“Eagle has landed! That is one small step for (a) man, one giant leap for mankind”(Neil A. Armstrong). Sono le parole pronunciate dall’astronauta americano Neil Armstrong mentre posava il suo piede sulla soffice superficie del suolo lunare. Erano le 21:56 del 20 Luglio 1969 ora di Houston negli Usa, in Italia le ore 4:56 del 21 Luglio. Fu un’impresa storica ma soprattutto un successo politico interamente ascrivibile al Presidente degli Stati Uniti d’America John F. Kennedy, ai limiti delle possibilità tecnologiche umane. Fu deciso politicamente di andare sulla Luna e in meno di dieci anni il sogno di Kennedy divenne realtà grazie all’Agenzia Spaziale Americana NASA fondata nel 1958 ed all’impegno delle principali imprese nazionali che creano centinaia di migliaia di posti di lavoro. Fu sufficiente applicare a dovere la fisica di Galilei e Newton. Arrivederci, ingegner Neil A. Armstrong. Le calde sonorità interstellari della famosissima “Fly Me to the Moon” di Quincy Jones e Frank Sinatra, rendono onore allo spirito di Neil Armstrong e della libera America, in attesa di un’analoga “rivoluzione” culturale che investa decisamente l’intera classe politica, economica, scientifica, tecnologica e dirigente italiana, oggi in preda al più oscuro panico di massa. Per la totale mancanza (capacità?) di una “visione” positiva per il futuro dell’Italia e degli Italiani. Solo allora potremo parlare di Crescita economica, di Pil alle stelle, di Credito pubblico e privato, di Sogno italiano nello spazio esterno con astronauti (uomini e donne, pubblici e privati) coraggiosi capaci di grandissime imprese e conquiste e non solo di esperimenti in orbita sulla Stazione Spaziale Internazionale a 400 Km di quota. Grazie a imprese spaziali in aperta, libera e legittima concorrenza per la salvezza della Biosfera Terra, per gli affair, per la nostra sopravvivenza. Arrivederci, astronauta Neil Armstrong. Nessun addio all’Eroe dei Due Mondi. Il 25 Agosto di ogni anno sarà una data da segnare sul calendario dell’iPad. Per ricordare una persona umile, ammirevole e coraggiosa che ha contribuito a scrivere una delle pagine più imponenti ed esaltanti della Storia di tutta l’Umanità, non solo degli Usa, come Armstrong, Aldrin e Collins ricordano a tutti sulla famosa targa deposta sul suolo selenico. Accanto ai più grandi scienziati, esploratori, santi, filosofi e teologi della Terra, nel segno della Pace (http://www.nasa.gov/topics/people/features/armstrong_obit.html), Neil Armstrong ci ha fatti sentire tutti Fratelli. Arrivederci Mister Armstrong, cittadino dei liberi Stati Uniti d’America dove i titoli accademici non si vantano in pubblico tanto facilmente. Quel 20 luglio 1969 alle 4 e 57 ora italiana, Armstrong, un civile, per la prima volta, pose il piede sulla Luna a nome dell’Umanità. Era nato a Wapakoneta (Ohio) il 5 agosto 1930. Le sue doti gli permisero di arrivare lassù grazie allo spirito del Presidente John F. Kennedy. Armstrong, alto 180 centimetri, occhi azzurri, pesava 74 kg. Era un cittadino americano modesto, serio, coscienzioso. Amò il volo fin dall’età di 6 anni quando suo padre lo portò lassù in cielo con il suo velivolo. Vorace lettore di riviste di scienza e tecnologia, Neil rimase affascinato dal volo a tal punto da diventare membro dell’American Rocketry Society e da frequentare assiduamente l’aeroporto di Wapakoneta per scambiare quattro chiacchiere con i tecnici ed apprendere i segreti del volo. Pagò le lezioni e conquistò il brevetto ufficiale di volo prima che fosse sufficientemente maturo per guidare un’automobile. Come fecero i futuri astronauti, frequentò la Purdue University e conseguì la laurea in ingegneria aeronautica prima di studiare alla University of Southern California per conseguire il master in ingegneria aerospaziale. Laureato in ingegneria aeronautica, durante il periodo di leva compì, come pilota (1949-52) della Marina, 78 missioni di combattimento