“Così i Troiani per la città, tremanti come cerbiatti, si detergevano il sudore, e bevvero e placarono la sete, appoggiati ai bei parapetti; frattanto gli Achei, inclinati gli scudi sulle spalle, giunsero sotto le mura. E il destino fatale costrinse Ettore a restare là fuori, di fronte a Ilio e alle porte Scee”(Iliade, Libro XXII, 1-6). Trent’anni dopo E.T., il pacifico extraterrestre di Spielberg e Rambaldi, forse, ci siamo. È giunta l’ora tanto temuta. Le due serie televisive V-Visitors, l’hanno preconizzata. Abbiamo scoperto nella nostra Galassia centinaia di pianeti alieni che potrebbero essere abitati da intelligenze tecnologicamente (e, forse, non moralmente) superiori: prepararsi ad evacuare la Terra, non sarà più un’ipotesi tanto peregrina nell’eventualità di una massiccia e concreta minaccia alla nostra sopravvivenza. D’altra parte, nel migliore degli scenari, quanti “immigrati” ET potremmo ospitare sulla Terra per non apparire dichiaratamente ostili? Sempre che sia possibile farlo, molti preferiranno lasciare questo nostro povero mondo, a bordo di navette spaziali che, grazie alla liberalizzazione dell’impresa spaziale privata, potranno costruirsi da soli, in famiglia, nelle loro botteghe, case e imprese. Perché se dovessero riporre le loro speranze nel finanziamento pubblico e nelle istituzioni ufficiali, subirebbero le conseguenze dell’evento. “Per il mio cervello matematico i numeri da soli fanno pensare che è perfettamente razionale l’esistenza di alieni”(Stephen Hawking, astrofisico). E, in attesa di un vero Protocollo di emergenza internazionale condiviso, che assicuri la nostra sopravvivenza, i probabili Visitatori, che non scherzano affatto, potrebbero attuare i loro piani in tutta tranquillità, dominando la quarta e, forse, la quinta dimensione. In fin dei conti potrebbe essere già accaduto chissà quante volte sulla Terra ovvero potrebbe accadere di nuovo, all’improvviso, di buon mattino visto e considerato che la probabilità di un’invasione extraterrestre, così come quella di essere colpiti da una cometa e da un asteroide o di finire uccisi in un incidente aereo, è infinitamente maggiore della probabilità di una vincita milionaria al “Gratta & Vinci” e della probabilità quotidiana di un terremoto altamente distruttivo sotto una città capoluogo di Regione come L’Aquila! Avete capito benissimo.
Nella realtà quantistica in cui viviamo, le probabilità sono importanti come le parole. Se poi sette scienziati sulla Terra sono finiti indagati in Italia, nell’Anno Domini 2010, con l’accusa di omicidio colposo, perché non avrebbero “previsto” il terremoto di magnitudo momento 6.3 di L’Aquila e, soprattutto, non avrebbero “offerto” alle Autorità politiche (sovranamente e sommamente responsabili di fronte al popolo di qualsivoglia democrazia occidentale) i numeri “giusti” delle probabilità di accadimento di un evento distruttivo, allora tutto è possibile. Anche l’inimmaginabile. Gli scienziati indagati non avrebbero allertato la popolazione, non avrebbero insomma dato il “pre-allarme” o il “pre-allerta” che dir si voglia (su quali basi normative?) per evacuare un centro storico di decine di migliaia di abitanti come L’Aquila. Non avrebbero, cioè, salvato 309 vite (violando così il famoso “limite” di Falling Skies!) quella maledetta notte tra il 5 e il 6 aprile 2009. Quando la politica dormiva sonni tranquilli (mentre alcuni imprenditori ridevano!) in attesa dell’irreparabile, gli scienziati si sarebbero scoperti incredibilmente deboli e, quindi, colpevoli. Colpevoli di cosa? Contrariamente