Molti continuano a ripetere che, seppure la vivisezione non tuteli la nostra salute, sia inaffidabile scientificamente, e inaccettabile eticamente, di fatto non si può pensare di poterne chiedere semplicemente l’abolizione.
Ma questo non è vero, l’abolizione si può ovviamente chiedere ed è già stata chiesta, anche se purtroppo un numero estremamente esiguo di volte.
È stata chiesta in Svizzera, nel 1981, attraverso il referendum Weber che chiedeva l’abolizione totale da tutto il territorio nazionale.
A riprova che l’abolizione si può chiedere, non solo il referendum fu accettato ma aprì una feroce battaglia istituzionale durata 5 anni.
Le aziende investirono milioni in una propaganda serrata, minacciando che l’abolizione della vivisezione avrebbe compromesso la salute dei cittadini e la ricerca scientifica, consapevoli che la vittoria del referendum avrebbe costituito la fine della sperimentazione animale.
Occorre ricordare che in Svizzera la vivisezione era alla base di un intero sistema socio-economico, con una presenza dell’industria farmaceutica fortissima. Ma fu abolita.
Lo scorso 17 luglio, due giorni fa, Green Hill, l’azienda con sede a Montichiari (Brescia), nota per allevare cani beagle che sono poi destinati alla vivisezione, è stata messa sotto sequestro dal Corpo Forestale dello Stato, con una maxi-incursione in cui sono stati impegnati 30 agenti appartenenti ai Comandi provinciali di Brescia, Bergamo e al Nucleo Investigativo per i Reati in danno agli Animali (NIRDA), impegnati nelle operazioni di ispezione e sequestro disposte dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Brescia.
Tre le persone indagate in concorso fra loro, per il reato di maltrattamento di animali (art.544 ter cp), mentre , ha sottolineato il Corpo Forestale, i cuccioli non potranno comunque uscire dall’azienda, con iI rappresentanti della Green Hill nominati custodi giudiziari , assieme al sindaco della cittadina lombarda e alla locale Asl, con obbligo di cura e alimentazione degli animali.
Da alcuni anni Green Hill e’ di proprietà di un’azienda americana, la Marshall Farm Inc, il piu’ grande “produttore” di cani da laboratorio ed e’ l’ultimo stabilimento allevatore di cani da sperimentazione in Italia.
Il beagle continua ad essere la razza di cani più utilizzata a fini scientifici. Secondo la Lega antivivisezione la scelta non e’ stata fatta per affinità genetica, anatomica e fisiologia, ma per la taglia, la lunghezza del pelo (per iniezioni e prelievi), resistenza cardiaca, temperamento docile e capacità di vivere in gruppo, in modo da essere facilmente stabulato e costare meno.
La legge italiana limita fortemente l’utilizzo di cani, ma nonostante il vincolo dell’autorizzazione specifica, sono ancora tantissimi gli stabulari che utilizzano questa specie. In Italia, circa 1.200 cani all’anno (statistiche G.U.53) vengono sottoposti a test tossicologici, prove per farmaci e per la produzione di apparecchiature.
Per Silvio Garattini, direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano, “se a Green Hill ci sono irregolarità ben venga il sequestro, ma niente confusioni: gli allevamenti per la sperimentazione animale sono fondamentali per la ricerca medica”.
“C’e’ una norma europea molto precisa – spiega Garattini all’AGI – che l’Italia dovrebbe recepire, per armonizzare le procedure in tutta Europa e non creare disparità.
Senza sperimentazione sugli animali la ricerca sui farmaci sarebbe distrutta, non ci sarebbe piu'”. D’altra parte, fa notare il farmacologo, “la legge in discussione attualmente in Parlamento vieterebbe l’allevamento di animali destinati alla sperimentazione, e questo significa che in caso di bisogno dovremmo importarli, il che sara’ peggio per gli stessi animali”. A commuovere l’opinione pubblica e’ stato il destino dei cuccioli di beagle allevati alla Green Hill: “Non sempre si puo’ lavorare su topi e cavie – spiega Garattini – per esempio studi importanti che hanno prodotto terapie efficaci contro l’Aids hanno utilizzato le scimmie, in altri studi servono maiali, pecore, o per l’appunto cani. Ci sono caratteristiche di ogni specie animale compatibili con la sperimentazione che si sta facendo. Poi, certo, gli animali devono essere tutelati nel senso di non arrecare sofferenze inutili, e noi ci proviamo ogni giorno. Si puo’ sempre migliorare, ma non possiamo arrivare al punto di impedire di fare la sperimentazione, altrimenti la ricerca chiude i battenti”.
Tuttavia, non tutti, anche nel mondo scientifico, la pensano così.
Già nel 1964 il dr. James D. Gallagher, direttore della ricerca medica dei laboratori Lederle, dichiarava: “Gli studi su animali vengono effettuati per motivi legali e non per motivi scientifici. Il valore predittivo di questi studi per l’uomo è privo di significato – questo vuol dire che le nostre ricerche possono essere prive di significato”.
A tal proposito possiamo ricordare che la morfina è calmante per uomini e ratti, ma molto stimolante per topi, gatti, e cavalli, mentre i cani la vomitano.
Pecore e porcospini possono ingerire senza problemi grandi quantità di arsenico, letale per l’ uomo. Una dose di stricnina capace di uccidere un’intera famiglia umana, non fa nulla a cavie, polli o scimmie.
La cicuta, un veleno mortale per l’uomo, è innocua e mangiata con gusto da capre, pecore, cavalli e topi.
Il Fenilbutazone (un antinfiammatorio) innocuo per scimmie, cani e conigli, ha ucciso 10.000 persone a causa della differenza nella velocità del metabolismo: per le scimmie 8 ore, per i cani 6 , i conigli 3 … l’uomo 72 ! L’Oraflex (anti-artritico) ha ucciso persone dopo che è risultato innocuo per gli animali.
