Atmosfera aliena esopianeta HD 189733b strappata via dalla sua stella

Gli astronomi Nasa ed Esa del Telescopio Spaziale Hubble hanno osservato per la prima volta le drammatiche trasformazioni in atto nell’atmosfera superiore del lontano pianeta alieno HD189733b, distante circa 60 anni luce dalla Terra, nella costellazione della Volpe. L’esopianeta pare investito, secondo le analisi più accreditate nello studio “Temporal variations in the evaporating atmosphere of […]

Gli astronomi Nasa ed Esa del Telescopio Spaziale Hubble hanno osservato per la prima volta le drammatiche trasformazioni in atto nell’atmosfera superiore del lontano pianeta alieno HD189733b, distante circa 60 anni luce dalla Terra, nella costellazione della Volpe. L’esopianeta pare investito, secondo le analisi più accreditate nello studio “Temporal variations in the evaporating atmosphere of the exoplanet HD189733b” in pubblicazione sulla prestigiosa rivista scientifica “Astronomy and Astrophysics”, da potenti e violenti Megaflares X, prodotti dalla sua stella, in grado di strappare via i gas atmosferici esoplanetari in evaporazione. Un bombardamento micidiale e incessante, osservato nel biennio 2010-11. Il fenomeno è la dimostrazione lapalissiana di come muoiono i mondi là fuori. Le osservazioni sono coerenti con la fisica dei cambiamenti climatici in atto sui pianeti extraterrestri al di fuori del nostro Sistema Solare. Ma crediamo anche nel nostro, come preconizza il film “Segnali dal futuro” (Knowing, Usa 2009) diretto da Alex Proyas ed interpretato da Nicolas Cage, l’astrofisico John Koestler alle prese con la scoperta più incredibile di sempre: la fine della vita sulla Terra a causa dei colossali megaflares X solari in grado di annientare ogni forma di vita sulla Terra, fino a decine di chilometri di profondità, prosciugando gli oceani e facendo evaporare l’atmosfera terrestre. Nella realtà l’astrofisico Alain Lecavelier des Etangs (CNRS-UPMC, Francia) e il suo team hanno utilizzato il Telescopio Spaziale Hubble per osservare direttamente l’evaporazione dei gas atmosferici alieni dall’esopianeta HD189733b, agli inizi del 2010 ed alla fine del 2011, quando quel lontano mondo era in transito sulla sua stella. HD189733b è un “Giove caldo” che orbita attorno all’astro madre HD189733A. Il team internazionale di astronomi, autori della scoperta, è composto dagli scienziati: A. Lecavelier des Etangs (Institut d’astrophysique de Paris, CNRS, UPMC, France), V. Bourrier (Institut d’astrophysique de Paris, CNRS, UPMC, France), P. J. Wheatley (Department of Physics, University of Warwick, UK), H. Dupuy (Institut d’astrophysique de Paris, CNRS, UPMC, France), D. Ehrenreich (Institut de Planétologie et d’Astrophysique de Grenoble, UJF/CNRS, Grenoble, France), A. Vidal-Madjar (Institut d’astrophysique de Paris, CNRS, UPMC, France), G. Hébrard (Institut d’astrophysique de Paris, CNRS, UPMC, France), G. E. Ballester (Lunar and Planetary Laboratory, University of Arizona, USA), J.-M. Désert (Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, USA), R. Ferlet (Institut d’astrophysique de Paris, CNRS, UPMC, France) and D. K. Sing (Astrophysics Group, School of Physics, University of Exeter, UK). I pianeti giganti gassosi così definiti, sono molto vicini alle rispettive stelle madri. HD 189733b è molto vicino al suo Sole. Orbita infatti ad appena un trentesimo della distanza tra il nostro luminare e la Terra: ciò significa che lassù le temperature superano i 1000 gradi Celsius e che un anno corre via in appena 53 ore. Ha una massa del 10% superiore a quella di Giove. Neppure su Mercurio fa così caldo! Eppure è il pianeta roccioso più vicino al Sole. Ma è anche dieci volte più lontano di quanto lo sia HD189733b. Scoperto il 5 ottobre 2005 (http://en.wikipedia.org/wiki/HD_189733_b) la sua atmosfera è composta prevalentemente da idrogeno. La sua stella è meno massiva del nostro Sole, qualcosa