a quanto sostiene la letteratura scientifica mondiale sulla non-prevedibilità dei terremoti, ora dovremo evacuare milioni di persone al giorno in tutta l’Italia, al primo tremolio o scossone vulcanico. Indovinate voi stessi la magnitudo limite, perché non me la sento di sparare una cifra a caso imprecisa ed assurda. Ma così stanno le cose. È una rivoluzione copernicana nel Diritto, nella Protezione civile e nella Scienza. Massimo rispetto per la Magistratura e per le tesi della Difesa, ci mancherebbe. Senza il Diritto saremmo ancora preda dei giochi perversi dei mafiosi e della politica politicante più becera e caotica di Frodo e Frego in salsa italiota, come nei secoli passati al tempo dell’Inquisizione. Quando bastavano due o più testimoni per finire stritolati sulla ruota o arsi vivi sul rogo, magari strozzati da una corda al collo prima di essere consumati dalle fiamme, se ci si pentiva in tempo ammettendo le accuse più incredibili estorte sotto tortura dal braccio secolare. Ma siamo nell’Italia in crisi del 21° Secolo, in uno stato di diritto dove i processi, anche quelli apparentemente più assurdi, si possono vincere, facendo perdere chi ci accusa. Grazie alla Legge fondata sui principi sacrosanti della Costituzione repubblicana del 1948 e grazie a Dio. Tuttavia, questa vicenda passerà alla storia del Diritto e della Scienza. Il mondo ci osserva con molta attenzione, non solo i mercati e non solo la comunità scientifica internazionale, mentre la politica italiana, in tema di sviluppo scientifico, energetico e tecnologico, sembra finita. Insomma, dove i politici hanno miseramente fallito tagliando i finanziamenti alla ricerca scientifica pubblica e privata, arriva il Diritto che, lo ricordiamo, vuole accertare la Verità tutta intera perché simili tragedie non si ripetano mai più. Dunque, si accerti la Verità che ha nome e cognome, e non si abbia timore di far fare la giusta bella figura ai responsabili politici del disastro aquilano e di quelle 309 morti. Ma non prendetevela con la Scienza e con chi la rappresenta. L’ipotesi di reato è omicidio colposo per sette scienziati – avete capito bene? – i quali, secondo l’accusa, avrebbero dovuto mettere in conto una scossa di enorme pericolosità per il giorno e la settimana successivi. Sarebbero dunque colpevoli di “negligenze fatali”. Avrebbero dovuto avvisare con più precisione (la politica capisce la parola precisione?) la popolazione aquilana, allontanando decine di migliaia di persone dalle case, alla giusta distanza di sicurezza per evitare tegole e cornicioni in testa.
Quando il buon senso avrebbe dovuto consigliare a tutti l’acquisto immediato di una tenda familiare già nel dicembre 2008, su tutto il bacino aquilano, senza aspettare le cifre esatte degli scienziati. E le non-decisioni politiche e burocratiche di coloro (con nome e cognome) che non vogliono assumersi la responsabilità soggettiva e oggettiva della catastrofe. Perché è il popolo sovrano a dover indirizzare chi di dovere senza attendere la fine! Detta così può sembrare proprio una barzelletta. Ma quando la sfiga degna di “Paranormal Activity” colpisce in maniera così dura, il giorno o una settimana dopo una riunione istituzionale di così alto profilo, piena o vuota di firme in calce ad atti e non-atti pubblici, per una mancata previsione sismica, allora abbiamo ragione di credere che i lucertoloni cattivi delle serie televisive americane V-Visitors (in onda sul digitale terrestre, dal 22 e dal 25 maggio 2012, rispettivamente su Italia 2 gli originali e su Italia 1 i nuovi) e