Cinque medaglie nel primo giorno e due ieri. Niente male davvero, tanto che ora tutti parlano di “rinascimento” del Paese, almeno nello sport.
Ed il brutto esordio della pallavolo maschile (con i nostri sconfitti dalla Polonia) è compensato dal settimo posto nelle qualificazioni della squadra femminile di ginnastica artistica, che così conquista una storica finale, in programma martedì.
Chi delude è, per così dire, la parte acquatica, con la coppia Cagnotto-Dallapè che nei tuffi sincro da 3 metri arriva quarta e la Pellegrini che ha chiuso i 400 con un deludente quinto posto e, soprattutto, senza la caratura e la concentrazione per rifarsi, oggi, nei 200.
Ma intanto, nella giornata odierna, abbiamo la possibilità di conquistare altre medaglie: nel Tiro con l’ arco con Marco Galiazzo nell’ individuale e con grintosa calabrese Giulia Quintavalle nel judo, dove si batterà per confermare l’ oro di Pechino.
La giornata più bella, comunque, quella del 29 luglio con il tris nel fioretto femminile individuale e, nel pomeriggio, Luca Tesconi che ha vinto l’argento nel tiro a segno da 10 metri, con la pistola ad aria compressa.
E un clima più disteso si respira anche in campo economico, dopo quello che è stato definito l’accordo Monti-Merkel per salvare l’euro e rendere meno scettici i partner del Nord Europa, perché la speculazione non aspetta i tempi della politica ed è alto il rischio che le decisioni istituzionali siano tardive.
Dopo il deciso intervento a difesa dell’euro e dell’Eurozona del presidente della Bce Mario Draghi, ora la parola passa alla politica, con l’obbiettivo di bloccare la preannunciata grande crisi di agosto, con l’emergenza spagnola e la possibile destabilizzazione che potrebbe abbattersi sull’Italia.
E già oggi, in base al’andamento di vendita di 3,5 miliardi di titoli di stato, si capirà se questa lunga estate sarà meno calda di quanto preventivato.
Intanto Monti si prepara al suo giro in Europa, a partire da Parigi, per poi andare a Helsinki, a Madrid e a Berlino, nella seconda metà di agosto.
Alla fine della scorsa settimana, dopo nere giornate di arroventata passione, lo spread tra gli italiani Bpt e i Bund tedeschi è sceso al 450 punti base.
Sono andate bene le aste dei Bot semestrali di venerdì scorso, con la collocazione di tutti gli 8,5 miliardi di euro con tassi in calo di mezzo punto a fronte di una domanda che si è confermata solida raggiungendo i 13,7 miliardi. Il rendimento medio è sceso al 2,454% dal 2,957% di giugno e ora il Tesoro guarda con un certo ottimismo all’asta dei Bpt che si terrà oggi.
Verranno offerti fra 1,25 e 2,25 miliardi del Btp benchmark quinquennale giugno 2017 e fra 1,5 e 2,5 miliardi del decennale settembre 2022, oltre a 750 milioni del titolo fuori corso d’emissione novembre 2015, per un obiettivo massimo complessivo, come detto, di 3,5 miliardi.
In realtà e non solo nelle gare di Londra, questa settimana sarà particolarmente cruciale, perché Monti dovrà convincere sull’importanza della difesa della moneta unica europea e dell’Eurozona il primo ministro finlandese, Jyrki Katainen, che ha cercato di bloccare lo scudo anti-spread deciso dal Consiglio europeo di fine giugno, minacciando addirittura di lasciare l’euro per un non accollarsi i debiti degli altri Stati membri.
A dal canto suo, Draghi dovrà vedersela con le resistenze del presidente della Bundsbank, Jens Weidmann e vincerle prima del 2 agosto.
Gare difficili, anzi difficilissime e da cui dipende il nostro futuro ma anche il futuro della Unione Europea. L’Eurogruppo è pronto ad agire di concerto con la Bce per salvare la valuta unica, comprando titoli pubblici dei Paesi in difficoltà attraverso il fondo salva-Stati Efsf e ieri il presidente, Jean-Claude Juncker, ha precisato che nel far fronte alla crisi “non c’è tempo da perdere” e detto che è ora che la Germania la smetta nel “considerare l’Europa un suo cliente”.
