Venere eclissa il Sole nell’ultimo transito della nostra vita

È l’ultima chance della nostra vita per osservare il transito del pianeta Venere sulla sfavillante superficie termonucleare del Sole magnificamente rappresentata nel film “Sunshine”. Otto anni dopo l’indimenticabile evento dell’8 giugno 2004, si ripete il raro fenomeno del transito di Venere davanti al nostro luminare. In Europa è osservabile solo la parte finale del fenomeno […]

È l’ultima chance della nostra vita per osservare il transito del pianeta Venere sulla sfavillante superficie termonucleare del Sole magnificamente rappresentata nel film “Sunshine”. Otto anni dopo l’indimenticabile evento dell’8 giugno 2004, si ripete il raro fenomeno del transito di Venere davanti al nostro luminare. In Europa è osservabile solo la parte finale del fenomeno al sorgere del Sole, ma l’occasione è comunque imperdibile. Il prossimo transito di Venere avverrà infatti tra 105 anni, precisamente  l’11 dicembre dell’Anno Domini 2117. L’opportunità di assistere al passaggio di Venere sul Sole è di quelle da cogliere al volo senza esitazioni: se dovessimo perdere il transito ci toccherebbe rinascere ed aspettare l’Avvento del 2117 per assistere al prossimo spettacolo cosmico. Viviamo quindi l’emozionante alba del 6 giugno 2012, nella quale commemoriamo il 68° anniversario dello sbarco degli Alleati in Normandia (“il giorno più lungo”), e seguiamo insieme l’evento astronomico più difficile da osservare. In Italia ne potremo seguire solo le fasi finali al sorgere del Sole. La rarità del transito di Venere offre un’occasione irripetibile per tentare di cogliere almeno gli ultimi minuti dell’evento cosmico. Le località sulla costa adriatica godranno di condizioni di osservabilità più favorevoli mediamente tra le ore 5:39 e 6:34 del mattino. Le fasi finali del transito osservabili dall’Italia si verificano quando il Sole è ancora molto basso sull’orizzonte orientale. Sono quindi favorite le località del Nord e dell’Est. Sulla costa adriatica l’orizzonte è libero da ostacoli ed è possibile seguire tutte le fasi del sorgere del Sole. Nelle località più orientali al termine del transito il Sole sarà un po’ più alto. Occhio agli occhi! Utilizzate sempre un filtro solare di sicurezza. Anche se i nostri occhi possono sopportare la visione diretta del Sole al suo sorgere, in breve tempo la sua luminosità aumenta sensibilmente. Prolungare l’osservazione può essere estremamente pericoloso per gli occhi, in particolare se si utilizzano binocoli, telescopi e dispositivi fotografici privi di opportuni filtri astronomici. Lo “stretching” gravitazionale tra il Sole, Venere, Luna Nuova e Terra, affermano gli scienziati, è del tutto normale e senza particolari conseguenze per il nostro pianeta. L’orario di uscita di Venere varia leggermente tra le varie località. L’uscita di Venere, dal contatto interno alla scomparsa completa (contatto esterno), si compie tra le ore 6:38 e le 6:55. Al momento del contatto interno il Sole in Puglia si trova già oltre i 12° di altezza sull’orizzonte, mentre in Piemonte è a circa 7°. Uno dei programmi osservativi più interessanti che si potranno svolgere durante il transito di Venere, riguarda la raccolta di immagini e video per la misura del diametro solare. Per gli scienziati il ruolo dei transiti di  Venere e Mercurio, è fondamentale per conoscere la storia passata del diametro solare. Attraverso il parametro “W”, la derivata logaritmica del raggio rispetto alla luminosità, i valori passati della luminosità solare possono essere recuperati. Il fenomeno della “goccia nera” influisce sulla valutazione degli istanti di contatto interno ed esterno tra il disco planetario e il lembo solare. Con questi istanti osservati confrontati con le effemeridi, si ricava il valore del diametro solare. La goccia nera e gli effetti del “seeing” si possono superare fittando, con due archi di cerchio sia per Venere sia per il Sole, la parte non  distorta dell’immagine. Le correzioni di effemeridi dovute alla rifrazione atmosferica sono anche da prendere in considerazione. Il transito di Venere consentirà una misura precisa del diametro del Sole migliore di 0.01 secondi d’arco, disponendo di buone immagini della fase di ingresso e di uscita, prese ogni secondo. Gli osservatori solari cinesi sono nelle condizioni ottimali per ottenere dati utili per la misurazione del diametro solare con il transito di Venere del 5/6 giugno 2012, con la calibrazione assoluta data dalle effemeridi. Lo spettacolo