Sono 11 anni che Loreto, Pino e Roberto Giangrossi, deliziano questa città prendendola letteralmente per la gola e prodigandosi per fare della ristorazione un’ arte complessa, composta di particolari pre e post-culinari, come hanno apprezzato, nel 2009, gli ospiti internazionali del G8 e, soprattutto, l’allora premier dame Carla Bruni, che, una volta tanto, elogiò qualcosa di italiano.
Ed ora all’insegna dell’accoglienza, tema complicato da immaginare in questa parte d’Abruzzo, hanno portato a compimento un sogno antico, accarezzato da molti anni: un albergo prospiciente il loro splendido ristorante, chiamato “La Dimora del Baco”, con 21 camere e 4 suite, modernamente concepito ma con un riguardo particolare al luogo e al bello, in una dimensione che necessita di quest’ultimo in un modo davvero urgente e particolare.
Insomma la “famiglia del Baco da Seta”, allarga i suoi orizzonti e pone un tassello di valore per dar lustro ad una città che di lustro e bellezza ha davvero bisogno, in ogni suo campo.
Il 27 prossimo l’inaugurazione e poi via, alla ricerca di una visibilità e di una clientela che respiri con l’Italia ed col mondo.
“L’accoglienza sorride sempre e l’addio se ne va sospirando” scriveva sei secoli fa Shakespeare, perché sapeva che fare accoglienza coniuga disponibilità umana e cultura, competenza e serietà professionale.
E sul campo, in più di due lustri, fra molti frangenti ed in svariate occasioni, la famiglia Giangossi ha mostrato di possederle queste doti, sapendo interpretare, nei tavoli ristetti come nelle tavolate, nelle cerimonie pubbliche come in quelle private, i sogni e le aspettative dei suoi ospiti.
Il nuovo albergo, ne siamo certi, consentirà di arricchire l’offerta, con saggi giornalieri e continui che parleranno ai clienti della tipicità e della ricchezza di questo, spesso sottovalutato, territorio.
In fondo, mi viene da pensare, il “Baco”, dopo molte interne trasformazioni, sta dovendo farfalla: simbolo di trasformazione e rinascita, simbolo che è emblema di ciò che adesso occorre a questi luoghi devastati, inselvatichiti e resi brutti dalla natura e dalle scelte (o non scelte) dell’uomo.
Com’è noto, la metamorfosi larvale inizia all’interno di un bozzolo duro, ventre-utero simbolico, rappresentante la Morte della forma pre-esistente.
In seguito, il bozzolo viene lacerato, e la Farfalla appena sviluppata fa capolino dal suo rifugio.
Poco alla volta le sue ali vengono lentamente dispiegate e lasciate qualche minuto all’aria ad asciugare, prima di spiccare il volo verso il proprio destino, espandendosi verso il successivo livello di trasformazione vitale.
E questo hanno fatto, per molti anni, con difficoltà smisurate negli ultimi tre, i componenti della famiglia Giangrossi, con l’aiuto solo del loro ingegno, dell’entusiasmo e della indomita capacità creativa, ricettiva, oltre che imprenditoriale, che ne ha sempre caratterizzato l’operato.
E a chi volesse pensare, poi, malvagiamente (cosa che accade sovente in terra di pastori), che le farfalle hanno comunque vita breve, ricorderò che anche questo è un errore in termini biologici, in quanto la durata dell’esistenza di questi splendidi insetti varia a seconda della specie a cui appartengono: la Monarca, ad esempio, è in grado di vivere per mesi interi, durante i quali migra in gruppi numerosi verso mete più calde.
E, ne sono certo, la farfalla che nasce ora dal “bruco” Giangossi, non solo durerà a lungo nel tempo, ma con ali sempre più colorate, voli più spettacolari e tortuosi, guadagnerà cieli sempre più grandi e spaziosi, rendendo il nostro ambiente decisamente più bello e migliore.
“Chi conosce il segreto del baco”, ha scritto Khamis bar Qhadake, un mistico arabo del XII secolo, “è al centro del segreto della felicità”.
I Giangrossi conoscono tale segreto.
Carlo Di Stanislao
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