“Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei cieli”(Matteo 19,14). La Chiesa Cattolica Romana da duemila anni è difesa dal Signore Gesù Cristo, il Risorto, come sta scritto:“Le porte degli Inferi non prevarranno”. La Chiesa Apostolica Romana non ha bisogno delle nostre misere difese, ma non possiamo tacere il nostro disgusto verso gli attacchi mediatici sparati al alzo zero contro la persona del Romano Pontefice Benedetto XVI. Quanto c’è di vero nelle apparizioni televisive, nelle dissimulazioni, negli scoop, nelle pubblicazioni, nelle rivelazioni, nei tradimenti dalle chiare origini maligne, che costituiscono oggi il fuoco incrociato sulla Chiesa? La più grande astuzia del diavolo è stata sempre quella di far credere che non esiste, chiunque e ovunque esso sia. Alieno, rettiliano o spirito vagabondo a perdizione delle anime tra i mondi e gli sconfinati spazi intergalattici. Le prede delle sue razzie sono sempre le stesse. Ma, grazie a un uomo speciale d’azione qual è il Romano Pontefice, crediamo che la Verità sia alle porte. L’unità della Chiesa e la difesa del Santo Padre, “dolce Cristo in terra”, richiamano l’espressione tanto cara a Santa Caterina da Siena. Ad essere sotto attacco, tuttavia, crediamo sia la civiltà umana. Chi con spocchiosa tracotanza, continua a gettare fango sulla Chiesa e sul Papa, è da sempre il diavolo in servizio permanente effettivo, il quale si serve dei suoi servi, travestendoli a dovere. Lo scandalo della pedofilia, della prostituzione giovanile su Internet, dei rapimenti di bimbi per l’espianto e il traffico dei loro organi destinati ai signori della guerra, ammorba il mondo. E non la Chiesa cattolica. Ma nessuno osa parlarne e scriverne. Eppure si potrebbero tirar su decine di tomi. Gli orrori commessi sulla Terra ogni giorno, che non vediamo nei telegiornali, nei talk-show, nei salotti culturali, e che finora nessun film è riuscito a rappresentare efficacemente neppure in 3D, superano di gran lunga la più fervida immaginazione del più bravo dei registi. La menzogna infesta la cronaca dei fatti quotidiani. La pedofilia (fenomeno umano, ahinoi, diffuso come la prostituzione fin dalla fondazione della civiltà, passando per i più illustri filosofi greci e romani, ma nessuno lo ricorda agli studenti!) non risparmia neppure le altre fedi religiose. Tuttavia, stranamente, nessun avvocato di qualsivoglia confessione religiosa, di qualsivoglia stato o multinazionale, ne ha mai istruito una causa e uno scoop giornalistico. Disinformazione, calunnie e deformazione dei fatti giudiziari e politici, fanno poi il resto se a sbagliare umanamente sono degli uomini di Chiesa. Abbiamo ragione di credere che corrotti e corruttori, a qualsiasi livello mediatico, politico, culturale, finanziario e giudiziario operino nel mondo reale, stiano in verità spalancando le porte degli Inferi sulla Terra per i loro interessi personali. Speriamo che la Giustizia tutta intera faccia il suo corso alla luce di questi e di altri fatti, per il nostro bene. Perché, come giustamente osservano e scrivono ben più illustri colleghi, contro Benedetto XVI convergono interessi su tre livelli: uno interno alla Chiesa che non condivide il pontificato di Benedetto XVI, uno mediatico-economico che vede avvocati pronti a tutto per guadagnare, uno delle “lobbies” che vogliono limitare il potere morale, culturale ed etico del Vaticano. Chi predica la Pace, infatti, non è ben visto negli Usa e nel mondo. I signori della guerra, i principali nemici della pace mondiale, stanno architettando in gran segreto la III e la IV Guerra planetaria, breve ma letale! L’economia delle armi e della guerra, infatti, odia la Chiesa, il Vaticano e gli insegnamenti di Cristo. È bene ricordarlo. Siamo, quindi, già in stato di guerra. Ma sono stati bravi a dissimularlo istituzionalmente. L’industria bellica moltiplica soldi a palate con annesso letame mediatico sull’onda della peggiore crisi economica internazionale dal 1929, che è principalmente una crisi di credito, cioè della fiducia nella persona! Sapete cosa ci dicono? Che siamo in debito (ciascuno in Italia nasce già con 30mila euro di passivo!) , ossia in crisi e che non ne usciremo indenni, mai! Ma è davvero così che stanno le cose? L’impressione è che in questi mesi ci si trovi di fronte a un regolamento di conti su scala globale, tra i vari potenti di turno che sembrano indecisi sul da farsi consapevoli del fatto che debbono risponderne a qualcun altro. Al di là dei casi specifici che richiamano oscuramente e vagamente lo scaricabarile politico in salsa italiota, ma superiore di diversi ordini di grandezza, la sensazione degli analisi sembra essere quella della fine imminente della civiltà. Ossia l’impressione prevalente che si sia di fronte a una sorta di regolamento di conti con il pontificato ratzingeriano, sembra solo la punta dell’iceberg della brutta faccenda su scala planetaria che stiamo vivendo in presa diretta. Al Papa, a quanto pare, non si perdonano il Motu Proprio che ha riabilitato la messa antica preconciliare in latino, la revoca della scomunica ai lefebvriani e il decreto sulle virtù eroiche di Pio XII, firmato nel dicembre 2009, senza contare il discorso di Ratisbona che ha mandato su tutte le furie il mondo islamico. Ce n’è abbastanza per materializzare i romanzi di Dan Brown! Ma, forse neanche più nascostamente, c’è anche chi non sopporta parole di un certo tipo sulla globalizzazione, sullo sfruttamento delle risorse naturali terrestri, sulla famiglia naturale, sulla dignità della donna e del lavoro. Tematiche, quelle papali, affrontate peraltro dallo stesso regista canadese James Cameron nel suo capolavoro cinematografico Avatar da 2,7 miliardi di dollari, per celebrare la 42ma Giornata della Terra. Sembra che ogni atto di Papa Ratzinger irriti irrimediabilmente certi ambienti e certi poteri. E uno si deve chiedere il perché. Evidenti sono poi i rapporti degli attacchi a Papa Ratzinger con il messaggio della Chiesa sulla vita e sulla famiglia. L’impressione è che Oltretevere non sia ancora adeguatamente percepito in tutta la sua devastante portata quanto sta accadendo nel mondo e che rischia di minare la credibilità morale della Chiesa nell’opinione pubblica. Giorno dopo giorno, vescovi e cardinali vengono accusati di aver sottovalutato o coperto i preti pedofili. Strane anche le false affermazioni sugli Ebrei, attribuite ad altri vescovi. Il sospetto lambisce la curia del Beato Karol Wojtyla e con il caso del fondatore dei Legionari di Cristo, Marcial Maciel, arriva all’entourage papale più stretto. Lo stillicidio di documenti, lettere, denunce non accenna a placarsi. Anzi, trabocca, in dichiarazioni al vetriolo sempre più devastanti, sulle presunte oscure vicende della banca vaticana Ior, sul rapimento delle due giovani cittadine vaticane De Gregori e Orlandi, sugli altrettanto francamente incredibili oscuri legami, degni di un serie romanzata da Dan Brown, con la famigerata banda della Magliana. Mai come in questo momento agli inquilini dei sacri palazzi servirebbe una “attack strategy” domenicana per uscire dall’angolo. In molti sperano che, ancora una volta, intervenga definitivamente Benedetto XVI, uomo d’azione e di grande coraggio intellettuale e morale. Neanche a farlo apposta il 9 aprile 2010 l’Associated Press rilanciò una lettera firmata nel 1985 dall’allora cardinale Ratzinger nella quale si consigliava prudenza sulla riduzione allo stato laicale chiesta da un prete pedofilo americano trentottenne che sarà effettivamente dimesso due anni dopo, al compimento dei 40 anni. Come già accaduto nei mesi scorsi, la lettera è stata presentata come un caso di “copertura”, da parte del futuro Papa, di un prete pedofilo. Evidentemente le cose non stavano in quel modo così e nel giro di qualche ora la Chiesa era riuscita a verificare il contesto, ricordando che “all’epoca la Congregazione per la dottrina della fede non era competente sui casi di pedofilia e nella lettera si parla soltanto della dimissione dallo stato clericale, non del procedimento; la dimissione dallo stato clericale non si decideva prima del quarantesimo anno d’età; la richiesta era stata presentata dallo stesso sacerdote coinvolto; Ratzinger ha solo chiesto di approfondire il caso e due anni dopo la dimissione dallo stato clericale è arrivata; non c’è stata alcuna copertura del colpevole”. Tuttavia, la cosa che più stupisce non è il fatto che queste lettere (chissà quante ne avrà firmate Ratzinger durante i 23 anni trascorsi ai vertici dell’ex Sant’Uffizio) vengano pubblicate, quanto il fatto che le si lanci e rilanci senza prima verificare i contesti e le procedure, senza cioè approfondire le circostanze per permettere a chi legge di farsi un’idea. Il che sarebbe esattamente il compito del giornalista. Per cui sembra di essere di fronte a un pregiudizio ormai stabilito: il “Papa-deve-essere-colpevole” (magari perché vogliono trascinarlo davanti al Tribunale penale internazionale!) e con questa lente pregiudiziare multimediale si cercano appigli, testimonianze, presunti traditori, libri, speciali televisivi, autori di comodo e documenti vari. Quasi come con Gesù davanti a Caifa ed Anna, nello strano processo notturno del Venerdì Santo, qualcuno vuole deliberatamente crocifiggere il Papa! Cioè il Papato! Per questo vengono sbattuti in prima pagina appigli, testimonianze e documenti parziali, senza verificare il caso e spiegarne le circostanze. Ma i fatti restano fatti e chiunque si sia occupato un po’ di Vaticano – fanno notare ben più illustri colleghi – sa bene che Joseph Ratzinger su queste vicende (abusi sui minori e quant’altro) era considerato poco garantista e più di qualcuno storceva il naso anche in Vaticano per la decisione con cui affrontava questi casi. Sembra del tutto evidente che vi sia un accanimento concertato che punta a delegittimare l’Autorità morale della Chiesa, del Papa, per depotenziarne il messaggio di speranza ai giovani. Senza in alcun modo minimizzare gli scandali, è sotto gli occhi di tutti che vi sono state sottovalutazioni da parte di diversi vescovi, così come vi sono state azioni frenanti, anche molto gravi, da parte di laici impegnati e leader spirituali nella Chiesa di Cristo che però, più o meno esplicitamente, loro hanno tradito. Soprattutto per anni non si è tenuto nella dovuta considerazione il dolore e il trauma delle vittime, delle loro famiglie, che avevano diritto non soltanto alla giustizia e alla riparazione, ma anche a un adeguato sostegno. Per questo Papa Benedetto XVI le sta incontrando personalmente. Fatti evidentissimi che purtroppo il presunto scoop da Premio Pulitzer sulla lettera del 1985 e su tutte le altre sottratte malignamente dai sacri palazzi, hanno fatto passare in secondo piano, ma che invitiamo a rileggere alla luce della Verità. Per riflettere sulle qualità eccezionali del Romano Pontefice Benedetto XVI e della stragrande maggioranza dei servi di Dio in servizio permanente sulla Terra da duemila anni. Gesù nel Vangelo ci ricorda che questi scandali devono accadere prima della fine del mondo. Ma guai a chi li commette! È giunta l’ora che la Chiesa Apostolica Romana passi alla controffensiva mediatica, culturale, politica e giudiziaria, per l’affermazione della Verità sugli orrori commessi sulla Terra ogni giorno dall’uomo a danno dei minori, dei giovani, dei più indifesi, dei derelitti, dei bisognosi: qui i Visitors non c’entrano affatto! La Chiesa opera sull’esempio dei Santi. Le telecamere, i proiettori cinematografici 3D, le fotocamere digitali, si aprano alla realtà di questi altri orrori “laicali”. Che il grande regista Mel Gibson con la sua Icon, batta un colpo! Se oggi costa meno volare a Londra che prendere l’aereo e il treno per Torino, e se oggi in Italia si continua a morire di terremoti, tutti sanno di chi è la responsabilità politica senza scomodare i Maya. Mentre i vulcani scoppiano e i terremoti sconquassano la Terra, alcuni vorrebbero chiudere la “partita pedofilia” contro la Chiesa altrettanto facilmente come l’hanno aperta. Le relative “colpe” certamente vanno ben inquadrate (punendo la persona colpevole del misfatto) onde evitare errori grossolani o, peggio, tragicomici. Una storia yiddish opportunamente parafrasata, racconta della strana avventura di un ebreo in treno, il quale sente un passeggero dichiarare che “gli ebrei sono la causa di tutti i guai”. L’altro interviene dicendo di essere d’accordo aggiungendo alla lista nera anche i giovani autisti senza patente delle mini-car di plastica, oggi tanto di moda, che sono state costruite e messe in vendita negli ultimi anni in Italia prima di fare la Legge. “Che cosa c’entrano i giovani mini-car muniti?”. E risponde:“Non c’entrano come gli ebrei?”.Una barzelletta che ritorna di attualità in queste tragiche ore. Come nei grandi fuochi primaverili che i contadini alimentano nelle campagne per bruciare fascine di rami secchi, aggiungendo anche i “frutti” della loro sacrosanta potatura di viti e ulivi, così oggi è di moda indicare un po’ tutti come causa della bufera che sta scuotendo il mondo della Chiesa Cattolica e dell’informazione. Si rischia lo scisma morale, intellettuale, dottrinale e sociale! Senza scomodare i veggenti. L’obiettivo dichiarato è semplice, chiaro, evidente e distinto: minare alle fondamenta l’Autorità morale suprema del Papa, quindi l’unità della Chiesa Cattolica, facendo “brillare” tutte le “cariche” disponibili con un’efficace programma selettivo delle “detonazioni” mediatiche sui principali quotidiani e network televisivi mondiali. Perché è l’Autorità stessa del Papato, non il presunto “potere” politico-finanziario del sacro palazzo vaticano, ad essere sotto scacco. Malignamente vogliono farci intendere l’esatto contrario. Le multinazionali della contraccezione, della programmazione biologica tripartita, del fine-vita, del divorzio breve, della famiglia brevissima o alternativa, e dell’aborto ormonale come “dono in compressa” per l’uomo e la donna finalmente “liberi” dalla paternità e dalla maternità, non hanno nulla da dichiarare? Ne è passata di acqua sotto i ponti dall’apertura della breccia di Porta Pia, eppure quei cannoni continuano a sparare per interposta persona. Tra lacrime di coccodrillo, attestati di solidarietà e giudizi senz’appello tra i finti conservatori in salsa italiota, il lavoro degli avversari e dei nemici di Cristo, della Chiesa, del Papa e del Popolo di Dio, non è mai finito. La “fase due” è già cominciata. Mettere in galera i preti e i religiosi pedofili, fa notizia e fa vendere i giornali. Basta poi elevare all’ennesima potenza questi tragici casi, per bruciare tutto il resto! I fatti sono fatti. Pazienza, se poi, dopo anni di galera, si finisce innocenti rinchiusi in qualche convento, magari vittime inconsapevoli di un complotto. Se poi riesce il colpo mancino di abbattere la fede, il crocifisso e la religione di Santa Romana Chiesa, con annesso Pontefice, magari per sentenza e per legge internazionali, ci guadagnano un po’ tutti: massoni, ebrei atei, imam, associazioni omosessuali governative e non, burocrati, agnostici, anticlericali, abortisti, alieni invasori e chi più ne ha più ne metta. Alla faccia del genere umano. Perché, come in tutte le lotte di potere, ci sono i protagonisti e le vittime sul campo. Perché di guerra si tratta. E i vincitori già cantano vittoria, comprese le “potenze” omosessuali che dagli Usa e dal Nord Europa propagandano le loro unioni di fatto come “famiglia” naturale, come “nuovi diritti” della persona, sfilando in pompa magna davanti ai più piccoli sempre più confusi sulla propria identità (come i giovani rapiti della serie Tv “Falling Skies” privati dell’impianto alieno e consapevoli del processo irreversibile della loro trasformazione) umana e sessuale! Sia chiaro i responsabili rei confessi di quegli abominevoli scandali contro i fanciulli (ma gli ormoni della crescita nelle fettine di carne, come li definiamo?) vanno puniti ed allontanati dalla Chiesa e dalle comunità parrocchiali. Ma guai a sottovalutare la bufera che il Vaticano e i fedeli cristiani devono affrontare oggi nel mondo. Tutto ebbe inizio qualche tempo fa con la rimozione dei crocifissi dalle scuole e dai tribunali, sempre per sentenza. Ricordate? Quella tempesta non è mai finita. Come questa, perdura come venefica radiazione. Comporta pericoli dai quali è giusto difendersi come cristiani d’Europa: le falsità vanno smentite al più presto, la verità e la giustizia devono trionfare, le vittime devono essere aiutate. Ma si racconti tutta la storia della pedofilia in Europa, si facciano leggere ai giovani i libri di Oriana Fallaci, degli storici dell’Islam e dell’Ebraismo. E, soprattutto, si aggiusti il tiro e si faccia chiarezza anche sul mondo pre-adolescenziale italiano, sulle famiglie in crisi morale ed economica, sugli stati che fomentano le guerre e l’industria degli armamenti di nuova generazione, creando quel “clima” culturale di sfruttamento dei più piccoli. Altro che “mela” nucleare! Quando basta un potente piccolissimo virus naturale e/o artificiale, magari attivato da un raggio laser in orbita, per spazzare via l’umanità dalla faccia della Terra in pochissime ore! Sventolare spauracchi non serve. La dottrina della fede nella Chiesa, non è la bieca propaganda dei bolscevichi famosi per aver inventato il ruolo del commissario politico, delegato dal partito comunista (anche nei sottomarini nucleari dell’Unione Sovietica, come nel famoso film “Caccia a Ottobre Rosso”) ad ogni iniziativa, istruito nelle tecniche di collegamento fra gli slogan comprensibili alla folla e la logica di concetti destinati agli intellettuali. Come ci ricorda il Santo Padre Benedetto XVI, vero