Falling Skies di Spielberg (in onda su Cielo) esistano davvero. Potrebbe essere la dimostrazione scientifica del fatto che siamo in loro potere, senza scampo, da chissà quanti millenni! Ma i sismologi di tutto il mondo riuniti a Washington D.C. scoppiarono a ridere nell’apprendere la notizia terribilmente seria dei sette scienziati italiani indagati. Quel 6 aprile 2009 in Abruzzo morirono 309 persone: giustamente i familiari chiedono di sapere se i loro cari (molti giovani studenti perché non lasciarono la città di loro iniziativa?) potevano essere salvati, se furono vittime inconsapevoli di una tragica fatalità o se invece sussistono responsabilità da individuare e perseguire con tutta la forza del Diritto. Pretesa più che legittima. E difatti sono già state aperte inchieste a carico di chi è sospettato di non aver rispettato le norme nella costruzione degli edifici sbriciolati come grissini dal sisma. E nel resto d’Italia cosa facciamo? E i mille condoni e le mille proroghe edilizie quando li aboliamo? La Procura di L’Aquila ha il sacrosanto diritto e dovere di lavorare in santa pace per accertare la Verità che, abbiamo ragione di credere, illuminerà a giorno questo nostro Bel Paese in mano a Frodo e Frego. Una nazione così sfortunata dove i cervelli sono costretti a lavorare all’estero e non nei nostri laboratori pubblici e privati. Addio Pil e rinascita economica! Potevano eminenti studiosi riuniti all’epoca nella Commissione grandi rischi, profetizzare e preconizzare quanto sarebbe successo di lì a qualche ora? La questione assai controversa è delicatissima. La scossa fatale era stata preceduta da una sequenza di fenomeni di minor entità durata mesi e non settimane. Ma è altrettanto vero che la comunità scientifica internazionale ha sempre negato che sia possibile sapere in anticipo se, dove e soprattutto quando e con quale magnitudo si verificherà un terremoto distruttivo. Soprattutto le probabilità giornaliere e settimanali sono bassissime e non sarebbero utilizzabili per la previsione e per la Protezione civile. Sarà vero? E per la prevenzione civile cosa c’entrano gli scienziati? Non è forse colpa della politica e della burocrazia? In galera dovrebbero finire molte altre persone. È l’occasione per una rivoluzione copernicana della ricerca scientifica in Italia, con alcuni corollari importantissimi. Poiché gli studiosi sono arrivati a individuare alcune zone (tutta Italia, tutta la dorsale appenninica) nelle quali il rischio di eventi sismici è molto elevato ed altre dove addirittura si può affermare con certezza che prima o poi qualcosa di grosso succederà, che si fa? L’evacuazione generale della Penisola? Si va tutti in Sardegna, la piattaforma geologica più stabile in assoluto nel Mediterraneo? E qui non si scherza affatto. È ovvio. È impossibile evacuare decine di milioni di persone in pochissime ore, giorni, settimane e mesi.
Quindi chiudiamo la “baracca” e diamo libero sfogo ad ogni più assurda considerazione. In caso di risveglio esplosivo del Vesuvio e dei Campi Flegrei, un disastro per milioni di napoletani, l’Abruzzo avrebbe il sacrosanto dovere di accogliere i superstiti della più colossale esplosione “termonucleare” naturale della storia. Lo dimostrano le recenti esercitazioni di Protezione civile e gli studi della professoressa Lucia Civetta dell’Università Federico II di Napoli. Ma se poi in Abruzzo capita un altro concomitante disastro sismico nel Fucino, che facciamo? Nessuno può ritenersi al sicuro. Né a casa né all’aperto, questa è la sacrosanta verità. Perché il caos