”Sono pronto a difendermi, e lo faro’ con tutte le mie forze”. Il capitano della Lazio Stefano Mauri non si e’ lasciato andare allo sconforto nelle sue prime 24 ore da detenuto. E’ tranquillo e determinato in una cella del carcere di Cremona di Ca’ de ferro, alla periferia della citta’ lombarda da cui ha preso il via il ciclone che ha sconvolto il mondo del calcio.
”Ero pronto a confrontarmi con i giudici anche prima” di quell’ordinanza di custodia cautelare che lo accusa di associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva, ha raccontato a chi l’ha visto. Quell’ordinanza che continua a leggere senza sosta nella sua cella, che condivide con due extracomunitari. Due ragazzi che sembra l’abbiano aiutato in tutto, quando e’ arrivato, cosi’ come altri detenuti. Sono i compagni di cella che cucinano per il co-detenuto famoso.
Il capitano biancazzurro e’ tranquillo, e per questo la direzione del carcere non ha deciso nei suoi confronti particolari misure di sorveglianza, come invece accade nei confronti di chi entra per la prima volta in un istituto di pena e potrebbe tentare gesti autolesionistici. Mauri ha scosso la testa quando ha potuto vedere in televisione la conferenza stampa del procuratore di Cremona Roberto di Martino e degli investigatori che l’hanno arrestato.
”Sono stati molto cortesi e sensibili – spiega uno dei suoi legali, Matteo Melandri che oggi l’ha visitato in carcere – e’ pronto per essere interrogato e chiarire tutti gli aspetti di questa vicenda. E’ una persona forte e ha tutta l’intenzione di confrontarsi su tutti gli aspetti che gli sono contestati. Per questo sta studiando l’ordinanza”.
Di parlare aveva intenzione anche prima di essere arrestato, tant’e’ vero che la sera di domenica, forse dopo i primi rumors di svolte imminenti nell’inchiesta cremonese, ha deciso di partire da Roma con gli avvocati per essere poi intercettato al casello autostradale di Cremona. Da qui e’ stato portato in carcere dagli agenti. Tamburellava nervosamente con le dita sulle gambe, ma non sembrava intimorito. Ha fatto una sola domanda: ”Com’e’ arredata una cella?”. Poi, una volta dentro, ha cominciato a studiare quelle quasi 500 pagine di un’ordinanza in cui non si riconosce. ”Ci sono cose che non sono mai successe”, ha detto. Lo ripetera’ domani pomeriggio davanti al gip. ”E’ contento di poter farlo subito”, ha spiegato l’avvocato Melandri.
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