cosmico ha inizio mercoledì 6 giugno, pochi minuti dopo mezzanotte italiana, quando il pianeta Venere entrerà nel disco del Sole. Apparirà come una sorta di neo in movimento che sfilerà lentamente davanti alla nostra stella, compiendo il tragitto in circa 6 ore e 40 minuti. Il fenomeno del transito di Venere, è dovuto al perfetto allineamento fra il Sole e i pianeti Venere e Terra. Poiché le orbite dei due mondi attorno alla nostra stella sono leggermente inclinate l’una rispetto all’altra, si tratta di un fenomeno estremamente raro. Un’occasione unica e imperdibile. In Italia al sorgere del Sole il fenomeno sarà già in corso da alcune ore. A patto di svegliarsi di buon’ora, lo spettacolo è assicurato. A Trieste, dove il Sole sorgerà alle 5:17, l’evento durerà quaranta minuti più che a Cagliari dove il sorgere del Sole è previsto solo per le 5:57. Numerose le iniziative messe in campo dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) per assistere al fenomeno, dal vivo e sul web, in piena sicurezza e con un ricco contorno di attività sociali e didattiche, comprese le osservazioni dal vivo con telescopi solari. Come a Padova, all’alba di mercoledì 6 giugno, per la “Colazione con Venere” (25 i posti disponibili) insieme agli astronomi dell’Osservatorio che hanno anche approntato un ricco sito web con tutte le informazioni utili per seguire il fenomeno (www.lanottedivenere.it). Osservazioni pubbliche all’alba, sempre con la guida di astronomi dell’Inaf, sono previste anche a Palermo presso il Foro Italico, sui colli di Bologna (San Michele in Bosco), a Catania (in collaborazione con il Gruppo Astrofili “G. Ruggieri”) e in altre località segnalate sul sito di Media Inaf (www.media.inaf.it) e sui social network collegati. Il transito di Venere, oltre a essere uno spettacolo che la grande maggioranza dei terrestri non avrà mai più occasione di rivedere, è anche per gli astronomi un’opportunità più unica che mai per studiarne l’atmosfera e per collaudare ed affinare le tecniche utilizzate nello studio dei pianeti extrasolari, gli esomondi che popolano l’Universo (http://planetquest.jpl.nasa.gov/). Sono 3.012 i pianeti alieni finora ufficialmente scoperti. Anche per questi ultimi, infatti, ciò che i telescopi osservano da Terra e dallo spazio è il loro transito davanti alle stelle che li ospitano. “La tecnica dell’osservazione del transito – spiega Giuseppe Piccioni, ricercatore dell’Inaf-Iaps di Roma – permette non solo di individuare nuovi pianeti extrasolari, ma anche di studiarne la composizione. Ecco allora che poter assistere al transito di Venere ci permette di verificare questa tecnica da vicino, all’interno del nostro Sistema Solare, offrendoci così l’opportunità di un test straordinario”. Piccioni, responsabile dello spettrometro Virtis a bordo della sonda “Venus Express” dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa), è anche a capo di una spedizione scientifica sulle Isole Svalbard dedicata all’osservazione del transito di Venere, che dall’arcipelago situato oltre il Circolo polare artico compirà il suo tragitto stagliandosi sul Sole di mezzanotte. Occhi puntati su Venere, o meglio sulla Luna, anche in Cile. Sarà dalla cordigliera delle Ande, infatti, che un team guidato da Paolo Molaro dell’Inaf-Osservatorio Astronomico di Trieste utilizzerà lo strumento Harps, montato sul telescopio da 3.6 metri dell’Eso e dedicato allo studio dei pianeti extrasolari, per eseguire misure di righe spettrali catturando la luce del transito riflessa dalla Luna. Per offrire al grande pubblico una copertura completa dell’evento, gli astronomi del progetto europeo GLORIA, del quale l’Inaf è fra i partner principali, hanno organizzato tre spedizioni osservative in alcuni fra i luoghi più favorevoli per seguire l’intero fenomeno. Muniti di telescopi solari robotizzati, trasmetteranno la diretta web dell’intero transito visto da Cairns (Australia), da Sapporo (Giappone) e da Tromsø (Norvegia). La diretta sarà visibile in streaming a partire dalla mezzanotte del 5-6 giugno, oltre che sul sito del progetto (www.gloria-project.eu), anche sulle pagine di Media Inaf (www.media.inaf.it). Il team di GLORIA (GLObal Robotic telescopes Intelligent Array for e-Science), finanziato dal Settimo Programma Quadro con l’obiettivo di dar vita a una sorta di Astronomia 2.0, ha anche messo a punto due attività didattiche destinate agli insegnanti ed agli studenti che abbiano voglia di divertirsi con la meccanica celeste. Sul sito del progetto sono infatti