che ne deriverebbe nelle vie di comunicazione, sarebbe fatale per gli stessi soccorritori. C’è un limite, infatti, che gli scienziati conoscono molto bene. Anche per i soccorsi internazionali. E che dire di Messina e Reggio Calabria? Città ad altissimo rischio sismico e di tsunami. Lo si è visto nel 1908 con gli oltre 120mila morti che attendono ancora giustizia. Se ricapitasse (non è affatto escluso dalla Scienza) altro che omicidio colposo. L’imputazione sarebbe di genocidio. Per chi? Allora, che fare? Via tutti dall’Italia, non c’è un minuto da perdere. Andiamo su Marte, geologicamente inattivo perché sulla Luna potremmo beccarci un sassolino in testa ciascuno, senza preavviso! Via tutti. Sarebbero da evacuare al più presto l’Irpinia, la Calabria, il Molise e il Friuli. Regioni che potrebbero essere spazzate via da un futuro terremoto. Via tutti dalle Marche, la costa è a rischio tsunami. Una rivoluzione copernicana anche per gli amici di Los Angeles, del Cile, della Tibet e del Giappone. Apprese le recenti “scoperte” giuridiche italiane, sono corsi subito ai ripari. Perché rimanere vittime del Big One? Evacuazione generale, si salvi chi può! Tutti nel deserto del Gobi, a bordo di speciali Arche giganti della salvezza, in stile “2012” di hollywoodiana memoria. E a chi naviga sugli oceani a rischio di terremoti sottomarini e di onde anomale, che possiamo dire? Ma ve lo immaginate chi oggi è in crociera e legge su Internet questi scenari da fare invidia al kolossal “2012”? Tutti fuori dalle vostre case, dalle navi, dagli uffici, dalle montagne, dalle città! C’è un limite a tutto, come insegna lo scienziato cattolico Galileo Galilei. Varcando quel limite, si rischia grosso. Perché uccidere la Verità equivale a eliminare se stessi. È una cosa già successa nella storia. E poi accusano la Chiesa Apostolica Romana di aver perseguitato la Scienza moderna che Essa ha contribuito a fondare. È ben consolidato nella comunità scientifica che i terremoti non si possono prevedere nel breve termine. Il risultato sarebbe quello che si produrrebbero tantissimi, centinaia di falsi allarmi come in Garfagnana. Ross Stein, geofisico del US Geological Survey con sede in California, ha sempre sostenuto:“Al nostro istituto abbiamo investito una valanga di denaro e controllato centinaia di tecniche messe a punto nel mondo scientifico ma purtroppo non siamo ancora riusciti a trovare la strada giusta”. C’è un documento nei cassetti degli atti pubblici sul sisma aquilano del 6 aprile 2009 che conferma questa tesi. È la Relazione conclusiva della Commissione internazionale dei geo-scienziati, il famoso G10, che iniziò a lavorare a L’Aquila nel mese di maggio 2009, un mese dopo il terremoto. Ne fanno parte dieci eminenze grigie della sismologia provenienti dalle più prestigiose università del mondo. Nel documento finale si consiglia di informare il pubblico in caso di terremoti futuri, in modo non allarmistico, ma “con continuità, sulla base di informazioni probabilistiche”. La Commissione, si legge nel Report, “non ha identificato alcun metodo per la predizione deterministica a breve termine di forti terremoti”. E le analisi raccolte “prima dei grandi terremoti, compresa la scossa principale del 6 aprile 2009 a L’Aquila, non mostrano alcuna evidenza convincente di precursori diagnostici”. Sapete? È stata la Protezione civile italiana a dare mandato a quella Commissione internazionale di sismologi di studiare il caso. E questa Commissione è giunta alla stessa conclusione:“il terremoto di L’Aquila non si poteva prevedere”.
