Venti “scienziati…in erba” volano negli Usa. Dal 23 luglio al 12 agosto 2012, venti giovani studenti delle scuole superiori abruzzesi, i vincitori del concorso selezionati dal Lngs-Infn, varcano la soglia della prestigiosa Princeton University (“Conosci te stesso”) per partecipare con impegno e profitto alla IX edizione della Scuola Estiva di Fisica Gran Sasso-Sud Dakota-Princeton, in programma nel famoso campus universitario degli Stati Uniti d’America (New Jersey). Sono gli studenti: Angiolillo Silvia, Arduini Antonio, Azzari Paride, Bevilacqua Ismaele, Bontempo Federico, De Angelis Stefano, De Luca Valerio, Di Bello Antonio, Durante Alessio, Fiore Giulia, Furia Manuel, Landi Marco, Luciani Dario, M. Francesco Paolo, Mancini Stefano, Palombo Davide, Ricci Lorenzo, Scarpetta Marco, Suvorov Denis e Viscogliosi Letizia. Il Laboratorio Nazionale del Gran Sasso (Infn) è da sempre in prima linea nella promozione della scienza, della tecnologia e della formazione permanente sul territorio. Gli esperimenti scientifici, le pubblicazioni internazionali e i risultati conseguiti indicano che siamo sulla buona strada per trasformare l’Abruzzo in una miniera di scienza, conoscenza, tecnologia e ricerca al servizio della pace, dello sviluppo economico e sociale della persona. Le venti giovani promesse scientifiche abruzzesi sbarcano negli Usa il 27 luglio dopo una fase introduttiva che si svolge nei Laboratori Infn del Gran Sasso. La Scuola estiva di Fisica è organizzata dal Laboratorio Nazionale del Gran Sasso (Infn) in collaborazione con le Università di Princeton e L’Aquila. I venti studenti abruzzesi possono piacevolmente trascorrere, con alcuni loro colleghi del South Dakota, un periodo di formazione pre-universitaria. Nonostante il grave sisma che ha colpito L’Aquila il 6 aprile 2009 (Mw=6.3; 309 morti; 1600 feriti) l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e gli sponsor della pregevole iniziativa, hanno ritenuto di dover comunque dar seguito alla Scuola di Fisica per offrire un segnale di ripresa e di speranza. I venti ragazzi hanno l’opportunità di visitare anche altre realtà scientifiche abruzzesi prima della partenza. “La Fondazione Carispaq sostiene anche la nona edizione della Scuola Estiva Gran Sasso-Princeton University – fa notare Roberto Marotta Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di L’Aquila – perché siamo convinti dell’importanza di questa iniziativa che offre una grande opportunità ai giovani abruzzesi . In un momento di grande preoccupazione per il futuro delle giovani generazioni la Fondazione Carispaq che da quest’anno ha inserito tra i suoi settori di intervento uno nuovo dedicato alla Crescita e Formazione Giovanile, sempre più spesso sostiene progetti che hanno come riferimento proprio i giovani per supportarli nella costruzione del loro futuro”. Entusiasta il Direttore dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso. “Ritengo un segnale importante dare rilievo al merito – dichiara Lucia Votano – premiando i 20 migliori studenti Abruzzesi che avranno la straordinaria opportunità di vivere e studiare in uno dei più famosi campus universitari del mondo. Quest’anno, a fianco degli storici sponsor dell’iniziativa, che ringrazio per il costante supporto, per la prima volta la Scuola estiva rientra in una delle attività del progetto “La società della conoscenza in Abruzzo”, finanziato nell’ambito del protocollo d’Intesa con la Regione Abruzzo PO FSE 2007-2013”. Gli studenti, fino al 12 agosto 2011, seguono nel campus dell’Università di Princeton lezioni di fisica, astrofisica e inglese. I nostri “scienziati…in erba” partecipano a seminari e incontri speciali con ricercatori italiani che lavorano da anni negli States, in particolare nel Dipartimento