uomo d’azione, in un mondo che ha bisogno, nel vuoto delle ideologie, nella confusione dell’informazione e della globalizzazione, nell’incertezza economica e sociale, dei punti di riferimento della Fede e della Verità, la Chiesa con i suoi preti e i suoi poveri mezzi, è chiamata a vivere come Cristo nel mondo di ogni giorno. Senza mezzi termini e mezze misure. Il sacerdozio ministeriale, care mamme e cari papà, non è una professione, ma potrebbe essere il futuro migliore per i vostri figli. È una vocazione al servizio di Dio e dell’Umanità. Anche il laicato impegnato è una vocazione, non un hobby. La Chiesa è fatta di uomini e di donne, figli di Adamo ed Eva, con tutti i loro difetti. Altro che “culto solare maschile in opposizione al culto lunare femminile”, caro Kadmon! La Chiesa non è un’associazione di malaffare come proclamano i seguaci di Voltaire sui quotidiani che prima lanciano la pietra e poi nascondono la mano, consapevoli del fatto che la cattiva notizia fa più sangue. La Chiesa Apostolica Romana, forte della sua provata aspirazione alla santità e alla misericordia che promanano direttamente da Dio, cioè dallo Spirito Santo, è composta da comuni mortali non esenti a volte dall’ambizione personale e dal potere grande o piccolo (nei sacri palazzi) che certamente rischiano di corrompere. Ma la Chiesa offre da sempre il primo esempio a tutti e lo sta facendo con grande meraviglia di responsabili politici e religiosi della Terra. Non si vergognino i Vescovi per i loro preti che hanno peccato: la loro “denuncia” è un dovere fraterno! Si vergognino piuttosto le comunità che non hanno vigilato e coloro che credono che andare solo a messa la Domenica, magari scandalizzandosi del crocifisso, del rosario e forse di essere loro stessi Chiesa militante di Cristo in Terra, salvi loro l’anima. È, dunque, comprensibile che quando alcuni nella Chiesa decidono di ripulire gli armadi dagli scheletri, sapendo che la verità è più efficace delle menzogne, questi si scontrino con forti resistenze. È utile, in questi frangenti, ricordare la parabola del Grande Inquisitore di Dostoievskij. La storia di Gesù che torna sulla Terra e il Grande Inquisitore mette in prigione accusandoLo di un peccato imperdonabile: quello di essere portatore di Verità che solo pochi possono comprendere e solo gli eletti possono realizzare con esistenze esemplari. Chi nel mondo ebraico ha raccolto il messaggio di Dio, dei suoi Profeti e della Legge, legittimandosi come Nazione nel Suo nome, ha capito oggi la Chiesa e la difende. L’unico potere che la Chiesa ha sempre avuto, è la Verità di Cristo Figlio di Dio sceso sulla Terra per salvarci dalla morte. Di etica, moralità e giustizia su cui si regge ogni società civile, la Chiesa Cattolica Romana è da sempre la “maestra” in Cristo. Sulla base di questi principi sarebbe più proficuo collaborare, piuttosto che guerreggiare. Ma chi lo ha capito realmente? In alcune scuole non cristiane americane, è scoppiato da tempo lo scandalo pedofilia ma fa meno notizia sui grandi network mondiali. Perché? I nemici della Chiesa non sono gli Ebrei nostri “fratelli maggiori” in Dio, non chi crede nella verità. Ma coloro che diffondono odio, guerra e intolleranza. Gli orrori commessi ogni giorno contro l’infanzia e il mondo giovanile vanno immortalati nel cinema e nel teatro, per denunciarne tutta la loro gravità, perché nessuno dimentichi. “La cosa più dura è scoprire quello che già si sa” – afferma Elias Canetti. Illuminata dalla luce del Vangelo, la Chiesa Cattolica Apostolica Romana è passata alla controffensiva giuridica da tutti auspicata. Grazie a Sua Santità Benedetto XVI, uomo d’azione vero, il Papa d’ora in poi procederà direttamente a “spretare” coloro che si macchieranno di violenze psicologiche, morali e fisiche a danno dei minori e dei più deboli, con annessa e connessa denuncia ai tribunali civili. “Sinite parvulos venire ad me” (Matteo 19,14) afferma Gesù. Nel Vangelo di Matteo sono riportate queste parole amorose del Cristo per i fanciulli, quando i discepoli volevano allontanarli da Lui e li sgridavano temendo che lo disturbassero. Gesù, come si legge anche in altri passi dei Vangeli, vedeva nei fanciulli la purezza, l’innocenza di tutti gli umili, i mansueti, i semplici ai quali è riservato il regno dei cieli. In verità, Dio ama la preghiera dei fanciulli e di coloro che erediteranno la Terra, cioè i miti. E tutti ricordano la naturale scena di paterno affetto del Beato Giovanni Paolo II che con il suo mantello rosso copriva scherzosamente un pargoletto prima di stringerlo al petto. La Chiesa oggi agisce. Quello che non fanno gli stati e le altre confessioni religiose, lo fa il Papa. Occorre recuperare la dignità (Lettera agli ebrei) e l’onorabilità del Sacerdozio ministeriale e divino tra gli uomini. Chi rappresenta Cristo sull’altare deve servire la Chiesa fino a dare la vita per il prossimo. Non rapirla. Nei casi di abusi sessuali su minori da parte dei sacerdoti “si deve sempre seguire la legge civile per quanto riguarda la denuncia dei crimini alle appropriate autorità” – afferma il documento ufficiale del Vaticano. Un chiaro e inequivocabile indirizzo a tutti i Vescovi ed a tutte le Diocesi della Terra sulle procedure canoniche della Congregazione per la dottrina della fede, per contrastare gli abusi sessuali messi in atto anche dai preti con grave scandalo e danno per la Chiesa. Proprio per questo “nei casi più gravi il Papa potrà direttamente ridurre il colpevole allo stato laicale, senza passare per un processo canonico”. Le linee guida della Santa Sede, sono solo l’inizio della “rivoluzione” introdotta da Benedetto XVI alla vigilia del quinto anniversario della Sua elezione al soglio pontificio. È la prima volta, infatti, che viene scritto nero su bianco il ricorso obbligatorio e immediato alle Autorità civili. La guida è il modo in cui verrà attuato d’ora in poi il Motu Proprio del 2001 sui “delicta graviora”. Riassume le procedure operative già definite con un regolamento interno al Dicastero risalente al 2003. “In casi veramente gravi, quando un tribunale civile ha condannato un prete colpevole di abusi sessuali su minori o quando ci sono prove evidenti, la Congregazione per la Dottrina della Fede – si legge nel documento – può scegliere di portare il caso direttamente al Santo Padre con la richiesta che il Papa emetta un decreto ex officio per la riduzione allo stato laicale. Non vi può essere ricorso canonico contro tale decreto papale”. La Conferenza episcopale italiana (Cei), l’organo di governo dei Vescovi, ha sempre auspicato un sacro bagno purificatore in tutta la Chiesa, laici impegnati compresi. “C’è bisogno di purificazione. In quest’ora di prova, la Chiesa in Italia – afferma una nota della Cei – non viene meno al dovere della purificazione, pregando in particolare per le vittime di abusi sessuali e per quanti, in ogni parte del mondo, si sono macchiati di tali odiosi crimini”. I Vescovi italiani implorano “dal Signore energie nuove, perché ne rafforzi la passione educativa, sorretta dalla dedizione e dal generoso impegno di tanti sacerdoti che, insieme ai religiosi, alle religiose e ai laici, ogni giorno si spendono soprattutto nelle situazioni più difficili”. La Presidenza della Cei ha invitato tutte le comunità ecclesiali a stringersi nella preghiera intorno al Romano Pontefice, centro di unità e segno visibile di comunione. Le forme più adatte (nella festa del Corpus Domini AD 2012) sono l’assidua partecipazione all’Eucaristia, alla liturgia della Parola, alle veglie di preghiera, all’adorazione eucaristica ed alla recita integrale del Santo Rosario, per ottenere la Pace nel mondo, per rendere grazie a Dio per il magistero illuminato e la cristallina testimonianza del Papa. Non è escluso il rito dell’esorcismo, nei casi più gravi. Se sul tema della pedofilia nel clero, il Papa prenderà altre iniziative ancora che non mancheranno di sorprenderci, anche altre istituzioni e società dovrebbero prendere iniziative concrete per difendere la dignità dei bambini e delle giovani madri. Il Papa ha chiesto perdono per i casi di pedofilia nei quali sono rimasti coinvolti religiosi. Ricordiamo la “Lettera per l’Irlanda” e diversi discorsi sia negli Stati Uniti sia in Australia che vengono chiaramente estesi a tutti gli altri casi di abusi commessi in Italia. Purtroppo il diavolo (bisognerebbe distruggerlo una volta per tutte!) è da sempre al lavoro contro l’Umanità. Tenuto al guinzaglio da Dio, è sempre pericoloso. La tentazione del male fa parte della condizione umana. “Del resto – scrive San Paolo Apostolo nella Lettera ai Galati 5,19-21 – sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio”. Politici, filosofi, militari, preti, imam, uomini e donne di fede, sono tutti soggetti all’errore umano, a qualunque credo essi appartengano. L’ordinamento civile ed