Ma la politica poteva prevedere le 309 vittime del sisma sulla base dei rapporti scientifici dei nostri scienziati e tecnici sulla tenuta effettiva delle abitazioni aquilane. La politica, infatti, è in grado prevedere tutto, anche la prossima imminente invasione aliena. Anche quante vittime ci sarebbero state a L’Aquila in caso di terremoto diurno quel 6 aprile 2009, sulla base di modelli inequivocabili. Via libera, dunque, ai grandi esperimenti socio-psico-antropologici. L’Italia è un laboratorio a cielo aperto. Ne gioverà il Pil e la fine della crisi economica. Non chiedetemi se, quando, dove, come e perché dovremo subire davvero un’invasione aliena. Per ora a farla da padrona è la programmazione televisiva delle reti Cielo, Italia 1 e Italia 2, con la prima visione in chiaro di “Falling Skies” in prima serata, e dal 25 maggio con i primi 12 episodi del libero remake “V”(Usa, 2010), i Visitors ideati da Kenneth Johnson, che ha consacrato l’affascinante Morena Baccarin (Anna). “Siamo i Visitors. Veniamo in pace. Sempre” – rassicura Anna, il loro comandante. Se i lucertoloni contemporanei non vi aggradano, potete riscoprire quelli del passato perché dal 22 maggio vanno in onda i Visitors originali della serie cult degli Anni ’80. Prodotto da Steven Spielberg, Falling Skies è una serie fantascientifica in cui la razza umana deve combattere un’invasione aliena che ha sterminato il 90% dell’umanità riportando la Terra ad un nuovo medioevo. Gli invasori ora rapiscono i terrestri più giovani “impiantandoli” con apparati alieni il cui scopo è ignoto. Tra i “resistenti” troviamo la Second Massacchussets, un gruppo di soldati e civili di numero inferiore alle 300 persone perché gruppi più grandi sarebbero rintracciabili dagli alieni, in cui troviamo il professore di storia Tom Mason (Noah Wyle) e i suoi due figli, Hal (Drew Roy) e Matt (Maxim Knight). A due anni dalla prima messa in onda italiana, dal 25 maggio “sbarcano” in chiaro i Visitors guidati da Morena Baccarin. Nel film-pilota, in 29 città del mondo (anche a Roma, con atterraggi alieni nel Vaticano!) vengono avvistate misteriose astronavi dalla cui “pancia”, per mezzo di un enorme retina display degno del migliore dispositivo futuro della Apple Inc., Anna (l’attrice brasiliana Morena Baccarin) promette pace, cure e prosperità. La maggior parte dei terrestri sarà pronta ad accogliere gli alieni a braccia aperte. Ma, grazie a Dio, anche qui non mancherà la Resistenza, formata da Erica, un’agente dell’Fbi (Elizabeth Mitchell) che scoprirà come gli alieni abbiano in realtà messo a punto un piano sinistro che, tra infiltrazioni, omicidi di scienziati e promesse, punta a dominare il genere umano; da Jack Landry (Joel Gretsch), un sacerdote alle prese con le scelte della sua fede; e la lucertola Ryan (Morris Chestnut) che, mandata sulla Terra per conquistarci, si adatta alla vita terrestre e darà vita alla “quinta colonna” che si opporrà ai “fratelli” alieni. Italia 1 dovrebbe trasmettere tutti i 20 episodi (mille minuti) della serie originale completa V-Visitors (Usa, 1983-84) con Jane Badler, Michael Durrell, Robert Englund, Thomas Hill, Michael Ironside e Evan Kim, per la regia di Chris Columbus, Alfonso Cuarón, Mike Newell e David Yates. Anche nei Visitors originali, in onda su Italia 2, la lotta è tra gli umani e i lucertoloni extraterrestri capeggiati dalla sinistra Diana (Jane Badler) che ritroviamo nella seconda stagione del remake “V”. Oltre alle 19 puntate dello show originale, forse, verranno trasmesse anche le due miniserie dei Visitors che “introducono” gli eventi della serie tv. Entrambe le produzioni hanno come importante filo conduttore l’eterna battaglia tra umani ed extraterrestri cattivi provenienti da una galassia lontana e fisicamente simili agli umani. Decidono di visitare il nostro pianeta per migliorarne le condizioni di vita. Ma mai nessuna bugia fu più catastrofica di questa: il capo dei visitatori, la diabolica Anna, vuole tutto fuorché il benessere degli umani. Il suo terribile obiettivo è quello di annientarci per impossessarsi della Terra. Alla conclusione della prima stagione di “V”, Italia 1 farà seguire i dieci episodi della seconda. Le loro incredibili storie promettono di appassionare tutti al tema dell’invasione aliena. “Non sarebbe un evento strano che altre civiltà ci hanno già visitato e saggiamente non hanno accelerato il nostro progresso scientifico, lasciandoci evolvere lentamente nel tempo. Civiltà aliene. Tanto progredite da non interferire con la nostra storia. È presuntuoso affermare che tali culture esistano, nella stessa misura è arrogante affermare, senza tema di smentita, che esse sono un parto della fantasia”(Margherita Hack, astrofisica). Ci sarà pure una ragione (non solo commerciale) se Hollywood e i creatori di videogiochi scommettono soldi e intelligenze sull’argomento. Forse per preparare la popolazione.
