Con la Lega saldamente nelle mani di Maroni, dopo l’elezione, ieri, del sindaco di Verona Flavio Tosi alla guida della Liga Veneta e dopo che sabato ugual sorte era toccata a Matteo Salvini in Lombardia; il più preoccupato è il “celeste” Formigoni, già oggetto del fuoco del secondo, a palle incatenate, quando gli ha chiesto, e a gran voce, le dimissioni dal ruolo di commissario generale dell’Expo, proprio quella vetrina planetaria faticosamente conquistata a dispetto delle resistenze di Letizia Moratti e di gran parte del Pdl e a cui per nulla al mondo rinuncerebbe.
Già barcollante, dopo 17 anni di regno indiscusso, per la vicenda della vacanze pagate dal faccendiere Pierangelo Daccò, Formigoni è alle corde e si fa pizzicare ancora in una questione di firme false, come ai tempi delle ultime elezioni, con la istituzione , su Facebook, di un “tarocco” “Gruppo di Sostegno” a suo nome, in cui sono stati “forzatamente” iscritti persone che difficilmente si riconoscerebbe nella sua persona.
Adesso, Maurizio Foschi, addetto stampa del Pdl in Consiglio regionale, ammette l’inquinamento delle liste nelle quali, durante la recente migrazione dal sito originale creato nel 2010, sono evidentemente finiti anche i contatti del curatore ed in molti affermano che Formigoni non ne sapeva nulla. Ma altrettanti rammentano la questione Scajola e la casa pagatagli a sua insaputa.
E mentre si procede in questo brutto balletto di politica politicante, un italiano su due, secondo Passera, fatica a far quadrare i conti e giungere a fine mese, con Monti che fatica a convincere la Merckel ad adottare quella politica di protezione richiesta anche da Obama.
Così, mentre virano sempre più verso il Pirellone, le indagini della procura di Milano sui fondi neri delle cliniche Maugeri e mentre la terra non trova pace in Emilia, con una nuova scossa di magnitudo superiore a 5 ieri sera, poco prima delle 21,30, Passera ci dice che vi sono 28 milioni di italiani in profonda crisi e, dal Festival dell’Economia di Trento, fa due conti: “Siamo in un’Europa in cui probabilmente 50 milioni di persone o sono disoccupate o sono sotto-occupate. Moltiplicando per quattro parenti o persone che vivono insieme, diventano 200 milioni di persone”.
Conti agghiaccianti, anche se Passera dice di aver fiducia nel Paese, che non è più “L’Italia del dopoguerra” a partire da molti settori (welfare, infrastrutture, istruzione e capacità di stare in un mercato globale), per cui “lo sforzo che serve è minore”.
Sarà anche così, ma ne dubitiamo, per il semplice fatto che è da decenni e da più parti, che si ripete che le nostre infrastrutture sono inesistenti, il grado di istruzione e formazione insufficienti ed il welfare costoso, inadeguato e disfunzionante.
Queste settimana sarà presentato il decreto sviluppo, con 78 articoli che toccheranno tutti i settori cercando di muovere le leve della crescita.
Il Corriere ne evidenzia alcuni: “La norma più attesa è quella che farà arrabbiare le Regioni, e che consentirà alla presidenza del Consiglio di sbloccare la realizzazione degli impianti energetici: centrali e rigassificatori soprattutto. Quella che ha richiesto più impegno è il riordino degli incentivi esistenti e la loro confluenza in un Fondo unico che garantirà alle imprese, in un anno, almeno 600 milioni di euro tra finanziamenti agevolati e contributi in conto capitale per cofinanziamenti rispetto a fondi Ue e regionali”.
Lo stesso quotidiano sottolinea “tra le innovazioni più interessanti i minibond: obbligazioni e cambiali che le imprese non quotate, medie e piccole, possono emettere per finanziarsi, ma in presenza di alcuni requisiti: l’assistenza di uno sponsor, la certificazione dell’ultimo bilancio e la circolazione dei titoli tra investitori qualificati. Per agevolare questi nuovi titoli, se ne rendono deducibili gli interessi, inoltre vengono estese alcune esenzioni fiscali proprie delle obbligazioni societarie, così da rendere ‘neutrale’, anche per gli investitori esteri, la scelta tra i vari strumenti di credito”.