disponibili tutte le istruzioni per sfruttare il transito di Venere al fine di misurare la distanza Terra-Sole e calcolare la latitudine del proprio luogo di osservazione. La proposta GLORIA per l’evento prevede la condivisione mondiale dell’evento. Le trasmissioni saranno accompagnate da un commento dal vivo in spagnolo e inglese. I transiti di Venere si ripetono secondo uno schema regolare di 8 anni, 121.5 anni, 8 anni e 105.5 anni. Dopo l’invenzione del telescopio da parte dello scienziato cattolico Galileo Galilei nel 1610, Venere ha attraversato il disco del Sole solo 7 volte. GLORIA è un progetto innovativo ed ambizioso che ha lo scopo di coinvolgere i cittadini nella ricerca scientifica. Il progetto è guidato dall’Universidad Politécnica di Madrid e coinvolge 13 Istituti scientifici di 8 Paesi (per l’Italia, l’Inaf) che, attraverso un’interfaccia web, daranno accesso gratuito ed aperto a una collezione crescente di telescopi robotici. Il transito di Venere è il primo di una serie di trasmissioni in diretta di eventi astronomici che verranno organizzate da GLORIA per promuovere capillarmente l’astronomia e la “e-science”. Per coinvolgere gli studenti delle scuole superiori, è stato predisposto materiale didattico associato alle trasmissioni. La trasmissione “web cast” sarà suddivisa in tre parti principali: la copertura in diretta dei primi 30 minuti, poi i 10 minuti centrali, infine gli ultimi 30 minuti di transito. Per tutto il resto del transito le immagini verranno aggiornate ogni 5 minuti. Tutte le foto e i video acquisiti saranno disponibili immediatamente per il loro uso nelle attività didattiche. Non solo. Gli scienziati del progetto GLORIA invitano chiunque seguirà l’evento nel mondo a inviare i suoi contributi. Per molte persone sul pianeta questa sarà l’unica possibilità di assistere a un transito di Venere. Che storia vogliamo lasciare a coloro che vedranno il transito successivo fra 105 anni? Cosa stava accadendo sulla Terra il 5-6 giugno 2012, sullo sfondo di questa magnifica danza cosmica? Per documentare quest’evento storico sarebbe auspicabile che il 5-6 giugno 2012 la gente volgesse le proprie macchine fotografiche verso la Terra per catturare momenti di sé stessi, dei propri cari e delle proprie vite mentre Venere transita sul Sole. Venere è il secondo pianeta del Sistema Solare in ordine di distanza dal Sole (mediamente 108 milioni di Km; la Terra dista dal Sole circa 150 milioni di Km) con un’orbita della durata di 224,7 giorni terrestri. È il corpo celeste più luminoso nel cielo notturno, dopo la Luna, con una magnitudine apparente di meno 4,6. Venere raggiunge la sua massima brillantezza poco prima dell’alba o poco dopo il tramonto: per questa ragione è spesso chiamata la Stella del Mattino o la Stella della Sera. Ma è anche il pianeta più caldo del Sistema Solare. Non ha satelliti naturali o anelli. In compenso ha un campo magnetico debole. Classificato come un pianeta terrestre, è definito il pianeta “gemello” della Terra perché i due mondi sono molto simili per dimensioni e massa. Infatti è uno dei quattro pianeti terrestri del Sistema Solare. Come la Terra, Venere è un corpo roccioso soggetto alla stessa evoluzione che ha avuto la Terra nella sua formazione. Il diametro di Venere è inferiore a quello terrestre di soli 650 Km e la sua massa è l’81,5% di quella terrestre. A causa di questa differenza di massa sulla superficie di Venere l’accelerazione di gravità è mediamente pari a 0,88 volte quella terrestre. Nonostante queste somiglianze le condizioni sulla superficie venusiana sono molto differenti da quelle terrestri a causa della spessa atmosfera di biossido di carbonio. Per cui, se dovessero esistere davvero i Venusiani, dubitiamo fortemente che siano biondi e belli come quelli descritti dai “contattisti” Ufo ed associati. La massa dell’atmosfera di Venere è costituita per il 96,5% da biossido di carbonio mentre il restante 3,5% è composto soprattutto da azoto. Venere ha l’atmosfera più densa tra tutti i pianeti terrestri. L’altissima percentuale di biossido di carbonio è dovuta al fatto che su questo mondo così vicino al Sole non esiste un “ciclo del carbonio” per incorporare nuovamente questo elemento nelle rocce e nelle strutture di superficie, né una vita organica che lo possa assorbire in biomassa come accade sulla Terra. È proprio il biossido di carbonio ad aver generato un potentissimo effetto serra a causa del quale il pianeta Venere è divenuto così caldo che si ritiene che gli antichi oceani