Le parole con cui Mario Monti ha chiuso la conferenza stampa di Villa Madama fanno capire che lo “oui” di Holland si è infranto con il “nien” di Angela Merkel, che ha continuato a ripetere, ostinatamente, il rispetto dei trattati e delle regole, facendo capire che non si sarà l’intervento sui titoli di debito da parte del fondo salva-Stati senza un parallelo “commissariamento” (e relativa perdita di sovranità) degli Stati che ne faranno ricorso.
Ma un colpo a sorprese il flemmatico ed algido Monti lo tira fuori di fronte agli allibiti ospiti, affermando pungente al’indirizzo di François Hollande e alla Merkel,: “Se può sembrarvi esagerata l’insistenza sulle regole della costruzione europea, vi invito a considerare che quasi 10 anni fa ormai, nel 2003, la Germania e la Francia, con l’autorizzazione e la complicità della presidenza italiana, deragliarono dalle regole dell’euro. Abbiamo impiegato quasi 10 anni a ricostituire la credibilità che non venne infranta dai greci o dai portoghesi, ma dai principali Paesi dell’euro. Ecco quindi il valore delle regole…”.
Come dire: da che pulpito, mentre dal suo entourage viene spiegato che la Merkel “non può continuare a nascondersi dietro il rispetto delle regole per negare la solidarietà ai Paesi virtuosi” e, ancora, “i tedeschi quando hanno voluto hanno violato le regole…”.
Insomma nell’atteso e breve (75 minuti in tutto) quadrilatero romano, presenti anche il ministro dell’Europa Enzo Moavero e il viceministro dell’Economia Vittorio Grilli, Monti, pur non archiviando il tutto come un fallimento, ora sa di certo che non puà aspettarsi novità importanti dal Consiglio europeo di giovedì prossimo.
Certo, ha aggiunto il primo ministro, “qualche novità positiva sul fronte dell’unione bancaria e finanziaria e delle garanzie per i depositi «dovrebbe arrivare dal rapporto di Draghi, Barroso, Juncker e Van Rompuy”; ma ciò che è palese, purtroppo, è che “ci vuole tempo per fare affermare il principio che vanno salvaguardati i Paesi virtuosi vittime della speculazione finanziaria”.
Ciò che ha trovato l’accordo di tutti è la Tobin Tax, la tassa sulle transazioni finanziarie, con la Merkel che ha assicurato: “Noi quattro appoggiamo l’introduzione della tassa sulle transazioni finanziarie, abbiamo deciso di agire in modo efficace”. Tassa che Hollande sarebbe pronto a introdurre anche “attraverso la cooperazione rafforzata”, quindi anche senza l’accordo della Gran Bretagna.
Una voce definita “autorevole” dal Messaggero , ci informa che le cose comunque non sono andate malissimo, poiché giovedì, al Consiglio europeo, “otterremo la golden rule che permetterà di scorporare gli investimenti pubblici per la ricerca e l’innovazione dal deficit. Un ottimo traguardo è anche il riorientamento del bilancio comunitario verso la crescita, con i fondi strutturali destinati allo sviluppo e non più alle sovvenzioni per l’agricoltura…”. Positiva, secondo Monti che ha dovuto mediare tra Hollande e Merkel, anche l’indicazione di una “road map” verso l’unione politico-economia che porterà “alla nascita degli eurobond nel medio-lungo periodo”.
Ma, ripeto, abbiamo tutto questo tempo?
Certo, anche se Madrid non vuole ammetterlo, la Spagna sta peggio di noi e da parecchi mesi. Ma, in questo, caso, ciò non basta affatto a consolarci.
Credo continui ad avere ragione Mario Deaglio, docente di Economia internazionale all’Università di Torino, che sulla stampa, due settimane fa diceva, che la Merkel continua sulla strada dell’unione fiscale, sottraendosi pertinacemente dal prendere posizione su quanto le viene chiesto insistentemente: permettere provvedimenti di crescita.
E, a proposito della’idea di stampare comunque moneta, diceva anche, sempre Deaglio, che, poiché la Bce non può fare prestiti ai governi, non può certo stampare moneta. Per ora, grazie alle operazioni “Ltro”, ha preso in deposito dalle banche dei titoli non liquidi offrendo in cambio liquidità.
Questo è un modo, in qualche misura concesso, per stampare moneta, ma va bene se fatto una o due volte: non può diventare sistematico.
Avremmo bisogno di qualcosa che aiuti i governi, come il fondo salva-Stati, ma sull’utilizzo di questo strumento siamo ancora fermi, perché i tedeschi non sono d’accordo nell’usarlo in una situazione come questa.
Lo scorso 18 giugno, Pasquale De Vita, presidente di Unione Petrolifera, illustrando la relazione annuale dell’organizzazione, ha rilevato ”che si stima che per tornare al pil del 2007 serviranno ancora 7-8 anni (cioe’ non prima del 2019)”.
Alla vigilia del vertice a quattro di Roma, Silvio Berlusconi, parlando ai giovani del Pdl a Fiuggi, ha dato la sua ricetta per superare la crisi: chiedere l’uscita della Germania.
Una ricetta tanto scioccante quanto insensata, fatta solo per “epater le bourgeois”, nel suo stile da showman consumato con rinforzo attraverso la sua ricandidatura alla guida dei moderati.
Carlo Di Stanislao
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