La Riforma del servizio sanitario resta improponibile, specie per la questione legata alla intramoenia allargata, introdotta nel 1999 dall’ex ministro Rosy Bindi. Vale a dire l’attività svolta da medici presso strutture private per mancanza di spazi sanitari pubblici.
La Riforma nata per regolamentare la domanda è finita per controllare l’offerta fino a raggiungere distorsioni paradossali con ripercussioni sull’intero sistema sanitario nazionale che finisce con il gravare completamente e in maniera assolutamente obbligatoria sulle spalle del contribuente. Questa pratica sta portando alla luce episodi sempre più gravi di ladrocinio, di mascalzonaggine, di corruzione, di falso in atto pubblico, e nel migliore dei casi, di furbizia. Lo scandalo dell’intramoenia allargata ha comunque molti responsabili. In primo luogo di chi permette una pratica dentro la quale, con estrema facilità, si muovono furbi e ladri. Mesi di studio a campione in tutta Italia ci hanno permesso di rilevare che il fenomeno dell’evasione fiscale dei medici attraverso la pratica dell’intramoenia allargata è spaventoso. Mentre si rinvia la mini riforma sanitaria, il nostro Centro Studi, partendo dal dato consolidato e reso noto dallo stesso Ministero della Salute di circa 1.500.000.000 di Euro di fatturato, realizzato dai medici, attraverso l’intramoenia , rileva che statisticamente (dati rilevati da un campione significativo di oltre 5000 pazienti in tutta Italia) la fatturazione avviene mediamente tre volte su dieci prestazioni. Questo produce una erosione della base imponibile per circa 3. 500.000.000 di euro, che significano un gettito erariale medio inferiore di Euro 1.400.000.000 l’anno e un mancato introito per le Asp e le aziende ospedaliere di 227 milioni di euro visto che i medici versano circa il 6,5% dei ricavi alle aziende sanitarie locali. Un fenomeno spaventoso su cui il legislatore non sta intervenendo in maniera seria e decisa. Anzi per salvaguardare la lobby dei medici si è pure rinviato la riforma, l’altro lato dolente riguarda i medici di famiglia massimalisti, che percepiscono dalla sanità pubblica uno stipendio medio di euro 8000 mese al di là di quante prestazioni effettuano nel corso del mese. E tutto questo mentre si tagliano i servizi sanitari, mentre la gente spesso smette di curarsi per l’impossibilità di far fronte a spese sanitarie ingiustificate.
Roberta Lemma – Federcontribuenti
Cose che tutti sanno benissimo e i medici di famiglia che ospitano altri professionisti dai quali percepiscono percentuali ovviamente in nero non li considerate?