Prima il “sorpasso” sull’Italia; poi il ritorno alla consapevolezza di essere solo un gigante economico dai piedi d’argilla; infine il crollo vero e proprio. Nei giorni in cui Madrid fa i conti con i drastici provvedimenti del nuovo governo Rajoy (taglio delle tredicesime, aumento dell’Iva ecc.), con nuovi scontri e manifestazioni di piazza, prosegue il nostro viaggio attraverso le conseguenze sociali della crisi spagnola. Dopo l’imminente taglio dell’assistenza sanitaria agli immigrati irregolari, ci occupiamo dei drammi quotidiani dei proprietari di case che non riescono più a pagare il mutuo. E che hanno dato vita a forme permanenti di resistenza, ottenendo qualche risultato.
Nella miriade di cifre che riassumono la crisi spagnola, ce n’è una che fa molta paura: 159. È il numero della lotteria che per molti è diventata avere una casa in proprietà. Una lotteria alla rovescia, dove chi ha la combinazione estratta, perde. Perchè 159 sono gli sfratti che ogni giorno si eseguono in tutto il paese. Una cifra al ribasso perchè raccoglie solo i dati delle richieste di intervento delle forze dell’ordine e non include i casi di chi, per sfuggire allo stigma sociale di vedersi buttare fuori di casa, raccoglie le sue cose ed esce prima che arrivi l’ufficiale giudiziario. Per anni il mercato non ha fatto che crescere e il mantra era “che le case non si sarebbero svalutate”, che investire nel ladrillo (mattone) era “un investimento sicuro”. Quattro anni dopo l’inizio della crisi, il valore delle case (stando ai dati dell’Istituto Nazionale di Statistica) è sceso di oltre il 25% rispetto ai livelli massimi del 2007. La maggior parte delle persone sotto sfratto intervistate raccontano di aver comprato la casa tra il 2005 e il 2006: i prezzi erano lievitati e continuavano a farlo. I tassi di interesse erano ancora bassi. Ma chi ha comprato nel 2005 ha visto duplicare nel 2008 la quota mensile… “Ho iniziato a pagare il mutuo nel 2005 con meno di 800 euro al mese. Nel 2008 erano diventati 1400. Nel 2009 ho perso il lavoro e cosí anche mia moglie… ed è da un anno che abbiamo smesso di pagare”, racconta Jorge, mentre tiene in braccio il figlio di appena 11 mesi. Insieme a sua moglie, partecipa all’ennesima manifestazione di protesta, come fa da quando qualche settimana fa ha chiesto aiuto alla Plataforma de Afectados por la Hipoteca (Piattaforma dei colpiti dal mutuo), meglio conosciuta con la sigla di PAH.
Restituire la casa e cancellare il debito
La PAH è un movimento cittadino nato nel 2009 a Barcellona e che si è esteso a tutto il paese dopo il 15-M, l’eterogeneo movimento di protesta nato a Madrid nel maggio del 2011. La rete è informale ma si coordina puntualmente attraverso i nodi locali dove, come in una specie di gruppo di autoaiuto, chi è già passato per lo sfratto o rischia di farlo assiste i “nuovi arrivati”. Una rete di avvocati, a titolo volontario, segue le pratiche dal punto di vista legale. I gruppi locali pubblicano ogni giorno gli sfratti da “bloccare”, piantandosi di fronte all’entrata dell’edificio di turno. In totale, la Piattaforma è riuscita a fermare 270 sfratti in tutta la Spagna, un centinaio solo a Madrid. È una goccia nel mare, ma è una goccia che lascia traccia: la mobilitazione cittadina è di fatto riuscita a introdurre nel dibattito pubblico questioni ignorate come la modifica della legge sui mutui ipotecari e l’introduzione della cosiddetta “dación en pago”, la possibilità di estinguere il mutuo restituendo la casa e cancellando il debito. Perché nella maggior parte dei casi di sfratto, l’immobile che va all’asta (se la prima va deserta, la banca se lo aggiudica per il 60% del prezzo di tassazione) lascia dietro di sé una pesante eredità di debiti, costituiti dal netto tra il valore del mutuo e la cifra di chiusura dell’asta.
È quello che è successo a Mari Carmen Carnedo: “Sei anni fa mio figlio chiese un prestito di 120.000 euro. Io gli feci da garante per i primi 10 anni e misi a garanzia la mia casa. Quando mio figlio smise di pagare un anno fa, misero all’asta i due appartamenti. Il mio lo hanno venduto per 58.000 euro e quello di mio figlio se l’è tenuto la banca. Ma ho ancora un debito di circa 60.000 euro…”. Carnedo ha preso un autobus da Toledo, a un’ora da Madrid, per partecipare alla concentrazione convocata per bloccare lo sfratto di una donna di 30 anni che non ha mai visto prima.
