Non è ancora finita questa torrida estate, che ci ha fatto penare fra affanno e sudore, togliendoci spesso il respiro e la pace (diurna e notturna), con le solite raccomandazioni per i colpi di sole e calore, per le tossinfezioni alimentari e per la cute, fra invecchiamento e melanoma.
Ma sono anche altre le problematiche legate a questa stagione che pare la più bella dell’anno, ma, per alcune personalità davvero non lo è.
Ad esempio, nell’area dei disturbi psichici si assiste, in estate, a un incremento di alcune patologie, con la partenza di amici e negozi vuoti che possono indurre una sorta di panico, una sorta di “vuoto estivo”, attorno al cuore gli americani (sempre loro), hanno costruito una nuova categoria diagnostica: il “Summer Sad”, dove Sad è un gioco di parole che, da una parte sta per “triste”, ma dall’altra è anche un acronimo che sta per “Seasonal Affective Disorder”.
E, quindi, via libera a ansiolitici, barbiturici, neurolettici, triciclici e benzodiazepine che fanno la fortuna della lobby internazionale del farmaco, con vendite stellari, nell’ultimo trentennio, che non trova paragoni nella storia della medicina. Neppure per gli antibiotici, che sono una famiglia di farmaci pure molto utilizzati in tutto il mondo. Dal 1996 al 2005, negli USA, il consumo di psicofarmaci è raddoppiato e, nel 2008 la spesa nazionale USA – soltanto per questa tipologia di farmaci – ha raggiunto 164 milioni di prescrizioni per un totale di 9,6 miliardi di dollari. Ci si poteva costruire una nave spaziale per Andromeda, oppure trovare (non uno, ma) 10 vaccini per l’Ebola o trovare 20 diverse cure per l’Alzheimer, l’AIDS o l’Autismo. Forse perfino costruire la pace in medio-oriente.
E allora, raccomanderei al nostro ministro della sanità, invece di preoccuparsi del solito fumo (già molto fustigato) e delle bibite gassate, di concentrarsi sulla necessità di realizzare campagne informative equilibrate e misurate, per un corretto uso di tali farmaci.
L’insoddisfazione, la noia, la paura, la temporanea perdita di gioia sono condizioni naturali e fisiologiche dell’animo umano: non sono malattie. Sono semmai stimoli a migliorare.
Non si vive in un costante orgasmo o in uno stato di perenne beatitudine. Il nostro cervello si è evoluto in milioni di anni per permetterci di percepire sensazioni, a volte, così sofisticate.
E questo viaggio evolutivo non è affatto completato. Siamo individui evolutivamente in transizione verso un nuovo tipo di essere umano. Ciò, però, significa anche che ogni persona deve trovare il coraggio di mettersi alla ricerca del proprio progetto esistenziale e non immaginare che qualcuno o qualcosa (un farmaco) possano farlo in sua vece.
Nè avere paura della paura o delle naturali (o stagionali) fluttuazioni umorali.
Gli obiettivi da raggiungere devono essere quelli di dare un senso alla propria esistenza, costruire bellezza per sè e per gli altri, percepire la straordinaria abbondanza e ricchezza della vita, darsi il permesso di meritare la felicità.
E questo si realizza soltanto con un autentico lavoro su se stessi, non certo ingurgitando pillole.
E tanto che ci siamo, proviamo a leggere (e far leggere) “Cara salute” edito da “La città del sole”, scritto a quattro mani da Ramona Desole e Elisa Massimiani, pesante denuncia dell’imperialismo sanitario e della mancanza di farmaci specifici proprio là dove ce n’è più bisogno, dove imperversano le “malattie della povertà”, come la lebbra o la malattia del sonno, contro cui non si fa praticamente nulla, perché non conviene.
Nei paesi in via di sviluppo di queste malattie si muore, ma si muore anche di malaria, solo perché i farmaci non ci sono, non sono a disposizione di chi ne avrebbe bisogno.
Si pensi che il farmaco usato per curare la malattia del sonno (causata dalla mosca tse tse, è endemica in 36 Paesi dell’Africa equatoriale), denominato Eflornitina, è stato tolto dal commercio per rivenderne i principi attivi che sarebbero efficaci nel ritardare la crescita dei peli superflui. In questo modo il prodotto rende di più. E rende di più, in occidente, venderlo per la prevenzione della recidiva della poliposi colo-rettale.
Non è quindi un caso che due terzi della popolazione mondiale non ha accesso ai farmaci e che un miliardo di persone al mondo soffre delle cosiddette malattie rare; malattie che la ricerca trascura e l’industria non finanzia perché scarsamente remunerative. Non è così per la, la tubercolosi e l’Aids, sulle quali si continua a studiare solo perché colpiscono anche l’Occidente e si possono realizzare profitti da capogiro.
Carlo Di Stanislao
noi che abbiamo figli autistici, speriamo che si “sveglino” e raggiungano una consapevolezza che gli consenta di districarsi nella vita, nel bene e nel male. Altri per: noia? per affrontare la vita sul “velluto”? addormentano i propri sensi, delegando ai farmaci la soluzione, o la ..posticipazione dei dei problemi. Chi si agevola di questo sistema? Case farmaceutiche? istituti, terapisti?