Dal 19 al 28 luglio, si svolgerà la diciassettesima edizione della rassegna cinematografica Roseto Opera Prima, con sette film in concorso, selezionati dal direttore artistico Tonino Valeri ed un incipit (giovedì 19) composto dalla proiezione del film trionfatore agli Oscar 2011 “ The Artist” di Michel Hazanavicius ed a seguire il bellissimo corto della teramana Mariangela Fasciocco: “I viaggiatori della Luna”, racconto di un carnevale in cui un vecchio fabbro aiuta a riparare una giostra e si costringe a ricongiungere la sua vita itinerante con la famiglia che lo salvò tanti anni prima, selezionato per rappresentare l’Italia, a giugno scorso, al Brooklin Film Festival di New York.
Poi, dal 20, parte la rassegna, con “Cavalli”, del giovanissimo regista milanese Michele Rho, un lungometraggio presentato in concorso a Venezia come opera prima, che racconta la natura incontaminata di un piccolo paese montano a fine ottocento, confrontata con l’evolversi della città.
Seguirà il film “Missione di Pace” del regista toscano Francesco Lagi, che grazie alla tenera comicità di Silvio Orlando e l’etera interpretazione di Alba Rohrwacher (che lo scorso anno, al festival di Roseto, aveva portata la sua prima regia: “Corpo celeste”), regala un viaggio esilarante lungo la sottile linea di demarcazione che contrappone militaristi e pacifisti.
Terzo film in concorso “I giorni della vendemmia”, opera prima del giovane regista emiliano Marco Righi (classe 1983) ed esordio, come produttore e distributore, della giovanissima Ierà di Simona Malagoli,
A seguire il film di Gianluca e Massimiliano De Serio “Sette opere di Misericordia”, con Roberto Herlitzka e Olimpia Melinte e poi “Sulla strada di casa”, scritto e diretto da Emiliano Corapi, storia drammatica di un’Italia senza eroi.
Ancora, un lungometraggio incentrato sul sessantotto e gli anni di piombo, “I primi della lista”, di Roan Johnson con Claudio Santamaria e, a chiudere, “Il paese delle spose infelici” di Mimmo Mezzapesa, film che, secondo il mio punto di vista, con lirici momenti che segnano il primo passaggio all’età adulta, affascina ed ammalia il pubblico meno per le sfumature psicologiche che evocative e più per la forza “affascinatoria” con una già molto spiccata compiutezza narrativa.
Fuori concorso saranno invece proiettati “Paradiso amaro di Alexander Payne” e il film di Vittorio De Sica “Matrimonio all’italiana”, nella versione restaurata dall’Istituto Cinematografico Lanterna Magica de L’Aquila che, con Giovanni Chilante, sarà anche presente nella giuria.
Tutti i film sono interessanti, come sempre accaduto a Roseto. Io personalmente trovo particolarmente meritevoli “Sette opere di misericordia”, che grazie al suo rigore stilistico riesce ad arrivare nel profondo e a farsi film difficile da dimenticare e “I primi della lista”, dell’anglo-italiano Roan Johnson che, finalmente, realizza una ottima commedia, lontana dai cliché soliti di coppie scoppiate, mocciosi in crisi ormonale, cinepanettoni sguaiati, idoletti della tv in cerca di risalto da grande schermo; un film che vale le 5 stellette, con una storia vera al limite dell’incredibile, ambientata in una Toscana rossa, nei moti dei primi anni ’70, con una simpatia divertente, ma lontana dalle caciare di Ceccherini o Piraccioni, certamente più intelligente, elaborata e cupa.
Molto bello anche “Cavalli”, scritto e diretto da Michele Rho, che si svolge alla fine dell’Ottocento, in un paesino degli Appennini, dove vivono Alessandro e Pietro, due fratelli diversi e legatissimi, soprattutto dopo la morte della madre che fa loro l’ultimo regalo: Sauro e Baio, due stupendi cavalli non ancora domati.
Divenuto adulto, Alessandro sente crescere il desiderio di oltrepassare le montagne e andare lontano, mentre Pietro vuole diventare un allevatore e vivere con Veronica, la ragazza che ama.
Il film decolla e tocca le corde giuste quando lascia parlare i volti e i corpi degli attori, e soprattutto i luoghi, che evocano lo stato d’animo dei personaggi che li abitano.
Ho anche molto amato, per tono e stile, “Il paese delle spose infelici” di Mimmo Mezzapesa, che racconta di Francesco, un ragazzino diverso dagli altri, figlio di una famiglia agiata, con compagni cresciuti nei quartieri popolari, che lo guardano quasi fosse un marziano.
Ma grazie all’amicizia con Zazà, il più carismatico del gruppo, Francesco lentamente riesce a conquistare la fiducia degli altri ragazzi, ottiene il soprannome di Veleno, un posto nella squadra di calcio della Cosmica e l’amicizia di tanti coetanei.
Protagonista vera del film è la Puglia, regione e luogo divenuto, grazie alla sua Film Commission, la terra dei desideri del cinema italiano, con i paradossi di una regione estremamente ricca di umanità, di luoghi meravigliosi, ma povera come una landa desertica, martoriata da industri sterminate con ciminiere perennemente fumanti, creano la materia per raccontare storie di miseria e nobiltà come nessun altro luogo in Italia.
Quarto a “Missione di Pace”, è un film che guarda tanto a MASH quanto all’Armata Brancaleone, passando per un gran numero di altre citazioni intelligentemente non ostentate e che riesce ad essere satira solo in apparenza bonaria e racconto più personale allo stesso tempo.
Le indubbie capacità registiche di Francesco Lagi, non si limitano solo all’inventiva pura e semplice, ai pur divertenti siparietti onirici, alle provocazioni più esplicite e sferzanti.
Le lenti da lui usate, sono quelle di un’immagine dotata di ampio respiro anche quando volutamente e concettualmente deformata, di una capacità di esplorare il campo scenico che cattura il particolare di chi vi si muove dentro, di un ritmo andante ma capace di attimi di placido respiro, di salutari pause e di variazioni di andamento.
Uscita nel 2010, opera prima di Marco Righi, “I giorni della vendemmia” è stato apprezzato in numerosi festival internazionali e si rifà all’iconografia letteraria dello scrittore correggese Pier Vittorio Tondelli, in particolar modo dalla sua opera d’esordio, ovvero Altri libertini, con una sequenza finale cinefilia, ispirata a dal film del 1985, diretto da Jean-Luc Godard, Je vous salue, Marie…
Per la rivista Rolling Stones, in un articolo curato da Enrico Palandri, si tratta di “un film semplice e forte, in cui i corpi sono sempre al centro dell’inquadratura”, certamente film difficile, ma anche di grandissima suggestione, secondo me ottimo outsider al festival di Roseto.
Carlo Di Stanislao
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