Le produzioni e le storie si affastellano e si integrano a ritmi parossistici. Segno dell’utilità di un tema fantascientifico la cui contestuale riflessione culturale multidisciplinare cerca di immaginare e prevenire la catastrofe, creando meta-codici culturali di comprensione e comportamento che non si possono ufficializzare. Il tema della prevenzione e della difesa dalla fine violenta della nostra Civiltà, per mano o zampa di razze aliene ostili, non può non considerare l’immenso contributo offerto dai nostri antenati dell’Impero Romano d’Oriente, legittimi eredi dei Cesari. In particolare dallo Strategikon, il manuale di arte militare scritto dall’imperatore Maurizio I Tiberio (539-602 d.C.). Il suo regno, iniziato nel 582, venne funestato da guerre incessanti su tutti i confini, e nonostante le sue eccellenti qualità di regnante egli potè prevenire solo temporaneamente la disintegrazione del grande Impero di Giustiniano. Maurizio venne ucciso nel 602, a seguito di un ammutinamento dell’esercito bizantino, i cui mercenari si rifiutarono di combattere ancora nelle terre desolate del Danubio. Il trattato di arte militare bizantina del VI Secolo, considerato fino all’alto medioevo un punto di riferimento letterario, storico e documentale per generali, comandanti e imperatori, raccoglie in mondo organico e sorprendentemente moderno le nozioni basilari di arte militare dell’epoca e costituisce il primo esempio nella storia occidentale di vero e proprio manuale militare pratico, cioè di utilizzo immediato. Nello Strategikon vengono descritte nei minimi dettagli l’organizzazione, l’armamento e l’equipaggiamento delle truppe imperiali, le tecniche di marcia, di schieramento e di combattimento, con una inedita e interessante descrizione di usi e costumi militari dei principali nemici dell’Impero Romano d’Oriente di quegli anni, soprattutto Persiani, Slavi, Avari e Longobardi. Tradotto nel 2006 per la prima volta in lingua italiana per le edizioni il Cerchio, a cura di Giuseppe Cascarino, lo Strategikon è sicuramente un documento prezioso anche per la comprensione degli usi e della mentalità del mondo romano più antico, di cui l’esercito dell’Impero d’Oriente si considerava legittimo e orgoglioso erede. I comandi in lingua latina, rigorosamente conservati, la severa disciplina e le prestigiose tradizioni descritte da Maurizio I Tiberio, aiutano a ricostruire molti aspetti strategici finora sconosciuti e inattesi dell’esercito più potente della storia.