in Corea, in operazioni che gli valsero più medaglie al valore. Una volta riuscì a superare il territorio nemico con il suo jet a pezzi, salvando la pelle. Tale “background” lo portò a diventare pilota collaudatore di 200 differenti aerei sperimentali (inclusi razzi, elicotteri, missili) come il famoso X-15 sul quale Armstrong fu uno dei primi uomini a raggiungere i 70 km di quota a 6.000 km all’ora. Quando lasciò il Dryden Flight Research Center, Armstrong aveva già volato per 2.450 ore con più di 50 aerei sperimentali differenti. La Nasa, visto il curriculum, lo chiamò il 13 settembre 1962 e dopo aver superato gli esami psicoattitudinali, Neil entrò a far parte del “New Nine”, il gruppo dei 9 nuovi astronauti da cui, molto probabilmente, sarebbe stato scelto l’uomo che per primo avrebbe calcato il suolo della Luna. Il suo amico Collins dell’Apollo 11 descriverà Neil, nel suo libro “Carrying the Fire”, come un uomo che “assapora” le decisioni difficili “rimescolandole sapientemente sulla sua lingua come si fa con il buon vino per poi deglutirle proprio all’ultimo istante. Neil è un ragazzo di classe, e non posso pensare a una scelta migliore come primo uomo sulla Luna”. La sua freddezza divenne presto rinomata. Sotto pressione il comandante Armstrong fu il migliore durante il volo della Gemini 8 nel 1966 quando la Nasa mise alla prova la sua proverbiale calma. Neil e l’astronauta David Scott sperimentarono il primo “attracco” orbitale di un velivolo spaziale, con Armstrong ai comandi della capsula Gemini sul razzo bersaglio Agena. La missione doveva essere tra le più complesse realizzate fino a quel momento. Prevedeva un “docking”, ossia un aggancio nello spazio con un’altra navicella, un’attività extraveicolare e doveva durare 75 ore per un totale di 55 orbite attorno alla Terra. Ma un errore dettato da una non corretta procedura quando la Gemini era agganciata alla navicella Agena, creò una forte instabilità alla Gemini stessa quando si staccò da quest’ultima. La navicella iniziò a ruotare vertiginosamente su se stessa e in molti pensarono ad una tragica fine. Con una velocità di rotazione di un giro al secondo, al limite della perdita dei sensi, Armstrong riuscì a fare quanto era stabilito di compiere in una simile situazione e riconquistò il controllo della navicella. Per un’errata manovra con i piccoli razzi di guida della navicella, il disastro fu evitato per un soffio grazie al sangue freddo di Armstrong e Scott. I due astronauti effettuarono una spettacolare discesa di emergenza nell’Oceano Pacifico con relativo “splashdown”. Nulla in confronto a ciò che accadde con un prototipo del Lem, nel 1968, quando Armstrong vide la morte in faccia “estraendo” preziose informazioni su questi mezzi che avrebbero fatto allunare l’uomo su un altro mondo. Durante una prova di allunaggio con un velivolo simile al modulo lunare, il velivolo iniziò a precipitare senza controllo da alcune centinaia di metri d’altezza. A 4 secondi dall’impatto al suolo, Armstrong spinse il tasto dell’espulsione e venne catapultato fuori. Il paracadute lo depose incolume sul prato circostante. Neil si spinse ben oltre i limiti noti perfezionando le tecniche di volo con il suo entusiasmo. La dedizione, il coraggio e l’improvvisazione dimostrati in numerosi voli ed incidenti, gli permise sempre di uscirne indenne e gli valsero la selezione della Nasa per diventare il primo uomo sulla Luna. La natura drammatica della spedizione lunare dell’Apollo 11 fu immortalata dagli intesi dialoghi tra Houston e i due astronauti Armstrong e Aldrin alla guida del Lem “Eagle”. Attimi totalmente eclissati in Italia, durante la famosa diretta Rai di 25 ore, dalla famosa “questione” tra Tito Stagno e Ruggero Orlando sull’istante dell’allunaggio. Gli Italiani non potettero capire subito che il carburante del modulo lunare consentiva poca autonomia e, questioni di secondi, la Luna sarebbe stata conquistata