Farà discutere la norma sulle infrastrutture energetiche volta a superare “l’inerzia delle Regioni nel caso in cui l’intesa regionale, necessaria al ministero per autorizzare l’infrastruttura, o il diniego della stessa, non intervenga anche dopo anni, benché il procedimento amministrativo si sia concluso col parere delle varie amministrazioni centrali e locali coinvolte e dopo una Valutazione di impatto ambientale favorevole. La norma prevede che il ministero faccia ricorso alla presidenza del Consiglio dei ministri per una decisione definitiva, in modo da pervenire alla chiusura del procedimento”. Al pacchetto di Passera “dovrebbe aggiungersi quello curato dal viceministro Mario Ciaccia. Sono attesi la neutralizzazione Iva sull’invenduto, l’aumento della detrazione sulle ristrutturazioni dal 36 per cento al 50 per cento e il riordino del bonus del 55 per cento per gli interventi di efficienza energetica sugli edifici. Ma per il rilancio Ciaccia punta tutto sui project bond, la cui tassazione dovrebbe essere portata a livello di quella dei titoli di Stato e sul Piano città da 2 miliardi, 1,6 dei quali provenienti dal Fondo investimenti per l’abitare della Cassa depositi e prestiti”.
In realtà i problemi sono molti e molto fitti. Come scrive La Repubblica, avendo dovuto creare un ibrido mostruoso per mediare fra Pd e Pdl, questo decreto ha di fatto sbarrato la strada all´approvazione del trattato istitutivo del patto di bilancio, il cosiddetto Fiscal Compact, che il premier puntava a ratificare ‘in contemporanea in Italia e in Germania, con la Merkel seduta in tribuna d´onore a Montecitorio.
Ed invece, ora, il progetto sembra saltato e pare sia destinato a sfumare anche il desiderio di Monti di arrivare al consiglio europeo del 28 giugno con il Fiscal Compact approvato almeno in un ramo del Parlamento.
Sempre secondo Repubblica, “il problema è che tra Pdl e Pd si è creata negli ultimi tempi un´intesa di fatto. Contro la Merkel certo. Ma, come hanno capito benissimo a palazzo Chigi, anche contro la linea troppo “tedesca” di Monti.
“L’obiettivo è che l’Europa nel suo insieme garantisca se stessa complessivamente” ha detto a Trento Passera ed ha aggiunto: “Bisogna convincere tutti che è nell’interesse di tutti che l’euro ce la faccia e che tutti i partecipanti ci possano rimanere dentro”, ma pare proprio che tale convinzione riguardi solo il nostro governo.
L’idea per uscire dalla crisi (poi, dopo 24 ore definita “solo una battuta”), c’è l’ha avuta Berlusconi (definito “geniale” dal nuovamente incauto governato d’Abruzzo Gianni Chiodi): far stampare euro a iosa dalla nostra Zecca.
Ieri, subito retromarcia, secondo un canovaccio che già conosciamo, liquidando tutto come una “boutade” e prendendosela anche con chi, giornalisti in primis, non è stato capace di distinguere bene il serio dal faceto.
Gasparri cerca di dare un tono più alto alla melmosa questione, dicendo che “ora si è visto che l’aumento dello spread non era una nostra responsabilità” ed aggiungendo che ora “Monti critica la Merkel per le stesse ragioni, tardivamente colte, che aveva espresso Berlusconi”.
Incredibile faccia tosta la sua ed anzi incredibile coraggio, se si considera che uscite come queste hanno già fatto perdere 18 punti al Pdl, come predica ormai a ruota libera la Santanchè, trasformatasi in Giovanna D’Arco di ciò che resta del “partito azzurro”.
Ma una battuta d’arresto la segna anche Grillo, straripante e vittorioso ovunque, ma ieri rimbeccato come un discolo monello da Don Tonino Manca, prete di Alghero che lo ha redarguito per aver disturbato la messa con il suo comizio a Quartucciu, per sostenere la lista M5S, in corsa per le elezioni amministrative della settimana prossima in Sardegna. Davanti a una piazza gremita, il comico genovese ha attaccato i partiti, che “non capiscono che c’e qualcosa che li sta spazzando via e non hanno anticorpi. Noi, ha rivendicato Grillo, non siamo il secondo partito d’Italia, siamo il primo movimento d’Europa”. Poi è arrivato il prete, il quale, al Tgcom24 di ha fatto anche riferimento ad una infelice ubattuta che il comico genovese gli ha fatto sul palco: “”Ero in comunita’ per aiutare i ragazzi tossicodipendenti e Grillo chiedendomi se spaccio? E’ grave. Grillo non sa guardare oltre il naso, allarghi la mente e il cuore”, ha detto il prelato.
Ed io penso ai “Musicanti di Brema”, la favola dei fratelli Grimm, con un asino vecchio incapace di lavorare, un gallo adatto solo per il brodo, un cane che non fa più la guardia e un gatto semicieco che non prende più i topi a ricordarmi questa Italia, in cui, per dirla con Tomi Ungerer, “non vi è più nessuna storia adatta a grandi e bambini” da raccontare.
Carlo Di Stanislao
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