siano evaporati lasciando un’asciutta superficie desertica con molte formazioni rocciose. Il vapor acqueo si è poi dissociato a causa dell’alta temperatura e dell’assenza di una magnetosfera. Così il leggero idrogeno è volato via nello spazio interplanetario, strappato dal vento solare. La pressione atmosferica sulla superficie di Venere è pari a 92 volte quella della Terra ed è data per la maggior parte dal biossido di carbonio e da altri gas serra. Venere è ricoperta da un opaco strato di nuvole composte da acido solforico altamente riflettenti che, insieme alle nubi dello strato inferiore, impediscono alla sua superficie di essere visibile dallo spazio. Questa “impenetrabilità” ha originato molteplici dibattiti perdurati fino a quando i segreti del suolo di Venere furono rivelati dalla planetologia nel XX Secolo. La mappatura della sua superficie fu possibile attraverso i dati forniti dalla sonda Magellano nel 1990-91. Abbiamo così scoperto un mondo infernale con un suolo caratterizzato da un esteso vulcanismo e dalla presenza di zolfo nell’atmosfera, probabile indizio di eruzioni recenti. Il pianeta mostra pochi crateri da impatto il che depone a favore di una superficie relativamente giovane, di 300-600 milioni di anni. La mancata evidenza di attività tettonica viene collegata alla notevole viscosità della crosta, legata all’assenza dell’effetto lubrificante provocato dall’acqua, il che rende più difficile la subduzione. Non è esclusa una perdita di calore interno a seguito di importanti eventi periodici di affioramento.  Anche se vi sono poche informazioni dirette sulla sua struttura interna a causa della mancanza di dati sismici e della conoscenza del suo momento di inerzia, le somiglianze tra Venere e la Terra suggeriscono agli scienziati che i due pianeti possano avere una struttura interna simile con un nucleo, un mantello e una crosta. Si ritiene che il nucleo venusiano, come quello della Terra, sia almeno parzialmente liquido dal momento che i due pianeti hanno avuto un processo di raffreddamento simile. Le dimensioni leggermente inferiori di Venere suggeriscono che le pressioni siano molto più basse al suo interno rispetto a quelle terrestri. La differenza principale tra i due mondi è l’assenza di una Tettonica delle placche su Venere dovuta probabilmente alla diversa composizione della litosfera e del mantello venusiani rispetto a quelli terrestri. L’omogeneità della crosta di Venere determina una minore dispersione di calore dal pianeta che infatti presenta un flusso termico con valori di circa la metà inferiori a quelli terrestri. L’assenza di un campo magnetico potrebbe essere legata all’assenza di un nucleo solido all’interno del pianeta. Venere forse è soggetto a periodici episodi di movimenti tettonici, dove la crosta sarebbe subdotta rapidamente nel corso di pochi milioni di anni, con intervalli di alcune centinaia di milioni di anni di relativa stabilità? Se questo contrasta fortemente con la condizione più o meno stabile di subduzione e di deriva continentale che si verifica sulla Terra, non saranno solo i dati della sonda Venus Express a chiarirlo. Tuttavia la differenza è spiegabile con l’assenza su Venere di oceani che agirebbero come lubrificanti nella subduzione. Le rocce superficiali di Venere avrebbero meno di mezzo miliardo di anni poiché l’analisi dei crateri di impatto suggerisce che le dinamiche di superficie avrebbero modificato la superficie stessa, eliminando gli antichi crateri, negli ultimi miliardi di anni. La superficie di Venere è stata mappata nel dettaglio solo nel corso degli ultimi venti anni. La sonda Magellano ha elencato circa un migliaio di crateri di meteoriti, un numero basso se confrontato a quello della Terra. Così circa l’80% della superficie di Venere è formata da lisce pianure vulcaniche che per il 70% mostrano dorsali da corrugamento e il 10% sono proprio lisce. Il resto è costituito da due altipiani definiti continenti, uno nell’emisfero Nord del pianeta e l’altro appena a Sud dell’equatore. Il continente più a Nord è chiamato “Ishtar Terra” ed ha circa le dimensioni dell’Australia. I Monti Maxwell, il più alto massiccio montuoso su Venere, situati su Ishtar Terra, nel punto più alto raggiungono gli 11mila metri al di sopra dell’altezza media della superficie del pianeta. Il continente a Sud è chiamato “Aphrodite Terra” ed ha circa le dimensioni del Sud America. La maggior parte di questo continente è ricoperta da un intrico di fratture e di faglie. Oltre a crateri da impatto, montagne