di fisica della Princeton University, a caccia di neutrini, raggi cosmici, bosoni e materia oscura. I venti studenti abruzzesi dell’ormai ex classe quarta superiore (con una discreta conoscenza della lingua inglese) sono stati selezionati lo scorso mese di maggio 2012 dal Lngs-Infn con un concorso: una prova scritta che ha contribuito alla loro valutazione sugli argomenti dei programmi di fisica, matematica e chimica dei trienni delle scuole superiori. Gli scienziati Infn e i loro colleghi americani, per questa nona edizione, hanno pensato bene di estendere il programma a dieci studenti del Sud Dakota (Usa) che, dopo aver trascorso alcuni giorni ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso, raggiungono l’Università di Princeton insieme agli studenti italiani. Il Sud Dakota è lo Stato americano (il cui nome è un tributo alla famosa tribù dei Nativi Americani Lakota Sioux) dove è stata proposta la realizzazione di un laboratorio di fisica simile al Gran Sasso per lo studio dei neutrini. Ai venti studenti partecipanti vengono offerti vitto e alloggio all’interno del Campus di Princeton e il biglietto aereo di andata/ritorno. Inclusi nel programma vi sono visite a New York, Philadelphia, Washington D.C., nonché a località di rilevante importanza storica nei pressi di Princeton che è una piacevole città universitaria ad un’ora di treno da New York e Filadelfia. Princeton offre molte attrazioni durante l’estate. Gli studenti hanno alcuni pomeriggi e il fine settimana liberi, per esplorare la zona e godere l’atmosfera di uno dei più bei campus negli Stati Uniti d’America. Perché la Scuola di Fisica si svolge a Princeton? Nel 1905, Albert Einstein pubblicò tre articoli rivoluzionari che crearono le basi di tre fondamentali teorie fisiche: la Teoria della relatività, la Teoria quantistica e la Teoria del moto browniano. Il prestigio di Princeton si deve alla qualità dei suoi docenti, tra i quali si annoverano molti premi Nobel. Albert Einstein visse e lavorò a Princeton per ben trent’anni. Tra le attrazioni storiche segnaliamo il campo di battaglia di Princeton, dove i coloni continentali del generale Washington sconfissero i Britannici durante la Rivoluzione Americana per l’Indipendenza che si festeggia il 4 Luglio. È la quarta più antica Istituzione educativa superiore degli Stati Uniti. Fu fondata come College del New Jersey nel 1746 ed era originariamente collocata a Elizabeth (New Jersey). La scuola si trasferì a Princeton nel 1756 ancora con il suo nome originale che fu cambiato ufficialmente in “Università di Princeton” nel 1896. Sebbene originariamente fosse una Istituzione presbiteriana, l’Università oggi non è più confessionale e non richiede alcuna dichiarazione di appartenenza religiosa ai suoi allievi. Princeton è un comune della contea di Mercer, nello stato del New Jersey. La cittadina è famosa anche per essere sede del “Princeton Theological Seminary” del Westminster Choir College. Durante la Guerra di Indipendenza Americana, il New Jersey fu teatro di importanti scontri fra i britannici, che si erano impossessati di New York, e le forze continentali dei coloni americani che avevano la loro capitale a Filadelfia. Una di queste celebri battaglie avvenne a Princeton il 3 gennaio 1777 quando le truppe del generale George Washington bloccarono l’avanzata delle Giubbe Rosse britanniche di Charles Cornwallis. Nell’estate del 1783 il Congresso Continentale si riunì diverse volte alla Nassau Hall dell’Università di Princeton, rendendo la cittadina “capitale degli USA” per quattro mesi. Il presidente Grover Cleveland visse a Princeton gli ultimi anni della sua vita ed è sepolto nel cimitero cittadino. Pochi anni dopo Woodrow Wilson, che era stato professore e rettore di