Simone è arrivata in Spagna dal Brasile con il marito e i suoi due figli da cinque anni ma, nonostante abbia lavorato per due anni come assistente domestica nella casa di un medico e poi per un anno e mezzo in una panetteria nel centro di Madrid, non ha i documenti in regola. Lavorava in nero. Nel febbraio del 2011 le è stato asportato un cancro al seno. Poi sei mesi di chemio e 30 sessioni di radioterapia. “Ora sto bene”, dice, “ma devo prendere una pillola al giorno per cinque anni e fare un’iniezione al mese di un farmaco molto potente per due anni”. La sua storia clinica è tutta nel mucchio di fogli che custodisce nella cartelletta che rilasciano gli ospedali madrileni quando si viene dimessi. “Una sanità pubblica di qualità più vicina a te”, c’è scritto sopra. Ma Simone, senza lavoro e senza permesso di soggiorno, perderà la copertura sanitaria tra due mesi quando entrerà in vigore il decreto approvato ad aprile dal Governo conservatore di Mariano Rajoy che, nel mare di tagli alla spesa sanitaria per 7 miliardi di euro, include anche la revoca dall’1 settembre della tessera sanitaria agli immigrati in situazione irregolare.
Il ministero della Salute non ha fornito la cifra di quante persone perderanno con la nuova norma l’assistenza sanitaria gratuita – che era garantita con la semplice dichiarazione di domicilio – però ha dichiarato che la misura permetterà alle malandate casse dello Stato di risparmiare 500 milioni di euro. Le stime pubblicate dalla stampa spagnola e da alcune ong situano il numero di immigrati colpiti dal decreto tra i 150.000 e i 500.000. Un calcolo realizzato dal quotidiano El País, e basato sulla spesa media sanitaria per ogni cittadino spagnolo, riduce la stima del risparmio dichiarato dall’esecutivo in 240 milioni di euro. È un risparmio che non è del tutto garantito perché a fare da contrappeso c’è il rischio di un aumento degli ingressi al pronto soccorso, unico spazio che rimane di libero accesso insieme all’assistenza alle donne in gravidanza e ai minori. “Non so come ha fatto i conti il Governo… ma di fronte alla carenza di altri livelli assistenziali aumenterà il sovraccarico dei servizi di pronto soccorso”, commenta il presidente della Società Spagnola di Medicina di Urgenza, Tomás Toranzo.
Rischi per la salute pubblica
“Tutti i trattamenti che si fanno in attenzione primaria e prevenzione hanno un costo sicuramente inferiore a quelli che si danno in urgenza”, spiega Pilar García Rotellar, membro della ong Médicos del Mundo: “È una violazione dei diritti umani essenziali riconosciuti non solo dalla Costituzione spagnola ma anche da vari trattati internazionali”. E c’è un altro elemento, sottolinea García, lo stesso che ribadivano medici e associazioni in Italia quando nel 2009 il pacchetto sicurezza prevedeva in prima stesura l’obbligo di denuncia (poi stralciato) della situazione di irregolarità da parte dei medici che trattavano immigrati senza permesso di soggiorno: “C’è il rischio per la salute pubblica perché per un immigrato in situazione irregolare, e magari con problemi anche di accesso linguistico, è più difficile rivolgersi a un centro medico. Pensiamo al rischio che questo comporta nel caso di malattie infettive”.
Ma le nuove regole sono già in marcia. La Cogam (Collettivo Lesbiche, Gay, Transessuali e Bisessuali di Madrid), che ha una unità di prevenzione e assistenza per i casi di HIV, ha denunciato che nella Comunità di Madrid ci sono stati casi di immigrati in situazione irregolare a cui, dopo l’annuncio del decreto, non è stata rinnovata la tessera sanitaria, nonostante ne abbiano diritto fino al 31 agosto. “Abbiamo il caso di una transessuale sieropositiva che ha sofferto polmonite. È stata una settimana in terapia intensiva e una in reparto. Poi l’hanno dimessa e, siccome la sua tessera sanitaria era scaduta, le hanno dato antiretrovirali per tre giorni… Ed è impossibile comprare questi farmaci, il cui costo è tra i 680 e i 1400 euro al mese. Bisogna trovare una soluzione”, dichiara Enrique Poveda, di Cogam. Le regioni autonome Andalusia e Paese Basco hanno presentato ricorso contro il decreto al tribunale costituzionale. “Ma noi non possiamo aspettare la sentenza”, dice Poveda, “perchè nel caso della ragazza a cui hanno dato antiretrovirali per tre giorni o si risolve subito o rischiamo di vederla morire”.
Lo spauracchio del turismo sanitario
Quando ha annunciato il decreto la ministra Ana Mato ha detto che la misura serviva anche contro il “turismo sanitario” che fa perdere allo Stato spagnolo 1 miliardo di euro all’anno. Ma, come ha spiegato la stessa ministra, il fenomeno riguarda soprattutto “cittadini europei”. E per questi ultimi, come conferma a Redattore Sociale un portavoce del ministero, “rimangono le stesse prerogative dei cittadini spagnoli”. Per García Rotellar il riferimento al turismo sanitario è strumentale perché se effettivamente c’è stato un flusso di cittadini europei “è un problema meramente amministrativo perché ci sono convenzioni tra stati per i rimborsi”. Per il resto “quando una persona arriva in patera e rischia la vita attraversando lo stretto [di Gilbilterra] non lo fa perché ha fatto il paragone tra i sistemi sanitari e ha scelto quello spagnolo…”.
Simone non è arrivata su un barcone. Come la maggioranza di chi arriva in paesi europei atterrò con il visto turistico che scade dopo tre mesi. Lei e suo marito speravano di iniziare a lavorare subito e in effetti, nonostante nel 2007 ci fossero già i primi segnali della crisi che ha messo fine al miracolo economico spagnolo, il lavoro lo trovò ma non in regola. Lo stesso è successo a suo marito. Lo racconta senza drammi, mentre fa battute sul suo nuovo aspetto (nell’operazione le hanno dovuto asportare una mammella e ha preso venti chili di peso). È tornata a cercare un lavoro appena ha recuperato le forze. Mostra la lettera appena ricevuta dalla prefettura di Madrid che le comunica che non le è stato concesso il permesso temporaneo di residenza per ragioni umanitarie. “I farmaci che prendo sono importanti come la chemio e la radioterapia”, dice citando letteralmente la relazione dell’oncologo che l’ha avuta in cura.
Mariangela Paone
Il Governo tagliasse gli emolumenti dei suoi strapagati componenti e non sulle cure mediche a cittadini e no.