ecclesiastico, prima di colpire le devianze che destano maggiore allarme sociale con le giuste sanzioni, dovrebbe puntare sulla formazione psicologica preventiva e capillare sul territorio e nelle canoniche. Se il diritto deve uniformarsi all’etica ed alla morale che per motivi di logica univocità non può che fondarsi su valori giustamente definibili “assoluti” ed essere sufficientemente stabile per la pacifica convivenza, allora bisogna imparare la lezione di queste tragiche ore. A cominciare dalla difesa della vita fin dal concepimento, del pianeta Terra che ci è stato affidato in custodia (il collasso di tutti i sistemi biologici è alle porte!), dei valori supremi della Persona, dei patti e degli accordi. Quindi, del Crocifisso che oggi l’Europa vuole “bruciare” in quanto alcuni hanno deciso che è di scandalo! Inutile poi lagnarsi delle conseguenze. Il relativismo etico mal si concilia con la legalità e con la soluzione della crisi economica internazionale. Ciascuno non può comportarsi come gli pare e piace in barba al suo prossimo, ma secondo la legge e la morale. Occorre ricordarlo a tutti coloro che dovrebbero essere di esempio per i più giovani nel mondo dell’economia, dell’industria, dello sport, della cultura, della scienza, dell’informatica e della politica. Le Autorità civili si stringano attorno alla Chiesa, al Romano Pontefice, e facciano quadrato in difesa dei più piccoli e della vita. Chi di dovere negli stati e nelle multinazionali, si assuma le proprie responsabilità come sta facendo giustamente la Chiesa. Se al suono delle sirene gli israeliani sospendono ogni attività per due minuti di raccoglimento in ricordo di tutti coloro che a milioni furono assassinati nei campi di concentramento tedeschi in Europa, il mondo intero faccia lo stesso per ricordare i milioni di feti abortiti, di nascituri mai nati per mano dell’uomo e delle violenze perpetrate sulle donne e sui minori per il traffico di esseri umani e per l’espianto violento dei loro organi. La più bieca propaganda anticristiana e il costante sacrificio di numerosi fedeli (laici e religiosi) che in nome di Cristo donano la loro vita in tutto il mondo, ci ricordano che il Vangelo è sempre vivo e attuale. “Se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?”(Luca 23,31) – domanda Gesù alle pie donne di Gerusalemme durante la Via Crucis verso il Calvario. Occorre fare chiarezza sulla confusione mediatica che deriva da informazioni parziali a volte distorte e sulle eventuali responsabilità di chi le diffonde. Gli attacchi al Santo Padre devono cessare immediatamente. L’Uomo della Sacra Sindone ci aiuta a sondare il Mistero di Gesù che soffre e muore per noi prima di risorgere. Il mistero del dolore di Cristo è il mistero del dolore dell’umanità che nessuna politica potrà mai spiegare e risolvere. Esiste una sottile “linea rossa” che attraversa la storia di ogni uomo e di ogni donna. Il Creato non sussiste come una realtà a compartimenti stagni, così come la vita di ogni singolo uomo non è leggibile se non nell’espressione dell’intero arazzo della Creazione. Siamo tutti interconnessi. Tutti i sistemi biologici del pianeta Terra lo sono. La Chiesa chiama questa verità, la “Comunione dei santi”. Il laicismo, l’agnosticismo, il tabagismo, il consumismo e l’ateismo, oggi non hanno più “dittatori-filosofi” a cui votarsi. Per intendersi, quelli che hanno sempre temuto l’Autorità morale suprema del Papa e della Chiesa nei secoli. Di dichiarazioni gravi, insulse e offensive all’intelligenza umana, siamo stanchi. Gli scivoloni mediatici concettuali e il fango viscerale multicolore e di pessimo gusto riversati imprudentemente sul Pontificato di Benedetto XVI, si commentano da soli. I network mondiali che stanno perdendo la loro preziosa “audience” a tutto vantaggio dei contenuti mediatici e pubblicitari consultabili in tempo reale sui fantastici iPad della Apple Inc., ne stanno inventando di tutti i colori contro la Chiesa, l’ultimo baluardo della civiltà. Se lo scopo è quello di distrarre l’opinione pubblica dalle responsabilità di molti governanti della Terra che fomentano tra i giovani (promettendo ai reduci soldi a palate, titoli accademici e successo negli affari) la cultura della guerra e l’economia globalizzata degli armamenti, piuttosto che lo sviluppo di una Nuova Economia del credito e del lavoro fondata sulla dignità della Persona, allora hanno già miseramente fallito. La Chiesa ne uscirà più forte di prima. Alcuni isolati casi di pedofilia, statisticamente rilevanti su una popolazione di oltre 6 miliardi di persone, magari cavalcando gli stereotipi più retrivi dell’anticristianesimo primitivo, nulla potranno contro l’Autorità morale suprema del successore di Pietro. Che Cristo, fondando la Sua Chiesa 1982 anni fa, ha stabilito sulla Terra a “sigillo” della Sua Autorità. Auspichiamo, allora, la riscoperta dello spirito Apostolico che ha accompagnato, con forte emozione, la vita della Chiesa nei primi secoli, grazie all’azione di grandi Santi come Sant’Agostino, San Benedetto, San Francesco e San Domenico. Lo spirito dell’Anno della Fede proclamato dal Sommo Pontefice Benedetto XVI, in forma di Motu Proprio, con la Lettera Apostolica “Porta Fidei” (11 Ottobre 2012 – 24 Novembre 2013), unito alla solidarietà espressa dagli Ebrei italiani a Benedetto XVI ed alla Chiesa cattolica nello spirito del dialogo e del confronto fra “fratelli” in Dio, possa servire a ricucire questi strappi per guardare al futuro con fiducia e ottimismo. Il Santo Padre insegna che “La Porta della Fede (cfr At 14,27) che introduce alla vita di comunione con Dio e permette l’ingresso nella sua Chiesa è sempre aperta per noi. È possibile oltrepassare quella soglia quando la Parola di Dio viene annunciata e il cuore si lascia plasmare dalla grazia che trasforma. Attraversare quella porta comporta immettersi in un cammino che dura tutta la vita. Esso inizia con il Battesimo (cfr Rm 6,4), mediante il quale possiamo chiamare Dio con il nome di Padre, e si conclude con il passaggio attraverso la morte alla vita eterna, frutto della risurrezione del Signore Gesù che, con il dono dello Spirito Santo, ha voluto coinvolgere nella sua stessa gloria quanti credono in Lui (cfr Gv 17,22). Professare la fede nella Trinità – Padre, Figlio e Spirito Santo – equivale a credere in un solo Dio che è Amore (cfr 1Gv 4,8): il Padre, che nella pienezza del tempo ha inviato suo Figlio per la nostra salvezza; Gesù Cristo, che nel mistero della sua morte e risurrezione ha redento il mondo; lo Spirito Santo, che conduce la Chiesa attraverso i secoli nell’attesa del ritorno glorioso del Signore”. Fin dall’inizio del suo ministero come Successore di Pietro, Benedetto XVI ha ricordato l’esigenza di riscoprire il cammino della fede per mettere in luce con sempre maggiore evidenza la gioia ed il rinnovato entusiasmo dell’incontro con Cristo. “Nell’Omelia della santa Messa per l’inizio del pontificato dicevo:“La Chiesa nel suo insieme, ed i Pastori in essa, come Cristo devono mettersi in cammino, per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso l’amicizia con il Figlio di Dio, verso Colui che ci dona la vita, la vita in pienezza”. Capita ormai non di rado che i cristiani si diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune. In effetti, questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato. Mentre nel passato era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, largamente accolto nel suo richiamo ai contenuti della fede e ai valori da essa ispirati, oggi non sembra più essere così in grandi settori della società, a motivo di una profonda crisi di fede che ha toccato molte persone. Non possiamo accettare che il sale diventi insipido e la luce sia tenuta nascosta (cfr Mt 5,13-16). Anche l’uomo di oggi può sentire di nuovo il bisogno di recarsi come la samaritana al pozzo per ascoltare Gesù, che invita a credere in Lui e ad attingere alla sua sorgente, zampillante di acqua viva (cfr Gv 4,14). Dobbiamo ritrovare il gusto di nutrirci della Parola di Dio, trasmessa dalla Chiesa in modo fedele, e del Pane della vita, offerti a sostegno di quanti sono suoi discepoli (cfr Gv 6,51). L’insegnamento di Gesù, infatti, risuona ancora ai nostri giorni con la stessa forza: “Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la via eterna”(Gv 6,27). L’interrogativo posto da quanti lo ascoltavano è lo stesso anche per noi oggi: “Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?”