felicemente o tragicamente. Quando mancavano 30 secondi di autonomia al Lem, dal modulo di discesa si udirono distintamente le parole:“Forward. Drifting right…contact light! OK, engine stop. ACA out of detent. Modes control both auto, descent engine command override off. Engine arm off”. Con l’Ok di Houston:“We copy you down, Eagle”. A quel punto Armstrong annunciò:“Houston, Tranquillity base here. The Eagle has landed”. E Houston:“Roger, Tranquillity, we copy you on the ground. You’ve got a bunch of guys about to turn blue. We’re breathing again. Thanks a lot”. Pochi minuti dopo l’allunaggio, Armstrong spiegò la situazione:“Houston, that may have seemed like a very long final phase. The auto targeting was taking us right into a football-field sized crater, with a large number of big boulders and rocks…and it required flying manually over the rock field to find a reasonably good landing area”. Armstrong fu il primo uomo sulla Luna a prendere i comandi manuali, aggirando le informazioni fornite dal piccolo computer di bordo del Lem che li avrebbe fatti precipitare in un cratere, per effettuare la manovra finale di avvicinamento al suolo selenico. Neil, come comandante della missione, fu il primo a scendere dal Lem. Sarebbe stata sua l’iniziativa, come scriverà Collins. Come dire che nulla avrebbe impedito ad Aldrin di farlo. È vero che i piani iniziali prevedevano Aldrin come pilota del modulo lunare, ma poi le decisioni furono cambiate. Da chi? Nel suo libro “Men From Earth” Aldrin scriverà:“Avevamo entrambi visto i piani iniziali della missione che prevedeva prima lo sbarco del pilota del modulo lunare Lem, ma avevamo anche visto le più recenti procedure che lasciavano la questione aperta”. Alla fine, secondo Aldrin, la decisione fu presa da Donald “Deke” Slayton, a capo dell’Ufficio astronauti della Nasa: Armstrong sarebbe stato il primo uomo a scendere sulla Luna. Ma alla conferenza per il 25° Anniversario dallo sbarco, Armstrong dichiarò apertamente che la decisione non fu mai presa da alcuno, né sulla Luna né sulla Terra. “Bene, entrambi i gentlemen hanno scritto sulla questione, io non l’ho fatto – spiegò Neil Armstrong – e dirò solo che, sebbene ne fossero stati a conoscenza all’epoca, io non ho avuto input di alcun genere per la decisione”. Diplomatica, autorevole e gentile risposta che, però, dal 20 Luglio 1969 non risolve la questione. In ogni caso Aldrin e Armstrong, mentre in Italia si discuteva sulla faccenda del presunto “scontro lunare” accanto a quella di chi, tra Tito Stagno e Ruggero Orlando avesse annunciato l’esatto secondo dell’allunaggio, trascorsero due ore e mezza sulla Luna. Nel 1979 in un’intervista Armstrong cercò di descrivere le sue sensazioni, estremamente difficili da materializzare, quando insieme ad Aldrin piantò la bandiera americana sul suolo lunare. “Ricordo la scena molto bene – disse Armstrong – noi non avevamo un forte sentimento nazionalistico a quel tempo. Penso che il nostro sentimento fosse rivolto all’umanità intera che aveva compiuto l’impresa grazie alla nostra nazione della quale siamo parte e felicemente grati”. Sentimenti peraltro espressi al Presidente Nixon durante la storica telefonata interplanetaria. Armstrong disse che l’avventura lunare non aveva cambiato il suo carattere. Semmai aveva cambiato il modo di osservare il satellite naturale della Terra. “Ho sempre visto la Luna come un disco piatto nel cielo – dichiarò Armstrong – ed ora osservo quei luoghi che avevo visto così vividamente e posso capire ciò che guardo”. Sul significato della missione Apollo 11, Armstrong lasciò ogni giudizio agli storici. “Appartiene alla natura umana adattarsi molto rapidamente alle nuove situazioni – confessò Armstrong poco prima del 20° anniversario dallo sbarco – siamo meravigliati, affascinati, poi annoiati dalle cose nuove e le dimentichiamo normalmente entro una rivoluzione della Terra attorno al Sole. È la natura