e valli, comuni ai pianeti rocciosi, Venere è caratterizzato da alcune strutture di superficie assolutamente peculiari. Fra queste vi sono strutture vulcaniche chiamate  “farra”, larghe da 20 a 50 Km ed alte da 100 a 1000 metri; fratture radiali, a forma di stella chiamate “novae”; strutture con fratture sia radiali sia concentriche chiamate “aracnoidi” per la loro somiglianza alle tele di ragno; e le “coronae”, anelli circolari di fratture a volte circondate da una depressione. Tutte queste strutture hanno un’origine vulcanica. La superficie di Venere appare geologicamente molto giovane. I fenomeni vulcanici sono molto estesi e lo zolfo nell’atmosfera dimostrerebbe, secondo alcuni scienziati, l’esistenza di fenomeni vulcanici attivi ancora oggi. Tuttavia questo solleverebbe l’enigma dell’assenza di tracce del passaggio di lava che accompagni una caldera tra quelle visibili. Molto tempo prima dell’atterraggio delle sonde sovietiche “Venera” (finora le uniche) sul suolo di Venere, erano già state acquisite le prove sulla sua densa atmosfera. In primis, prima e dopo la congiunzione inferiore, Venere presenta una “falce” con le estremità molto angolate rispetto al normale angolo teorico di 180º osservabile sulla Luna. Questa è la prova dell’esistenza di un’atmosfera, dal momento che il prolungamento delle punte della falce è dovuto alla riflessione della luce solare anche nell’emisfero non esposto al Sole, grazie a un fenomeno di diffusione o crepuscolo, provocato dall’atmosfera. Inoltre, quando Venere occulta una stella, il fenomeno di occultamento non è istantaneo ma progressivo: quando il disco del pianeta inizia a sovrapporsi a quello della stella, la luce dell’astro è ancora parzialmente visibile. Ciò si verifica perché la luce è in grado di penetrare parzialmente l’atmosfera venusiana. Analogamente quando la stella ricompare la luminosità non riappare improvvisamente (fenomeno che si verifica nel caso dell’occultamento di una stella da parte della Luna) ma in modo continuo. Fu durante il transito sul Sole del 1761 che l’astronomo russo Mikhail Lomonosov poté effettuare la prima osservazione diretta dell’atmosfera di Venere. Al telescopio, il pianeta, visto davanti al Sole, mostrava un margine non netto ma sfumato. Appariva infatti circondato come da un alone. Era la prova palese dell’esistenza di un’atmosfera vesuviana. Da allora la fantascienza perché non si è nutrita di Venere? L’aria vesuviana è molto diversa da quella della Terra, è estremamente spessa. Chi riesce a respirare anidride carbonica e azoto? La massa atmosferica è circa 93 volte quella terrestre e la pressione sulla superficie del pianeta è circa 92 volte quella della Terra, cioè equivalente a quella presente a circa mille metri di profondità in un oceano terrestre. La densità sulla superficie è di circa 5,25 g/cm³, ossia cinque volte quella dell’acqua. La densa atmosfera ricca di CO2 e le nubi di diossido di zolfo, generano il più forte effetto serra naturale del Sistema Solare, elevando la temperatura sulla superficie a oltre 460 gradi Celsius. Un vero forno crematorio planetario! Questo rende la superficie di Venere più calda di quella di Mercurio e di qualunque altro pianeta o asteroide del Sistema Solare. Anche se Venere è due volte più distante dal Sole di Mercurio, riceve solo il 25% dell’irradiazione di Mercurio. Quindi a causa dell’assenza di acqua e di umidità su Venere le cose non fanno che peggiorare. È il futuro della Terra? Gli studi suggeriscono che miliardi di anni fa l’atmosfera di Venere fosse molto più simile a quella terrestre di quanto non lo sia ora e che vi fossero distese d’acqua probabilmente abbondanti sulla superficie, ma l’effetto serra fu moltiplicato dall’evaporazione dell’acqua originale che generò un livello critico di gas serra nell’atmosfera. Venere, quindi, è oggi un mondo sterile con una situazione climatica estrema e invariante. L’inerzia termica e lo spostamento del calore da parte dei venti nella parte più bassa dell’atmosfera fanno sì che la temperatura della superficie non cambi significativamente tra il giorno e la notte, nonostante la rotazione estremamente lenta del pianeta. Il suolo di Venere è isotermico, cioè mantiene una temperatura costante tra il giorno e la notte e tra l’equatore e i poli. La modesta inclinazione assiale del pianeta (meno di tre gradi rispetto ai 23,5º dell’asse terrestre) contribuisce a diminuire ulteriormente i cambiamenti stagionali delle temperature. L’unica variazione registrata si ha