(Gv 6,28). Conosciamo la risposta di Gesù: “Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato”(Gv 6,29). Credere in Gesù Cristo, dunque, è la via per poter giungere in modo definitivo alla salvezza”. Alla luce di tutto questo Papa Benedetto XVI ha deciso di indire un “Anno della fede”. Esso avrà inizio l’11 ottobre 2012, nel cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, e terminerà nella solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo, il 24 novembre 2013. “Nella data dell’11 ottobre 2012, ricorreranno anche i vent’anni dalla pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, testo promulgato dal mio Predecessore, il Beato Papa Giovanni Paolo II, allo scopo di illustrare a tutti i fedeli la forza e la bellezza della fede. Questo documento, autentico frutto del Concilio Vaticano II, fu auspicato dal Sinodo Straordinario dei Vescovi del 1985 come strumento al servizio della catechesi e venne realizzato mediante la collaborazione di tutto l’Episcopato della Chiesa cattolica. E proprio l’Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi è stata da me convocata, nel mese di ottobre del 2012, sul tema de La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana. Sarà quella un’occasione propizia per introdurre l’intera compagine ecclesiale ad un tempo di particolare riflessione e riscoperta della fede”. Non è la prima volta che la Chiesa è chiamata a celebrare un Anno della fede. “Il mio venerato Predecessore il Servo di Dio Paolo VI ne indisse uno simile nel 1967, per fare memoria del martirio degli Apostoli Pietro e Paolo nel diciannovesimo centenario della loro testimonianza suprema. Lo pensò come un momento solenne perché in tutta la Chiesa vi fosse “un’autentica e sincera professione della medesima fede”; egli, inoltre, volle che questa venisse confermata in maniera “individuale e collettiva, libera e cosciente, interiore ed esteriore, umile e franca”. Pensava che in tal modo la Chiesa intera potesse riprendere “esatta coscienza della sua fede, per ravvivarla, per purificarla, per confermarla, per confessarla”. I grandi sconvolgimenti che si verificarono in quell’Anno, resero ancora più evidente la necessità di una simile celebrazione. Essa si concluse con la Professione di fede del Popolo di Dio, per attestare quanto i contenuti essenziali che da secoli costituiscono il patrimonio di tutti i credenti hanno bisogno di essere confermati, compresi e approfonditi in maniera sempre nuova al fine di dare testimonianza coerente in condizioni storiche diverse dal passato. Per alcuni aspetti, il mio venerato Predecessore vide questo Anno come una “conseguenza ed esigenza postconciliare”, ben cosciente delle gravi difficoltà del tempo, soprattutto riguardo alla professione della vera fede e alla sua retta interpretazione”. Benedetto XVI ha ritenuto che far iniziare l’Anno della fede in coincidenza con il cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II possa essere un’occasione propizia per comprendere che i testi lasciati in eredità dai Padri conciliari, secondo le parole del beato Giovanni Paolo II, “non perdono il loro valore né il loro smalto. È necessario che essi vengano letti in maniera appropriata, che vengano conosciuti e assimilati come testi qualificati e normativi del Magistero, all’interno della Tradizione della Chiesa … Sento più che mai il dovere di additare il Concilio, come la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel secolo XX: in esso ci è offerta una sicura bussola per orientarci nel cammino del secolo che si apre”. Anche Benedetto XVI intende ribadire con forza “quanto ebbi ad affermare a proposito del Concilio pochi mesi dopo la mia elezione a Successore di Pietro:“se lo leggiamo e recepiamo guidati da una giusta ermeneutica, esso può essere e diventare sempre di più una grande forza per il sempre necessario rinnovamento della Chiesa”. Il rinnovamento della Chiesa passa anche attraverso la testimonianza offerta dalla vita dei credenti: con la loro stessa esistenza nel mondo i cristiani sono infatti chiamati a far risplendere la Parola di verità che il Signore Gesù ci ha lasciato. Proprio il Concilio, nella Costituzione dogmatica Lumen gentium, affermava:“Mentre Cristo, «santo, innocente, senza macchia» (Eb 7,26), non conobbe il peccato (cfr 2Cor 5,21) e venne solo allo scopo di espiare i peccati del popolo (cfr Eb 2,17), la Chiesa, che comprende nel suo seno peccatori ed è perciò santa e insieme sempre bisognosa di purificazione, avanza continuamente per il cammino della penitenza e del rinnovamento. La Chiesa «prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio», annunziando la passione e la morte del Signore fino a che egli venga (cfr 1Cor 11,26). Dalla virtù del Signore risuscitato trae la forza per vincere con pazienza e amore le afflizioni e le difficoltà, che le vengono sia dal di dentro che dal di fuori, e per svelare in mezzo al mondo, con fedeltà anche se non perfettamente, il mistero di lui, fino a che alla fine dei tempi esso sarà manifestato nella pienezza della luce”. L’Anno della fede, in questa prospettiva, è un invito ad un’autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo. “Nel mistero della sua morte e risurrezione, Dio ha rivelato in pienezza l’Amore che salva e chiama gli uomini alla conversione di vita mediante la remissione dei peccati (cfr At 5,31). Per l’apostolo Paolo, questo Amore introduce l’uomo ad una nuova vita: “Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una nuova vita”(Rm 6,4). Grazie alla fede, questa vita nuova plasma tutta l’esistenza umana sulla radicale novità della risurrezione. Nella misura della sua libera disponibilità, i pensieri e gli affetti, la mentalità e il comportamento dell’uomo vengono lentamente purificati e trasformati, in un cammino mai compiutamente terminato in questa vita. La “fede che si rende operosa per mezzo della carità”(Gal 5,6) diventa un nuovo criterio di intelligenza e di azione che cambia tutta la vita dell’uomo (cfr Rm 12,2; Col 3,9-10; Ef 4,20-29; 2Cor 5,17)”. Dunque “Caritas Christi urget nos”(2Cor 5,14): è l’amore di Cristo che colma i nostri cuori e ci spinge ad evangelizzare. “Egli, oggi come allora, ci invia per le strade del mondo per proclamare il suo Vangelo a tutti i popoli della terra (cfr Mt 28,19). Con il suo amore, Gesù Cristo attira a sé gli uomini di ogni generazione: in ogni tempo Egli convoca la Chiesa affidandole l’annuncio del Vangelo, con un mandato che è sempre nuovo. Per questo anche oggi è necessario un più convinto impegno ecclesiale a favore di una nuova evangelizzazione per riscoprire la gioia nel credere e ritrovare l’entusiasmo nel comunicare la fede. Nella quotidiana riscoperta del suo amore attinge forza e vigore l’impegno missionario dei credenti che non può mai venire meno. La fede, infatti, cresce quando è vissuta come esperienza di un amore ricevuto e quando viene comunicata come esperienza di grazia e di gioia. Essa rende fecondi, perché allarga il cuore nella speranza e consente di offrire una testimonianza capace di generare: apre, infatti, il cuore e la mente di quanti ascoltano ad accogliere l’invito del Signore di aderire alla sua Parola per diventare suoi discepoli. I credenti, attesta sant’Agostino, “si fortificano credendo”. Il santo Vescovo di Ippona aveva buone ragioni per esprimersi in questo modo. Come sappiamo, la sua vita fu una ricerca continua della bellezza della fede fino a quando il suo cuore non trovò riposo in Dio. I suoi numerosi scritti, nei quali vengono spiegate l’importanza del credere e la verità della fede, permangono fino ai nostri giorni come un patrimonio di ricchezza ineguagliabile e consentono ancora a tante persone in ricerca di Dio di trovare il giusto percorso per accedere alla “porta della fede”. Solo credendo, quindi, la fede cresce e si rafforza; non c’è altra possibilità per possedere certezza sulla propria vita se non abbandonarsi, in un crescendo continuo, nelle mani di un amore che si sperimenta sempre più grande perché ha la sua origine in Dio”. In questa felice ricorrenza, Benedetto XVI intende invitare i Confratelli Vescovi di tutto l’orbe perché si uniscano al Successore di Pietro, nel tempo di grazia spirituale che il Signore ci offre, per fare memoria del dono prezioso della fede. “Vorremmo celebrare questo Anno in maniera degna e feconda. Dovrà intensificarsi la riflessione sulla fede per aiutare tutti i credenti in Cristo a rendere più consapevole ed a rinvigorire la loro adesione al Vangelo, soprattutto in un momento di profondo cambiamento come quello che l’umanità sta vivendo. Avremo l’opportunità di confessare la fede nel Signore Risorto nelle nostre Cattedrali e nelle chiese di tutto il mondo; nelle nostre case e presso le nostre famiglie, perché ognuno senta forte l’esigenza di conoscere meglio e di trasmettere alle generazioni future la fede di sempre. Le comunità religiose come quelle parrocchiali, e tutte le realtà ecclesiali antiche e nuove, troveranno il modo, in questo Anno, per rendere pubblica professione del Credo. Desideriamo che questo Anno susciti in ogni credente l’aspirazione a confessare la fede in pienezza e con rinnovata convinzione, con fiducia e speranza. Sarà un’occasione propizia anche per intensificare