Moody’s rivede in basso le prospettive del fondo salva stati della Ue e, dopo tre giorni in rosso e con negativi crescenti, le borse provano a resistere alle spinte speculative che rischiano di smantellare l’Euro.
Ieri il nostro differenziale è tornato ai livelli che significarono la caduta di Berlusconi, dimostrando che i tagli ed i sacrifici non cambiano lo stato delle cose, avendo, come unico effetto, l’avvilimento di quelli che le tasse le pagano.
Ricorda oggi, con sarcastica soddisfazione, Libero, che, sulla prima pagina della edizione del 10 novembre 2011, il Sole 24 Ore scriveva “Fate presto”, chiedendo, con parole forti, la capitolazione del cavaliere e del suo governo.
In quel momento lo spread era esattamente quello di ieri: 5,35 punti percentuali e paiono quanto mai vuote, ora, le parole di Monti a colloquio con Putin: “la situazione difficile nella quale versa l’Europa e in particolare l’eurozona è per noi motivo in più per cercare rapporti solidi nell’economia reale, industriale e commerciale”; parole che sembrano vacui flati metodologici, molto lontani dal convertirsi in prassi.
Ma dice anche qualcosa di nuovo, finalmente, Monti, dando retta a Boeri ed altri economisti che lo ripetono da mesi (da prima che arrivasse lui e quando c’era ancora Berlusconi): il nervosismo di spread e mercati “ha poco a che fare con i problemi specifici dell’Italia”, ma piuttosto dipende dalle “notizie, dichiarazioni e indiscrezioni sull’applicazione» delle decisioni prese dal vertice Ue di fine giugno e dovrebbero “essere implementate senza rumore e in tempi brevi”.
Tuttavia, poi, raffredda tutto, dichiarando di non ritenere necessario un vertice europeo straordinario perché nell’ultimo summit si sono fatti “rilevanti passi avanti”, mentre Obama e gli USA insistono che non bastono parole, ma occorrono fatti.
Monti continua a parlare col condizionale e per periodi ipotetici, mentre gli USA richiedono con forza di trasformare la Bce in una vera banca centrale, con investimenti coraggiosi e non tagli, proprio perché si è in crisi.
La perdita di posti di lavoro e di commesse, la non crescita degli stipendi, la riduzione di potere d’acquisto dei salari, la mancanza di veri piani industriali, non sono problemi rimandabili ad un domani che si allontana ogni giorno.
Maggiori risorse al futuro fondo di stabilità permanente sarebbero “ovviamente” utili per fronteggiare la crisi del debito sovrano dice Monti, ma subito aggiunge: “non credo sia molto facile ottenerle nel breve periodo”, sia per le Efsf che per l’Esm.
E sottolineando inoltre che l’attribuzione della “licenza bancaria” allo scudo anti spread sarebbe un “ulteriore motivo di agilità e di facilitazione”, dice anche che: “sappiamo che ci sono resistenze”, sicché, in questo tira e molla, sembra fare “l’amico del giaguaro” o la parte di chi le cose le sa per bene, ma sa anche che non possono essere applicate.
Da lui ci aspettavamo meno teorizzazioni e più determinata fattività, anche perché siamo stanchi di sentirgli dire, come ha fatto ancora ieri, con Borsa di Milano che ha perso il 7%, “penso che l’Europa abbia o possa affinare gli strumenti per superare le crisi e che la crescita, che con il pacchetto di fine giugno ci apprestiamo ad avere, aiuterà l’Europa anche a conservare una moneta forte e solida”.
Per una volta sono d’accordo con Brunetta che, sul Giornale, chiama il modo montiano di rispondere alla crisi, “inerziale” e passivo, un modo che facendo finta di agire, senza di fatto fare nulla, perpetuare vecchi vizi, vecchie procedure, perdere tempo, non decidere.
Questo porta alla fine certa della moneta unica, dopo un periodo di agonia e di distruzione delle economie dei singoli Stati, con conseguente implosione politica e democratica. Con in mezzo inevitabili derive populistiche antitedesche da parte dei paesi sotto attacco (vedi la Grecia), al pari di sentimenti altrettanto pericolosi quanto a egoismo, moralismo e da primi della classe da parte dei paesi del Nord nei confronti dei paesi sotto pressione.
E con conseguente implosione della stessa idea di Europa, perché i i tempi lunghi dei rinvii portano al disastro, anzi, al peggior disastro possibile.
Dovrebbe invece, Monti, con l’assist di Francia, Grecia, Portogallo e Spagna, de-merckelizzare l’Europa e seguire l’indirizzo americano, applicando un poker d’assi di possibile immediata implementazione, con una precisa road map istituzionale da realizzare in due anni, secondo quanto dovrebbe decidere il Consiglio Europeo del prossimo autunno, in attuazione delle proposte del “quartetto” Herman Van Rompuy, Mario Draghi, José Manuel Barroso, Jean-Claude Juncker, presentate a fine giugno.