Tecniche che potrebbero risultare assai utili nei più diversi scenari di prevenzione, contrasto, interdizione e resistenza a un’improvvisa e devastante invasione aliena sulla Terra. Una lettura, un tema di consultazione e studio, da affiancare ai libri Storia dell’Impero Bizantino, di Georg Ostrogorsky, e La grande strategia dell’Impero Bizantino, di Edward N. Luttwak, per scoprire i segreti di un’amministrazione imperiale che divenne fino alla metà del XV Secolo un centro straordinario di cultura, arte, scienza e letteratura, grazie alle sue eccellenti difese, nonostante le sue frontiere difficili, i suoi nemici agguerriti, le sue risorse inferiori a quelle dell’Impero Romano. Nello Strategikon l’Imperatore Maurizio definisce l’effettiva composizione dei “tagmata”, detti anche “arithmoi”, i reparti che costituiscono l’ossatura dell’organizzazione militare di Bisanzio, con i relativi quadri; fornisce informazioni per le unità superiori, la “moira” guidata dal “dux” (in greco “moirarches”), il “meros” al comando del “merarches” o “stratelates” a questa superiore e lo “stratos”, l’intera armata alle dipendenze dello stratego, utile per le grandi campagne militari. Grazie alle esperienze maturate, l’Imperatore Maurizio propone un percorso di addestramento per consolidare la macchina da guerra di Bisanzio. Suggestivo è il lungo excursus sui popoli con i quali i Bizantini dovettero misurarsi e l’attenta valutazione delle rispettive capacità belliche, con una serie di massime e consigli per sorprendere e colpire il nemico nei suoi punti deboli, magari anche in inferiorità numerica. Come si propone di fare con i Longobardi (i “popoli biondi”), con cui Bisanzio si confrontava nell’Italia invasa dai barbari, e i Franchi combattenti eroici ma insofferenti alle privazioni (digiuni) ed alle attese troppo lunghe per le battaglie. “La buona regola è di evitarli in campo aperto, cercando di logorarli con operazioni di guerriglia”. L’opera, in dodici libri e unica nel suo genere, è indubbiamente di notevole interesse e suggestione. Il manoscritto contenente lo Strategikon è conservato nella Biblioteca Laurenziana di Firenze, con il nome di Codex Mediceo – Laurentianus Graecus 55,4. Si compone di 404 fogli e risulta copiato attorno alla metà del X Secolo sotto Costantino VII Porfirogenito, “probabilmente come raccolta ufficiale degli scritti di argomento militare” – rivela Giuseppe Cascarino. L’opera originale si compone di 11 libri e il 12°, presente nella maggior parte dei manoscritti, sembra essere stato aggiunto in epoca successiva. “La maggior parte degli indizi è attualmente a favore della diretta paternità dell’Imperatore Maurizio”. Segnaliamo alcuni dei libri più significativi nello Strategikon: il IV libro sulle Imboscate; il VII libro sulla Strategia: la raccolta di informazioni sul nemico, la condotta di una guerra contro popoli sconosciuti, la regola aurea di non impegnare il nemico in battaglia o di non mostrare la propria forza prima di aver compreso le sue intenzioni, il contrasto della ricognizione nemica dello schieramento, la regola dell’invisibilità per evitare che lo splendore delle armi sia visibile prima della battaglia; l’VIII libro sulle Massime; il IX libro sugli Attacchi a sorpresa, lo spionaggio ai danni del nemico e la cattura di esploratori o spie che cercano di infiltrarsi tra le truppe; il X libro sull’Assedio delle fortezze nemiche quando si presenta l’occasione, con le tecniche su come affrontare le incursioni nemiche nel proprio territorio e come sostenere un assedio che si prevede lungo. Lo Strategikon è un manuale pratico che segue la lunga tradizione della letteratura greca in materia di trattati militari. Queste regole sono state assorbite da tutte le forze militari della Terra. Tuttavia, come la Storia insegna, ogni cittadino è chiamato a svolgere il ruolo di protagonista della propria e dell’altrui difesa nei casi di straordinaria emergenza e di forza maggiore, con o senza il coordinamento istituzionale previsto sulla Carta costituzionale, sulla Carta delle Nazioni Unite e della Nato. Per il semplice fatto che, in caso di invasione aliena devastante, le regole e gli strumenti di difesa previsti, potrebbero improvvisamente saltare o non funzionare a dovere. Come le vie di comunicazione radio e internet, le prime ad essere tagliate. Allora, i cittadini si chiedono: cosa fare in questi casi così estremi? Esiste un “coordinamento” mondiale della “resistenza”? Con quali strumenti e con quali comandi e autorità riconosciuti? In realtà, non lo sappiamo e non lo sapremo mai per le ovvie ragioni a tutti note.