la celebrazione della fede nella liturgia, e in particolare nell’Eucaristia, che è “il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e insieme la fonte da cui promana tutta la sua energia”. Nel contempo, auspichiamo che la testimonianza di vita dei credenti cresca nella sua credibilità. Riscoprire i contenuti della fede professata, celebrata, vissuta e pregata, e riflettere sullo stesso atto con cui si crede, è un impegno che ogni credente deve fare proprio, soprattutto in questo Anno”. Non a caso – ricorda il Santo Padre – nei primi secoli i cristiani erano tenuti ad imparare a memoria il Credo. “Questo serviva loro come preghiera quotidiana per non dimenticare l’impegno assunto con il Battesimo. Con parole dense di significato, lo ricorda sant’Agostino quando, in un’Omelia sulla redditio symboli, la consegna del Credo, dice:“Il simbolo del santo mistero che avete ricevuto tutti insieme e che oggi avete reso uno per uno, sono le parole su cui è costruita con saldezza la fede della madre Chiesa sopra il fondamento stabile che è Cristo Signore …Voi dunque lo avete ricevuto e reso, ma nella mente e nel cuore lo dovete tenere sempre presente, lo dovete ripetere nei vostri letti, ripensarlo nelle piazze e non scordarlo durante i pasti: e anche quando dormite con il corpo, dovete vegliare in esso con il cuore”. Vorrei, a questo punto, delineare un percorso che aiuti a comprendere in modo più profondo non solo i contenuti della fede, ma insieme a questi anche l’atto con cui decidiamo di affidarci totalmente a Dio, in piena libertà. Esiste, infatti, un’unità profonda tra l’atto con cui si crede e i contenuti a cui diamo il nostro assenso. L’apostolo Paolo permette di entrare all’interno di questa realtà quando scrive:“Con il cuore … si crede … e con la bocca si fa la professione di fede” (Rm 10,10). Il cuore indica che il primo atto con cui si viene alla fede è dono di Dio e azione della grazia che agisce e trasforma la persona fin nel suo intimo”. Benedetto XVI richiama l’esempio di Lidia che è quanto mai eloquente in proposito. “Racconta san Luca che Paolo, mentre si trovava a Filippi, andò di sabato per annunciare il Vangelo ad alcune donne; tra esse vi era Lidia e il “Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo”(At 16,14). Il senso racchiuso nell’espressione è importante. San Luca insegna che la conoscenza dei contenuti da credere non è sufficiente se poi il cuore, autentico sacrario della persona, non è aperto dalla grazia che consente di avere occhi per guardare in profondità e comprendere che quanto è stato annunciato è la Parola di Dio. Professare con la bocca, a sua volta, indica che la fede implica una testimonianza ed un impegno pubblici. Il cristiano non può mai pensare che credere sia un fatto privato. La fede è decidere di stare con il Signore per vivere con Lui. E questo “stare con Lui” introduce alla comprensione delle ragioni per cui si crede. La fede, proprio perché è atto della libertà, esige anche la responsabilità sociale di ciò che si crede. La Chiesa nel giorno di Pentecoste mostra con tutta evidenza questa dimensione pubblica del credere e dell’annunciare senza timore la propria fede ad ogni persona. È il dono dello Spirito Santo che abilita alla missione e fortifica la nostra testimonianza, rendendola franca e coraggiosa”. La stessa professione della fede è un atto personale ed insieme comunitario. “È la Chiesa, infatti, il primo soggetto della fede. Nella fede della Comunità cristiana ognuno riceve il Battesimo, segno efficace dell’ingresso nel popolo dei credenti per ottenere la salvezza. Come attesta il Catechismo della Chiesa Cattolica:“«Io credo»; è la fede della Chiesa professata personalmente da ogni credente, soprattutto al momento del Battesimo. «Noi crediamo» è la fede della Chiesa confessata dai Vescovi riuniti in Concilio, o più generalmente, dall’assemblea liturgica dei fedeli. «Io credo»: è anche la Chiesa nostra Madre, che risponde a Dio con la sua fede e che ci insegna a dire «Io credo», «Noi crediamo»”. Quindi, come si può osservare, la conoscenza dei contenuti di fede è essenziale “per dare il proprio assenso, cioè per aderire pienamente con l’intelligenza e la volontà a quanto viene proposto dalla Chiesa. La conoscenza della fede introduce alla totalità del mistero salvifico rivelato da Dio. L’assenso che viene prestato implica quindi che, quando si crede, si accetta liberamente tutto il mistero della fede, perché garante della sua verità è Dio stesso che si rivela e permette di conoscere il suo mistero di amore. D’altra parte, non possiamo dimenticare che nel nostro contesto culturale tante persone, pur non riconoscendo in sé il dono della fede, sono comunque in una sincera ricerca del senso ultimo e della verità definitiva sulla loro esistenza e sul mondo. Questa ricerca è un autentico “preambolo” alla fede, perché muove le persone sulla strada che conduce al mistero di Dio. La stessa ragione dell’uomo, infatti, porta insita l’esigenza di “ciò che vale e permane sempre”. Tale esigenza costituisce un invito permanente, inscritto indelebilmente nel cuore umano, a mettersi in cammino per trovare Colui che non cercheremmo se non ci fosse già venuto incontro. Proprio a questo incontro la fede ci invita e ci apre in pienezza. Per accedere a una conoscenza sistematica dei contenuti della fede, tutti possono trovare nel Catechismo della Chiesa Cattolica un sussidio prezioso ed indispensabile. Esso costituisce uno dei frutti più importanti del Concilio Vaticano II. Nella Costituzione Apostolica Fidei depositum, non a caso firmata nella ricorrenza del trentesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, il Beato Giovanni Paolo II scriveva: “Questo Catechismo apporterà un contributo molto importante a quell’opera di rinnovamento dell’intera vita ecclesiale…Io lo riconosco come uno strumento valido e legittimo al servizio della comunione ecclesiale e come una norma sicura per l’insegnamento della fede”. È proprio in questo orizzonte che l’Anno della fede dovrà esprimere un corale impegno per la riscoperta e lo studio dei contenuti fondamentali della fede che trovano nel Catechismo della Chiesa Cattolica la loro sintesi sistematica e organica. Qui, infatti, emerge la ricchezza di insegnamento che la Chiesa ha accolto, custodito ed offerto nei suoi duemila anni di storia. Dalla Sacra Scrittura ai Padri della Chiesa, dai Maestri di teologia ai Santi che hanno attraversato i secoli, il Catechismo offre una memoria permanente dei tanti modi in cui la Chiesa ha meditato sulla fede e prodotto progresso nella dottrina per dare certezza ai credenti nella loro vita di fede”. Nella sua stessa struttura, il Catechismo della Chiesa Cattolica presenta lo sviluppo della fede fino a toccare i grandi temi della vita quotidiana. “Pagina dopo pagina si scopre che quanto viene presentato non è una teoria, ma l’incontro con una Persona che vive nella Chiesa. Alla professione di fede, infatti, segue la spiegazione della vita sacramentale, nella quale Cristo è presente, operante e continua a costruire la sua Chiesa. Senza la liturgia e i Sacramenti, la professione di fede non avrebbe efficacia, perché mancherebbe della grazia che sostiene la testimonianza dei cristiani. Alla stessa stregua, l’insegnamento del Catechismo sulla vita morale acquista tutto il suo significato se posto in relazione con la fede, la liturgia e la preghiera”. Il Catechismo della Chiesa Cattolica richiama il cuore della legge che è il perdono e la tolleranza. “In questo Anno, pertanto, il Catechismo della Chiesa Cattolica potrà essere un vero strumento a sostegno della fede, soprattutto per quanti hanno a cuore la formazione dei cristiani, così determinante nel nostro contesto culturale”. A tale scopo, Benedetto XVI ha invitato “la Congregazione per la Dottrina della Fede, in accordo con i competenti Dicasteri della Santa Sede, a redigere una Nota, con cui offrire alla Chiesa ed ai credenti alcune indicazioni per vivere quest’Anno della fede nei modi più efficaci ed appropriati, al servizio del credere e dell’evangelizzare. La fede, infatti, si trova ad essere sottoposta più che nel passato a una serie di interrogativi che provengono da una mutata mentalità che, particolarmente oggi, riduce l’ambito delle certezze razionali a quello delle conquiste scientifiche e tecnologiche. La Chiesa tuttavia non ha mai avuto timore di mostrare come tra fede e autentica scienza non vi possa essere alcun conflitto perché ambedue, anche se per vie diverse, tendono alla verità. Sarà decisivo nel corso di questo Anno ripercorrere la storia della nostra fede, la quale vede il mistero insondabile dell’intreccio tra santità e peccato. Mentre la prima evidenzia il grande apporto che uomini e donne hanno offerto alla crescita ed allo sviluppo della comunità con la testimonianza della loro vita, il secondo deve