi di catastrofi naturali. “In questo l’Italia non si scosta dal resto del mondo – ha affermato Gregorio Arena, presidente di Labsus e del Centro di documentazione sul volontariato e il terzo settore -. Si percepisce diffusamente che i volontari e i cittadini attivi possono e contribuiscono a migliorare il benessere collettivo e sostengono lo sviluppo prendendosi cura dei bisognosi e svolgendo servizi cruciali per la stessa esistenza della nostra nazione”.
Altro elemento su cui occorre lavorare, spiega il rapporto, è il superamento dei pregiudizi. Lo studio mostra come il volontariato permea ogni aspetto della vita e di ogni cultura, coinvolgendo servizi pubblici, ma anche il settore privato, cresciuto costantemente dalla metà degli anni novanta. Da sfatare il luogo comune che il volontariato sia solo appannaggio di coloro che godono di redditi e di livelli di educazione più elevati. Secondo il rapporto, infatti, il volontariato è diffuso anche tra coloro che vivono in povertà. Così come è minima la differenza nel contributo di ore che uomini e donne dedicano al volontariato. Diminuisce la partecipazione dei giovani nelle organizzazioni formali, spiega il rapporto, ma sembra affermarsi “una forma meno strutturata di impegno”, come nel caso del volontariato online. Un ruolo importante, infine, è giocato dai governi. “Il crescente numero di politiche e leggi emanate a livello nazionale che incoraggiano il volontariato e salvaguardano i diritti dei volontari – spiega il rapporto – dimostra che i governi hanno un ruolo importantissimo nel campo del volontariato. Tuttavia, le amministrazioni non dovrebbero sfruttare il volontariato per giustificare una riduzione dei servizi da esse forniti”.
Lascia un commento