come il 20% in meno con tre quarti appena del suo diametro e 800 gradi Celsius più fredda del nostro luminare. Il sistema stellare è doppio. L’astro HD189733B (da non confondere con il pianeta HD 189733b) è molto distante dalla stella principale HD189733A. Un Sole più piccolo i cui effetti sul pianeta in questione sembrano irrilevanti. Il metodo dei transiti esoplanetari utilizzato dagli astrofisici in questo genere di osservazioni, è valido solo per lo studio di una piccola frazione dei mondi alieni finora scoperti (http://planetquest.jpl.nasa.gov/), in quanto devono essere soddisfatte, dal nostro punto di vista, alcune condizioni come la perfetta geometria orbitale esoplanetaria e della stella madre. Certamente la metodologia, laddove applicabile, è ancora oggi una delle più potenti e utili per l’osservazione delle caratteristiche di questi lontani mondi extraterrestri. L’analisi spettrale, resa possibile dal Telescopio Spaziale Hubble grazie allo strumento “Imaging Spectrograph”, consente agli scienziati di studiare direttamente la luce aliena di questi corpi celesti, alle differenti lunghezze d’onda. I differenti colori che attraversano gli sconfinati abissi dello spaziotempo giungono fino ai nostri occhi, latori di informazioni preziosissime. Come le impronte digitali di ciascuno di noi, così le impronte spettrali di questi esopianeti caratterizzano le proprietà e le abbondanze dei gas atmosferici alieni. In questo particolare studio, gli scienziati sono riusciti ad osservare per la prima volta in gran dettaglio l’idrogeno in evaporazione dall’atmosfera di HD189733b ed a distinguere lo spettro della luce stellare dalla firma chimica dei gas esoplanetari. Un fenomeno che su scale così piccole era molto difficile da rilevare direttamente. Le osservazioni confermano le ricerche effettuate dal medesimo team nel 2004 su un altro sistema solare alieno, quando sotto indagine era stata l’evaporazione atmosferica dall’esopianeta HD209458b (Osiris). A quanto pare i cieli di HD189733b sono di un colore blu elettrico molto simile a quello delle nubi stratosferiche terrestri che si osservano da qualche tempo. Ma le similitudini finiscono qui. Il pianeta alieno è del tutto inospitale alla vita comunemente intesa, anche perché le forti radiazioni ultraviolette e X che spazzano la sua atmosfera, annichilerebbero qualsiasi cosa. Tuttavia, questo lontano mondo è un eccellente candidato per lo studio degli effetti climatici indotti dalle stelle sui loro pianeti. E dal momento che il Global Warming è un fenomeno naturale (ed umano) che non interessa soltanto la Terra ma anche gli altri pianeti del Sistema Solare, capite benissimo l’importanza di queste osservazioni. Come giustamente fa notare Lecavelier “solo dal secondo set di dati sono venute fuori le sorprese sull’atmosfera di questo lontano mondo alieno”. Le misure del 2011 mostrano i drammatici cambiamenti climatici in atto, segno della consistente perdita di massa dell’esopianeta HD 189733b, a ritmi parossistici, di mille tonnellate al secondo. “Non avevamo ancora ottenuto la conferma diretta dell’evaporazione dell’atmosfera da un altro pianeta extraterrestre – rivela Lecavelier – certamente avevamo osservato le condizioni fisiche varie volte ma nessuno finora era riuscito a scoprire la tragedia che si sta consumando lassù” quasi in presa diretta. Nonostante l’estrema temperatura dell’esopianeta, l’atmosfera non è sufficientemente rovente da giustificare il tasso di evaporazione osservato nel 2011. Gli scienziati pensano che il motore del colossale “aspirapolvere” cosmico, sia di natura termonucleare: sarebbero i potenti raggi ultravioletti e X stellari prodotti da HD 189733A, venti volte più intensi di quelli emessi dal nostro Sole, a spogliare quel lontano mondo della sua atmosfera. Un’agonia senza fine? Stiamo parlando di un gigante gassoso e non di un pianeta roccioso. Lassù la dose radioattiva X è