con l’aumento dell’altitudine. Per cui i Vesuviani dovrebbero vivere tra le nuvole! Nel 1990 la sonda Magellano effettuando riprese radar rilevò una sostanza molto riflettente che si trovava sulla cima dei picchi montuosi più alti, simile nell’aspetto alla neve che si trova sulle montagne della Terra. Questa sostanza potrebbe formarsi in un processo simile a quello che causa la neve sulla Terra, sebbene la sua temperatura sia molto più elevata. Essendo troppo volatile per condensare sulla superficie si eleva in forma gassosa verso le cime più alte e più fredde su cui cade poi come precipitazione. La natura di questa sostanza non è conosciuta con certezza, ma alcune ipotesi propendono per il tellurio elementare. Altri scienziati pensano che si possa trattare persino di solfuro di piombo. Ora, il tellurio è un metallo raro sulla Terra, ma potrebbe essere abbondante su Venere. Anche secondo il fisico Dave Greenspun il tellurio potrebbe assumere, sui picchi montuosi di Venere dove la temperatura è più bassa rispetto alle altre zone della superficie, la forma di una specie di neve metallica. Tutte queste condizioni fanno sì che i venti sulla superficie di Venere siano lenti, con una velocità di pochi chilometri all’ora. Tuttavia, a causa dell’alta densità dell’atmosfera, essi esercitano una notevole forza contro gli ostacoli e sono in grado di spostare polvere e pietre sulla superficie. Nello strato più alto delle nubi, invece, i venti soffiano con grande intensità, fino a 300 Km/h, e sferzano l’intero pianeta con un periodo di 4-5 giorni. Questi venti si muovono a velocità che sono fino a 60 volte la velocità di rotazione del pianeta, mentre sulla Terra i venti più forti soffiano solo al 10-20% della velocità di rotazione terrestre. Al di sopra del denso strato di CO2 si trovano spesse nubi costituite prevalentemente da biossido di zolfo e da goccioline di acido solforico. Queste nuvole infernali riflettono circa il 60% della luce solare nello spazio ed impediscono l’osservazione diretta della superficie di Venere ai nostri occhi nello spettro visibile. A causa dello strato di nubi, nonostante Venere sia più vicino al Sole di quanto lo sia la Terra, la superficie venusiana non ne è altrettanto riscaldata o illuminata. A mezzogiorno la luminosità di superficie corrisponde grosso modo a quella osservabile sulla Terra in una giornata molto nuvolosa. Le nubi coprono l’intero pianeta e sono più simili a una spessa coltre di nebbia che alle nuvole terrestri. Quindi un ipotetico osservatore che si trovasse sulla superficie non sarebbe mai in grado di vedere direttamente il Sole, ma potrebbe soltanto intravederne la luminosità. In assenza dell’effetto serra causato dall’anidride carbonica dell’atmosfera, opportunamente “terra-formata”, la temperatura sulla superficie di Venere sarebbe abbastanza simile a quella terrestre. Che sia Venere il mondo futuro dell’umanità? Oggi le nubi di Venere sono soggette a frequenti scariche elettriche e la loro composizione ne favorisce la formazione più frequentemente che sulla Terra. L’esistenza di fulmini è stata controversa fin da quando le sonde russe “Venera” avevano osservato scariche elettriche nella parte bassa dell’atmosfera che si succedevano con cadenze di decine e centinaia di volte più frequenti dei lampi sulla Terra. Gli scienziati russi chiamarono questo fenomeno “il drago elettrico di Venere”. Poi, nel 2006-07 la sonda Venus Express osservò chiaramente un’onda elettromagnetica di elettroni. Era la prova che un fulmine si era appena scaricato sulla superficie. La sua apparenza intermittente indicava una traccia associata con l’attività climatica. Il tasso di fulmini è, secondo le stime più prudenti, almeno la metà di quello sulla Terra. Nel 1967 la sonda Venera-4 scoprì che Venere possiede un campo magnetico molto più debole di quello terrestre,  generato da un’interazione tra la ionosfera ed il vento solare, contrariamente a quanto avviene sul nostro pianeta il cui campo nasce dall’effetto-dinamo delle correnti convettive all’interno del mantello. Il campo magnetico venusiano, tuttavia, è troppo debole per fornire un’adeguata protezione dal micidiale vento solare. Le particelle dell’alta atmosfera vengono infatti continuamente strappate al campo gravitazionale del pianeta per disperdersi nello spazio. La mancanza di un campo magnetico intrinseco a Venere, è un dato sorprendente per un mondo simile alla Terra. Una dinamo richiede tre elementi: un liquido conduttivo, la rotazione del nucleo e la