S’inaugura il 15 giugno alle ore 18, a Pescara, nella Casa natale di Gabriele d’Annunzio, in Corso Manthonè, una singolare mostra foto-grafica Trecentonove (il trattino è voluto) di Claudio Di Francesco, tanti gli scatti della sua macchina impressi in “immagini” esposte negli spazi del museo dannunziano. Rimarranno in mostra per un mese, fino al 16 luglio. Ma quel 309 evoca dolorosamente anche il numero delle vittime del terremoto dell’Aquila, in quel terribile 6 aprile 2009 che per gli aquilani ha marcato una nuova era. Le foto in esposizione hanno una singolarità: sono le immagini riflesse su una delle porte in sequela sotto i portici di San Bernardino. Per mesi l’artista ha fotografato lo stesso punto, talvolta tra la curiosità e la meraviglia dei rari passanti e dei militari che presidiano la “zona rossa”, cogliendo in divenire le immagini del contesto urbano che man mano mutava, tra puntellamenti dei palazzi, imbragature, sostegni e armature, in un coacervo di tubi di ferro. La narrazione foto-grafica è stata realizzata in 309 scatti d’obiettivo – di qui in titolo dato alla mostra – in memoria delle vittime, e alcune di esse hanno
davvero un forte impatto visivo ed emozionale. Una, in particolare, sembra riflettere l’immagine di un’aquila che con il becco cerca d’afferrare la città e risollevarla ad una condizione di riscatto e di rinascita.
Claudio Di Francesco, nato nel 1955 a San Martino sulla Marrucina (Chieti), da molti anni vive a Paganica, la più popolosa frazione dell’Aquila, distesa alle falde del Gran Sasso d’Italia, sulla via che sale verso la vetta dell’Appennino, fino a Campo Imperatore. Sociologo, già dirigente d’azienda, Di Francesco ha da sempre coltivato la passione per la fotografia d’arte, impegnando la sua sensibilità per le vicende umane, talvolta le più drammatiche e dolorose, con un sincero trasporto di condivisione. La sua attenzione d’artista spesso sofferma l’obiettivo ristretto al particolare, al dettaglio, talvolta più pertinente e descrittivo d’una narrazione a tutto campo. Così egli traccia il senso dell’imminente esposizione nel Museo di Casa d’Annunzio, a Pescara: “In questa mostra non presento semplicemente degli scatti fotografici, propongo invece “immagini”, immagini di una città ferita e di un vissuto personale e collettivo dilaniato. Non voglio rappresentare tout court il visibile, ma cogliere l’invisibile reale che è dentro la propria soggettività scossa, terremotata e dentro le strutture del reale percepito”.
“Ne scaturisce un lavoro – annota ancora Claudio Di Francesco – che va oltre la fotografia e si iscrive nella dimensione dell’arte contemporanea come trasfigurazione del reale, al punto che le immagini non sono rappresentazione di “qualcosa” ma segni tangibili di un disagio antropologico. Oserei parlare di fotografia pittorica, di simbolismo materico, di iperrealismo ancorato al concreto, e non visione intellettualistica e astratta della realtà. Le immagini rappresentate sono esse stesse “deformazioni” di una realtà irriconoscibile e deformata, dove è percepibile l’aspetto di estraneazione e di lontananza dell’io, dove la quotidianità non ha più gesti e segni da condividere. Del resto la città non vive e respira del respiro degli aquilani, non si alimenta delle dinamiche e delle contraddizioni del vivere, è abbando-nata, è chiusa in uno spazio-tempo senza ri-nascita. Le immagini di questo lavoro racchiudono proprio l’angoscia del non divenire, del non appartenere, del non condividere con gli Altri sogni e speranze, paure e certezze”.
La mostra reca il prestigioso marchio della Soprintendenza per i Beni Artistici ed Etnoantropologici dell’Abruzzo, che ha consentito per l’esposizione uno dei luoghi più evocativi per la cultura italiana, qual è la Casa natale di Gabriele d’Annunzio, a Pescara. La Soprintendente per l’Abruzzo, Lucia Arbace, segnala l’evento con un’ interessante presentazione critica. “Ho accolto con vero interesse – scrive Lucia Arbace – la proposta di Claudio Di Francesco di organizzare una mostra delle sue fotografie presso i locali del Museo Casa natale di Gabriele D’Annunzio a Pescara, foto che fissano, in maniera originale e innovativa, gli effetti del devastante terremoto. Si tratta di un reportage fotografico dall’alto valore evocativo quello condotto da Claudio Di Francesco, che ha fermato nei suoi scatti l’azione del tempo sulle architetture aquilane. L’estetica del paesaggio urbano è stata stravolta dalla messa in opera dei puntellamenti che Di Francesco ha documentato nel loro divenire con un ritmo incalzante, realizzando queste sue “fotografie pittoriche”. Lo scatto reiterato nel tempo sempre sullo stesso oggetto – una porta sotto le arcate di San Bernardino -, ha catturato il riflesso del contesto urbano che si modificava via via mentre le opere di messa in sicurezza venivano realizzate. La deformazione reale e artificiale convive in queste opere, dove è stato astratto il dato tangibile attraverso il riflesso che altera l’immagine modificandone i connotati, rendendola “altra” sia dalla dimensione spaziale che da quella temporale. La suggestione e la magia dell’immagine – conclude la Soprintendente Arbace – naturalmente cede anche il passo alla struggente malia del ricordo, che affiora con forza nell’animo di quanti amano la città e auspicano il restauro delle prestigiose architetture del centro storico dell’Aquila”.
Dunque, rilevante è il contributo che Claudio Di Francesco dà con la sua cospicua produzione fotografica, composta in questa singolare esposizione “Trecentonove”. Alla qualità artistica delle sue “immagini” egli associa il valore della narrazione, aggiungendo un di più nella costituzione di quella memoria collettiva degli aquilani che negli anni a venire racconterà la tragedia dell’Aquila, straordinaria città d’arte sconvolta dal sisma, le ferite dell’anima dei suoi abitanti, la loro determinazione a restituire alla città il volto stupendo delle sue architetture, a ricostruire il luogo autentico della propria esistenza.
Goffredo Palmerini
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