In Appennino sulle tracce di Francesco Guccini

Conosco bene gli odori e le sensazioni, i volti, le storie e i personaggi narrati, cantati e descritti in numerose canzoni e nei libri da Francesco Guccini. Sono odori, sensazioni, volti, storie e personaggi dell’Appennino tosco-emiliano, una terra da vivere e amare. Conosco (e amo) tale terra perché mia madre e i miei nonni sono […]

Conosco bene gli odori e le sensazioni, i volti, le storie e i personaggi narrati, cantati e descritti in numerose canzoni e nei libri da Francesco Guccini. Sono odori, sensazioni, volti, storie e personaggi dell’Appennino tosco-emiliano, una terra da vivere e amare. Conosco (e amo) tale terra perché mia madre e i miei nonni sono emiliani dell’appennino modenese, di Montecreto, Poggio Raso e Sestola e le estati passate in quelle zone sono per me foriere di tutto questo. Conosco quindi meglio il versante modenese-toscano, anziché quello bolognese-toscano di Monteacuto dell’Alpe, Pianaccio, Lizzano in Belvedere, Porretta e, naturalmente, Pàvana, ma la sostanza non cambia… Ho passato 41 estati a circa 50 km di salite e discese da quel paese in provincia di Pistoia, così noto ai fan di Guccini, ma non ho mai avuto l’ardire di andarci. L’occasione è stata fornita dalla lettura di un libro il cui titolo mi ha incuriosito subito “Scusi, è questo il mulino dei Guccini?” di Maria Rosaria Prandi e Silvano Bonaiuti che è poi un cugino di Francesco Guccini. L’esistenza di tale libro l’ho appresa dalle note di un libro su Guccini, e per recuperarlo ho interessato una mia zia di Bologna in quanto evidentemente la piccola casa editrice, l’arcobaleno editore, di Porretta Terme, non ha (ancora) la forza distributiva di arrivare nel salento. Finito di leggere il libro, proprio tra i castagni di Montecreto, ho deciso di fare il “passo” e raggiungere il mulino di Chicon, conoscere i cugini di Francesco Guccini e magari riuscire a fare un’intervista anche allo stesso cantautore.
Del famoso mulino, Guccini ne ha sempre parlato volentieri e in una recente sua autobiografia, “Non so che viso avesse”, “il mulino” è addirittura il primo capitolo. Scrive Francesco Guccini “mi sono chiesto tante volte se quelle cose buonissime che mangiavo al mulino dei nonni paterni (…) mi piacerebbero ancora, oggi. Non so rispondere, perché tutto è avvolto in una specie di nostalgia, che è poi quella dell’infanzia e dell’adolescenza, della vita quotidiana per i primi cinque anni di vita e per i Natale, Pasqua e i lunghissimi straordinari mesi delle successive vacanze estive. Perchè il mulino, il MIO mulino, il mulino del bisnonno Francesco detto Chicón era, ed è ancora oggi, nonostante non si macini più, un luogo mitico”.
E così, alle tre di un pomeriggio di agosto, armato del libro appena letto, di tre buone bottiglie di vino pugliese, della cui casa non dirò mai il nome nemmeno sotto “torchio”, sono partito da Montecreto in direzione Pàvana. Dopo circa un’ora e venti di viaggio tra splendidi e luminosi verdi paesaggi, il cartello “Pàvana” mi ha indicato che ero arrivato ormai a destinazione e un piccolo cartello in legno “mulino di Chicon” mi ha guidato, attraverso una stretta stradina sterrata e un sentimento di emozione, alla vista chiara e visibile del mulino. Nel giardino ho subito “riconosciuto” Maria Rosa Prandi, alla quale non ho rivolto la solita domanda, ma ho mostrato direttamente il libro. Ho così spiegato la curiosità che avevo avuto nel leggere quel libro e di conseguenza la voglia di vedere finalmente il famoso mulino, non celandole neanche la mia speranza di poter salutare l’artista, magari facendogli pure una breve intervista, sotto magra parcella delle tre bottiglie di (pur buon) vino. L’accoglienza dei due autori del libro, nonché proprietari del mulino, è stata molto dolce e serafica, direi quasi bucolica. Hanno subito telefonato a Francesco Guccini per chiedergli la possibilità di incontrarmi ma un impegno già preso con un altro giornalista e la preparazione per un breve viaggio in vacanza con partenza prevista il giorno dopo hanno impedito il tutto. Ho detto loro che però non potevo restare senza pezzo giornalistico e che quindi mi avrebbe fatto piacere intervistarli per parlare del libro. E così, di fronte ad uno splendido camino (naturalmente non acceso), nella sala principale del mulino che tra l’altro è stato la location del video della canzone di Zucchero “un soffio caldo” (scritta insieme a Guccini che appare nello stesso video) è iniziata la nostra piacevole chiacchierata…

