Un colpo di testa di Cassano, che ha sorpreso noi quanto gli irlandesi ed una mezza rovesciata di Balotelli, risvegliatosi da un letargo che sembrava infinito e tutte le nostre paure sono dietro alle spalle.
Ieri, con l’Irlanda, la nostra nazionale ha giocato bene, ma soprattutto con il cuore, sbagliando poco e muovendosi molto, nonostante il caldo afoso e qualche incertezza che, a volte, rallentava il gioco.
De Rossi, riacquistata la sua posizione, è stato il migliore in campo ma, in verità, nessuno ha sfigurato.
Soffriamo un po’ all’inizio, a volte stentiamo ad essere fluidi e veloci, ma nel complesso i nostri vincono bene e convincono pienamente.
Così voliamo ai quarti, col cuore gonfio di speranze ed una squadra che pare ritrovata.
La Croazia saluta e Spagna e Italia vanno avanti, con, per noi, sfida con la prima del Gruppo D (Francia, Inghilterra o Ucraina), sabato prossimo a Kiev.
“Sofferenza, gioia: c’è di tutto. È stata una partita molto, molto difficile. Abbiamo affrontato una squadra ed un pubblico meraviglioso, ma questo è lo sport e noi abbiamo accettato di soffrire in certi momenti, ma abbiamo voluto questa vittoria. Questa sera abbiamo capito che oltre alla tecnica, ci vuole la qualità ed il cuore”. Questo il commento di Cesare Prandelli, che tira un sospiro di sollievo anche se sa che la strada è ancora lunga ed irta di ostacoli.
In questo clima di euforica gioia ai più è sfuggito il pezzo con cui, ieri, il Wall Street Journal, analizza il fallimento italiano nella gestione di uno dei principali patrimoni nazionali: il calcio, appunto.
“I grandi tornei di calcio non dovrebbero finire così per l’Italia”, racconta il quotidiano finanziario newyorkese, “con gli azzurri costretti ad aspettare i risultati provenienti da altre città per scoprire il proprio destino. Gli italiani dovrebbero essere fra le squadre più forti. Eppure l’intera nazione è spaventata da un’altra uscita prematura dopo quella di due anni fa contro la Slovacchia ai mondiali sudafricani”.
“Negli ultimi dieci giorni si è parlato molto del tentativo degli azzurri di imitare lo stile di gioco dei propri vicini europei, fatto di passaggi nello stretto e possesso di palla”, spiega il quotidiano di Rupert Murdoch.
“Uno stile di gioco sconosciuto a generazioni di italiani, abituate a guardare un gioco difensivo, il catenaccio, che ha reso l’Italia campione del mondo per quattro volte”. “Per risolvere i propri problemi all’Italia potrebbero non bastare i cambiamenti nello stile di gioco”, afferma il Wall Street Journal.
“L’Italia deve ancora compiere il passo fatto da tutte le grandi nazionali d’Europa negli ultimi 15 anni per consolidare la propria posizione fra le grandi potenze calcistiche del nuovo secolo: investire nei giovani, ricostruire i propri programmi calcistici e, in alcuni casi, guardare ai giocatori di origine straniera, per aumentare quello che un paese di appena 60 milioni di abitanti può produrre”.
Insomma se le paure sono alle spalle il futuro è pieno di incertezze e tutte da risolvere fuori e dentro al rettangolo verde.
Carlo Di Stanislao
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