Finita l’estate, si riparte con l’universita’, ma non tutti gli studenti che, avendo completato il ciclo delle scuole superiori, aspirano a frequentare un corso di laurea, ci riusciranno. Per le facolta’ a numero programmato questa settimana partono infatti i test di ammissione: si comincia con Medicina e Odontoiatria, e solo un aspirante su otto ce la fara’. Le associazioni studentesche preannunciano che continueranno la loro battaglia contro il numero chiuso.
Oltre a Medicina e chirurgia e ad Odontoiatria e protesi dentaria, i corsi di laurea a numero programmato in Italia sono Medicina veterinaria, Architettura e Professioni sanitarie (che comprendono 22 profili professionali che vanno dagli infermieri agli ostetrici, ai logopedisti, ai fisioterapisti).
I primi ad affrontare il pacchetto di domande (un’ottantina di quesiti di cultura generale) saranno martedi’ gli aspiranti medici e odontoiatri che intendono seguire le lezioni in lingua italiana. Mercoledi’ 5 settembre sosterranno la stessa prova coloro che vorranno invece seguire un corso di laurea in Medicina e Odontoiatria, ma in lingua inglese; si potrà sostenere il test oltre che in Italia in altri paesi: Germania, Gran Bretagna, India, Polonia e Stati Uniti. I posti disponibili sono 10.173 per Medicina e circa 900 per Odontoiatria: a contenderseli saranno in 77 mila, dunque solo un concorrente su 8 riuscirà a occupare i posti messi a disposizione.
Oltre a questi posti, altre 15.000 domande sono confluite alle tre Università non statali di Milano S. Raffaele, Roma Campus Biomedico e Roma Cattolica; le prime due hanno espletato l’esame nei giorni scorsi, mentre la Cattolica li ha svolti in aprile. Per le private la concorrenza è notevolmente più alta, con un vincitore su 30, e le rette piu’ costose; per questo quasi tutti questi studenti faranno anche l’esame per accedere alle universita’ pubbliche. Nel totale le domande presentate su tutte le 41 Università sono circa 97 mila, poco meno dei 98 mila dello scorso anno (-0.9%). Da quest’anno il Miur ha esteso a tutti gli Atenei la graduatoria unica di merito per aggregazione su base geografica, che lo scorso anno riguardò solo Udine e Trieste. Dopo i “camici bianchi” toccherà il 6 settembre agli studenti che aspirano a diventare architetti (8.720 posti). Il 10 settembre toccherà ai futuri veterinari (918) e l’11 si chiude con gli studenti interessati alle professioni sanitarie (circa 27.000 posti).
Oltre ai corsi di laurea a numero programmato a livello nazionale, sono in aumento i corsi universitari con programmazione locale che prevedono lo sbarramento dei test: mille sono i candidati per i 50 posti alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa; sempre a Pisa sono circa novemila le aspiranti matricole che ad agosto si sono iscritte per accedere ai corsi a numero programmato dell’ateneo, con la novità dei test di accesso introdotti per i corsi di Lingue e letterature straniere e Scienze naturali e ambientali. Test di ammissione si sono già svolti anche alla Cà Foscari di Venezia e in altri atenei pubblici che hanno introdotto sbarramenti all’ingresso.
Ostacoli che non piacciono alle associazioni studentesche. La Rete della conoscenza punta il dito contro test di ammissione che “si sono trasformati negli anni sempre di più in un grande business economico: nella maggior parte delle università italiane – dicono – i costi per i test per le facoltà tanto a numero chiuso quanto in quelle in cui il test è orientativo si attestano sulla media di 50 euro per studente. Per non parlare del business del materiale didattico di preparazione al test: i kit completi degli alphatest costano tra i 66,90 e i 135,60 euro”. L’Unione degli Universitari preannuncia che sarà anche quest’anno davanti a ogni aula dove si effettueranno i test, con una speranza in più: la sentenza della Corte Costituzionale che potrebbe definire incostituzionale il numero chiuso e che pende come una spada di Damocle sui test d’ingresso
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