provocare in ognuno una sincera e permanente opera di conversione per sperimentare la misericordia del Padre che a tutti va incontro. In questo tempo terremo fisso lo sguardo su Gesù Cristo, “colui che dà origine alla fede e la porta a compimento”(Eb 12,2): in lui trova compimento ogni travaglio ed anelito del cuore umano. La gioia dell’amore, la risposta al dramma della sofferenza e del dolore, la forza del perdono davanti all’offesa ricevuta e la vittoria della vita dinanzi al vuoto della morte, tutto trova compimento nel mistero della sua Incarnazione, del suo farsi uomo, del condividere con noi la debolezza umana per trasformarla con la potenza della sua Risurrezione. In lui, morto e risorto per la nostra salvezza, trovano piena luce gli esempi di fede che hanno segnato questi duemila anni della nostra storia di salvezza”. Questa è la nostra fede che salva e vince tutte le crisi e tutte le guerre. “Per fede Maria accolse la parola dell’Angelo e credette all’annuncio che sarebbe divenuta Madre di Dio nell’obbedienza della sua dedizione (cfr Lc 1,38). Visitando Elisabetta innalzò il suo canto di lode all’Altissimo per le meraviglie che compiva in quanti si affidano a Lui (cfr Lc 1,46-55). Con gioia e trepidazione diede alla luce il suo unico Figlio, mantenendo intatta la verginità (cfr Lc 2,6-7). Confidando in Giuseppe suo sposo, portò Gesù in Egitto per salvarlo dalla persecuzione di Erode (cfr Mt 2,13-15). Con la stessa fede seguì il Signore nella sua predicazione e rimase con Lui fin sul Golgota (cfr Gv 19,25-27). Con fede Maria assaporò i frutti della risurrezione di Gesù e, custodendo ogni ricordo nel suo cuore (cfr Lc 2,19.51), lo trasmise ai Dodici riuniti con lei nel Cenacolo per ricevere lo Spirito Santo (cfr At 1,14; 2,1-4). Per fede gli Apostoli lasciarono ogni cosa per seguire il Maestro (cfr Mc 10,28). Credettero alle parole con le quali annunciava il Regno di Dio presente e realizzato nella sua persona (cfr Lc 11,20). Vissero in comunione di vita con Gesù che li istruiva con il suo insegnamento, lasciando loro una nuova regola di vita con la quale sarebbero stati riconosciuti come suoi discepoli dopo la sua morte (cfr Gv 13,34-35). Per fede andarono nel mondo intero, seguendo il mandato di portare il Vangelo ad ogni creatura (cfr Mc 16,15) e, senza alcun timore, annunciarono a tutti la gioia della risurrezione di cui furono fedeli testimoni. Per fede i discepoli formarono la prima comunità raccolta intorno all’insegnamento degli Apostoli, nella preghiera, nella celebrazione dell’Eucaristia, mettendo in comune quanto possedevano per sovvenire alle necessità dei fratelli (cfr At 2,42-47). Per fede i martiri donarono la loro vita, per testimoniare la verità del Vangelo che li aveva trasformati e resi capaci di giungere fino al dono più grande dell’amore con il perdono dei propri persecutori. Per fede uomini e donne hanno consacrato la loro vita a Cristo, lasciando ogni cosa per vivere in semplicità evangelica l’obbedienza, la povertà e la castità, segni concreti dell’attesa del Signore che non tarda a venire. Per fede tanti cristiani hanno promosso un’azione a favore della giustizia per rendere concreta la parola del Signore, venuto ad annunciare la liberazione dall’oppressione e un anno di grazia per tutti (cfr Lc 4,18-19). Per fede, nel corso dei secoli, uomini e donne di tutte le età, il cui nome è scritto nel Libro della vita (cfr Ap 7,9; 13,8), hanno confessato la bellezza di seguire il Signore Gesù là dove venivano chiamati a dare testimonianza del loro essere cristiani: nella famiglia, nella professione, nella vita pubblica, nell’esercizio dei carismi e ministeri ai quali furono chiamati. Per fede viviamo anche noi: per il riconoscimento vivo del Signore Gesù, presente nella nostra esistenza e nella storia”. Grazie a Sua Santità Benedetto XVI, uomo d’azione, “l’Anno della fede sarà anche un’occasione propizia per intensificare la testimonianza della carità. Ricorda san Paolo:“Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!”(1Cor 13,13). Con parole ancora più forti – che da sempre impegnano i cristiani – l’apostolo Giacomo affermava:“A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può forse salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro:«Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta. Al contrario uno potrebbe dire:«Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede»”(Gc 2,14-18). La fede senza la carità non porta frutto e la carità senza la fede sarebbe un sentimento in balia costante del dubbio. Fede e carità si esigono a vicenda, così che l’una permette all’altra di attuare il suo cammino”. Il Santo Padre ci ricorda che non pochi cristiani, infatti, dedicano la loro vita con amore a chi è solo, emarginato o escluso come a colui che è il primo verso cui andare e il più importante da sostenere, perché proprio in lui si riflette il volto stesso di Cristo. “Grazie alla fede possiamo riconoscere in quanti chiedono il nostro amore il volto del Signore risorto. “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”(Mt 25,40): queste sue parole sono un monito da non dimenticare ed un invito perenne a ridonare quell’amore con cui Egli si prende cura di noi. È la fede che permette di riconoscere Cristo ed è il suo stesso amore che spinge a soccorrerlo ogni volta che si fa nostro prossimo nel cammino della vita. Sostenuti dalla fede, guardiamo con speranza al nostro impegno nel mondo, in attesa di “nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia”(2Pt 3,13; cfr Ap 21,1). Giunto ormai al termine della sua vita, l’apostolo Paolo chiede al discepolo Timoteo di “cercare la fede”(cfr 2Tm 2,22) con la stessa costanza di quando era ragazzo (cfr 2Tm 3,15). Sentiamo questo invito rivolto a ciascuno di noi, perché nessuno diventi pigro nella fede. Essa è compagna di vita che permette di percepire con sguardo sempre nuovo le meraviglie che Dio compie per noi. Intenta a cogliere i segni dei tempi nell’oggi della storia, la fede impegna ognuno di noi a diventare segno vivo della presenza del Risorto nel mondo. Ciò di cui il mondo oggi ha particolarmente bisogno – scrive Sua Santità Benedetto XVI – è la testimonianza credibile di quanti, illuminati nella mente e nel cuore dalla Parola del Signore, sono capaci di aprire il cuore e la mente di tanti al desiderio di Dio e della vita vera, quella che non ha fine. “La Parola del Signore corra e sia glorificata”(2Ts 3,1): possa questo Anno della fede rendere sempre più saldo il rapporto con Cristo Signore, poiché solo in Lui vi è la certezza per guardare al futuro e la garanzia di un amore autentico e duraturo. Le parole dell’apostolo Pietro gettano un ultimo squarcio di luce sulla fede:“Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po’ di tempo, afflitti da varie prove, affinché la vostra fede, messa alla prova, molto più preziosa dell’oro – destinato a perire e tuttavia purificato con fuoco – torni a vostra lode, gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà. Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle anime”(1Pt 1,6-9)”. La vita dei cristiani conosce l’esperienza della gioia e quella della sofferenza. “Quanti Santi hanno vissuto la solitudine! Quanti credenti, anche ai nostri giorni, sono provati dal silenzio di Dio mentre vorrebbero ascoltare la sua voce consolante! Le prove della vita, mentre consentono di comprendere il mistero della Croce e di partecipare alle sofferenze di Cristo (cfr Col 1,24), sono preludio alla gioia e alla speranza cui la fede conduce:“quando sono debole, è allora che sono forte” (2Cor 12,10). Noi crediamo con ferma certezza che il Signore Gesù ha sconfitto il male e la morte. Con questa sicura fiducia ci affidiamo a Lui: Egli, presente in mezzo a noi, vince il potere del maligno (cfr Lc 11,20) e la Chiesa, comunità visibile della sua misericordia, permane in Lui come segno della riconciliazione definitiva con il Padre. Affidiamo alla Madre di Dio, proclamata “beata” perché “ha creduto” (Lc 1,45), questo tempo di grazia”. Dunque, la presa di posizione inequivocabile della Chiesa sugli abusi ai minori, sia di esempio agli stati, alle imprese, alle società ed alle multinazionali che oggi sono chiamati a fare la loro parte in difesa dei giovani, della famiglia e della vita. Se la Chiesa non ha più preti sufficienti, la responsabilità ricade sulle comunità. È troppo facile accusare la Chiesa ministeriale, scagliando la prima pietra! E non è questione di matrimonio (donne e mogli) per i sacerdoti. Le cose nei secoli cambiano, ma la Chiesa resta sempre quella che è, con la sua alta missione evangelica e umanitaria tra i derelitti e gli ultimi, guidata e protetta direttamente dallo Spirito Santo. Nel suo “potente” messaggio alle famiglie ed ai giovani radunati a Milano per il VII Incontro Mondiale delle famiglie (1-3 giugno 2012), Papa Benedetto XVI