umana. È quindi per me una grande sorpresa constatare quanta attenzione e interesse susciti in così tante persone qualcosa che è accaduto 20 anni fa”. Quel 20 Luglio 1969, l’uomo pose il suo primo piede sulla Luna per iniziare una nuova Era di pace. I privati e i governi della Terra non risposero all’appello. Strano a dirsi, si continua a ripetere il solito mantra del fatto che fu “la competizione militare tra le due superpotenze di allora, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, ad aprire la gara per la conquista della frontiera spaziale: un lungo cammino verso l’eccellenza scientifica e tecnologica, la cui fine è decisamente lontana”. I termometri infrarossi sono figli delle missioni Apollo. È anche vero che l’esplorazione spaziale non si è rivolta solo all’infinitamente grande, alle stelle, ai pianeti ed al Cosmo oscuro e affascinante pieno zeppo di Materia e di Energia ignote. La Scienza ha rivolto la sua attenzione anche all’infinitamente piccolo, ai neutrini, ai quark, ai bosoni, sfidando l’immaginario del visibile con l’Universo dell’invisibile, in un’unica grande impresa umanistica, filosofica, scientifica e tecnologica. Per la pace. Non per inventare bombe a fusione sempre più piccole e devastanti. La voce di Neil Armstrong, memorizzata nei chip dei modellini “Apollo 11” e “Lem Aquila”, ci ricorda che il suo cuore si è spezzato (http://www.neilarmstronginfo.com) il 25 Agosto 2012 dopo aver tanto amato la sua famiglia come marito, padre, nonno, fratello e amico. Ligio al dovere, ha sempre rifiutato il titolo di Eroe. Lasciò il corpo astronauti poco tempo dopo l’Apollo 11 e servì come “Deputy Associate Administrator for Aeronautics” al quartier generale della Nasa di Washington per coordinare la ricerca scientifica e tecnologica aeronautica. Lasciata la Nasa, fu professore di ingegneria aerospaziale all’Università di Cincinnati dal 1971 al 1979 e poi servì come segretario la “Computing Technologies for Aviation Inc.” a Charlottesville (Va.) tra il 1982 e il 1992. Nel 1986 Armstrong fu vice segretario della Commissione presidenziale che investigò sul disastro dello Space Shuttle “Challenger” del 1986, un ruolo che avrebbe ricoperto anche nel 2003 come membro della sezione investigativa sul secondo disastro degli Shuttle, la perdita del Columbia. Armstrong fu “Fellow” della “Society of Experimental Test Pilots and the Royal Aeronautical Society” e “Honorary Fellow” della “American Institute of Aeronautics and Astronautics”. Le sue decorazioni includono: la Presidential Medal of Freedom, la Congressional Space Medal of Honor, la Explorers Club Medal, il Robert H. Goddard Memorial Trophy, la NASA Distinguished Service Medal e l’Harmon International Aviation Trophy. Ma fu anche insignito della prestigiosa Federation Aeronautique Internationale’s Gold Space Medal, dell’American Astronautical Society Flight Achievement Award e del Robert J. Collier Trophy. Nel suo Stato, l’Ohio, dopo l’avventura selenica, Armstrong ha preferito vestire i panni di “business-man” e di professore accademico, amato dalla sua comunità di Cincinnati, ma sempre lontano dal mondo della politica. L’Aquila è atterrata! “Eagle has landed” – furono le prime parole dell’uomo sulla Luna. Le altre 11/12 parole di Armstrong pronunziate saltando dal modulo lunare Aquila (Lem) furono il trionfo del Programma Apollo della Nasa e una vittoria dell’America nella corsa verso lo spazio che avrebbe dovuto coinvolgere direttamente i privati per continuare dopo l’impegno pubblico del Governo Usa. Furono creati centinaia di migliaia di posti di lavoro che ben presto, quando l’audience dei media sulle missioni Apollo crollò, sfumarono via come il ghiaccio cometario. Fu il trionfo della scienza libera sull’Unione Sovietica dopo le prime vittorie russe nello spazio. Che cosa impedì di restare sulla Luna? Fu solo colpa dei media e dello sfarfallio delle immagini seleniche in bianco e nero dei