Princeton, nonché governatore del New Jersey, diventò presidente, guidando gli USA (1913–1921) durante la Prima Guerra Mondiale. Nel 1930 vi fu fondato l’Institute for Advanced Studies che in seguito attirò numerosi scienziati di fama mondiale, primo fra tutti Albert Einstein che vi giunse nel 1933 per sfuggire alle persecuzioni naziste e vi rimase fino alla morte nel 1955. Princeton è famosa anche per essere stata ripresa in numerosi film. Il più famoso di questi è probabilmente “A Beautiful Mind”del regista Ron Howard sulla vita del matematico schizofrenico John Nash, padre delle famose Dinamiche Dominanti, che fu professore a Princeton e che vinse il Premio Nobel per l’economia nel 1994. Il film nel 2001 vinse quattro Premi Oscar. Non solo. Varie scene del kolossal “Transformers – La vendetta del caduto” sono state girate all’interno del campus universitario di Princeton, votato dalla rivista Forbes come uno dei più belli del mondo. È anche l’ambientazione della serie televisiva “Dr. House”. L’ospedale nel quale House e i suoi colleghi lavorano è l’irreale “Princeton Plainsboro Teaching Hospital”. Per le riprese esterne è stata usata una parte della Princeton University, un luogo privilegiato per capire che i neutrini sparati dal Cern al Gran Sasso, attraverso il famoso “tunnel”, confermano il limite della velocità della luce di Einstein. Alla 25° Conferenza Internazionale sulla Fisica del Neutrino, a Kyoto in Giappone, sono stati infatti presentati i risultati sul tempo di volo dei neutrini dal Cern al Laboratorio Infn del Gran Sasso, da parte degli esperimenti Borexino, Icarus, Lvd e Opera. I quattro “Cavalieri” della Scienza mondiale hanno così scongiurato l’apocalisse anti-Einstein preconizzata qualche mese fa. Situati nel Laboratorio sotto il Gran Sasso, hanno tutti misurato un tempo di volo consistente con la velocità della luce e con Einstein. Si è risolta, dunque, con la massima collaborazione tra i diversi esperimenti la vicenda sollevata nel settembre 2011 dalla presentazione “frettolosa” dei dati di Opera, che sembravano suggerire ad alcuni scienziati (molti non firmarono al Cern!) una velocità dei neutrini superiore a quella della luce. Le analisi condotte negli ultimi mesi (cf. libro “Neutrino” di Frank Close, Raffaello Cortina Edit., 2012) hanno dimostrato che le misure di Opera erano affette da un malfunzionamento del sistema di “timing” della fibra ottica dell’esperimento. “Anche se questo risultato non è così eccitante come qualcuno avrebbe desiderato – fa notare Sergio Bertolucci, Direttore di Ricerca del Cern – si tratta di quello che, in fondo, ci si aspettava. La vicenda ha catturato l’immaginazione pubblica e le ha dato l’opportunità di vedere il metodo scientifico in azione: un risultato inaspettato è stato reso noto per essere esaminato e risolto grazie alla collaborazione di esperimenti che sono, normalmente, in concorrenza fra loro. Questo è il modo in cui la scienza si muove”. Un tema, questo, sottolineato anche da Lucia Votano, Direttore dei Laboratori Infn del Gran Sasso. “È motivo di grande soddisfazione – spiega Lucia Votano – che quattro diversi esperimenti del Laboratorio Infn del Gran Sasso abbiano potuto misurare con grande precisione la velocità del neutrino su una distanza di 730 Km trovando tutti risultati tra loro coerenti e compatibili con la Teoria della Relatività”. I venti studenti abruzzesi hanno l’opportunità di conoscere e frequentare gli studenti americani delle scuole locali. I nostri venti “magnifici” possono socializzare con i loro coetanei americani partecipando anche ad attività organizzate da enti locali. L’interessante programma di collaborazione tra l’Università di Princeton e il Laboratorio Nazionale del Gran Sasso dell’Infn, nasce