Tragedia: componimento drammatico in versi o in prosa, di tono solenne, destinato a commuovere facendo agire personaggi di nobile sentire i cui casi hanno di solito esito luttuoso; avvenimento luttuoso, grave sciagura, calamità.
Disastro: danno, insuccesso completo.
Tragedia e disastro si sono intrecciati nel post sisma 6 Aprile 2009. A farla da padrone in quest’intreccio, i mezzi di informazione che se ne sono occupati. Da disastro a tragedia, un mutamento che ha accompagnato il modo di comprendere la vicenda L’Aquila..
Fin dalle prime ore dopo la calamità, fù subito chiaro che non si trattava di un evento come tutti gli altri. L’Aquila, dal 6 Aprile 2009, è da subito diventato lo specchio di una intera Italia martoriata da positività e negatività. Nei giorni successivi si è visto il grande lavoro dello Stato nella organizzazione del post e gli attestati di solidarietà ed aiuto da parte di tantissime persone ed organizzazioni;insieme a questo: sciacalli ed avvoltoi. Tutto, in un’area in cui è venuta fuori l’inadeguatezza tecnica e morale di un’intera classe politica, aquilana e nazionale. Infatti, a crollare per primi non furono solo le case aquilane, ma quegli edifici che dovrebbero rappresentare la forza politica, economica, sociale di una città: anche per questo L’Aquila molto spesso viene definita lo specchio di un’Italia che vive uno dei suoi momenti più cupi.
A crollare furono il palazzo della regione, la prefettura, il comune, l’ospedale, l’università;
in tutto questo l’informazione si è subito accorta del disastro ed ha focalizzato la sua attenzione sulle responsabilità e sulle colpe, caratteri che vengono portati dalla parola “disastro”.
Poi è arrivato Berlusconi con le sue case, con il G8, con gli avvoltoi, con le intercettazioni. Allora i mezzi di informazione hanno cominciato ad affievolirsi sul versante del disastro che implicava responsabilità e colpe ed ha preferito gettarsi sul sicuro. In poco tempo dal racconto dell’inadeguatezza si passò ai numeri portati dalla Maddalena all’Aquila, alle presenze dei grandi capi di stato (primo fra tutti il presidente Usa), alle intercettazioni a luci rosse, agli avvoltoi della ricostruzione. Un mutamento quindi, da disastro che richiamava responsabilità precise, a tragedia che fa del fattore naturale la sua base. Giornali e Tv cominciarono così il loro sport preferito, Sputtanopoli. Facendo il gioco della disinformazione ed ingrandendo l’insicurezza dei terremotati: un disastro nel disastro.
In quei momenti l’Università sembrava sparita dall’Aquila, sembrava come se non ci fosse mai stata, eppure rappresenta una fetta importante dell’economia e prima ancora della conoscenza aquilana. Il palazzo della prefettura, quello della regione, il comune, simboli forti e concreti di una città e prima ancora di uno Stato, erano stati sommersi dalle chiacchiere intercettazioni. L’ospedale che come altro venne costruito con sabbia di mare, messo in secondo (se non in terzo piano).
Come se non bastasse ciascun giornale, ciascun telegiornale, avanzava proprie verità sull’emergenza, che da disastro umano, mutò in tragedia inaspettata senza responsabilità. Un altro mutamento era in atto: i fatti non erano più separati dalle opinioni ma ne erano al servizio. Allora le verità diventarono dei partiti presi e ciascuna non prevedeva margini di ignoranza. Ciascuna di essa pretendeva di essere autentica e non accettava critiche. Dalla critica alla gestione dell’emergenza alla capacità positiva di un governo nell’affrontare una situazione di quelle proporzioni.
Ma perché l’informazione ha avuto quel mutamento così radicale? Solo per semplificarsi la vita e raccontare senza rendere tutto più difficile? C’è chi dice (come ha anche affermato il ministro Barca), che ad un certo momento i mass media si siano trovati davanti ad una mole talmente grande di informazioni, di notizie, di fatti, di opinioni che hanno portato la stessa ad avere un sovraccarico. Provocando così una sorta di esplosione della razionalità, che non ha permesso di essere capace di raccontare verità che si avvicinassero il più possibile alla realtà dei fatti. Questo disastro dell’informazione, nato dal mutamento da racconto delle responsabilità a racconto dell’opinione politica, si è aggiunto all’incapacità umana, istituzionale, di creare un territorio antisismico ed ancora una volta il paragone con l’intera Italia non può mancare.
Tutto questo non toglie il fatto che con molta calma i mezzi di informazione stanno tornando a creare verità sul sisma aquilano, che, per quanto possibile, si avvicinino alla realtà dei fatti. Pian piano si sta tornando a raccontare responsabilità e colpe. Forse perché ormai il disastro non ha più niente di politico. All’Aquila è quindi avvenuto un mutamento dell’informazione che ha giocato un grande ruolo nella comprensione dei fatti accaduti.
Lorenzo Petrilli
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