Molti operatori economici, intanto, hanno richiesto poche semplici regole per bloccare gli speculatori.
Regole chieste anche in tempi non sospetti,ottenute– anche se in maniera circoscritta – lo scorso novembre, durante la precedente bufera finanziaria (dopo averle chieste, invano, per 3 anni a Tremonti), regole che mostrino che sappiamo prendere, a livello politico, decisioni nette e definitive, una volta per tutte.
La scelta della Consob di reintrodurre il divieto di vendite scoperto, divieto che sarà in vigore per tutta la settimana, (sì, si parla proprio di ‘settimana’) non basta più.
È una storia già vista che continua a ripetersi sempre uguale a se stessa; ad intervalli regolari ma senza mai giungere ad una conclusione definitiva.
Scrivono alcuni esperti su l’Unità, che la speculazione che è in atto in queste ore va bloccata e battersi seriamente, e non solo a parole, (tema, per altro, già trattato su questo blog) è diventata una necessità essenziale ed esistenziale.
Perché il rischio è sempre più serio e proprio come quando si ha di fronte un killer (cioè quello che questi strumenti speculativi rappresentano per gli Stati) non si può temporeggiare ma si reagisce a muso duro.
Quindi, si sostiene sempre da parte di costoro, piuttosto che ritrovarci fra due o tre mesi a parlare di crac, di rischio fallimento e di ‘punti di non ritornò, si prenda in considerazione, e stavolta seriamente, la proposta del PD di un divieto permanente di tutti quegli strumenti finanziari che favoriscono gli speculatori, in modo da metterli e o all’angolo, una volta e per tutte.
Per fare questo dobbiamo pretendere ed ottenere che il governo costringa la Consob ad un divieto totale e permanente delle vendite allo scoperto e una posizione chiara contro i derivati non regolamentati. Non basta più, infatti, sentirci dire aspettiamo l’Europa e che siamo in attesa dell’ennesimo regolamento comunitario, ma occorre sentire la voce di Vegas e Grilli, ognuno in virtù delle proprie competenze, tacciare come fuorilegge tali strumenti.
Il clima politico, diviso, nebuloso e farraginoso, poi, non aiuta certo nell’operazione di attrarre gli investitori e placare i mercati.
Ieri, al Senato, è passato il semipresidenzialismo, paralizzando la annunciata svolta sulla legge elettorale e con i partiti che restano divisi sul voto anticipato.
Il voto Pdl–Lega sull’elezione diretta del capo dello Stato ha rallentato anche la trattativa sulla nuova legge elettorale e senza nuove regole cade l’ipotesi di un’elezione a novembre.
Elezione di fatto smentita sia da Alfano che da Bersani, che però sanno bene che le manovre continuano visto che Berlusconi starebbe facendo i suoi calcoli di opportunità e che un pezzo di Pd punta al Monti bis.
Il quadro, insomma, resta in movimento semplicemente perché i leader non hanno ancora deciso e, oggi, Berlusconi, con Angelino Alfano, incontrerà Mario Monti e poi farà una conferenza stampa in cui certamente rivendicherà uno spread di Monti simile a quello del suo Governo, per lanciare la bandiera del presidenzialismo.
In queste ore concitate, tutti sono dietro a chiedersi quali saranno le mosse di Berlusconi e Bersani, invece di cercare una armonia strategica fra le varie anime della sinistra e con l’Idv, si preoccupa di trappole ai suoi danni, temendo che le manovre sul voto anticipato a novembre rilancerebbero la grande coalizione con un Monti bis, che gli bloccherebbe la strada verso Palazzo Chigi.
Al progetto pare stia lavorando una parte dello stesso Pd, l’Udc di Casini – alacremente – e un pezzo di Pdl, che, comunque aspetta la decisione del Cavaliere il quale, come dice un parlamentare informato come Osvaldo Napoli, non sa ancora “se lanciare una nuova formazione politica oppure mettersi nell’ottica di una larga coalizione”.
Intanto la borsa precipita, lo spread sale e noi entriamo in giorni sempre più bui, con aspre e vistose spirali di paura.
Commissario europeo (Mercati e Concorrenza), fu trasformato in “SuperMario” da una copertina del settimanale “Newsweek”, ispirato dal paragone del “New York Times” col personaggio inventato dal colosso giapponese dei videogiochi Nintendo. Oggi, sempre “Newsweek”, lo paragono all’ Uomo Ragno. Ma adesso occorre che Monti facce le sue mosse, ardite e non più incartate dietro ad un nugolo di parole.
Carlo Di Stanislao
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