Solo oggi si è saputo di una lunga telefonata, avvenuta sabato, in cui Monti e la Merkel si sono reciprocamente dichiarati di essere pronti a prendere “tutte le misure necessarie” per proteggere la moneta unica.
E mentre l’euro scambia in area 1,2287, in calo rispetto alla rilevazione ufficiale di venerdì scorso della Bce a 1,2317, sull’onda delle speranze di un rafforzamento dell’impegno della Bce contro la crisi del debito, lo spread Btp-Bund, che era sceso venerdì fino a 450 punti base chiudendo poi a 456, oggi scambia ad appena un punto più in alto.
Circa le aste odierne dovrebbero trovare ancora sostegno nelle parole del presidente della Bce Mario Draghi, come sostengono i fixed-income strategist di Citi, aggiungendo che un elemento significativamente positivo per le aste, saranno i pagamenti di 9,3 miliardi di euro di coupon previsti per il 1° agosto.
Ma in questa gara contro il tempo e le speculazioni, nessun fatto è davvero assodato e certo.
Un’ altra gara mortale avviene in altri luoghi e con altri scenari, nella Siria del Nord, ad Aleppo, assediata e bombardata da terra e da cielo da oltre tre giorni, con un bilancio di centinaia di morti ed una annunciata carneficina da parte delle truppe fedeli ad Assad, in cui sarebbero presenti anche molti miliziani talebani.
Si intensificano, poi, gli scontri al confine, con Giordania e Turchia, mentre l’opposizione raccolta attorno al Consiglio nazionale siriano (Cns), ha trovato l’accordo per la formazione di un governo di transizione, sul modello di quello sorto a Bengasi durante la rivoluzione contro Gheddafi; anche se non è ancora chiaro che lo guiderà.
Le richieste ricalcano quelle di un anno fa in Libia: una “no-fly-zone” per imbrigliare la potenza di fuoco dell’esercito regolare e armi per i combattenti che resistono nei quartieri meridionali di Aleppo, destinata a diventare la capitale provvisoria della “Siria libera”.
Abdel Basset Sayda, presidente del Cns, ha detto che le strade di Aleppo saranno “la tomba dei carri armati del regime”, ma gli inviati ci dicono che gli aerei sganciano bombe da 500 libbre ed un massacro in tutta la città.
Emirati e Qatar sono stati finora generosi in finanziamenti e armi leggere, ma ai ribelli manca la contraerea e per questo i comandanti sul campo, come il colonnello Abdel Jabbar al-Oqaid, chiedono missili terra-aria portatili, e, ancora meglio, l’intervento dell’Occidente per una “no fly zone”.
Ma intanto Damasco è tutt’altro che sconfitta e continua la sua gara sul campo e in diplomazia, come dimostra il viaggio dell’altro ieri a Teheran del ministro degli Esteri Walid Moallem , che è servito a dimostrare che il governo Assad non è isolato e a dare un palcoscenico internazionale alla replica alle mosse dell’opposizione.
Moallem ha ribadito che il governo punta “all’applicazione del piano Annan”, (che in realtà è già sepolto da tempo), e che sul piano militare i “ribelli verranno schiacciati ad Aleppo”.
Naturalmente non piace a Damasco (come agli alleati, Russia e Cina), l’idea di una zona di “non sorvolo” ed il governo Assad si muove con tutte le sue forze per impedire che Aleppo diventi un “zona libera” sul modello di Bengasi.
I governativi ieri hanno cercato di “bonificare” i confini con la Turchia nella zona di Idlib e “hanno inflitto pesanti perdite” ai miliziani, secondo l’agenzia di stampa governativa Sana, sventando anche un tentativo di incursione di “gruppi terroristi armati”.
Altri scontri sono stati alla frontiera con la Giordania, dove continua il flusso di migliaia di civili dalla capitale.
E Amman ha inaugurato, sempre ieri, il primo campo profughi a Zaatari, segno che prevede un conflitto ancora incerto e certamente molto, molto lungo.
Carlo Di Stanislao
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