convezione. Il nucleo è ipotizzato elettricamente conduttivo e, nonostante la lentezza della rotazione, le simulazioni mostrano che questa sarebbe sufficiente per produrre una dinamo. Il che implica che la dinamo manchi su Venere a causa dell’assenza di convezione. Sulla Terra la convezione si verifica nel mantello a causa della temperatura inferiore di questo rispetto a quella del nucleo. Su Venere un evento catastrofico globale può avere interrotto la tettonica a zolle e quindi eliminato le correnti convettive. Ciò avrebbe causato l’innalzamento della temperatura del mantello e ridotto così il flusso di calore proveniente dal nucleo. Come risultato non esiste una dinamo geologica interna che possa produrre un campo magnetico. Una possibilità è che Venere non abbia un nucleo interno solido o che non ci sia un gradiente di temperatura all’interno in modo che tutta la parte liquida del nucleo sia approssimativamente alla stessa temperatura. Ma è anche possibile che il suo nucleo sia già completamente solidificato. Lo stato del nucleo dipende in larga misura dalla concentrazione di zolfo sotto esame. Per cui “terra-formare” Venere non sarà un’impresa tanto facile. Venere non ha satelliti naturali, sebbene l’asteroide 2002 VE68 attualmente mantenga una “danza” quasi orbitale con il pianeta. Una ricerca del 2006 di Alex Alemi e David Stevenson del California Institute of Technology, sui modelli del Sistema Solare primordiale, ipotizza che Venere avesse inizialmente almeno una luna creata da un gigantesco evento da impatto. Uno scenario simile a quello terrestre. Questo satellite si sarebbe inizialmente allontanato per via delle interazioni mareali, allo stesso modo della Luna, ma un secondo gigantesco impatto avrebbe rallentato se non invertito la rotazione di Venere, portando la luna venusiana a riavvicinarsi per collidere col pianeta. Una spiegazione alternativa alla mancanza di satelliti è costituita dai forti effetti mareali del Sole che potrebbero destabilizzare grossi satelliti orbitanti attorno ai pianeti terrestri più interni. Senza una luna, niente maree, quindi niente circolazione atmosferica ed oceanica, niente stagioni, niente vita così come la conosciamo sulla Terra. L’orbita di Venere è quasi circolare e le variazioni della sua elongazione massima sono dovute più alla variazione della distanza tra Terra e Sole che alla forma dell’orbita di Venere. Queste misurano sempre un angolo compreso tra 45° e 47° dando al pianeta una visibilità più prolungata prima del sorgere del Sole o dopo il tramonto. Quando l’elongazione è massima Venere può restare visibile per diverse ore sulla Terra. L’eclittica sull’orizzonte è il fattore più importante per la visibilità di Venere. Nell’emisfero boreale l’inclinazione è massima dopo il tramonto nel periodo dell’equinozio di primavera oppure prima dell’alba nel periodo dell’equinozio d’autunno. Un dato essenziale registrato da tutte le civiltà. È importante anche l’angolo formato dalla sua orbita e l’eclittica: Venere può avvicinarsi alla Terra fino alla distanza di 40 milioni di  Km e raggiungere un’inclinazione di circa 8° sull’eclittica avendo un forte effetto sulla sua visibilità. La rotazione di Venere è retrograda e molto lenta: lassù il Sole sorge ad Ovest e tramonta ad Est. Un giorno dura circa 243 giorni terrestri. Alcune ipotesi sostengono che la causa sia da ricercarsi nell’impatto con un grosso asteroide. Per cui, a causa della rotazione retrograda il moto apparente del Sole è opposto a quello terrestre. Poiché Venere impiega 225 giorni terresti per compiere un’intera rivoluzione attorno al Sole, su questo mondo il giorno è più lungo dell’anno. Tra un’alba e l’altra trascorrono soltanto 117 giorni terrestri perché, mentre il pianeta ruota su se stesso in senso retrogrado, esso si sposta anche lungo la propria orbita, compiendo il moto di rivoluzione che procede in senso opposto rispetto a quello di rotazione. Una colonia umana sulla superficie di Venere si verrebbe a trovare nella stessa posizione rispetto al Sole solo una volta ogni 117 giorni terrestri. Poiché il pianeta si trova vicino al Sole può essere visto di solito soltanto per poche ore e nelle vicinanze del nostro luminare. Durante il giorno la luminosità solare lo rende difficilmente visibile. È molto brillante subito dopo il tramonto (Vespero) sull’orizzonte a Ovest oppure poco prima dell’alba (Lucifero) verso Est. Venere appare, in effetti, come una stella lucentissima di colore giallo-biancastro. Ma senza le “pulsazioni” tipiche