L’Azauracil (anticancro) innocuo per tutti gli animali incluse le scimmie, causa con una piccola dose danni al sistema nervoso centrale nell’uomo.
Solo in Inghilterra l’Isoprenile ha ucciso 3.500 asmatici, dopo che dosi 20 volte maggiori per i cani e 175 volte per i gatti, risultarono innocue.
Il Mexaform (antidiarroico della Ciba Geigy) uccise 3.000 persone e ne lasciò 30.000 handicappate. L’Oprem – 61 morti e 3.500 con effetti tossici.
L’illustre professor Bruno Fedi, più di una volta ha sottolineato l’inutilità della sperimentazione animale asserendo che “…andiamo già a sperimentare prima sull’uomo perché la sperimentazione animale essendo insicura costringe alla ripetizione sull’uomo, l’uso su cellule umane ci darebbe indicazioni molto più attendibili e sicure…”. “La ricerca su animali serve a deresponsabilizzare e a presentare in Parlamento o all’opinione pubblica dei progetti che sono molto favoriti dal punto di vista economico.
Per esempio leggi favorevoli dal punto di vista della tassazione. Le industrie farmaceutiche sono tra le quelle che guadagnano di più e vengono tassate di meno. Basta presentare un progetto di ricerca dicendo che si sono ottenuti dei risultati promettenti e attraverso raccolte televisive si ammassano montagne di denaro che non si sa mai come viene speso e quali risultati posa ottenere…”. “Quello che conta è l’osservazione sull’uomo. Quando si parla di progressi nel campo della terapia dell’AIDS o nelle leucemie questi progressi sono stati ottenuti fondamentalmente con ricerche sull’uomo, un affinamento delle ricerche sull’uomo, il grande progresso non è stata la sperimentazione sugli animali ma quella sull’uomo”.
Dello stesso parere il professor Gianni Tamino, Presidente Comitato Scientifico Equivita: “La sperimentazione animale è l’alibi per fare una sperimentazione rischiosa sugli esseri umani. Lo diceva anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nessun risultato sull’animale permette di saltare la sperimentazione sull’uomo.
La sperimentazione animale è un avvallo, un passaggio obbligatorio per poter passare alla sperimentazione sull’uomo. Ma moltissimi dati ottenuti sull’animale non hanno ottenuto riscontro sull’uomo. Abbiamo avuto il rischio in passato di buttare via terapie e farmaci utili perché sull’animale davano risultati negativi o non utili.
Quando si dice che grazie agli animali abbiamo gli antibiotici è falso, la penicillina creava danni in tutta una serie di roditori, il fatto di aver utilizzato più animali ha portato che in alcuni era dannosa ed in altri no, quindi si poteva sperare che non fosse dannosa per l’uomo. Ma chiariamoci, se io sperimento su animali diversi e ottengo risultati diversi come faccio a sapere quali sono validi per l’uomo? La sperimentazione sull’animale mi dà un risultato analogo al lancio della monetina, ossia poco superiore al 50%”.
Concludiamo ricordando, poi, che l’86% degli italiani è contraria alla vivisezione e si dicono indisponibili ad accettare che la Direttiva Europea autorizzi, tra le varie cose, “la pratica di apertura del torace e altri interventi invasivi ad animali senza l’uso di analgesici e anestesia”, “che gli animali vengano costretti al nuoto forzato o altri esercizi fisici forzati fino al sopraggiungere della morte”, ancora “permetta di provocare stress da immobilizzazione per indurre ulcere gastriche o insufficienze cardiache”, “consenta di sperimentare su cani e gatti randagi oltre che su primati catturati nel loro ambiente e venduti ai laboratori di tutto il mondo nel numero di 100.000 all’anno”, per non parlare dei metodi di soppressione tra cui spiccano “colpo da percussione alla testa”, “dislocazione cervicale”, “decapitazione” “elettrocuzione”. Insomma una serie di pratiche che poco hanno a che vedere con la civiltà. Personalmente faccio un appello ai Senatori chiedendo loro di ascoltare la voce di milioni di persone che chiedendo loro di tutelare finalmente i diritti di chi non ha voce.
In “Cuore di Cane”, Nabokov fa dire ad uno dei personaggi che;: “La scienza non riesce ancora a trasformare le bestie in uomini”, ma, molto spesso, riesce, invece, a fare il contrario.
Nella idea di Nabokov ciò che è in gioco nella storia non è solo la scienza , ma più in generale il concetto di “razionalità”, cosa è testimoniato dalle parole di Preobrazenskij, messo da Lattuada all’inizio del suo film, che di fronte al disordine provocato dal nuovo ordinamento sociale dice: “Il caos non è nelle cose, ma nelle teste”, poiché, per lui, scienziato autentico, non esiste una “irrazionalità del reale”, ma unicamente l’incapacità a guidarlo, a coordinarlo e, se occorre, a modificarlo.
Cuore di cane, intendo qui l’opera di Lattuada, come nota Turroni, “è anche un film dell’orrore”.
La caduta della coda, i volti stupefatti del professore e del suo assistente di fronte alle trasformazioni del corpo del cane, le zampe “umane” che escono dalla culla terrorizzando Zina, il corpo di Bobikov fasciato come una mummia che procede lentamente e a quattro zampe nella stanza scura e silenziosa fino ad alzarsi davanti allo specchio: tutti questi momenti sono testimonianza di un lavoro che Lattuada conduce sui modelli dei “generi” per descrivere una umanità che si disumana, non riuscendo a cogliere e cambiare i suoi orrori e le sue mostruosità bestiali.
Carlo Di Stanislao
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