Partiamo dal libro e soprattutto dal titolo molto originale che incuriosisce: “Scusi, è questo il mulino dei Guccini?”…quante volte ve l’hanno chiesto?
Maria Rosa – il titolo del libro è stata una idea mia…all’inizio doveva averne un altro poi mi è venuto in mente questo. Intanto penso che il titolo sia molto importante in un libro, in quanto è un modo per fare incuriosire la persona che ha voglia di comprarlo e poi perché è la tipica domanda che fanno tutti quelli che arrivano qua. È la prima cosa che chiedono, ormai da tantissimi anni, da quando Francesco è diventato famoso. Tutte le persone che vengono fin qua vengono per lui e vogliono sapere se realmente questo è il suo mulino…

Il mulino che apparteneva al bisnonno…
Silvano – sì costruito dal bisnonno, che si chiamava Francesco Guccini, guarda caso! Qualche volta ci giochiamo sopra su questa domanda, perché rispondo: “no, è mio il mulino” e allora le persone cominciano a brancolare nel buio. In realtà è il mulino dei Guccini in quanto è stato fatto dal nostro bisnonno ed è stato sempre dei Guccini finché ha funzionato.

Fino a che anno?
Silvano – ha funzionato fino al 1960 ma la sua attività fondamentale l’ha fatta fino alla seconda guerra mondiale.
Maria Rosa – a proposito del titolo, qualche giorno fa è venuto Francesco con altri giornalisti, ogni tanto ci viene a trovare – in verità una volta lo faceva più spesso perché camminava e passeggiava di più – ha aperto la porta è ha chiesto: “Scusi, è questo il mulino dei Guccini?”…Mi prende sempre in giro e io gli ho risposto: “no, brav’uomo, non è questo”…ormai è diventato un motto tipico che scherzosamente usa anche lui quando viene qua…

Il mulino è poi rimasto abbandonato per un periodo…quando avete deciso di ristrutturarlo e recuperarlo?
Silvano – poco dopo che ci siamo sposati negli anni settanta, verso il settantacinque. Ci abbiamo messo circa 30 anni perché avevamo pochi soldi, ci si lavorava il sabato e la domenica e in estate. Quando è diventato abitabile ci passavamo le ferie. Poi con la liquidazione della pensione siamo riusciti definitivamente a terminare gli ultimi lavori.

All’inizio, quindi, lo usavate come alloggio per le ferie, ma poi da qualche anno il mulino è diventato anche un bed & breakfast. Come va questa nuova esperienza?
Silvano – bene tutto sommato. Vengono soprattutto fan di Francesco e già questo seleziona la clientela. La gente che viene qui di solito rimane ben impressionata per gli spazi, per l’ambientazione, il clima…in particolare chi viene dalla città apprezza il silenzio, i ritmi lenti, il verde. La soddisfazione è che molti ritornano non più solamente per Francesco, ma perché si sono trovati bene.
Maria Rosa – (scherzando) arrivano per Francesco e tornano per noi!

Non è che poi Francesco Guccini ci rimane male?
Maria Rosa – Francesco non ha di questi problemi. Qui (a Pavana – n.d.a.) è un continuo via vai. I suoi fan, come si dice a Bologna, fanno il giro delle sette chiese. Vanno prima al bar che di solito Francesco frequenta, poi vanno dove va a prendere il giornale, poi dove si ferma a mangiare, poi passano qui dal mulino e chiedono dove abita Francesco…

L’idea del libro a chi e venuta e come si è poi realizzata?
Silvano – questo mulino è un po’ un simbolo per le canzoni e i libri di Francesco. Per la vallata era un punto di ritrovo. Il mulino è nato assieme alla famiglia dei nostri bisnonni e dei nostri nonni e noi ci siamo trovati a rimetterlo in sesto e quindi lo sentivo come mio. Mi piaceva l’idea di concretizzare il passaggio delle generazioni collegato con le vicende di una casa un po’ speciale, perché un mulino non è solo un’abitazione. L’unico modo di fermare il tempo per mettere in evidenza quello che era successo era quello di scrivere un libro. Da questa idea iniziale, poi, ogni componente della famiglia ha messo il suo punto di vista.

Quanto è durata la “gestazione” del libro
Maria Rosa – tremendo e faticoso! È stato veramente un parto! Il libro è stato pubblicato nel 2007 ma l’idea risaliva a 5 anni prima. È stato fonte di lunghe discussioni, di liti, di tutto e di più, al limite della separazione! (ride)

Quale il motivo?
Maria Rosa – a me piace scrivere ma ho bisogno dei miei tempi: se uno mi mette fretta mi crea molto disagio e mi da fastidio. Scrivevo quando avevo dei momenti liberi e non sempre le cose mi venivano come mi piacevano. Io sono molto maniacale e perfezionista. Lui invece aveva fretta e voleva arrivare a conclusione. In queste fasi di scrittura siamo diventati un po’ isterici tutti, insomma! L’ultima stesura, quella definitiva, l’abbiamo naturalmente fatta vedere a Francesco e l’abbiamo fatta leggere a sua moglie, Raffaella, che ci ha dato qualche consiglio e ha corretto qualche piccola cosa.