televisori? Chi non seppe conservare e diffondere lo spirito del Programma Apollo? I detrattori si scatenarono inventando favole, sulla falsa riga del film “Capricorne One”, solo dopo la cancellazione del Programma Apollo. Quelle 238mila miglia tra la Terra e la Luna, in nome delle guerre pubbliche e private da combattere sul pianeta azzurro, scatenarono in miliardi di persone la disillusione per la facile avventura spaziale di Armstrong, Aldrin, Collins e compagni. Ora sempre più poetica e meno tecnologica, sull’onda del Sessantottismo mondiale che, finanziato da oscuri signori, avrebbe finito per inghiottire tutto e tutti. E fu decisamente la fine di un sogno inaugurato dalle missioni Apollo 8 e Apollo 10 sull’onda del capolavoro assoluto di Kubrik “2001 Odissea nello spazio”. Il controllo missione di Houston, tuttavia, quel 20 Luglio 1969 conquistò una platea mondiale di telespettatori di tutto rispetto. Più di un miliardo di persone parteciparono sulla Terra all’impresa selenica di Armstrong, Aldrin e dell’italiano Collins. La signora Viola, la mamma di Armstrong, fu decisiva nella scelta del numero esatto di parole da pronunciare sulla Luna. Poche ma eterne. Provate a pretenderle dai politicanti italiani per salvare l’Italia e conoscerete la qualità di chi avrete dinanzi. Neil Armstrong e Edwin “Buzz” Aldrin (il secondo uomo sulla Luna) trascorsero due ore e mezza sulla superficie selenica scattando foto, piazzando la bandiera americana a stelle e strisce, il riflettore laser e collezionando rocce lunari che provano agli “increduli” la loro prima storica impresa. Accanto alle recenti foto ad altissima risoluzione di ciò che resta del Lem “Eagle”, della bandiera Usa e degli esperimenti sul suolo lunare, scattate dalle sonde Nasa. Sul modulo di comando in orbita lunare, l’italiano di origini romane Michael Collins divenne il primo uomo solo nel Cosmo. Al rientro sulla Terra, dopo tre giorni di navigazione, Armstrong fu celebrato e decorato da 17 Nazioni, tra cui l’Italia. Ai nipotini del Presidente Saragat, come ci ricorda il giornalista scientifico Tito Stagno, fece dono del modellino originale Nasa dell’Apollo 11 e del Lem Aquila. Dozzine di medaglie, premi, riconoscimenti e onorificenze non scalfirono l’umiltà diamantifera di Neil Armstrong (e la sua scarsa loquacità fortemente criticata dalla nostra Oriana Fallaci) che, a soli 38 anni, era entrato nella Storia dell’Umanità. Semplicemente. Armstrong pensava fosse del tutto normale andare sulla Luna. Finite le guerre e le spese pubbliche per i massacri, lo sarebbe anche oggi! “Sorriso mite, schivo ma determinato e carismatico – così il dott. Umberto Guidoni ricorda il Neil Armstrong che venne a parlare delle missioni Apollo agli aspiranti astronauti della classe del 1996, al centro della Nasa di Houston – non un professore, ma un collega che ci raccontava la sua esperienza indimenticabile senza enfasi, senza retorica ma con la stringata precisione di chi ha toccato con mano i rischi e le incognite di essersi spinto oltre le frontiere conosciute. Quell’uomo mite, antitetico a quello dell’eroe tradizionale, se n’è andato senza clamore come aveva vissuto tutta la sua vita, lontano dalle luci dei riflettori e dei media. Eppure per un giorno era stato al centro dell’attenzione dell’intero pianeta, quando aveva pronunciato quella frase memorabile. Subito dopo aveva mosso i primi passi sulla superficie della Luna, per primo aveva visto la “magnifica desolazione” del panorama lunare ed il chiarore azzurra del nostro pianeta che sorge dietro l’orizzonte. Riposa in pace, come in pace hai portato l’umanità sulla Luna. Le orme che hai lasciato sul suolo lunare saranno il monumento eterno al coraggio e al desiderio di scoperta dell’uomo che ci ha aperto la strada delle stelle. Brecht diceva che non abbiamo bisogno di eroi ma, forse, di eroi come Neil ne sentiremo la mancanza”. Quando si scopre dalla Luna che basta un