“Empoderamiento”
La donna si chiama Xiomara. Ha comprato una casa nel 2006, figurando come proprietaria insieme a sua zia e a una cugina. “Quando tutte e tre abbiamo perso il lavoro, loro hanno di tornare nella Repubblica Domenicana e io sono rimasta da sola con mio figlio che ora ha cinque anni, ed è affetto da diabete cronico. Ho un sussidio di disoccupazione di 426 euro e non posso pagare una rata di 1.600”. Xiomara, che è arrivata in Spagna 11 anni fa, aveva chiesto aiuto alla PAH due giorni prima della data stabilita per il suo sfratto. Un passaparola di meno di 48 ore ha fatto sì che le persone riunite attorno al suo edificio ottenessero una proroga nella speranza di poter continuare a negoziare con la banca. Due settimane dopo lo sfratto è però stato portato a termine. Xiomara ha dovuto lasciare la sua casa e vive ora in una stanza in un appartamento con altre cinque persone che ha affittato per 200 euro…
Ma i 15 giorni tra le due date non sono passati invano: la giovane donna che parla ai giornalisti dopo l’esecuzione dello sfratto, nonostante ancora non sappia come riuscirà a organizzare la sua vita e quella di suo figlio nei prossimi mesi con le poche centinaia di euro che riceve come sussidio di disoccupazione, sembra più forte e decisa della ragazza che, spaventata, appena riusciva a raccontare la sua situazione. È quello che Ada Colau, una dei fondatori della Piattaforma e coautrice del libro “Vidas hipotecadas”, chiama “empoderamiento”: le persone riacquistano stima e forza grazie all’appoggio di chi si trova nella sua stessa situazione.
Gente senza casa e case senza gente
Una misura dell’estensione del problema la dà il numero di persone che si avvicina a chiedere informazioni in tutte le concentrazioni della PAH. “Che fate? Che devo fare? Sono nella stessa situazione…”, si sente ripetere. Uno dei successi del movimento è essere riusciti a ottenere, in negoziazioni caso per caso, l’estinzione del debito e la concessione di un affitto a prezzo calmierato per i proprietari che diventano inquilini.
È quello che chiede Noemi, spagnola di origine ecuadoriana, mentre regge un cartello con la data e l’ora prevista per l’esecuzione del suo sfratto, nella concentrazione organizzata per appoggiare il suo e altri due casi nella piazza di Oporto, nello storico quartiere operaio madrileno di Carabanchel. Ha 62 anni, e ha firmato il mutuo cinque anni fa. “La banca non vuole negoziare. Io chiedo che si tengano la casa e mi tolgano il debito. Ho a carico una figlia e una nipote di 14 anni e uno stipendio che ora arriva appena a 600 euro. La banca mi ha concesso nel 2007 un prestito di 240.000 euro. Prima di firmare ho detto alla direttrice della filiale che non volevo, che pensavo di non poter riuscire a pagare la quota mensile di 1.300 euro. Ma mi hanno risposto: ‘Noemi stai tranquilla, fra sei mesi te l’abbassiamo’. Un anno e mezzo dopo ho perso il lavoro. Continuavo a versare 500-600 euro al mese fino a quando non ce l’ho fatta più. Mi chiamavano minacciandomi tutti i giorni e dicendo che mi avrebbero tolto la casa. Poi hanno detto che si prendevano la casa ma rimaneva un debito di 80.000 euro…”. Noemi, che nel 2007 aveva 57 anni, non è la prima firmataria del mutuo: come intestatari figurano una figlia e un nipote, nonostante non avessero entrate. “Hanno fatto carte false perchè con la mia busta paga era impossibile… Vorrei un affitto sociale ma se mi devono lasciare in mezzo alla strada almeno che mi cancellino il debito. E se mi mettono in carcere, che lo facciano. Ho 62 anni. Dove li prendo i soldi per pagare?”.
“Gente senza casa e case senza gente”, è uno dei cori ripetuti nelle proteste contro gli sfratti. Perchè se il numero di esecuzioni ipotecarie è aumentato a un ritmo costante negli ultimi cinque anni (si è passati dalle 25.943 del 2007, alle 93.319 del 2009, per scendere a 77.854 nel 2011), parallelamente è cresciuto il totale delle case vuote. L’ultimo censimento ufficiale risale a 10 anni fa e parlava di 3.091.596 case vuote. I dati aggiornati si aspettano per fine anno, ma le stime parlano di una cifra totale tra i 5 e i 6 milioni, incluso uno stock di 1,6 milioni di abitazioni nuove e mai vendute.
Mariangela Paone
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