dall’idea di Frank Calaprice, professore di fisica alla Princeton University, impegnato con il suo team di scienziati e ricercatori in una serie di esperimenti sui neutrini solari al Laboratorio del Gran Sasso, nel cuore del Gigante degli Appennini. La realizzazione del progetto è stata resa possibile dal contributo dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e del Dipartimento di Fisica della Princeton University, coadiuvati dalla Regione Abruzzo, dal Comune e dalla Provincia di L’Aquila, dalla Micron Technology Italia e dalla Carispaq. Scienza o Fede? Creazionismo o evoluzionismo? Il beato pontefice Giovanni Paolo II ha sempre difeso la Scienza al servizio dell’Umanità. Il dibattito è attualissimo alla luce dei recenti documenti della Chiesa Cattolica diffusi alla vigilia dell’Anno della Fede (2012-13). Scriveva il beato Giovanni Paolo II nel documento “Gli uomini di scienza e Dio” del 17 luglio 1985:“È opinione abbastanza diffusa che gli uomini di scienza siano generalmente agnostici e che la scienza allontani da Dio. Che cosa c’è di vero in questa opinione? Gli straordinari progressi compiuti dalla scienza, particolarmente negli ultimi due secoli, hanno talvolta indotto a credere che essa sia in grado di dare risposta da sola a tutti gli interrogativi dell’uomo e di risolverne tutti i problemi. Alcuni ne hanno dedotto che non ci sarebbe più, ormai, alcun bisogno di Dio. La fiducia nella scienza avrebbe soppiantato la fede. Tra scienza e fede — si è detto — occorre fare una scelta: o si crede nell’una o si abbraccia l’altra. Chi persegue lo sforzo della ricerca scientifica, non ha più bisogno di Dio; viceversa, chi vuol credere in Dio, non può essere uno scienziato serio, perché tra la scienza e la fede c’è contrasto insanabile. Il Concilio Vaticano II ha espresso una convinzione ben diversa. Nella costituzione Gaudium et spes (n. 36), si afferma:«La ricerca metodica di ogni disciplina, se procede in maniera veramente scientifica e secondo le norme morali, non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché le realtà profane e le realtà della fede hanno origine nel medesimo Dio. Anzi, chi si sforza con umiltà e con perseveranza di scandagliare i segreti della realtà, anche senza che lo avverta, viene come condotto dalla mano di Dio, il quale, mantenendo in esistenza tutte le cose, fa che siano quelle che sono». Di fatto, si può rilevare che sempre sono esistiti ed esistono tuttora eminenti uomini di scienza, che nel contesto della loro umana esperienza scientifica hanno positivamente e beneficamente creduto in Dio. Un’indagine risalente a cinquant’anni fa, fatta con 398 tra i più illustri scienziati, rilevò che solo 16 si dichiararono non credenti, 15 agnostici e 367 credenti (cf. A. Eymieu, La part des croyants dans les progrès de la science, Perrin 1935, p. 274). Ancor più interessante e proficuo è rendersi conto del perché molti scienziati di ieri e di oggi vedono non solo possibile, ma felicemente integrabile la ricerca scientifica rigorosamente condotta col sincero e gioioso riconoscimento dell’esistenza di Dio. Dalle considerazioni che accompagnano sovente come un diario spirituale il loro impegno scientifico, sarebbe facile vedere l’incrociarsi di due elementi: il primo è come la stessa ricerca nel grande e nel piccolo, portata avanti con estremo rigore, lasci sempre spazio a ulteriori domande in un processo senza fine, che svela nella realtà un’immensità, un’armonia, un finalismo non spiegabili in termini di causalità o mediante le sole risorse scientifiche. A ciò si aggiunge l’ineliminabile domanda di senso, di più alta razionalità, anzi di qualcosa o di qualcuno capace di soddisfare bisogni interiori, che lo stesso raffinato progresso scientifico, lungi