pollice per far sparire la Terra dallo spazio, ci si accorge della preziosa ricchezza su cui poggiamo i nostri piedi ogni santo giorno per grazia di Dio. I tre astronauti dell’Apollo 11 e di tutte le altre missioni lunari, non furono in realtà mai lasciati soli. Neppure un istante. Quel piccolo passo di Armstrong ha cambiato davvero il mondo intero per sempre. Oggi tutti sui principali social network chiedono di tutelare i siti di allunaggio delle missioni Apollo come si conviene. Con altre missioni umane! Quell’impronta di Neil Armstrong non deve essere dimenticata e non deve andare perduta. Neppure tra migliaia di anni. È un patrimonio dell’Umanità. I direttori e responsabili di volo dell’Apollo 11, Gene Kranz e Rocco Petrone, approverebbero perché sarebbe il modo migliore per onorare il gentiluomo Armstrong al di là delle parole più genuine e sincere. Collins ha dichiarato che “Neil era il migliore e che ci mancherà terribilmente”. Ma ogni astronauta che supererà il campo gravitazionale terrestre e le Fasce di Van Allen, volando sulla Luna, su Marte ed altrove, eguaglierà lo spirito e le gesta di Armstrong. Che, a differenza di Cincinnato, non volle mai fare politica ma che, come Cincinnato, rifiutò le lusinghe del potere (della pubblicità, della televisione) per dedicarsi totalmente alla famiglia ed ai suoi valori, tutelando la propria privacy. Un esempio per tutti i giovani del mondo che, grazie al duro lavoro, esplorano e realizzano i propri sogni più arditi, fino ad arrivare là dove nessuno è mai giunto prima. Sono questi i nuovi Neil Armstrong che conquisteranno il Cosmo anche senza obbedire a qualche specifico comando. Semplicemente attuando la propria iniziativa privata, con modestia, rigore, onore e libertà. Il coraggio di Armstrong e compagni può essere facilmente dimostrato. La carta stagnola del modulo lunare e lo stesso Saturno 5 che li lanciarono sulla Luna non erano mezzi così affidabili come si sarebbe potuto pensare. Il computer di bordo della capsula Apollo non era in grado di gestire completamente tutti i dati del missile e nel caso di un incidente nelle prime fasi dopo la partenza difficilmente la torretta di salvataggio sarebbe entrata in azione. Gli astronauti ne erano consapevoli. Anche se non ne parlavano né con i tecnici, né tra loro. Gli astronauti Nasa avevano scelto di partecipare a quella missione per portarla a termine a qualunque costo e rischio. Il computer che serviva a guidare il modulo lunare ricoperto di stagnola, era almeno 100mila volte meno potente di un qualunque iPod Touch Apple dei nostri giorni. Spesso un eccesso di dati lo mandava in tilt. Ed è quello che successe anche durante la discesa del modulo Aquila. Un altro astronauta, forse, avrebbe dato ascolto al computer quando si accese la luce rossa di pericolo che ordinava di accendere immediatamente il motore per tornare alla capsula orbitale Apollo. Armstrong seguì il suo istinto, la sua esperienza che gli diceva che tutto era in ordine e andò avanti, fino a far posare il modulo lunare sulla Luna. Armstrong e Aldrin non immaginavano neppure che fosse già stato scritto il discorso alternativo del Presidente Nixon. Letto al mondo intero in caso di morte sulla Luna (Il destino ha ordinato agli uomini che sono andati sulla Luna per esplorarla in pace, di rimanerci altrettanto in pace. Questi uomini coraggiosi, Neil Armstrong e Edwin Aldrin, sanno che non c’è speranza per il loro recupero. Ma sanno anche, che c’è speranza per l’umanità nel loro sacrificio…). Ma l’eroismo di Armstrong “esplose” quando chiese a Houston, una volta allunati, di poter scendere subito sulla Luna e di non seguire la tabella della missione che imponeva agli astronauti (lui e Aldrin) di trascorrere otto ore di riposo nel Lem. Gli venne concesso di scendere subito sulla Luna, perché ad un eroe si possono concedere questi “strappi” alle regole. Il suo cuore batteva come quello di nessun altro