Il buon senso, tuttavia, invita alla prudenza ma anche all’informazione ed alla preparazione personale e comunitaria. Non possiamo affidarci solo ai consigli di Hollywood e della Casa Bianca. Lo Strategikon è una fonte preziosa di notizie e informazioni sugli eserciti dell’epoca ma anche sui popoli con cui Bisanzio si confrontava. L’Impero Romano d’Oriente nell’Anno Domini 602 occupava tutte le coste del Mediterraneo centrale e orientale, si estendeva da Cartagine all’Impero persiano sassanide. I suoi domini erano anche in Corsica, Sardegna, Sicilia, Calabria, Puglia, Ravenna, Pianura padana, Lazio, Balcani, Grecia, Mar Nero, Turchia, Egitto e Palestina. Lo sviluppo dello Stato bizantino fu determinato dalla reciproca influenza dei cambiamenti in politica estera e interna. Bisanzio cadde nel 1453 ma l’Impero turco, nato sulle rovine di Costantinopoli, non inventò nulla. Neppure la bandiera di Bisanzio sacra a Maria Santissima. Perché la civiltà romano-bizantina sopravvisse nella tradizione spirituale e politica votata all’unità ed alla coesione dei popoli che per molti secoli l’Impero d’Oriente seppe riunire in un unico Stato. I turchi semplicemente la ereditarono. La fede, la cultura e la concezione dello Stato di Bisanzio, infatti, “continuarono a vivere – scrive Ostrogorsky – influenzando e fecondando la vita politica e culturale dei popoli europei sia sull’antico territorio bizantino, sia oltre gli antichi confini dell’impero…Se Costantinopoli era stata la nuova Roma, Mosca divenne la “terza Roma”. L’eredità spirituale di Bisanzio, la sua fede, le sue idee politiche e i suoi ideali spirituali continuarono a vivere per secoli nell’impero degli zar russi”. Il crollo di Bisanzio segnò la nascita della Santa Madre Russia che avrebbe difeso l’Europa e l’ortodossia della fede cristiana dalle invasioni dei Tartari. “Una forza d’irradiazione ancora più grande – scrive Ostrogorsky – ebbe la cultura bizantina, che giunse a penetrare di sé l’Oriente e l’Occidente…Lo Stato bizantino era stato lo strumento attraverso il quale la cultura dell’antichità greco-romana aveva continuato a vivere attraverso i secoli. Per questo Bisanzio era la parte che dava, l’Occidente la parte che riceveva. Soprattutto nell’età del Rinascimento, in cui così forte era la passione per la cultura classica, il mondo occidentale trovò in Bisanzio la fonte attraverso la quale attingere ai tesori culturali dell’antichità. Bisanzio conservò l’eredità classica e adempì in questo modo ad una missione storica di importanza universale. Salvò dalla distruzione il diritto romano, la poesia, la filosofia e la scienza greche, per trasmettere questa inestimabile eredità ai popoli dell’Europa occidentale, divenuti ormai maturi per riceverla”. Ecco cosa c’è in gioco. Non solo la nostra Libertà. “Infatti la nostra lotta non è contro la carne o il sangue, ma contro i principati, contro le potestà, contro i dominatori di questo mondo oscuro, contro gli spiriti malvagi delle regioni celesti. Per questo motivo indossate l’armatura di Dio per resistere nel giorno malvagio e restare saldi, dopo aver tutto predisposto”(San Paolo, Lettera agli Efesini 6,12-13). Dunque, quando osserviamo, scrutiamo e contempliamo lo spazio cosmico, occhi bene aperti. Il bel ciel stellato potrebbe nascondere la minaccia più oscura di sempre per l’umanità, visto che l’Universo e quanto contiene può essere naturalmente più violento di quanto la poesia, il cinema e la filosofia riescano a immaginare, credere e pensare.
Nicola Facciolini
Lascia un commento