Da uno studio appena pubblicato dall’Emn, la Rete europea delle migrazioni emerge che in Italia non c’è nessun allarme riguardo ai matrimoni di convenienza: i casi sono pochi e spesso in mano alla criminalità organizzata. La questione dei matrimoni di convenienza talvolta viene fatta rientrare erroneamente nel più ampio ambito dei matrimoni misti. Spesso, rileva lo studio, ”l’opinione pubblica travisa i dati statistici relativi ai matrimoni misti, tendendo fortemente a una loro criminalizzazione come ‘fonte patologica’ di usi impropri”, ad esempio per l’acquisizione della cittadinanza o per usufruire della pensione di reversibilità”. Questo è in realtà un problema che si pone solo in Italia, perché a livello comunitario, si intende per matrimonio di convenienza solo quello “contratto allo scopo di entrare o soggiornare in uno stato membro”.
Gli studiosi considerano i matrimoni misti come “un indicatore di forte integrazione” e come “l’orizzonte più promettente”. E da parte loro le statistiche dell’Istat hanno già smentito “i tassi abnormali di caducità” attributi a queste unioni dalla stampa. Da dove provengono allora tanti pregiudizi sui matrimoni misti? A spiegarlo è Antonio Ricci, ricercatore Idos (membro della Rete europea delle migrazioni): “Quello dei matrimoni misti è un fenomeno crescente, che rispecchia in pieno i cambiamenti sociali delle famiglie ed è molto innovativo. La reazione del nostro paese è talvolta di chiusura, e vediamo un parossismo di questo atteggiamento quando si ingigantiscono i pochi casi scoperti di abuso. Emerge subito il sospetto, mentre servirebbe più serenità. L’invito da parte degli studiosi è quello a guardare in faccia il fenomeno con obiettività”.
“Non esistono dati specifici su quanti sono effettivamente i matrimoni di convenienza – continua Ricci – ma ci sono i risultati delle indagini della polizia. Da questi emerge che i matrimoni di convenienza sono pochi, e avvengono per pressioni della criminalità organizzata. Le vittime sono sia gli stranieri sia gli italiani: gli stranieri perché devono pagare per ottenere il permesso di soggiorno, gli italiani perché vengono ricattati, specialmente se hanno contratto dei debiti con la criminalità, abbonati in questo maniera”.
Si può parlare quindi di “nuovo business” per la criminalità: “Un business a zero rischi, visto che ci vogliono anni prima di dimostrare che il matrimonio è di convenienza”. Nelle operazioni portate a termine dalla polizia, rileva lo studio, ”generalmente i coniugi stranieri beneficiari (sia uomini che donne) sono chiamati a pagare una somma variabile tra i 5 mila e i 10 mila euro, di cui solo una piccola parte, tra i mille e i 2 mila euro, finisce nelle mani del finto coniuge italiano. Quest’ultimo, il più delle volte, è una vittima dell’organizzazione criminale, costretta a sottoporsi al finto matrimonio attraverso forme di ricatto e di violenza”.
C’è però una “efficace capacità di contrasto da parte della polizia, che spesso avviene sulla base del sospetto da parte dei funzionari di stato civile e del controllo sociale che c’è nei paesi. A quel punto scattano le indagini che verificano se ci sia effettiva convivenza”. Gli abusi avvengono anche per il rilascio della cittadinanza, “ma c’è da dire che in Italia c’è un’analisi approfondita per la concessione e nel caso di abusi si passa subito alla denuncia per falso”. Per quanto riguarda infine gli abusi legati alla pensione di reversibilità, i dati Inps riportati dallo studio Emn parlano chiaro: “Relativamente alla spesa annua per le pensioni di reversibilità, nel 2010 l’importo complessivo in migliaia di euro ammonta a 37.902.518, di cui 495.872 pagati a titolari di sesso femminile e di cittadinanza straniera. Per l’anno 2010, i titolari di pensione ai superstiti di sesso femminile e di nazionalità straniera sono stati 166.054”.
Lo studio si conclude con un’indicazione: “Si potrebbe raccogliere negli archivi relativi alle espulsioni e alle revoche e ai rifiuti dei titoli di soggiorno anche i motivi che hanno indotto l’amministrazione a prendere il provvedimento e che, in alcuni casi, potrebbero ricondurre a un eventuale uso improprio dell’istituto del ricongiungimento familiare”. (ab)
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