tre milioni di volte più intesa di quella assorbita dalla Terra. Letale per qualsiasi forma di vita e più che sufficiente per alimentare il fenomeno e per giustificare le osservazioni simultanee della stella HD 189733A effettuate dal satellite Swift. Che, a differenza dell’HST, può osservare i raggi X emessi dall’astro. Poche ore prima che l’HST “cristallizzasse” la tragedia in atto sull’esopianeta, per la seconda volta, il telescopio Swift registrava un potente flash radioattivo proveniente dalla superficie dell’astro brillante di luce X con un’intensità quattro volte superiore al normale. Il satellite Swift è una missione internazionale congiunta tra Nasa, Gran Bretagna ed Agenzia Spaziale Italiana (ASI). L’obiettivo primario è il rilevamento e lo studio dei raggi gamma, X e ultravioletti stellari grazie a speciali telescopi. Anche nella banda ottica l’impiego dell’Osservatorio Swift nelle osservazioni astronomiche si sta rivelando fondamentale. “Le emissioni X sono una piccola parte dell’energia totale emessa dalle stelle – spiega Peter Wheatley dell’Università di Warwick (UK), uno dei co-autori dello studio – ma quello osservato è stato il più potente flare X mai emesso dalla stella HD 189733A, e mai scoperto prima, nonostante la mole d’informazioni acquisite; e sembra certo che l’impatto di questo flare X sul pianeta abbia alimentato l’evaporazione della sua atmosfera così come visto poche ore dopo dal Telescopio Spaziale Hubble”. I raggi X sono talmente energetici da arroventare i gas presenti negli strati superiori dell’atmosfera aliena, portandoli a temperature di decine di migliaia di gradi Celsius, cioè alla “velocità di fuga” necessaria per vincere le forze gravitazionali del gigante gassoso e così disperdersi nello spazio. Un fenomeno analogo, ma grazie a Dio finora molto meno inteso e catastrofico, avviene regolarmente e naturalmente (non c’entrano gli Extraterrestri!) anche nella ionosfera della Terra, quando viene colpita dai flares del nostro Sole che si limitano a disturbare le comunicazioni satellitari e ad abbellire il fenomeno delle aurore. Ma i flares X osservati a 60 anni luce di distanza, segnerebbero per sempre il destino della Terra e di ogni forma di vita presente, come visto nel film “Segnali dal futuro”. Ovviamente i drammatici cambiamenti climatici in atto su HD 189733b, possono essere spiegati diversamente. Forse siamo in presenza di un normale “ciclo” solare alieno, simile ai processi che interessano ogni 11 anni il nostro Sole e che lassù sarebbero semplicemente più potenti e concentrati. Forse in un biennio. Ulteriori analisi cercheranno di chiarirlo grazie all’uso del Telescopio Spaziale XMM-Newton. La rilevanza di queste ricerche è sotto gli occhi tutti, per capire il futuro della vita sulla Terra e non soltanto per studiare i mondi alieni di taglia gioviana. Le recenti scoperte delle “super-Terre” accendono l’immaginazione non solo degli autori di fantascienza ma anche degli scienziati. Forse non sono altro che i resti (il nucleo roccioso) di pianeti giganti come HD189733b, spogliati della loro atmosfera completamente evaporata! Allora le super-Terre, la numerosa classe di esopianeti rocciosi più simili alla Terra per composizione chimico-fisica e non molto più grandi, potrebbero essere mondi disabitati e/o morti, secondo quello che noi intendiamo per “vita”. Forse anche quelli in orbita nella “zona verde” che rende possibile la presenza di acqua allo stato liquido, cioè gli esopianeti candidati alla presenza di vita aliena. Mondi extraterrestri come Kepler-10b e CoRoT-7b, classificati come super-Terre, sono troppo vicini alla loro stella per mantenere l’acqua allo stato liquido. Ma potrebbero essere benissimo ciò che resta di pianeti gassosi come HD 189733b. Ecco come muoiono i mondi alieni. Segnali dal passato per il futuro della Terra?

Nicola Facciolini

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