Nel libro c’è anche una poesia dialettale di Francesco Guccini
Maria Rosa – Gli avevamo chiesto di scrivere qualche cosa, un capitolo. Lui non aveva tempo, forse neanche tanta voglia (ride), e alla terza-quarta volta che andavo all’attacco sono andata in casa per dirgli “dai, Francesco, scrivi qualcosa!” e lui mi ha detto che aveva una poesia che aveva composto e spedito ad un amico in risposta ad una sua provocazione.

E di cosa parla la poesia?
Silvano – un ricordo di quando era piccolo che racconta brevemente un suo viaggio da Modena a Pavana, quando veniva a Natale a trovare i nonni. Il viaggio fatto in treno, l’avvicinamento al mulino, il fatto di ritrovare odori e persone. In dialetto pavanese, con traduzione in italiano.

State pensando già ad un nuovo libro?
Maria Rosa – il nostro amico editore (l’arcobaleno editore n.d.a.), che ha iniziato la sua attività di piccola editoria con noi, ogni tanto ci dice “dai, quand’è che scrivi qualcos’altro” ma non è il nostro mestiere, diciamo. Noi abbiamo avuto la fortuna di poter pubblicare ma ci sono persone ben più valide di me, che scrivono meglio di me, che non riescono a pubblicare. Noi abbiamo avuto anche la grande faccia tosta di andare al Salone del Libro di Torino.

Con la casa editrice?
Silvano – sì, perché al Salone c’è una sezione dedicata ai piccoli editori e il nostro ha chiesto uno stand. Veniva presentato il nostro libro ed era prevista una piccola saletta per l’occasione. Quando però hanno saputo che ci sarebbe stato Francesco alla presentazione è stata immediatamente assegnata la sala grande da 800 posti e abbiamo presentato il nostro libro dopo Umberto Eco.
Maria Rosa – io sarei voluta scomparire, tanto che subito come introduzione ho detto: “sono molto a disagio perché sono seduta dove era seduto Umberto Eco e ci rendiamo conto di avere una faccia di bronzo paurosa”. È stata una esperienza pazzesca. Non ho dormito tre notti per l’agitazione. Io sono una lettrice patita, adoro leggere, per me il libro è importantissimo e riuscire ad arrivare al Salone del Libro di Torino non me lo sarei mai sognato in vita mia.

Ma Francesco Guccini ha presentato il libro?
Maria Rosa – sua moglie Raffaella, che ha fatto le varie presentazioni anche nei paesi qui vicino e poi si è offerta per la presentazione di Torino. Francesco l’ha seguita e poi è salito sul palco anche lui per la presentazione. Naturalmente la sala era piena per lui. Noi abbiamo fatto prima una breve presentazione del libro anche con delle slides e poi ha preso la parola Francesco raccontando anche alcuni aneddoti legati al mulino. La cosa divertente è stata che c’erano i grandi editori che passeggiavano per il salone e incrociando Francesco gli dicevano “ma che ci fai qui, che quando ti chiediamo noi di venire non vieni mai” e lui “sono qui per accompagnare un mio cugino”. Poi alla sera giustamente Francesco è andato a cena con Umberto Eco, Mondadori, Feltrinelli e compagnia bella…

Diciamo che questo episodio è stato una sorta di piccola vittoria di una piccola casa editrice rispetto a quelle più grandi e importanti…
Maria Rosa – io l’ho detto nella breve introduzione che è importante che anche le piccole case editrici abbiano il loro spazio e si facciano conoscere. Questa è stata per loro un’occasione e una soddisfazione.

Allora vi aspettiamo per una presentazione al sud d’Italia…
Maria Rosa – sappiate che Francesco non si muove, lui assolutamente non ne vuole più sapere… quando pubblica i suoi libri ed è in qualche modo “obbligato” dalla Mondadori ad andare a fare qualche presentazione, ad esempio, da Fazio, o in giro in qualche città più importante, lui lo fa mal volentieri…

Lo si vede da alcune sue facce ed espressioni…
Maria Rosa – sì, Fazio è delizioso e da lui ci va anche volentieri, ma lo sente un po’ come un obbligo, anche se è giusto che una grossa casa editrice gli chieda di fare qualche presentazione; lui cerca sempre di essere disponibile ma è tirato un po’ da tutte le parti…

Alla fine dell’intervista, dopo le foto di rito, ho lasciato le bottiglie a Silvano e Maria Rosa con preghiera di darle a Francesco Guccini, aggiungendo che non mi sarebbe comunque dispiaciuto se le avessero bevute loro… Ho scritto anche un biglietto per ringraziarlo delle sue parole lette e ascoltate…alcune delle quali mi hanno naturalmente fatto compagnia nel viaggio di ritorno verso casa.

Andrea D’Oria

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