dal sopprimere, acuisce. A ben vedere, il passaggio all’affermazione religiosa non avviene per sé in forza del metodo scientifico sperimentale, ma in forza di principi filosofici elementari, quali quello di causalità, di finalità, di ragione sufficiente, che uno scienziato, come uomo, si trova ad esercitare nel quotidiano contatto con la vita e con la realtà che studia. Anzi, la condizione di sentinella del mondo moderno, che per prima intravede l’enorme complessità e insieme la meravigliosa armonia della realtà, fa dello scienziato un testimone privilegiato della plausibilità del dato religioso, un uomo capace di mostrare come l’ammissione della trascendenza, lungi dal nuocere all’autonomia e ai fini della ricerca, la stimoli invece a superarsi continuamente, in un’esperienza di autotrascendimento rivelativo dell’umano mistero. Se poi si considera che, oggi, i dilatati orizzonti della ricerca, soprattutto in ciò che attiene le sorgenti stesse della vita, pongono inquietanti interrogativi circa il retto uso delle conquiste scientifiche, non ci si stupisce che sempre più frequente si manifesti negli scienziati la richiesta di sicuri criteri morali, capaci di sottrarre l’uomo a ogni arbitrio. E chi, se non Dio, potrà fondare un ordine morale, nel quale la dignità dell’uomo, di ogni uomo, sia stabilmente tutelata e promossa? Certo, la religione cristiana, se non può considerare ragionevoli certe confessioni di ateismo o di agnosticismo in nome della scienza, è però altrettanto ferma nel non accogliere affermazioni su Dio che provengano da forme non rigorosamente attente ai processi razionali. A questo punto sarebbe assai bello far ascoltare in qualche modo le ragioni per cui non pochi scienziati affermano positivamente l’esistenza di Dio e vedere da quale personale rapporto con Dio, con l’uomo e con i grandi problemi e valori supremi della vita essi stessi siano sostenuti. Come sovente il silenzio, la meditazione, l’immaginazione creativa, il sereno distacco dalle cose, il senso sociale della scoperta, la purezza di cuore siano potenti fattori che aprono loro un mondo di significati che non possono essere disattesi da chiunque proceda con eguale lealtà ed amore verso la verità. Basti qui il riferimento a uno scienziato italiano, Enrico Medi, scomparso pochi anni or sono. Egli affermava in un suo intervento al Congresso catechistico internazionale di Roma nel 1971:«Quando dico a un giovane: guarda, là c’è una stella nuova, una galassia, una stella di neutroni, a 100 milioni di anni luce di lontananza. Eppure i protoni, gli elettroni, i neutroni, i mesoni che sono là sono identici a quelli che stanno in questo microfono… L’identità esclude la probabilità. Ciò che è identico non è probabile…Quindi c’è una causa, fuori dello spazio, fuori del tempo, padrona dell’essere, che all’essere ha dato di essere così. E questo è Dio…L’essere, parlo scientificamente, che ha dato la causa alle cose di essere identiche a un miliardo di anni luce di distanza, esiste. E di particelle identiche nell’universo ne abbiamo 10 elevato alla 85sima potenza…(Oggi il fisico Stephen Hawking, nel suo libro “Il Grande Disegno”, parla della possibile esistenza di 10 elevato alla 500sima potenza di universi tutti diversi dal nostro, NdA). Vogliamo allora accogliere il canto delle galassie? Se fossi Francesco d’Assisi, direi:”O galassie dei cieli immensi, laudate il mio Signore, perché è onnipotente e buono. O atomi, o protoni, o elettroni, o canti degli uccelli, o spirare delle foglie e dell’aria, nelle mani dell’uomo, come preghiera, cantate l’inno che ritorna a Dio!”»”(Atti del II Congresso catechistico internazionale, Roma, 20-25 settembre 1971).
© Nicola Facciolini
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