Ha escluso in più occasioni una sua permanenza in politica dopo il 2013 e si è sempre definito (o sarebbe meglio dire schernito?) come un tecnico al servizio del Paese, chiamato in campo per risolvere una situazione difficile (o meglio drammatica), capace, come Coriolano, di far ritorno, poi, ai suoi appartati uffici.
Ma adesso, dopo aver ceduto per intero la delega di Ministro dell’Economia a Grilli, alcuni sostengono che Monti abbia manifestato la sua autentica intenzione: scalare il Quirinale e succedere al suo più forte méntore: Giorgio Napolitano.
Naturalmente non sappiamo se tutto ciò sia vero, ma di certo, da ieri, Monti è solo il primo ministro, mentre, dalla mattina, Vittorio Grilli è ministro dell’Economia.
Sempre da ieri, di ritorno dal vertice di Bruxelles, Monti ha, contestualmente varato la costituzione del “Comitato per la politica economica”, da lui stesso presieduto e, nel pomeriggio alle 16,30 , in neoministro Grilli è salito al Quirinale, insieme con lui e col sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà, per prestare la rituale formula di giuramento.
Cerimonia alla quale hanno assistito la moglie del neoministro e tre dei loro quattro figli.
Considerato un “Ciampi boy”, dalla forte caratura tecnica e dalla indiscussa competenza, Grilli aveva assunto l’incarico di direttore generale del Tesoro nel 2005 e, in continuità con Monti, sostiene, da sempre, l’assoluta necessità di coniugare il rigore nella gestione della finanza pubblica con le fondamentali azioni per sostenere la crescita.
Ha seguito con particolare attenzione il varo del “decreto sviluppo”, redatto, ha dichiarato, con l’obiettivo di invertire la rotta dalla fase emergenziale durante la quale è stato necessario aumentare le imposte e come preparazione della fase strutturale in cui va ridotta la macchina amministrativa a 360 gradi, al fine di creare gli spazi necessari per ridurre la pressione fiscale. Operazione che ora dovrebbe completarsi con la tanto spinosa spending review.
Tornando a Monti e alla sua ipotetica partenza alla volta del Colle, dietro alla operazione vi sarebbe di nuovo Giorgio Napolitano, che da un lato insiste su no deciso no ad un Monti-bis, dalla’altro vuole a tutti i costi che, a breve, sia varata una nuova legge elettorale.
Infinite sono a questo punto le congetture che si continuano a fare nei palazzi della politica, dove ci si interroga sul futuro, senza trovare soluzioni unanimi.
L’ipotesi di permanenza di un Governo tecnico e di una larga, seppur inconsueta, maggioranza sembra persuadere alcune parti politiche, ma non il segretario del PD Pier Luigi Bersani, che auspica un ritorno al confronto elettorale ed alla democrazia.
Nelle fila del PdL c’è ancora un po’ di incertezza, mentre si vocifera una nuova scesa in campo di Silvio Berlusconi, che sembra abbia rotto gli indugi dopo un attento esame dei sondaggi.
Una cosa è certa, il Capo dello Stato sta seguendo con attenzione l’evoluzione politica del Paese e, dopo aver svegliato dal torpore i politici sulla legge elettorale, auspica che ‘l’agenda Monti’ sopravviva anche dopo le elezioni del 2013. Un cambio della guardia non dovrebbe infatti impedire all’Italia di proseguire il processo riformatore e il proseguimento dell’azione di contenimento del debito avviata sotto l’egida di Mario Monti, che richiederanno lungho, anzi lunghissimo, tempo.
Ponendo lo stesso Monti, quanto lui non ci sarà più, come garante supremo, quale Capo dello Stato, di questo virtuoso andamento di cose.
“Sono convinto che i principali partiti siano determinati a dare, anche dopo il 2013, un conseguente sviluppo alle politiche di maggiore integrazione europea, di liberazione dal peso soffocante dello stock del debito pubblico e aprano la strada alla crescita di cui abbiamo urgente bisogno anche per tenere in ordine i conti pubblici”; ha risposto Giorgio Napolitano durante la conferenza stampa al termine del colloquio col presidente sloveno, a una domanda sulla necessità di proseguire con le politiche economiche del governo.
Ed affermando che i partiti, qualunque sarà l’esito del voto futuro, proseguiranno sui tre pilastri fondamentali delle politiche dell’attuale esecutivo: integrazione europea, risanamento e crescita.
Implicitamente affermando che, dopo lui, ci vuole, al suo posto, un garante che faccia in modo che ciò avvenga.
“Intelligenti pauca”, dicevano i latini, o mo di avvertimento e, a volte, di minaccia e volendo comunque segnalare che alle persone di intelletto acuto bastano pochi indizi o elementi per afferrare un concetto ed introdurre la frase di Plauto :” Dictum sapienti sati est, per il savio basta una parola, che speriamo sia di buon auspicio per l’interessato e per tutti noi.
Carlo Di Stanislao
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