Ogni epoca ha i protagonisti che merita e quella attuale, devastata da una crisi economica senza precedenti che ci obbliga a reinventare il nostro vivere quotidiano è in grado di offrirci, tutt’al più, dei personaggi dichiaratamente ambigui, balzati agli onori delle cronache per motivi dalla difficile spiegazione e che spesso prescindono dai loro effettivi meriti.
Ed in effetti risulta alquanto complicato confrontarsi con Cesare Battisti e provare a ricostruire una storia vecchia di oltre un trentennio ma che, a distanza di tanto tempo, è ancora in gran parte coperta dal mistero, con sentenze di condanna apparentemente limpide contraddette però, nel corso degli ultimi anni, da una sequenza di colpi di scena che, se non in grado di ridisegnare uno scenario del tutto nuovo, hanno generato un labirinto in cui il rischio di imboccare la pista sbagliata è sempre dietro l’angolo. Componente di spicco dei “Proletari Armati per il Comunismo” e condannato in Italia per ben quattro omicidi, tre come concorrente nell’esecuzione ed uno co-ideato ma eseguito da altri, Battisti è in realtà balzato agli onori delle cronache solo il 31 dicembre del 2010, data fatidica in cui l’allora presidente brasiliano Lula Da Silva annunciava il rifiuto della sua estradizione nel nostro paese, decisione senza se e senza ma confermata a chiare lettere dalla Corte Costituzionale sudamericana l’8 giugno del 2011 con una sentenza che ha consentito all’ex terrorista di essere scarcerato (era stato arrestato nel 2007) e di tornare a respirare il profumo della libertà.
Molto più arduo, per contro, annusare quel che c’è di vero in questa vicenda, simile per molti aspetti ad un giallo internazionale intessuto di pronunce giudiziarie agli antipodi, responsabilità un tempo cristalline ed ora soggette al vaglio del dubbio, e reazioni totalmente discordanti fra di loro; in sintesi, un’intera storia ricca di sangue e sofferenze corre il rischio di essere riscritta, ma questo all’opinione pubblica italiana, rincitrullita da vent’anni di berlusconismo e da una sequenza di personaggi da barzelletta, allo stato attuale quasi tutti relegati nel nulla, sembra non interessare granchè.
Vero è che se all’uomo della strada, all’italiano medio alle prese con un portafogli sempre più leggero ed un futuro a tinte fosche il nome di Cesare Battisti non dice niente, la sua storia men che meno, una parte del mondo politico per contro al solo pensiero è andato in fibrillazione e continuerà ad andarci, perché il caso-Battisti è lontanissimo da una soluzione, gelosamente custodita dagli scenari da favola del sudamerica; l’ex ministro della difesa La Russa e con lui Cicchitto e Gasparri, i tre politici che più di tutti hanno caldeggiato l’immediato ritorno dell’ex terrorista in Italia, hanno ingoiato litri di fiele al cospetto della mancata estradizione invocando perfino la rottura delle relazioni diplomatiche con il Brasile, esternazione risibile nella sua assurdità che da sola qualifica lo spessore di una classe politica fallimentare, la sinistra dal canto suo si è mostrata più “morbida” sull’argomento, perdendo l’ennesima occasione di tornare alla ribalta e dimostrando tutto sommato che le prese di posizione ferme ed inequivoche non appartengono più al suo modo di essere.
Il Brasile è un paese immenso in grado di dare ospitalità a chiunque, anche ad un terrorista in fuga dal passato e con un presente tutto da elaborare, una sorta di cavaliere errante, un glob-trotter dalla pistola facile che, dopo un lungo soggiorno a Parigi, negli incantevoli scenari di Rio sembra aver trovato il punto di approdo ideale e, al contempo, il trampolino di lancio verso nuove esperienze; a dispetto delle numerose interviste e dei frequenti contatti con la stampa di Battisti si sa ancora ben poco, la sua personalità è quasi interamente avvolta nel mistero, le sue parole non tradiscono particolari emozioni, le espressioni del volto hanno un qualcosa di sinistramente distaccato e tuttavia una cosa è certa, Battisti sta dimostrando di sfruttare benissimo la popolarità che da qualche tempo a questa parte sembra essergli piovuta addosso e, finito suo malgrado sotto i riflettori, ora sta facendo di tutto per rimanervi, situazione ai limiti dell’incredibile per chi fino a qualche anno fa avrebbe rischiato l’ergastolo.
Il nostro “eroe”, quando ne ha voglia, gigioneggia e di brutto, sferrando micidiali colpi da ko, ed una intervista rilasciata alla vigilia di ferragosto nell’incantevole scenario di Copacabana gli ha fornito l’occasione per dispensare insulti a destra e manca, bollando Sarkozy “un machiavellico e voltagabbana”, Obama “un pagliaccio come tutti i politici” ed il regime castrista un fallimento, anche perché “il comunismo è costruire la libertà con l’eguaglianza, altrimenti non è comunismo”.
Il Brasile, dice lui, “ è un paese ricco ed educato che deve imboccare la strada del socialismo reale”, Battisti (dico io) farebbe cosa più gradita se ci parlasse una volta per tutte del suo passato, possibilmente con la stessa franchezza e spontaneità espositiva; se ciò accadesse, di questa incredibile storia cominceremmo a capirci qualcosa di più.
Giuseppe Di Braccio
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