In Italia è arrivato per caso, nel 2006, un anno dopo la sua uscita, presentato come thriller spazzatura o di serie Z, trascurato da critica e pubblico che, invece, gli uni e gli altri, hanno molto apprezzato in Francia.
Terza pellicola di uno che al cinema aveva fatto tutto, “Caos”, scritto e diretto da Tony Giglio, deve il suo titolo all’omonima e celebre teoria, più volte rimembrata durante il narrato, e che vuole dietro agli eventi anche meno correlabili un preciso filo conduttore.
Filo conduttore che dovrebbe essere dietro anche le svariate vicende criminose, fatte di rapine, omicidi e quant’altro, che ci vengono via via mostrate, e che lo spettatore si troverà a sbrogliare insieme al giovane detective protagonista, ovvero Dekker, interpretato da Ryan Phillippe (“Flags of our fathers”).
Un film che punta tutto sul classico topos del puzzle narrativo da ricostruire, i con una serie di ben assestati colpi di scena. Da questo punto di vista la pellicola riesce abbastanza, con una storia capace di intrigare, anche se in talune pieghe non è proprio convincente (già legare l’operato della mente dietro la rapina alla teoria sopra citata è alquanto forzato).
Meritano, a tal proposito, un’esplicita valutazione i due colpi di teatro dello script, che constano in alcune classiche agnizioni: il primo è poco prevedibile, ma si basa su una lampante scorrettezza della sceneggiatura, il secondo invece, pur essendo più telefonato (non vi spiego il perché per ovvi motivi), pare però più efficace, e conduce ad un epilogo non disprezzabile.
Un plot quindi dignitoso, però piuttosto limitato dai suoi artefici.
Ne parlo solo ora, a sei anni dalla sua uscita, perchè me l’ero perso e l’ho rivisto sere fa su Rai Movie (che continua la sua programmazione perfetta) e perché, da poco, ne è uscito un eccellente DVD.
Anche se mai riconosciuto per il loro autentico valore, due altri film (anch’essi già in DVD) di Tony Giglio mi sento di raccomandare.
In primo luogo “Soccer Dog” (2002), film per ragazzi della Eagle Pictures, con James Marshall, Olivia D’abo, che con molto senso del ritmo racconta di un uomo di successo, con nostalgia dei bei tempi in cui giocava a calcio, che adotta un bambino orfano sperando che diventi un bravo calciatore, senza tener conto che a lui, il calcio, non interessa.
Ma, soprattutto, “U-429:Senza via di fuga” (2004), un film imperdibile per gli appassionati del film di guerra, con una storia paradossale e davvero intrigante, sequenze brillanti, e spettacolari che rendono molto bene le sensazioni e le situazioni a bordo dei sottomarini.
Interessante l’introduzione storica sull’utilizzo e l’importanza che ebbero gli U-boot tedeschi nell’economia della guerra, con filmati originali di attacchi a navi e convogli alleati.
Infatti, i tedeschi erano perfettamente consapevoli che la vittoria o la sconfitta passava attraverso il controllo del Pacifico e dei convogli alleati che rifornivano gli eserciti in Europa.
Per questo nel ’42 raddoppiarono la produzione di U-boot , mettendone in mare a migliaia, solitari nelle loro incursioni , predatori del mare chiamati dagli alleati ” La banda dei Lupi”.
Nel gennaio del ’43 Churchill e Roosevelt decisero di infliggere un duro colpo alla flotta degli U-boot, scatenando nel maggio/giugno una controffensiva con sottomarini alleati , dotati di mezzi e tecnologie sofisticatissime per quel periodo, ottimamente e duramente addestrati a questo tipo di azioni in mare.
L’U-boot tedesco 429 incrocia sulla sua rotta il sommergibile alleato Swordfish, col quale ingaggia uno spettacolare e durissimo combattimento, in cui il sommergibile alleato viene affondato e i pochi superstiti dell’equipaggio vengono raccolti a bordo del sottomarino tedesco, anch’esso comunque gravemente danneggiato.
Ovviamente, gli SOS lanciati dallo Swordfish fanno giungere sul luogo unità navali alleate che bloccano sul fondo l’U-boot 429.
Intanto, ad aggravare la già disastrosa situazione , scoppia a bordo una mortale epidemia di meningite che farà morire diversi uomini , tanto che il comandante tedesco è costretto a stringere un patto col comandante in seconda inglese.
In pratica, chiede aiuto ai marinai inglesi suoi prigionieri di riparare i danni e le avarie del sottomarino in cambio della salvezza dei suoi uomini, non appena incroceranno una nave alleata.
Alcuni marinai tedeschi , contrari al patto stipulato, cercano di impadronirsi del sottomarino, ma durante il tentativo riusciranno ad uccidere il loro capitano Kremer, fallendo miseramente.
A questo punto, i marinai tedeschi ed inglesi , insieme riparano i danni e riescono a far ripartire il sommergibile che si dirige verso le coste alleate.
Ora mi sono messo alla ricerca del Dvd del suo ultimo film: “Timber Falls”, del 2007, un horror di 98 minuti ad altissimo voltaggio, anche esso meteora, nel 2008, nelle nostre sale.
Conosco la storia: un weekend escursionistico in tenda sulle montagne diventa un viaggio all’inferno per una giovane coppia (Josh Randall e Brianna Brown) che resta invischiata nel piano grottesco elaborato dalle menti perverse di una famiglia abitante all’interno di un parco in West Virginia: i due sono stati scelti per generare il loro primogenito.
In apparenza, quindi, classico horror/slasher senza pretese, con i cattivi pazzi al punto giusto, sangue che scorre copioso e torture, ma, avendo ormai conosciuto (ed apprezzato Tony Giglio), credo che vedrò una intelligente variazioni sul tema, con motivazioni che spingono i cattivi a comportarsi da tali ad aggiungere un pizzico di interesse ed originalità ad un genere “tra scontato”.
Avendo letto alcune recensioni (francesi e statunitensi), sarà il caso di raccomandarne la visione a quei molti americani che ancora si meravigliano che, nella loro civile Nazione, un certo modo di concepire la vita, porti a prodotti dissennati come quello studente di neuroscenze, che a soli 24 anni, ha fatto una strage in un cinema del Colorado, e che, dopo il massacro, tranquillamente, ha riferito agli investigatori di aver preso 100mg di Vicodin (un potente oppioide antidolorifico), identificandosi come il “Joker “, poiché lo stesso farmaco venne trovato nel sistema circolatorio dell’attore Heath Ledger (Jocker sullo schermo), quando morì di “overdose accidentale da farmaci” nel 2008.
Holmes, questo il cognome del ragazzo, H stava perseguendo un programma di dottorato in neuroscienze presso l’Anschutz Medical Campus all’interno dell’Università del Colorado.
Potrebbe questa prestigiosa posizione accademica dedicata allo studio del funzionamento e del comportamento del cervello umano essere anche il sito di programmazione mentale di Holmes?
I concetti espressi in precedenza di “illusioni che permettono di cambiare il passato” e di “esperienza soggettiva” richiamano molto la programmazione di alterego, dove le illusioni sono infatti utilizzate per creare un falso passato negli alterego controllati mentalmente.
E di tutto questo, in fondo e dietro la maschera splatter, “Timber Falls” ci parla.
Carlo Di Stanislao
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