ha ribadito la necessità di trovare forme di partecipazione solidale alla soluzione dei problemi di tutti. Se ne discuterà al Santuario di San Gabriele di Isola del Gran Sasso (Te) il 17 giugno 2012, quando verrà celebrata la Festa della Famiglia: dalle ore 11 con una messa celebrata dal cardinale Ennio Antonelli, Presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia, che alle ore 16 presiederà una conferenza sulla famiglia. Il celibato dei preti? Un valore aggiunto. Anche per i laici che dovrebbero istituirne una festività civile, magari con una speciale consacrazione pubblica laicale. Altro che addio al celibato! Se certe notizie turbano pericolosamente i fedeli, è del tutto normale. Se ciò che più spaventa è oggi il “silenzio di Dio”, al netto delle apparizioni mariane pubbliche e delle locuzioni private, le molte crisi umane che rischiano di annientare la vita biologica sulla Terra, lanciano un allarme inequivocabile. Altro che disarmo termonucleare! Samuel Gregg ha definito Benedetto XVI, un “rivoluzionario di Dio” (http://www.acton.org/it/pub/commentary/2012/04/18/benedict-xvi-gods-revolutionary). Rivoluzione, è una parola che evoca immagini di palazzi d’inverno presi d’assalto e l’abbattimento delle Bastiglie. “Ma se un vero rivoluzionario è colui che puntualmente trasforma il pensiero convenzionale sconvolgendolo completamente, uno dei più importanti rivoluzionari mondiali, che sfida lo status-quo del mondo attuale, potrebbe essere tranquillamente un teologo cattolico che parla dolcemente e che ha compiuto 85 anni il 16 aprile di quest’anno” – scrive Samuel Gregg. Anche se viene regolarmente deriso dai suoi critici come “decrepito” e “antico”, Papa Benedetto XVI “continua ad agire come ha sempre fatto fin dalla sua elezione papale di sette anni fa: scrollando non solo la Chiesa Cattolica, ma anche il mondo che è stato chiamato ad evangelizzare”. Le maniere che utilizza per fare ciò non prevedono la “occupazione” di qualche palazzo. “Al contrario, egli si serve di un impegno pacato, e soprattutto coerente verso tutti gli ideali che lo caratterizzano, rendendolo molto diverso dalla maggior parte degli altri leader del mondo contemporaneo – religiosi o meno”. Papa Benedetto ha compreso da tempo una verità che sfugge a molti attivisti politici contemporanei: nel mondo, i cambiamenti più significativi non iniziano normalmente nell’arena della politica. “Invariabilmente, iniziano con le persone che lavorano – nel bene o nel male – con l’elaborazione di idee. Gli scarabocchi di Jean-Jacques Rousseau hanno contribuito a rendere possibile la Rivoluzione Francese, con Robespierre e il Regno del Terrore. Allo stesso modo, è difficile immaginare Lenin e la presa del potere bolscevico in Russia senza racchiudere il tutto nell’indispensabile cornice di Karl Marx. Al di fuori degli ambienti accademici convenzionali, il nome del professore di Oxford H.L.A. Hart sono praticamente sconosciuti. Eppure, pochi individui sono riusciti ed hanno permesso ai Paesi occidentali del XX secolo di creare una società permissiva. Benedetto interviene ancora di più per sgretolare l’attuale status-quo quando egli identifica i paradossi intellettuali alla base di alcune delle forze disfunzionali che operano nel nostro tempo. Per coloro che uccidono in nome della religione, egli precisa che così facendo disprezzano la natura stessa di Dio come Logos, la ragione eterna, che la nostra stessa ragione naturale ci permette di conoscere”. Per coloro che si fanno beffe della fede in nome della ragione, “Papa Benedetto XVI precisa che, così facendo riducono la ragione solo a qualcosa di quantificabile, chiudendo così la mente umana alla pienezza della verità accessibile attraverso la stessa ragione che pretendono di esaltare. Un metodo similare viene messo in atto nelle modalità che Benedetto utilizza per trattare questioni interne riguardanti la Chiesa. Prendiamo ad esempio la recente critica rivolta con educazione ma ben mirata nei confronti di un gruppo di 300 preti austriaci che hanno emesso un appello alla disobbedienza riguardante l’ormai tristemente nota e banale lista degli argomenti che infastidiscono i dissidenti cattolici. Semplicemente ponendo domande, il Papa ha dimostrato una cosa ovvia. Egli si chiede: essi cercano davvero un autentico rinnovamento? Oppure si tratta “soltanto della spinta disperata di fare qualcosa, di trasformare la Chiesa secondo i nostri desideri e le nostre idee?”. Al di là delle specificità del caso austriaco, Papa Benedetto XVI stava sottolineando una cosa che tutti noi cattolici, non solo quelli dissidenti, a volte dimentichiamo. La Chiesa non è infatti “la nostra”. Piuttosto, è la Chiesa di Cristo. Non è quindi solo un’altra istituzione umana che può essere cambiata secondo i capricci umani. E questo, a sua volta ci ricorda che il cristianesimo non si basa su me, me stesso, ed io, ma è centrato su Cristo e la nostra necessità di avvicinarci a lui. Certamente la Chiesa ha sempre bisogno di riforme – ma di riforme volte alla santità, essa non è un semplice alloggio per le basse aspettative del secolarismo. Quindi, tutta questa attenzione di Benedetto per il mondo delle idee ha un costo? Anche tra i suoi ammiratori, si sentono di tanto in tanto le critiche sul fatto che Benedetto si concentra troppo sulle Scritture e non abbastanza su come governare. Ma forse Benedetto scrive proprio in un certo modo perché sa che per il Papa scrivere è il modo per partecipare all’arena della conversazione pubblica universale, ponendo così le verità della fede cattolica proprio dove dovrebbero essere. Per questo, è fortemente ammirato non solo dai cattolici, ma anche da innumerevoli cristiani ortodossi ed evangelici, e anche occasionalmente dai “laicisti beffardi”. Il Papa, però, non fa così perché sta cercando di compiacere qualcuno che lo ascolta. Come accade per tutti i veri rivoluzionari, il pensiero di Benedetto è libero e indipendente. Durante il suo pontificato, ha incessantemente cercato di fare quello che molti della generazione immediatamente successiva al periodo post conciliare, vescovi, sacerdoti, religiosi e teologi non sono riusciti a fare apertamente – agire in modo tale da metterci di fronte alla persona di Gesù il Nazareno e di porci davanti al pensiero e alle vite dei dottori e dei santi della Sua Chiesa, al fine di aiutarci a ricordare la vera vocazione del cristiano in questo mondo”. Nel romanzo di Graham Greene del 1940, “The Power and the Glory”, si legge la storia di un prete dissennato, dedito ai piaceri terreni, la notte prima della sua esecuzione egli capisce che lo scopo della vita cristiana non è la giustizia terrena in ultima analisi, i diritti umani, o questa o quella causa. “Lo squallido prete che ha infranto tutti i suoi voti scopre che il cristianesimo è un’altra cosa:“Ora sapeva che alla fine c’era una sola cosa che conta – essere un santo”. Santità è una parola che non viene molto pronunciata dai dissidenti. Dopo tutto, se passiamo molto tempo a cercare di proclamare le Scritture e tutte quelle cose che rendono Gesù il Cristo, o cercando di comprimere l’etica cristiana nell’incoerenza consequenzialista, è improbabile che possiamo riuscire ad incitare le persone affinché portino avanti una vita di virtù eroiche. Eppure, anche tra i fedeli cattolici, spesso c’è la sensazione che la santità è per gli altri: che i nostri fallimenti di tutti i giorni nel seguire Cristo mostrano che la santità è in qualche modo qualcosa troppo grande di noi. Questo, tuttavia, non è sicuramente il punto di vista di Benedetto. Per lui, la santità sta nell’impegno che mettiamo nel seguire Cristo, non importa quante volte si cade durante il cammino. Inoltre, Benedetto crede che solo la santità produce quell’anelito di bontà impavida e indistruttibile che cambia veramente il mondo. Mai Benedetto ha chiarito così bene questo punto come quando ha pronunciato queste parole durante la notte della veglia di preghiera per le migliaia di giovani convenuti in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù a Colonia nel 2005:“I santi sono i veri riformatori. Solo dai santi, solo da Dio viene la vera rivoluzione. Non sono le ideologie che salvano il mondo, ma soltanto il volgersi al Dio vivente, che è il nostro creatore, il garante della nostra libertà, il garante di ciò che è veramente buono e vero. La rivoluzione vera consiste unicamente nel volgersi senza riserve a Dio che è la misura di ciò che è giusto e allo stesso tempo è l’amore eterno. E che cosa mai potrebbe salvarci se non l’amore?”. Sì, Dio è Amore. Il Logos è Caritas: non esiste un messaggio più rivoluzionario di questo. Se ci salveremo davvero su questa povera Terra sarà sicuramente per merito di uomini d’azione e di rivoluzione come Papa Benedetto XVI. Chapeau.
Nicola Facciolini
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