uomo quando alzò gli occhi alla Luna, ma rimase semplice e umile. Avrebbe potuto sfruttare al massimo la sua popolarità, come molti astronauti sulla Terra avrebbero poi effettivamente fatto. Ed invece Neil era schivo, concedeva interviste quando la Nasa lo obbligava. Lo si vedeva in televisione negli anniversari. Un piccolo cratere sulla Luna vicino al sito dell’allunaggio del Lem dell’Apollo 11 porta il suo nome e l’asteroide 1982 PC è stato chiamato in suo onore “6469 Armstrong”. Dei 12 uomini che hanno calcato il suolo lunare, quattro ci hanno già lasciato. Degli altri, i più giovani hanno 77 anni. Nel film “On the Shadow of the Moon” dove tutti gli astronauti delle missioni Apollo raccontano la loro visione dell’avventura lunare, Armstrong è il grande assente. Aveva fatto un altro “strappo” alla sua regola solo in occasione dell’invito del Presidente Obama per il festeggiamento del quarantesimo anniversario dallo sbarco sulla Luna. Alla Casa Bianca si era ritrovato con i compagni di allora Buzz Aldrin e Michael Collins. Aveva autorizzato James Hansen, lo storico della Nasa, a scrivere “First Man”, una dettagliata biografia dalla quale emerge la figura di un uomo dalla disarmante semplicità. Lontano dall’eccentricità e dagli eccessi dei colleghi. Certamente la scelta di Armstrong di uscire per primo dal modulo lunare non venne apprezzata da Buzz Aldrin, che da allora, secondo i media, venne “relegato” alla posizione di secondo uomo sulla Luna. Non è affatto vero che Aldrin evitò accuratamente di fare foto di Armstrong durante la loro passeggiata lunare. Lo dimostra l’immagine di Neil sulla Luna accanto al Lem. Per anni si è speculato sulla sola immagine di Armstrong riflessa nella visiera di Aldrin. I fasci di luce laser che dall’Italia spariamo sulla Luna per misurare accuratamente la distanza Terra-Luna e gli effetti dei terremoti, sono possibili grazie a Armstrong e compagni. Al momento di partire dalla Luna, i due, pieni di polvere lunare, si accorgono che la levetta che deve accendere il motore del Lem è rotta. Aldrin usa la sua penna per fare contatto e tutto va come previsto. Nel momento del decollo, per un istante, Armstrong notò gli effetti del razzo propulsore sulla bandiera americana che cominciò a sventolare freneticamente. “Chissà se avrà resistito, forse l’avremmo dovuta fissare meglio”. Armstrong e Aldrin si ricongiunsero con Collins che li aveva pazientemente attesi in orbita lunare e tornarono a casa con uno “splashdown” nel Pacifico, ripescati dalla portaerei USS Hornet dove li attendeva il presidente Nixon. Tutto filò liscio come l’olio, nel migliore dei modi possibili e, dopo il periodo di quarantena, gli astronauti divennero il simbolo dell’America democratica che vinse per l’Umanità la corsa alla Luna battendo il colosso sovietico. I russi rinunciarono solo all’allunaggio umano. Neil Armstrong resterà una delle figure più significative del secondo millennio cristiano. Al suo nome è legata la conquista della Luna, una delle più belle avventure dell’Umanità. Quando Armstrong impresse la sua orma sul suolo selenico, che resterà lassù per chissà quante decine di migliaia di anni, a sua memoria, forse avrà pensato alla mamma, ai suoi discendenti, a quello spirito pionieristico di Cristoforo Colombo che le Missioni Apollo hanno incarnato 500 anni dopo la scoperta dell’America. Chissà, forse avrà pensato all’Umanità intera nel calpestare il suolo lunare. Impresa un tempo celebrata ogni anno in Abruzzo da Monsignor Ettore Di Filippo (Civitella del Tronto), grande cultore delle scienze spaziali. I tre astronauti, ci ricorda Aldrin, avrebbero voluto festeggiare insieme il 50° anniversario nel 2019. Non sarà più possibile. Ma lo spirito di Neil soffia ancora verso la Luna, Marte e Giove. Chi avrà il coraggio, l’onore e la forza di intercettare questo nuovo vento pioneristico?
Nicola Facciolini
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