Otto puntate per svelare e approfondire i lati nascosti delle maggiori città italiane. Osservarne le trasformazioni e apprenderne le magagne. Roma, Milano, Torino, Napoli e Genova al centro di un’inchiesta che, attraverso le testimonianze di urbanisti, architetti, costruttori e naturalmente abitanti, vuole offrire una fotografia delle tendenze in atto nei nostri centri urbani. Visualizzare le buone pratiche e condannare gli errori e le negligenze. Senza privarsi di uno sguardo d’insieme, costruito grazie agli esperti sulla base delle innovazioni che si affermano nelle discipline del governo del territorio e della rigenerazione urbana, a partire dalle strategie di contenimento del consumo di suolo e dalla nuova filosofia delle “smart city”. Questo è “Mi chiamo città”. La città è sempre di più l’habitat naturale dell’uomo contemporaneo. Più della metà della popolazione mondiale vive nelle città. Nelle città si produce la stragrande maggioranza degli oltre 500 chili di rifiuti solidi (annui e procapite) del nostro Paese. Nelle città si concentra il traffico, che in Italia è sbilanciato dal lato privato: 70 per cento contro il 30 di chi usa i mezzi pubblici o va in bicicletta. Le città sono i fulcri dei sistemi economici nazionali e da sempre al centro dell’azione dei governi. Il “piano città” appena messo a punto dal governo Monti ne è l’ultimo esempio: è stretta la connessione il buon andamento dell’economia di un Paese e la vitalità dei suoi maggiori centri urbani. Come stanno quelli italiani? E’ questa la domanda a cui “Mi chiamo città” vuole rispondere andando sul campo a scoprire i casi concreti. Roma, innanzitutto, a cui il programma dedica quattro puntate scoprendo una città annebbiata, che ha perso stabilità dal centro storico al suo margine estremo, quello delle periferie nate intorno ai centri commerciali negli ultimi vent’anni. Una città incapace di proteggere gli investimenti fatti da cittadini e imprenditori, lenta e impacciata nel trovare soluzioni collettive alle spinte che arrivano dai singoli e dai comitati di quartiere. Ecco dunque il quartiere di Pietralata, pronto per essere riqualificato grazie a un piano che però giace in Comune da anni. O quello di Corviale, che non riesce – benché i fondi siano disponibili – a spendere 23 milioni per il recupero di uno degli edifici simbolo delle periferie romane. Poi Torino, città simbolo e crocevia della contemporaneità, perché ha dovuto affrontare il passaggio da città della Fiat, “one company town”, a metropoli dei servizi e della cultura (si prepara il completamento di una delle reti museali più importanti d’Europa con il nuovo Museo Egizio), cimentandosi con la riqualificazione di molte aree produttive abbandonate. Si scopre l’importanza di un evento come i giochi olimpici invernali per consolidare un recupero urbano iniziato già negli anni Novanta del secolo scorso. E ancora Napoli con l’ambizioso progetto che riguarda la sua zona orientale, “NapEst”, che rilancia la sfida con un campus universitario e una collaborazione pubblico/privato per riqualificare una zona fatta di suoli inquinati ed emergenza sociale, e Genova, che scommette e investe per diventare una “smart city”. Rimane il filo rosso che lega le esperienze delle diverse metropoli, costrette a confrontarsi con problemi e cambiamenti che in buona misura sono comuni: la pressione a cui sono sottoposti i centri storici, da un lato riempiti dai city users legati all’intrattenimento serale, dall’altro abbandonati dai residenti; il mercato immobiliare che spesso produce costi insostenibili per gli aspiranti proprietari e gli inquilini; l’emergenza casa collegata a una domanda che cambia rapidamente, strutturandosi sempre di più in nuclei familiari ridotti, di uno o due componenti. “MI CHIAMO CITTA'”, alla terza edizione, è realizzato in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Urbanistica, l’Ordine degli Architetti di Roma, il Comitato Naplest nato per affrontare la trasformazione interrotta dell’area di Napoli Orientale, la Compagnia di San Paolo di Torino impegnata in esperimenti di abitazioni temporanee legati al recupero urbano e alla promozione sociale contando sull’esperienza di Sergio Chiamparino, il sindaco delle Olimpiadi torinesi e delle grandi trasformazioni, oggi alla presidenza della Fondazione. Il programma è ideato e realizzato da Marta Francocci, storica dell’arte da anni impegnata nella ricerca sui cambiamenti nelle città contemporanee. Nel 2004 e 2005 realizza “L’era Urbana” per RADIO 3, il primo programma interamente dedicato alla città, poi diventato format televisivo per RAI EDUCATIONAL, nel 2009 “Fatti minimi” per Radio Classica – Milano Finanza. Dal 2010 realizza per RAINEWS “Mi chiamo città”.
“Mi chiamo città”, otto puntate per fare l’identikit delle maggiori città italiane
Otto puntate per svelare e approfondire i lati nascosti delle maggiori città italiane. Osservarne le trasformazioni e apprenderne le magagne. Roma, Milano, Torino, Napoli e Genova al centro di un’inchiesta che, attraverso le testimonianze di urbanisti, architetti, costruttori e naturalmente abitanti, vuole offrire una fotografia delle tendenze in atto nei nostri centri urbani. Visualizzare le […]
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