Dal 22 al 24 giugno, Marina di Camerota ha celebrato i suoi stretti legami con il Venezuela, un’occasione per ricordare in modo più ampio l’emigrazione italiana verso quel Paese. Un evento non casuale, considerato che la popolazione della perla turistica del Cilento – oltre settemila abitanti – è in realtà costituita all’80% da emigrati rientrate in Italia dopo un periodo lavorativo trascorso nel paese sudamericano e soprattutto da nati in Venezuela, a cominciare dal sindaco, Antonio Romano.
La prima edizione di “Parrandeando: ritmo y sabor latino nel Cilento” si è svolta nell’area portuale ed ha voluto rappresentare un’occasione per immergersi nella musica, nella cultura e nella gastronomia venezuelana. L’evento è stato promosso dall’Associazione “Alma Llanera”, con la collaborazione delle Associazioni locali “Simon Bolivar”, “Francisco de Miranda” e “Marina 3000” e con il patrocinio della Repubblica del Venezuela.
Tra gli artisti presenti alla manifestazione sono da segnalare la cantante cubana Doris Lavin, il maestro di tango Carlos Ochoa, Alvaro José, i musicisti di salsa Conjunto Sabroson, il concertista Senio Diaz (figlio del grande Alirio) e il gruppo di musica tradizionale cilentana Rotumbé. La manifestazione è iniziata con una conferenza promossa dall’Ambasciata del Venezuela a Roma e dal Consolato di Napoli, cui hanno partecipato Carlos Abreu, Console aggiunto a Napoli; Miguelangel Della Vecchia, primo Segretario Ambasciata venezuelana incaricato dell’area economica ed Edwin Yanez, Console aggiunto a Roma.
A Della Vecchia il compito di illustrare i “Successi del Governo Bolivariano” maturati nei 13 anni dell’era Chavez, sintetizzati anche da una serie di poster e da un pieghevole in italiano in cui vengono esaltati i risultati conseguenti alle “trasformazioni nel campo economico, politico, sociale e dell’istruzione”. Viene posto in evidenza il risultato di un’indagine promossa da Gallup che colloca il Venezuela al quinto posto della classifica dei “paesi più felici del mondo” (altre indagini ridimensionano tale posizione). Il giovane diplomatico tiene il suo intervento in lingua spagnola. Mantiene l’approccio ufficiale anche quando, nell’atto di concludere, non può fare a meno di richiamare le origini dei suoi genitori, entrambi nativi di Camerota (più tardi, all’inizio degli spettacoli, si lascerà finalmente andare, ammettendo in italiano di sentirsi di casa nel nostro Paese).
Proprio l’economia sembra il tasto che più preoccupa quanti hanno legami con il Venezuela. Chi vive a Marina con parte dei propri pensieri e interessi anche familiari dall’altra parte dell’oceano è poco incline a parlare del governo Chavez e dei suoi successi esibiti con un taglio propagandistico. Domingo Bagnati è tra i più attivi organizzatori dell’Associazione Alma Llanera, che riprende il nome di un popolare inno del paese sudamericano. Ha i capelli bianchi e parla con affetto del “suo” Venezuela, preferendo soffermarsi sull’importanza dell’evento per mantenere e rafforzare i legami con la cultura di un Paese che si sente proprio non meno dell’Italia. Peppino D’Avenia ricorda di essere emigrato a Caracas appena finita seconda guerra mondiale, non ancora maggiorenne, per raggiungere altri parenti. Aveva iniziato a lavorare a sei anni; pescatore insieme allo zio. Ma la miseria allora non lasciava prospettive. Nonno Peppino si commuove nel ricordare lo spirito che caratterizzava allora la comunità italiana in Venezuela. Ricorda la straordinaria solidarietà tra connazionali. Aveva amici cilentani, ciociari, abruzzesi, pugliesi e veneti. Tiene a puntualizzare: “Si anche veneti. Alla fine della guerra pure i veneti non se la passavano meglio di noi che venivamo dal sud”.
L’impegno di tutti a risparmiare il più possibile per mandare i soldi a casa. Poi all’inizio degli anni settanta il rientro in Italia per avviare una attività alberghiera, seguendo l’orizzonte di sviluppo di Marina di Camerota. Da alcuni anni l’albergo sito nella principale arteria di Marina, via Bolivar, è gestito dal figlio Mario, nato a Caracas. Ed è proprio Mario a spiegarmi con un pizzico di orgoglio e al tempo stesso di nostalgia che la strada è stata realizzata negli anni passati con il contributo dei venezuelani, i quali hanno concorso addirittura alle spese per la rete fognaria. I venezuelani di Camerota dedicarono al libertador Simon Bolivar nel 1958 un busto in segno di gratitudine verso il paese che li aveva accolti e aiutati a sottrarsi alla miseria. La scultura è posta nell’omonima piazza che domina il porto. Ma Mario e gli altri avvertono in comune l’orgoglio di aver concorso allo sviluppo del Venezuela, un motivo in più per rimanerne legati sempre.
Una mostra sulla “Emigrazione italiana in Venezuela”, promossa dall’Associazione Bolivar, ha raccontato e documentato il fenomeno migratorio verso il paese sudamericano, a partire dall’Ottocento. Si pensi che il Consolato Generale del Venezuela fu attivato il 17 marzo del 1856 “nell’interesse reciproco di promuovere relazioni di commercio tra la Repubblica del Venezuela e i domini di sua Maestà il Re delle due Sicilie”, diventando uno dei riferimenti del “sogno americano”.
A Marina di Camerota anche il cinema è dedicato al Libertador. Le bellissime spiagge, ricche di baie e insenature puntellate da antiche torri d’avvistamento attirano oggi un crescente turismo internazionale, come si può facilmente capire girando per diversi bar all’aperto, dove non mancano maxischermi che proiettano le partite del campionato europeo di calcio sintonizzati sui canali della televisione tedesca.
Il turista più attento potrà comunque percepire il carattere sudamericano di Camerota, oltre che dal nome di strade e piazze, dalla denominazione di negozi, alberghi, dalla lingua spagnola che si può facilmente ascoltare muovendosi tra le strette strade dell’antico borgo marino. Durante la tre giorni di PARRANDEANDO ha assicurato la sua presenza anche l’Ambasciatore del Venezuela presso la Santa Sede. Anche l’aspetto religioso non è certo secondario in una comunità nella quale accanto al culto di Padre Pio è molto diffuso quello della Madonna di Coromoto, patrona del Venezuela, che è portata in processione per le vie del paese in occasione della sua festa che ricade a settembre. Le immagini della Madonna di Coromoto non mancano nemmeno nel gazebo dell’organizzazione di PARRANDEANDO, sito nell’area portuale. Non è difficile intuire come in quest’oasi italo-venezuelana la popolazione porti nel cuore soprattutto valori perenni del rapporto con la cultura e la vita del Venezuela, dalla musica alla religione, dall’amicizia a consolidate reti di relazioni in un continuo movimento, tra chi torna e chi ancor oggi è costretto a partire per trovare uno sbocco occupazionale.
Antonio Bini
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