della luce degli astri, a causa della sua vicinanza alla Terra, come tutti gli altri pianeti del Sistema Solare. Le orbite di Venere sono interne rispetto a quelle della Terra, quindi lo vedremo muoversi alternativamente a Est ed a Ovest del Sole. La sua distanza angolare con il Sole (elongazione) può variare tra un valore massimo a Ovest e un valore massimo a Est. Periodicamente Venere passa davanti o dietro al Sole entrando quindi in congiunzione. Quando il passaggio avviene dietro, si ha una congiunzione superiore, visibile sia all’alba sia al tramonto. Quando avviene davanti, si ha una congiunzione inferiore e la faccia illuminata del pianeta non è visibile da Terra né all’alba né al tramonto. Dopo il Sole e la Luna, Venere è l’unico corpo celeste ad essere visibile a occhio nudo anche di giorno, a condizione che la sua elongazione dal Sole non sia troppo piccola e che il cielo sia abbastanza terso. La fantascienza deve ancora sbizzarrirsi su Venere, più di quanto abbiano finora fatto i “contattisti” e gli scienziati del rango di Carl Sagan che teorizzò la presenza su Venere di un oceano di idrocarburi da far gola all’industria mineraria spaziale privata. Altri studiosi ritenevano che il pianeta fosse ricoperto da paludi mentre altri ancora ipotizzavano un mondo desertico. Gli scienziati russi delle missioni Venera, per prevenire danni, sulla sonda Venera -4 lanciata nel 1967 installarono un morsetto fatto di zucchero bianco raffinato che, a contatto con l’acqua o un altro fluido dotato della giusta composizione e temperatura, si sarebbe sciolto facendo scattare l’antenna che con questo stratagemma si sarebbe salvata dall’affondamento della sonda. Ma su Venere la sonda Venera 4 non trovò un oceano. Anzi, non raggiunse neppure la superficie. Smise di trasmettere quando la pressione atmosferica superò le 15 atmosfere, soltanto una frazione delle 93 atmosfere presenti sulla superficie del pianeta. Si trattò di un risultato straordinario. Per la prima volta una navicella costruita dall’uomo aveva comunicato dati relativi all’analisi delle condizioni di un ambiente extraterrestre. I russi studiarono una sonda più resistente. Il team di V.G. Perminov ipotizzò dapprima che la navicella dovesse resistere a una pressione di 60 atmosfere, quindi di 100 ed infine di 150 atmosfere. Per tre anni, il team di Perminov testò le sonde in condizioni estreme e, per simulare l’atmosfera di Venere, costruì la più grande pentola a pressione sulla Terra, in cui le sonde venivano immerse finché non si schiacciavano o fondevano. Così il 15 dicembre 1970 la sonda Venera-7 trasmise il segnale tanto atteso. Fu il primo oggetto costruito dall’uomo ad atterrare su un altro pianeta per poi comunicare con la Terra. Nel 1975 i russi inviarono la sonda Venera-9 equipaggiata con un disco frenante per la discesa nell’atmosfera vesuviana e di ammortizzatori per l’atterraggio. La navicella trasmise immagini in bianco e nero della superficie di Venere, mentre le sonde Venera-13 e Venera-14 rimandarono le prime immagini a colori di quel mondo infernale. I transiti di Venere hanno segnato anche la storia del giornalismo internazionale. L’evento del 6 dicembre 1882, immortalato da migliaia di fotografi di tutto il mondo, riempì le prime pagine dei principali quotidiani, continuando ad affascinare studiosi ed astrofili. Se i transiti di Mercurio sul Sole sono appena 13 in ogni secolo, ancora più rari sono quelli di Venere. Durante l’evento del 5-6 giugno 2012 la separazione minima di Venere dal Sole sarà di soli 554 secondi d’arco (furono 627 nel 2004). E poiché il diametro apparente di Venere è di appena un minuto d’arco, è possibile assistere al fenomeno anche senza la strumentazione astronomica, con i soli opportuni filtri solari pur sempre necessari per scattare foto tradizionali su pellicola o digitali. Al binocolo ed al telescopio, Venere sembrerà avere 1/32 del diametro apparente del Sole. Dopo il transito del 2117, il successivo sarà quello del 2125. Così, fino all’Anno Domini 4000, se contiamo tutti quelli trascorsi dall’anno 2000 a.C., saranno in totale 81 i transiti di Venere sul Sole.                                                                                  

                                                                                       © Nicola Facciolini

Una risposta a “Venere eclissa il Sole nell’ultimo transito della nostra vita”

  1. gratis ha detto:

    Ottimo articolo, complimenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *