“Al mondo ci sono varie categorie di scienziati; c’è anche gente di primo rango, che arriva a scoperte di grande importanza, fondamentali per lo sviluppo della Scienza. Poi ci sono i geni, come Galilei e Newton”(Enrico Fermi). Eppur credeva il grande scienziato cattolico Galilei, il divin uomo, padre della Scienza moderna che pose fine al medioevo delle menti nel dare alle stampe il Sidereus Nuncius. Correva l’Anno del Signore 1610, il 12 marzo, una data storica molto significativa per l’Umanità, che però non è segnata in alcun calendario, nonostante i convegni, le lezioni, le mostre e le tavole rotonde. Grazie a Galilei che credeva in Colui che ha fatto il Mondo (e non nel cieco caos) oggi i ricercatori italiani e di tutto il mondo possono dare la caccia al Supermondo, ai neutrini, ai bosoni di Higgs, ai mesoni ed alle antiparticelle, dal centro della Terra, dal Cern e dalle viscere del Gran Sasso d’Italia fino ai confini dell’Universo, ponendo le basi per l’esplorazione, la colonizzazione e la conquista di altri mondi, a Dio piacendo. Per celebrare il padre della scienza moderna sperimentale, Galileo Galilei, che ha sconfitto ogni oscurantismo, per la prima volta un laboratorio scientifico italiano ospita un’opera teatrale in diretta tv: è ITIS Galileo recitato da Marco Paolini mercoledì 25 Aprile (una data storica altrettanto significativa per noi Italiani) nella sala B dei Laboratori Infn sotto il Gran Sasso d’Italia. Lo spettacolo verrà trasmesso in diretta su La7 a partire dalle 21 e in streaming sul sito www.la7.it. ITIS Galileo è un lavoro di approfondimento che Marco Paolini e Francesco Niccolini hanno dedicato a Galileo Galilei, il padre della fisica moderna, il più grande divulgatore dei propri studi, la mente più aperta al dubbio, il fondatore del metodo scientifico. Una figura che già Brecht in un suo famoso dramma teatrale ha affrontato mettendone in evidenza la grandezza dello scienziato e i drammi dell’uomo tra scienza e fede. L’opera teatrale di Paolini indaga sulla frizione tra ragione, superstizione e concreta umana difficoltà nel mettere in discussione principi che apparivano incrollabili. “Galilei messo in scena da Paolini all’interno del laboratorio sotterraneo più importante al mondo – afferma la professoressa Lucia Votano, direttore del Laboratorio Nazionale del Gran Sasso – ha posto delle domande”. Servirà davvero alla scienza, a farne cogliere il significato e la rilevanza o rimane pur sempre un’operazione culturale di nicchia? Fare uno spettacolo all’interno di un tempio della Scienza contribuisce a svilirla, assecondando e ripercorrendo una banalizzazione della divulgazione scientifica a cui purtroppo già assistiamo? “Personalmente – fa notare Lucia Votano – sono convinta che al grande pubblico che seguirà in televisione lo spettacolo, non sfuggirà la grandezza della figura di Galilei e il valore assolutamente innovativo del suo pensiero scientifico, allo stesso tempo gli spettatori potranno, attraverso le immagini del Laboratorio del Gran Sasso, toccare con mano che ancora oggi in Italia esistono luoghi di eccellenza della ricerca e persone che vi dedicano la loro vita tra mille difficoltà”. Il Laboratorio Nazionale del Gran Sasso, fondato dal professor Antonino Zichichi nel 1979, a circa 120 km da Roma e 30 km da Teramo, rappresentano una struttura a livello mondiale frequentata da scienziati provenienti da 29 paesi diversi. Attualmente ne sono presenti oltre 900 impegnati in 15 esperimenti in diverse fasi di realizzazione, che riguardano soprattutto i neutrini e la materia oscura. Grazie a Galilei gli scienziati possono annunciare che è ufficialmente aperta la caccia all’Antimateria sub-nucleare nello spazio e sulla Terra. Senza la logica matematica di Galilei, nonostante il genio di Leonardo, saremmo ancora nel medioevo perché senza la matematica e senza gli esperimenti riproducibili, la scienza non può esistere. Se è urgente la liberalizzazione del diritto commerciale spaziale per le imprese pubbliche e private (tra l’altro per la realizzazione di nuove navette che assicurino all’Umanità l’accesso libero, diretto, facile e sicuro al Cosmo; le nostre future scialuppe di salvataggio!) i fisici delle particelle sono in trepidante attesa di poter esaminare i dati dell’esperimento AMS (Anti Matter Spectrometer) da 1,5 miliardi di dollari e 2,5 kilowatt di potenza. AMS ha la capacità di distinguere gli elettroni dai protoni fino a mille megaparsec dalla Terra, per scovare i raggi cosmici dotati di energie di oltre 100 Tera-elettronVolt (TeV), ben superiori ai 7-14 TeV rilevabili al Cern di Ginevra con Lhc.
AMS, installato sulla Stazione Spaziale Internazionale, esplora il dominio del 25% dell’Universo. Una potenzialità non di poco conto visto che è molto importante per la misurazione dei raggi cosmici, il 90% dei quali sono gli indistruttibili protoni, sfondo naturale per altri dati di forte interesse scientifico. Dallo spazio AMS dovrebbe scovare abbondanze di positroni ed elettroni, uno dei possibili indicatori per la materia oscura (il 23% della massa totale dell’Universo che non emette radiazioni osservabili) gravitazionale. Accanto all’abbondante 75% di energia oscura antigravitazionale ed al 2% di materia normale. L’Europa ha contribuito in larga misura alla progettazione, allo sviluppo di AMS ed alla missione sulla Stazione spaziale internazionale. Un’impresa galileiana degna di una sequenza in 3D nel capolavoro assoluto “Avatar” di James Cameron. L’impresa AMS è ancora più speciale perché raccoglierà informazioni dalle sorgenti cosmiche alla ricerca di prove della presenza di Antimateria così da migliorare ulteriormente non solo la nostra conoscenza dell’Universo. AMS, l’ambizioso laboratorio orbitante europeo per la fisica delle particelle realizzato col contributo fondamentale dell’Italia, è il più grande strumento scientifico mai installato su una stazione spaziale orbitale, ma è anche il primo spettrometro magnetico ad andare nello spazio. Il più grande magnete superconduttore raffreddato criogenicamente mai utilizzato per sondare oltre i confini della Terra. Gli Extraterrestri, se esistono, ne sono certamente a conoscenza. Lo spazio sta diventando sempre più un luogo di lavoro quotidiano e nel prossimo futuro rappresenterà un pilastro fondamentale della nostra Economia e della Pace mondiale, per garantire a tutti quelle capacità operative sempre più efficaci ed efficienti che solo la liberalizzazione dell’impresa spaziale può garantire per lo sviluppo integrale della Persona. L’accordo bilaterale tra l’Agenzia spaziale italiana e la Nasa, riguardo all’utilizzo dei Moduli Logistici MPLM (Multi-Purpose Logistic Module) multiruolo costruiti dall’Italia (Leonardo, Raffaello e Donatello) conferma il ruolo di primo piano del nostro Paese in un programma così ambizioso come la costruzione e l’attività operativa della Stazione spaziale internazionale a 400 km di quota. Conferma altresì il successo del Diritto Spaziale a fondamento di ogni futura impresa umana oltre l’orbita terrestre. La Iss è cambiata considerevolmente negli ultimi anni e di notevole rilevanza è il laboratorio spaziale europeo Columbus che permette agli scienziati di svolgere sempre più esperimenti galileiani in condizione di assenza di peso. Questa è un’importante missione per la scienza, per il volo spaziale umano, per l’Europa e per l’Italia. L’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e l’Asi sono i primi contributori dell’impresa AMS, vi collaborano dal 1995 grazie all’impegno di Paesi, di Istituzioni e di 500 fisici di tutto il mondo che lavorano al progetto. Un prototipo della missione AMS, di dimensioni ridotte, era stato portato in orbita per quindici giorni nel 1998 proprio dallo Shuttle e con ottimi risultati. Il progetto iniziale prendeva avvio da una collaborazione tra Italia, Francia, Svizzera e Stati Uniti, con a capo il premio Nobel Samuel Ting e Roberto Battiston, dell’Infn, come referente nazionale. Un sogno intellettuale, un progetto di studio e ricerca, concepiti insieme al professor Antonino Zichichi (Presidente della Federazione Mondiale degli scienziati, scopritore dell’Antimateria nucleare e fondatore dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso) che diventa realtà con tutte implicazioni scientifiche e tecnologiche del caso. Solo nell’estate del 2008, il via libera del Congresso Usa al finanziamento dei tre voli aggiuntivi dello Space Shuttle ha aperto la strada alla programmazione della missione che ha portato in orbita il vero esperimento. La sfida di AMS, un cubo di 4 metri per 4, pesante sette tonnellate e mezza, è trovare la soluzione di un affascinante enigma: capire come mai nell’Universo esista una forte asimmetria tra Materia e Antimateria, con una netta prevalenza della prima. Gli scienziati sanno che nel Big Bang dovettero formarsi in quantità pressoché identiche: indagare l’Antimateria che pare non emetta radiazioni e non risulti oggi osservabile con le normali strumentazioni, è estremamente complesso e costoso. AMS è l’unico grande apparato in grado di rivelare la presenza di Antimateria nello spazio. Cerca di rivelare Antiprotoni, Antideutoni e Anti-nuclei di elio, determinandone la traiettoria e l’energia. Le ricerche di cui si occupa AMS risultano ancora più importanti alla luce dell’attuale momento di grande rilancio per lo studio dei raggi cosmici. Nell’Universo sono stati osservati fenomeni caratterizzati da energie altissime, impossibili da riprodurre in qualsiasi acceleratore di particelle, neppure al Cern di Ginevra nel potentissimo Lhc. L’Italia, con Asi e Infn, è fortemente coinvolta nella realizzazione dei principali strumenti della missione, derivati dall’esperienza decennale agli acceleratori di particelle, da Frascati al Cern ed al Fermilab. Il sistema di Tempo di Volo ed il sistema ad Anelli di Luce Cenenkov, realizzati dalla Sezione Infn di Bologna, il Tracciatore al Silicio realizzato dalla Sezione Infn di Perugia, il Calorimetro Elettromagnetico realizzato dalla Sezione Infn di Pisa, sono il cuore dell’esperimento, unitamente agli importanti contributi, nella parte informatica e di monitoraggio a bordo, a cura delle Sezioni Infn di Milano e dell’Università di Roma La Sapienza. L’industria spaziale nazionale (CGS, CAEN Space e G&A Engineering) ha contribuito in maniera determinante alla realizzazione del sistema termico, dell’elettronica qualificata per lo spazio e dei rivelatori al silicio installati nel cuore di AMS. L’Italia è già fortemente impegnata nello studio dei raggi cosmici e nella ricerca dell’Antimateria, con la missione spaziale italo-russa Pamela. Nonostante i recenti straordinari progressi scientifici, lo studio delle particelle elementari e delle forze fondamentali, pone domande ancora senza risposta: che cosa sono la materia oscura e l’energia oscura, il 98% dell’Universo? Di fronte alle quali siamo, come ai tempi di Galilei, totalmente ignoranti. Raramente nella storia della Scienza l’umanità è stata cosi cosciente della propria ignoranza. Da 16 anni la comunità scientifica italiana è al lavoro per costruire AMS, un esperimento pensato per affrontare queste questioni fondamentali. Giustamente è stato definito l’Hubble Space Telescope delle particelle elementari. In effetti, la sensibilità di AMS è 250 volte migliore di ogni altro strumento analogo messo finora in orbita. Una nuova dimostrazione della straordinaria qualità della fisica italiana. Accanto all’esperimento Borexino nei Laboratori sotterranei del Gran Sasso dell’Infn, piazzato nel cuore del Gran Sasso d’Italia, per lo studio dei neutrini e degli antineutrini. Alcuni scienziati affermano di aver osservato, in modo certo e per la prima volta al mondo, particelle di Antimateria (geoneutrini) provenienti dall’interno della Terra, là dove si forma il calore del nostro pianeta. I ricercatori di Borexino (collaborazione internazionale di Istituti italiani, americani, tedeschi, russi e polacchi) coordinati dal professor Gianpaolo Bellini dell’Infn di Milano, avrebbero osservato e catturato per la prima volta i geoneutrini, cioè gli antineutrini (la più piccola ed elusiva particella di Antimateria) provenienti dal cuore della Terra. Lo avevamo anticipato alcuni anni fa, al via dell’esperimento. Queste leggerissime particelle ci dicono che migliaia di chilometri sotto la crosta terrestre, degli elementi radioattivi come l’uranio si trasmutano (decadono) e producono enormi quantità di quel calore che muove i continenti, scioglie le rocce e le trasforma in magma e lava per i vulcani emersi e sottomarini, creando quell’enorme camera magmatica sotto il Vesuvio e i Campi Flegrei (Napoli).
Tramite i geoneutrini, gli scienziati dell’Infn avrebbero trovato la prova (smooking gun) che questa radioattività è una delle principali fonti di energia del pianeta, anche se probabilmente non l’unico combustibile della fucina che produce le decine di migliaia di miliardi di watt che scaldano la Terra. Verrebbe quindi smentita la teoria secondo la quale al centro della Terra vi sarebbe un enorme vorticoso “reattore nucleare” che da solo scalda il pianeta. Ipotesi assai cara anche alla fantascienza cinematografica (film Core). Con esperimenti come Borexino si potrà determinare la quantità di uranio presente sulla Terra e magari identificare preziosi giacimenti di combustibili nucleari, sperimentando nuove tecniche investigative da utilizzare su altri mondi del Sistema Solare e altrove.
In precedenza ricercatori giapponesi avevano intravisto dei segnali indicativi di geoneutrini, ma i loro rivelatori, troppo vicini alle centrali nucleari, erano disturbati dagli antineutrini emessi dalle stesse. Solo al Laboratorio Nazionale del Gran Sasso, distante almeno 500 km dalla più vicina centrale nucleare, si è potuto avere un segnale genuino della radioattività naturale della Terra. Inoltre il livello di radiopurezza di Borexino, mai ottenuto da nessun altro esperimento, ha fortemente contribuito a questo successo. “Questo studio – spiega il professor Gianpaolo Bellini – apre una nuova era nello studio dei meccanismi che governano l’interno della Terra. Uno studio esteso dei geoneutrini in vari punti della Terra, darà la possibilità di avere informazioni più precise sul calore prodotto nel mantello terrestre e, quindi, sui moti convettivi che sono alla base dei fenomeni vulcanici e dei movimenti tettonici. Il successo di questo studio è stato reso possibile dalle nuove tecnologie da noi sviluppate al Laboratorio del Gran Sasso, che ci hanno permesso di raggiungere in Borexino livelli di purezza da elementi radioattivi mai raggiunti prima da nessuno, in aggiunta alla lontananza del sito del Gran Sasso da reattori nucleari”. Non solo. “Gli straordinari risultati dell’esperimento Borexino – rivela la prof.ssa Lucia Votano – premiano anni di intenso lavoro e sono stati possibili grazie alle caratteristiche uniche al mondo del nostro Laboratorio sotterraneo e all’estrema radiopurezza dei materiali utilizzati per l’apparato sperimentale. L’esperimento sta già dando importanti informazioni sul funzionamento interno del Sole e ha prodotto la prima misura mondiale dei geoneutrini provenienti dalle profondità del nostro pianeta. Ancora una volta il Laboratorio del Gran Sasso dimostra di essere un centro di ricerca di eccellenza nel campo della fisica astro-particellare”. Secondo Giovanni Fiorentini, il coordinatore di un gruppo ricerca dell’Infn e dell’Università di Ferrara che ha sviluppato i primi modelli teorici per i geoneutrini, “Borexino apre una nuova finestra che ci permette di guardare direttamente all’interno della Terra fino a migliaia di chilometri di profondità. Il confronto tra i dati sperimentali e i modelli teorici getterà luce sulla composizione chimica e le origini della Terra”. Risulta evidente la non convenienza di qualsiasi progetto di installazione ed insediamento di centrali nucleari a fissione di vecchia generazione sul suolo italiano. La ragnatela neutrinica predisposta dagli scienziati del Laboratorio Nazionale del Gran Sasso dell’Infn e dai ricercatori di tutto il mondo, giustamente entusiasti, ora deve essere difesa perché non avrebbe alcun senso spezzarla. Dopo anni di preparazione e investimenti, l’esperimento Borexino, la sfera scintillante pronta a catturare i neutrini “messaggeri” del Sole, della Terra e delle altre stelle (specialmente quelli emessi durante gli eventi di Supernova!), iniziò a prendere dati nel 2007 grazie all’originale esperimento installato nelle grandi sale sotterranee del Gran Sasso: tre gigantesche sfere, una di acciaio e due di nylon, riempite di un idrocarburo e di un liquido scintillante, riescono ad osservare gli sfuggenti neutrini a bassa energia provenienti dal Sole e dal cuore della Terra. Qui si aspettano 24 ore su 24 segnali che permettano di capire se davvero la nostra stella funziona come si crede. In pratica i neutrini solari passano attraverso le tre sfere concentriche di Borexino. “Lo scopo è quello di studiare questi neutrini per capire meglio come funziona la materia a livello dei suoi costituenti elementari e come funziona il Cosmo intorno a noi. In particolare, se davvero il meccanismo che fa splendere il Sole è proprio quello immaginato dai fisici in questi ultimi decenni” – spiega il prof. Bellini. Borexino continuerà la sua presa dati per almeno 10 anni, centrali nucleari permettendo: ben oltre la durata di un ciclo solare. L’esperimento, a cui lavorano circa 100 persone tra fisici, ingegneri e tecnici, è il più economico tra gli esperimenti di rivelazione dei neutrini solari. Numerosi sono i partner internazionali del progetto, la cui leadership è italiana. Oltre alle sezioni Infn di Milano, Genova, Perugia e ai Laboratori del Gran Sasso, vi partecipano la Technische Universität di Monaco, il Max Planck Institut di Heidelberg, l’APC francese, la Jagellonian University di Cracovia, il JINR di Dubna e il Kurchatov Institute di Mosca e infine gli statunitensi della Princeton University e del Virginia Polytechnical Institute. L’esperimento visto dall’esterno appare come una cupola di sedici metri di diametro al cui interno si trova una sorta di matryoska, una di quelle bambole russe che entrano l’una nell’altra. Dentro la cupola vi è un volume di 2.400 tonnellate di acqua ultrapura che serve come primo schermo per filtrare le particelle di alta energia provenienti dal Cosmo, che non interessano i ricercatori. All’interno del volume d’acqua, si trova una sfera di acciaio che contiene nella parte interna 2.200 fotomoltiplicatori: apparati che possono registrare la presenza di lampi di luce provocati dai neutrini; all’interno di Borexino, contenuto in una sfera di nylon speciale, troviamo mille tonnellate di pseudocumene, un idrocarburo utilizzato per schermare la parte sensibile dell’esperimento. Il cuore ultimo di Borexino contiene 300 tonnellate di liquido scintillante. Il funzionamento assomiglia a quello di un vecchio flipper: quando i neutrini si scontrano con gli elettroni dello scintillatore, trasferiscono loro parte dell’energia incidente, provocando un lampo luminoso nel liquido. Questi lampi vengono visti dai fotomoltiplicatori grazie alla trasparenza delle sfere interne. L’apparato consente di misurare l’energia dei neutrini incidenti. Le reazioni nucleari che avvengono nel nucleo del Sole producono una grande quantità di neutrini solari. Il Sole, infatti, è una sorgente potente di neutrini: si pensa che circa 60.000.000.000 neutrini solari al secondo, incidano su ogni centimetro quadrato del nostro corpo. Questi neutrini hanno però mediamente un’energia più bassa di quelli atmosferici e sono ancora più difficili da rivelare. L’esperimento Borexino è finalizzato proprio alla rivelazione di neutrini solari, in particolare quelli prodotti dalle reazioni dell’elemento Berillio-7, che hanno un’energia intorno agli 862 kilo-elettronVolt (keV). Ben al di sotto dei 5.000 keV, soglia mai oltrepassata fino ad oggi dagli esprimenti di rivelazione in tempo reale dei neutrini. Il neutrino, però, interagisce molto debolmente con la materia, essendo del tutto insensibile all’interazione elettromagnetica ed a quella nucleare forte, rispondendo solo all’interazione nucleare debole. L’interazione dei neutrini è un evento incredibilmente improbabile dal punto di vista statistico: per osservarlo è necessario disporre di un rivelatore molto grande, costituito da diverse tonnellate, in modo da rendere la probabilità di interazione dei neutrini tale da poter misurare alcuni eventi al giorno. I geoneutrini di antimateria sono ancora più rari da osservare ed occorrono anni per accumulare dati utili. Ma il Gran Sasso (lo aveva intuito il prof. Antonino Zichichi) è uno schermo potente per la radiazione naturale e i raggi cosmici. Qui sotto alcuni pensano che si viva più a lungo! Altre particelle provenienti dal Cosmo o le naturali radiazioni ambientali, nonché la radioattività degli stessi materiali che costituiscono il rivelatore, possono indurre dei segnali spuri. Il rumore prodotto da questo fondo, in effetti, se non venisse schermato, sarebbe un miliardo di volte maggiore del segnale dei neutrini. Il Gran Sasso fornisce un primo schermo naturale di 1,4 km di roccia (pari a quello di 4 mila metri d’acqua sul fondo oceanico abissale filmato in 3D da James Cameron nell’esplorazione del Titanic; non sarebbe poi una cattiva idea quella di piazzare esperimenti Infn in fondo alle Marianne!) che assorbe efficacemente la gran parte dei raggi cosmici. Ciò che resta sono per lo più muoni ad alta energia schermati dalle 2400 tonnellate di acqua che costituiscono lo strato più esterno di Borexino. La radioattività ambientale è ulteriormente schermata da 1000 tonnellate di pseudocumene che riempiono la sfera centrale e racchiudono il liquido scintillante, mentre sofisticate tecniche di radiopurificazione sono state sviluppate per ridurre la radioattività nel cuore dell’esperimento, raggiungendo un livello radioattivo un milione di volte più basso di quello di qualsiasi liquido normalmente utilizzato. Conoscere il funzionamento del Sole e i costituenti elementari della materia, è fondamentale. Anche per lo sviluppo di una nuova tecnologia elettronica nucleare che, forse, un giorno ci aprirà la via al volo interstellare prefigurato nel kolossal Avatar. Il successo di Borexino è di aver abbassato così efficacemente la soglia del rumore di fondo, da rendere visibili neutrini con energia fino a 250 keV. Questo consente di rivelare e studiare una percentuale del potente flusso di neutrini proveniente dal Sole, assai maggiore di quella finora osservata da ogni altro esperimento effettuato in tempo reale. Per gli scienziati lo studio delle proprietà del neutrino apre la strada a importanti revisioni e nuove conquiste delle teorie fisiche attuali. La scoperta della massa del neutrino e delle oscillazioni tra neutrini di differenti “flavour”(sapori), oltre ad avere importanti implicazioni cosmologiche offre indicazioni preziose per nuove teorie fisiche, che gli scienziati chiamano “la fisica oltre il Modello Standard”. Borexino, con l’attuale regime di sensibilità, offre quindi la possibilità di aggiungere nuovi dati per approfondire lo studio di questo scenario. Sarebbe un vero peccato accecare il Laboratorio Nazionale del Gran Sasso con un impianto nucleare sul giardino di casa! La rivelazione di neutrini a queste energie offre inoltre un test estremamente preciso dei modelli astrofisici del Sole. Borexino consente di studiare anche gli antineutrini provenienti dalle Supernove e quelli emessi dall’attività radioattiva all’interno della Terra, un’enorme sorgente di energia naturale che aspetta solo di essere utilizzata. Gli scienziati, infatti, sanno che la Terra è costituita da tre parti: un core metallico di circa 3500 km di raggio, il mantello di 3000 km, ed infine la crosta, formata essenzialmente da silicati, di spessore variabile dai 30 ai 75 km per quanto riguarda la crosta continentale, e di circa 10 km per la crosta oceanica. La potenza termica all’interno della Terra viene stimata dai geologi fra i 31 e i 44 migliaia di miliardi di watt. La stima è molto grossolana perché basata essenzialmente sui carotaggi, circa 2000 intorno al mondo, che penetrano poco in profondità: il pozzo maggiore in assoluto sulla Terra è di 12 km nella penisola di Kola in Russia, profondità trascurabile rispetto al raggio terrestre, ma assai utile per rendere l’idea delle potenzialità oggi disponibili all’umanità per lo sviluppo di nuove ecologiche centrali geotermiche che necessitano di pozzi assai meno profondi. Le origini di questa energia sono incerte, anche se si ritiene che un’importante frazione sia dovuta al calore emesso dalle disintegrazioni spontanee dell’uranio, torio e del potassio-40 contenuti all’interno della Terra. Quale sia l’effettivo contributo radiogenico al calore terrestre, è materia di studio nella comunità internazionale delle Scienze della Terra (Egu Spring Meeting di Vienna). L’ipotesi più condivisa è che la radioattività naturale renda conto di un po’ più della metà del calore terrestre, ma esistono modelli alternativi secondo cui sarebbe all’origine del 100% dell’energia termica terrestre. All’origine di tale incertezza sta l’impossibilità di determinare, in conformità a dati osservativi, il contenuto di elementi radioattivi all’interno della Terra. Le abbondanze degli elementi nel pianeta sono stimate in maniera assai indiretta, estrapolando all’interno della Terra le conoscenze, anch’esse incerte, sulla composizione chimica di meteoriti supposti rappresentativi della composizione iniziale del Sistema Solare, e tenendo conto di complessi fenomeni di evaporazione e separazione nel processo di formazione del pianeta. Esiste anche un modello geologico che ipotizza la presenza di materiale radioattivo, che produrrebbe un effetto simile a quello dei reattori nucleari intorno al core (geo-reattore). Tale modello è considerato tuttavia poco probabile e Borexino pare ne abbia dimostrato la debolezza. Il resto dell’energia termica potrebbe essere dovuto ad altre cause sconosciute. Gli scienziati citano effetti come il calore latente di cambiamento di fase (quando un liquido diventa solido viene emessa dell’energia immagazzinata) ed altri più complicati. Gli autori di fantascienza immaginano finanche la presenza di altre civiltà, molto più evolute della nostra, all’interno del pianeta. I riscaldamenti radiogenici contribuirebbero in maniera importante alla tettonica, quindi ai terremoti, al vulcanismo e alle propagazioni del calore all’interno del mantello. Ma tutto questo è molto ipotetico perché i geologi hanno pochi mezzi per investigare direttamente l’interno della Terra. La Fisica può però dare un importante aiuto sfruttando il fatto che molti decadimenti radioattivi emettono antineutrini, l’antiparticella del neutrino. Che, come l’antineutrino, è una particella priva di carica, di massa piccolissima, la quale può attraversare l’Universo, la Terra e i nostri stessi corpi, senza alterare le sue proprietà. Pensate, l’energia luminosa prodotta all’interno del Sole impiega almeno 10mila anni ad uscire dalla stella: un’infinità rispetto ai pochi minuti impiegati dai neutrini del nucleo solare per raggiungere la Terra; ed alle frazioni di millesimi di secondo necessari ai geoneutrini per raggiungere Borexino. Quindi lo studio degli antineutrini emessi dai decadimenti radioattivi all’interno del nostro pianeta è oggi l’unico metodo per capire cosa avviene nelle profondità terrestri. I geoneutrini messaggeri portano alla superficie del pianeta informazioni dirette sul contenuto di elementi radioattivi presenti nelle viscere del pianeta Terra. La loro rivelazione rappresenta un modo di determinare le abbondanze planetarie degli elementi da cui provengono e le informazioni dirette sull’origine del nostro mondo e sulla quantità di calore prodotto dalla radioattività al suo interno. L’esistenza dei geoneutrini fu predetta negli anni 60’ del XX Secolo, ma solo in anni recenti il progresso nella loro rivelazione ha permesso di ipotizzarne uno studio sperimentale. Il collegamento fra le predizioni teoriche dei modelli geologici e i possibili risultati sperimentali è stato oggetto di numerosi studi, sia in Italia (gruppo di Fiorentini-Università di Ferrara) sia in Giappone (Enomoto ed altri). Per studiare gli antineutrini bisogna farli interagire all’interno di rivelatori di grande massa situati in laboratori sotterranei costruiti con tecnologie estremamente avanzate, altrimenti i rari eventi prodotti nel rivelatore vengono completamente sommersi dai raggi cosmici e dalla radioattività naturale o artificiale. La lontananza del Laboratorio Nazionale del Gran Sasso da reattori nucleari che emettono anch’essi antineutrini in grado di simulare comportamenti simili a quelli emessi dalla Terra, è la più assoluta garanzia di possibili nuove scoperte sotto il Gran Sasso, degne di un Premio Nobel tutto italiano. Già nel 2002 un esperimento giapponese, Kamland, sostenne di aver rivelato la radiazione dei geoneutrini, ma gli studi successivi dimostrarono che si trattava di un abbaglio: ciò che veniva osservato era in realtà dovuto alla presenza di un insidioso fondo di neutroni, che dava origine a dei falsi geoneutrini. Nel 2005 kamland ha fornito le prime indicazioni dell’esistenza dei geoneutrini. Il problema principale in Kamland era la distinzione fra il contributo dei geoneutrini e quello degli antineutrini provenienti dai numerosi reattori nucleari presenti in Giappone. Borexino avrebbe ottenuto l’evidenza dell’esistenza dei geoneutrini riuscendo a evidenziarne il segnale con un’affidabilità superiore al 99,9%. Il confronto con i modelli teorici di Fiorentini et al., che ipotizzano un contributo radiogenico poco maggiore della metà del calore terrestre (23 su 31-44 migliaia di miliardi di watt di potenza) secondo i fisici è ottimo nei limiti della statistica raccolta.
I dati raccolti potrebbero già invalidare l’ipotesi del cosiddetto geo-reattore. Per rendersi conto della difficoltà dell’esperimento Infn, una presa dati di oltre due anni fornisce due dozzine di eventi attribuiti a geoneutrini e ai reattori, dunque un evento al mese in totale e un evento di geoneutrino ogni due mesi! Questo è solo l’inizio, assicurano gli scienziati. Lo studio continua e fra poco sarà possibile avere misure di maggior precisione producendo quindi più informazioni sui meccanismi di produzione termica della Terra. Borexino ha aperto la via a una nuova era nello studio dei meccanismi che regolano l’interno della Terra. Finalmente, seguendo la metodologia sviluppata da Galilei e dai suoi discepoli, sarà possibile investigare in modo non ipotetico l’origine e la distribuzione dell’energia termica all’interno del nostro pianeta. Vari esperimenti sono in fase di costruzione o di ricerca e sviluppo in vari siti del mondo: Canada, Finlandia, Hawaii, Sud Dakota. Se questi esperimenti ed altri esperimenti riusciranno ad ottenere “performances” del tipo di quelle ottenute da Borexino, confrontando le misure in differenti locazioni, sarà possibile determinare la concentrazione di uranio e torio nella crosta e nel mantello per sapere qualcosa di più sulla loro locazione. Per questi motivi occorre difendere il lavoro dei nostri scienziati, con verità e giustizia, a cominciare dai media. C’è un Silenzio Cosmico sotto il Gran Sasso da tutelare come Patrimonio dell’Umanità insieme a tutto il massiccio. E non c’entra affatto la letteratura fantascientifica anche se l’immagine è molto romantica ed evoca suggestioni d’autore degne di Giulio Verne e James Cameron. Sono quei 1400 metri di roccia sotto il Monte Aquila, che assorbono le radiazioni e rendono il Laboratorio Infn ospitato sotto la più alta montagna degli Appennini, un luogo molto speciale e unico al mondo. È questo potente scudo protettivo a fare del Laboratorio Nazionale del Gran Sasso un posto straordinario sulla Terra non solo per i fisici che accorrono in Abruzzo da ogni parte del mondo per studiare il mondo dell’infinitamente piccolo per capire l’infinitamente grande. Ma anche per autori come Paolini, le cui orazioni civili risuonano nella Galassia. I neutrini e quelle particelle che compongono la misteriosa materia oscura, sono le chiavi di volta dei meccanismi che regolano l’Universo e la nostra vita. Le ricadute tecnologiche della ricerca pura, sono praticamente incalcolabili. Il pioniere di questo tipo di studi è stato Raymond Davis in una miniera d’oro abbandonata a Homestake nel South Dakota degli Stati Uniti. Con i suoi studi sui neutrini prodotti dal Sole, ha aperto la strada alla Nuova Fisica. L’Italia non poteva non rimanere al passo anche perché aveva il posto giusto. Grazie al professor Antonino Zichichi, oggi 750 scienziati di 29 Paesi utilizzano il Laboratorio Nazionale del Gran Sasso considerato nel suo genere il migliore del mondo. La struttura sotterranea ha tre sale lunghe quasi 100 metri, larghe 18 e alte 20, collegate da vari corridoi le cui uscite si affacciano sulla galleria autostradale della A24. Il Laboratorio, oggi diretto dalla prof.ssa Lucia Votano, è uno dei quattro Istituti sperimentali pubblici dell’Infn, l’Ente italiano galileiano dedicato allo studio dei costituenti fondamentali della materia che svolge attività di ricerca, teorica e sperimentale, nei campi della fisica subnucleare, nucleare e astroparticellare. Questi esperimenti confermano già oggi la Teoria Generale della Relatività di Einstein che ci servirà un giorno per volare fino alle altre stelle. Allora, se il 12 marzo 1610 è una data storica per l’Umanità non segnata in alcun calendario, ciò dipende esclusivamente dall’Hiroshima culturale nella quale siamo tutti immersi, che ha scacciato le menti migliori dall’Italia deprimendo la nostra economia reale, il nostro Pil, il nostro futuro. La crisi può essere vinta solo ed esclusivamente dai cervelli. Le nostre speranze sono riposte nei giovani abruzzesi che immoti manent in scientia, risorgendo dalle macerie del terremoto di L’Aquila del 6 aprile 2009 (Mw=6.3). Grazie all’impegno di Enti e Istituzioni di ricerca del calibro dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, delle Università di L’Aquila e Princeton. Anche quest’anno, dal 23 luglio al 12 agosto 2012, venti giovani studenti delle scuole superiori abruzzesi, selezionati, potranno varcare la soglia (“Conosci te stesso”) della Princeton University per partecipare con impegno e profitto alla IX edizione della Scuola Estiva di Fisica Gran Sasso-Sud Dakota-Princeton, in programma nel prestigioso campus universitario degli Stati Uniti d’America (New Jersey). Il Laboratorio Nazionale del Gran Sasso (Infn) è da sempre in prima linea nella promozione della scienza, della tecnologia e della formazione permanente sul territorio. Gli esperimenti scientifici, le pubblicazioni internazionali e i risultati conseguiti indicano che siamo sulla buona strada per trasformare l’Abruzzo in una miniera di scienza, conoscenza e ricerca al servizio della pace, dello sviluppo economico e sociale. Le venti giovani promesse scientifiche d’Abruzzo sbarcheranno negli Usa il 27 luglio dopo una fase introduttiva che si svolgerà nei Laboratori Infn del Gran Sasso. La Scuola è organizzata dai Laboratori Nazionali del Gran Sasso (Infn) in collaborazione con la prestigiosa Università di Princeton. Gli studenti abruzzesi potranno piacevolmente trascorrere, con alcuni loro colleghi del South Dakota, un periodo di formazione pre-universitaria. Nonostante il grave sisma che ha colpito L’Aquila il 6 aprile 2009, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e gli sponsor della pregevole iniziativa, hanno ritenuto di dover comunque dar seguito alla Scuola di Fisica per offrire un segnale di ripresa e di speranza. Gli studenti, fino al 12 agosto 2011, seguiranno nel Campus dell’Università di Princeton lezioni di fisica, astrofisica e inglese. I nostri “scienziati…in erba” parteciperanno a seminari e incontri speciali con ricercatori italiani che lavorano da anni negli States, in particolare nel dipartimento di fisica della Princeton University, a caccia di neutrini, raggi cosmici e materia oscura. I venti studenti abruzzesi della classe quarta superiore (con una discreta conoscenza della lingua inglese) vengono selezionati con un concorso: una prova scritta che contribuirà alla loro valutazione si svolgerà il 3 maggio 2012, alle ore 10.30, ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso ad Assergi (Aq). La prova scritta verterà sugli argomenti dei programmi di fisica, matematica e chimica dei trienni delle scuole superiori. Gli scienziati Infn e i loro colleghi americani, per questa nona edizione, hanno pensato bene di estendere il programma a dieci studenti del Sud Dakota (Usa) che, dopo aver trascorso alcuni giorni ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso, raggiungeranno l’Università di Princeton insieme agli studenti italiani selezionati. Il Sud Dakota è lo Stato americano (il cui nome è un tributo alla famosa tribù dei Nativi Americani Lakota Sioux) dove è stata proposta la realizzazione di un laboratorio di fisica simile al Gran Sasso per lo studio dei neutrini. Ai nostri studenti partecipanti vengono offerti vitto e alloggio all’interno del Campus di Princeton e il biglietto aereo di andata/ritorno. Inclusi nel programma vi sono visite a New York, Philadelphia, Washington D.C., nonché a località di rilevante importanza storica nei pressi di Princeton che è una piacevole città universitaria ad un’ora di treno da New York e Filadelfia. Princeton offre molte attrazioni durante l’estate. Gli studenti hanno alcuni pomeriggi e il fine settimana liberi, per esplorare la zona e godere l’atmosfera di uno dei più bei campus negli Stati Uniti d’America. Perché la Scuola di Fisica si svolge a Princeton? Nel 1905, Albert Einstein pubblicò tre articoli rivoluzionari che crearono le basi di tre fondamentali teorie fisiche: la Teoria della relatività, la Teoria quantistica e la Teoria del moto browniano. Il prestigio di Princeton si deve alla qualità dei suoi docenti, tra i quali si annoverano molti premi Nobel. Albert Einstein visse e lavorò a Princeton per ben trent’anni. Tra le attrazioni storiche segnaliamo il campo di battaglia di Princeton, dove il generale Washington sconfisse gli Inglesi durante la Rivoluzione Americana del 1776. Gli studenti abruzzesi hanno l’opportunità di conoscere e frequentare gli studenti americani delle scuole locali. I nostri venti “magnifici” potranno socializzare con i loro coetanei americani partecipando anche ad attività organizzate da enti locali. L’interessante programma di collaborazione tra l’Università di Princeton e il Laboratorio Nazionale del Gran Sasso dell’Infn, nasce dall’idea di Frank Calaprice, professore di fisica alla Princeton University, impegnato con il suo team di scienziati e ricercatori in una serie di esperimenti sui neutrini solari al Laboratorio del Gran Sasso, nel cuore del Gigante degli Appennini. La realizzazione del progetto è stata resa possibile dal contributo dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e del Dipartimento di Fisica della Princeton University, coadiuvati dalla Regione Abruzzo, dal Comune e dalla Provincia di L’Aquila, dalla Micron Technology Italia e dalla Carispaq. Scienza o fede? Il beato pontefice Giovanni Paolo II ha sempre difeso la Scienza al servizio dell’Umanità. Il dibattito è attualissimo alla luce dei recenti documenti della Chiesa Cattolica. Scriveva il beato Giovanni Paolo II nel documento “Gli uomini di scienza e Dio” del 17 luglio 1985:“È opinione abbastanza diffusa che gli uomini di scienza siano generalmente agnostici e che la scienza allontani da Dio. Che cosa c’è di vero in questa opinione? Gli straordinari progressi compiuti dalla scienza, particolarmente negli ultimi due secoli, hanno talvolta indotto a credere che essa sia in grado di dare risposta da sola a tutti gli interrogativi dell’uomo e di risolverne tutti i problemi. Alcuni ne hanno dedotto che non ci sarebbe più, ormai, alcun bisogno di Dio. La fiducia nella scienza avrebbe soppiantato la fede. Tra scienza e fede — si è detto — occorre fare una scelta: o si crede nell’una o si abbraccia l’altra. Chi persegue lo sforzo della ricerca scientifica, non ha più bisogno di Dio; viceversa, chi vuol credere in Dio, non può essere uno scienziato serio, perché tra la scienza e la fede c’è contrasto insanabile. Il Concilio Vaticano II ha espresso una convinzione ben diversa. Nella costituzione Gaudium et spes (n. 36), si afferma:«La ricerca metodica di ogni disciplina, se procede in maniera veramente scientifica e secondo le norme morali, non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché le realtà profane e le realtà della fede hanno origine nel medesimo Dio. Anzi, chi si sforza con umiltà e con perseveranza di scandagliare i segreti della realtà, anche senza che lo avverta, viene come condotto dalla mano di Dio, il quale, mantenendo in esistenza tutte le cose, fa che siano quelle che sono». Di fatto, si può rilevare che sempre sono esistiti ed esistono tuttora eminenti uomini di scienza, che nel contesto della loro umana esperienza scientifica hanno positivamente e beneficamente creduto in Dio. Un’indagine risalente a cinquant’anni fa, fatta con 398 tra i più illustri scienziati, rilevò che solo 16 si dichiararono non credenti, 15 agnostici e 367 credenti (cf. A. Eymieu, La part des croyants dans les progrès de la science, Perrin 1935, p. 274). Ancor più interessante e proficuo è rendersi conto del perché molti scienziati di ieri e di oggi vedono non solo possibile, ma felicemente integrabile la ricerca scientifica rigorosamente condotta col sincero e gioioso riconoscimento dell’esistenza di Dio. Dalle considerazioni che accompagnano sovente come un diario spirituale il loro impegno scientifico, sarebbe facile vedere l’incrociarsi di due elementi: il primo è come la stessa ricerca nel grande e nel piccolo, portata avanti con estremo rigore, lasci sempre spazio a ulteriori domande in un processo senza fine, che svela nella realtà un’immensità, un’armonia, un finalismo non spiegabili in termini di causalità o mediante le sole risorse scientifiche. A ciò si aggiunge l’ineliminabile domanda di senso, di più alta razionalità, anzi di qualcosa o di qualcuno capace di soddisfare bisogni interiori, che lo stesso raffinato progresso scientifico, lungi dal sopprimere, acuisce. A ben vedere, il passaggio all’affermazione religiosa non avviene per sé in forza del metodo scientifico sperimentale, ma in forza di principi filosofici elementari, quali quello di causalità, di finalità, di ragione sufficiente, che uno scienziato, come uomo, si trova ad esercitare nel quotidiano contatto con la vita e con la realtà che studia. Anzi, la condizione di sentinella del mondo moderno, che per prima intravede l’enorme complessità e insieme la meravigliosa armonia della realtà, fa dello scienziato un testimone privilegiato della plausibilità del dato religioso, un uomo capace di mostrare come l’ammissione della trascendenza, lungi dal nuocere all’autonomia e ai fini della ricerca, la stimoli invece a superarsi continuamente, in un’esperienza di autotrascendimento rivelativo dell’umano mistero. Se poi si considera che, oggi, i dilatati orizzonti della ricerca, soprattutto in ciò che attiene le sorgenti stesse della vita, pongono inquietanti interrogativi circa il retto uso delle conquiste scientifiche, non ci si stupisce che sempre più frequente si manifesti negli scienziati la richiesta di sicuri criteri morali, capaci di sottrarre l’uomo a ogni arbitrio. E chi, se non Dio, potrà fondare un ordine morale, nel quale la dignità dell’uomo, di ogni uomo, sia stabilmente tutelata e promossa? Certo, la religione cristiana, se non può considerare ragionevoli certe confessioni di ateismo o di agnosticismo in nome della scienza, è però altrettanto ferma nel non accogliere affermazioni su Dio che provengano da forme non rigorosamente attente ai processi razionali. A questo punto sarebbe assai bello far ascoltare in qualche modo le ragioni per cui non pochi scienziati affermano positivamente l’esistenza di Dio e vedere da quale personale rapporto con Dio, con l’uomo e con i grandi problemi e valori supremi della vita essi stessi siano sostenuti. Come sovente il silenzio, la meditazione, l’immaginazione creativa, il sereno distacco dalle cose, il senso sociale della scoperta, la purezza di cuore siano potenti fattori che aprono loro un mondo di significati che non possono essere disattesi da chiunque proceda con eguale lealtà ed amore verso la verità. Basti qui il riferimento a uno scienziato italiano, Enrico Medi, scomparso pochi anni or sono. Egli affermava in un suo intervento al Congresso catechistico internazionale di Roma nel 1971:«Quando dico a un giovane: guarda, là c’è una stella nuova, una galassia, una stella di neutroni, a 100 milioni di anni luce di lontananza. Eppure i protoni, gli elettroni, i neutroni, i mesoni che sono là sono identici a quelli che stanno in questo microfono… L’identità esclude la probabilità. Ciò che è identico non è probabile…Quindi c’è una causa, fuori dello spazio, fuori del tempo, padrona dell’essere, che all’essere ha dato di essere così. E questo è Dio…L’essere, parlo scientificamente, che ha dato la causa alle cose di essere identiche a un miliardo di anni luce di distanza, esiste. E di particelle identiche nell’universo ne abbiamo 10 elevato alla 85sima potenza…(Il fisico Stephen Hawking nel suo libro “Il Grande Disegno” parla della possibile esistenza di 10 elevato alla 500sima potenza di universi tutti diversi dal nostro, NdA). Vogliamo allora accogliere il canto delle galassie? Se fossi Francesco d’Assisi, direi:”O galassie dei cieli immensi, laudate il mio Signore, perché è onnipotente e buono. O atomi, o protoni, o elettroni, o canti degli uccelli, o spirare delle foglie e dell’aria, nelle mani dell’uomo, come preghiera, cantate l’inno che ritorna a Dio!”»”(Atti del II Congresso catechistico internazionale, Roma, 20-25 settembre 1971). La Scuola Estiva nella Princeton University è un’iniziativa di grande spessore culturale perché offre una grande opportunità ai giovani abruzzesi. Accade sempre più spesso che le Istituzioni pubbliche e gli sponsor privati si uniscano per supportare iniziative di particolare importanza che abbiano delle ricadute su tutto il territorio regionale. La Scuola Estiva Gran Sasso-Princeton è proprio una di queste. C’è poi la decima edizione del concorso “Anch’io Scienziato” con i progetti delle scuole elementari, medie e superiori d’Abruzzo (devono essere spediti al Laboratorio Nazionale del Gran Sasso entro il 2 maggio 2012), che vedrà protagonisti, accanto agli scienziati, i più giovani studenti abruzzesi insieme ai loro diligenti insegnanti nel corso del X Open Day dell’Infn in programma al Laboratorio Nazionale del Gran Sasso (Assergi) per la fine del mese di maggio (www.lngs.infn.it).
© Nicola Facciolini
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